Negato il trasferimento ad un poliziotto, motivato per stare vicino al fratello con problemi di handicap. Il TAR accoglie (T.A.R. – Lombardia, Sezione Quarta, Sentenza 12 agosto 2020, n. 1569).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

con l’intervento dei magistrati:

Dott. Rosalia Maria Rita Messina, Presidente

Dott. Alberto Di Mario, Consigliere

Dott. Katiuscia Papi, Referendario, Estensore

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2530 del 2019, proposto da

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Riccardo Truppo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio ‘fisico’ presso il suo studio in Milano, Via Podgora, 5;

contro

Questura della Provincia di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio ‘fisico’ in Milano, Via Freguglia, 1, presso gli uffici dell’Avvocatura;

per l’annullamento

a. del Provvedimento del Ministero dell’Interno – Dipartimento di Pubblica Sicurezza – Direzione centrale per le risorse umane – servizio sovrintendenti, assistenti ed agenti prot. n. -OMISSIS- del 16 agosto 2019, notificato a mezzo telegramma in data 9 settembre 2019;

b. di ogni atto connesso, conseguenziale e presupposto, anche se non conosciuto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 84 D.L. 18/2020, convertito con modificazioni dalla L. 27/2020;

Visto l’art. 4 D.L. 28/2020, convertito con modificazioni dalla L. 70/2020;

Relatrice nell’udienza del giorno 16 luglio 2020 la Dott.ssa Katiuscia Papi;

Trattenuta la causa in decisione, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. -OMISSIS-, Agente della Polizia di Stato in forza presso la Questura di Milano – Commissariato di -OMISSIS-, con propria istanza del 14 dicembre 2018 chiedeva, ai sensi dell’art. 33 comma 5 L. 104/1992, di essere trasferito nella sede di Bari. L’istanza era motivata dalla necessità di assistere il proprio fratello -OMISSIS-, maggiorenne ma portatore di handicap in situazione di gravità (come attestato dalla Questura di Bari nella nota interna del 24 maggio 2019), in quanto: “affetto, sin dai primi anni di vita, di -OMISSIS-” (come risulta dal provvedimento del Giudice Tutelare di nomina dell’Amministratore di sostegno, in atti).

2. L’Amministrazione rigettava la domanda con provvedimento del Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Direzione centrale per le risorse umane – Sevizio Sovrintendenti assistenti ed agenti prot. -OMISSIS- del 16 agosto 2019. Il diniego era motivato con riferimento alle esigenze di servizio: “le necessità funzionali non rendono possibile accogliere l’istanza, in quanto il dipendente presta servizio presso il Commissariato P.S. di -OMISSIS- (Mi) […] incardinato in un territorio definito tra i più sofferenti della Provincia per incidenza di criminalità, sia organizzata, sia diffusa, con la necessità di garantire adeguati standard di sicurezza attraverso una rigorosa attività di prevenzione e controllo da parte delle forze di polizia”. Si dava atto altresì che il Questore di Milano aveva espresso parere favorevole al trasferimento “segnalando, comunque, la indispensabilità della sostituzione con dipendente di pari qualifica, circostanza non fattibile trattandosi nel caso di specie di un trasferimento in deroga alla movimentazione ordinaria”; e che l’allontanamento del richiedente non era assentibile poiché “per garantire elevati standard di servizio dell’ufficio di appartenenza si rende necessario avere a disposizione un cospicuo numero di operatori delle forze dell’ordine anche in misura superiore all’organico prestabilito”.

Si faceva riferimento anche alla situazione familiare del disabile: “dagli accertamenti esperiti dalla Questura di Bari è emersa comunque la presenza dei genitori del disabile, nati nel 1960 e 1965, per i quali non è stata dimostrata l’effettiva indisponibilità o inidoneità all’assistenza del familiare”.

3. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, -OMISSIS- impugnava il suddetto provvedimento di diniego, chiedendone l’annullamento, previa sospensione in sede cautelare, per il seguente, articolato motivo:

I) “Violazione e falsa applicazione dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 33 comma 5 L. n. 104 del 1992. Eccesso di potere per irragionevolezza, manifesta carenza di istruttoria, mancata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, violazione dei principi di proporzionalità e buon andamento della pubblica amministrazione, ingiustizia manifesta. Illegittimità per violazione dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi; violazione dell’art. 3 L. 241/1990; Violazione, falsa applicazione ed interpretazione dell’art. 10 bis L. N. 241 del 1990; violazione dell’obbligo di correttezza e buona fede”; con cui si deduceva la non corretta applicazione della normativa da parte dell’Amministrazione, stante l’irrilevanza della presenza di altri familiari, l’omessa considerazione della situazione di effettiva difficoltà del nucleo del disabile, l’assenza di scoperture di organico nella sede di appartenenza.

Si costituiva in giudizio il Ministero dell’Interno, chiedendo la reiezione del ricorso e della domanda cautelare.

4. L’istanza di sospensiva era trattata all’udienza camerale del 19 dicembre 2019, e veniva respinta, con compensazione delle spese, mediante l’ordinanza n. -OMISSIS-.

All’udienza del 16 luglio 2020, tenuta secondo le modalità previste dall’art. 84 D.L. 18/2020, la causa veniva tratta in decisione.

5. Il ricorso è fondato e merita accoglimento, per le ragioni e nei termini di seguito indicati.

5.1. L’art. 33 comma 5 L. 104/1992 prevede che: “Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere […]”. Il lavoratore individuato dall’art. 33 comma 3 L. 104/1992, per quanto qui rileva, è quello: “dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado […]”.

5.2. Come precisato dalla giurisprudenza, il lavoratore vanta, rispetto al trasferimento di cui al riportato art. 33 L. 104/1992, una posizione di interesse legittimo, a fronte della quale si pone il potere discrezionale della p.a.: “Il trasferimento ex art. 33, comma 5, l. n. 104/1992 coinvolge interessi legittimi e di conseguenza implica un complessivo bilanciamento fra l’interesse del privato e gli interessi pubblici, in esercizio di potere discrezionale da parte dell’Amministrazione; ciò tenendo conto del fatto che il trasferimento è disposto a vantaggio del disabile e non, invece, nell’interesse esclusivo dell’Amministrazione ovvero del richiedente, avendo lo stesso natura strumentale ed essendo intimamente connesso con la persona dell’assistito” (TAR Lazio, Roma, I, 8 gennaio 2020 n. 130). L’Amministrazione datrice di lavoro potrà dunque negare, nell’esercizio di tale potere autoritativo, la concessione del beneficio. Tuttavia, al fine di evitare lo “svuotamento sostanziale” della previsione normativa, posta a tutela di situazioni giuridiche soggettive di rilievo costituzionale (così TAR Lombardia, Milano, III, 8 agosto 2017 n. 1751), il datore di lavoro pubblico, nell’escludere l’accesso dei propri dipendenti all’istituto in esame, dovrà muoversi entro i limiti indicati dal dettato normativo, e precisati dalla giurisprudenza.

L’elaborazione giurisprudenziale sviluppatasi sulla questione ha affermato la legittimità del diniego al trasferimento, ove l’Amministrazione ritenga non possibile (per ragioni di carattere organizzativo) o non necessaria (con riferimento alle effettive esigenze assistenziali del disabile) la dislocazione del dipendente: “Ai sensi dell’art. 33, comma 5, l. n. 104/1992, il lavoratore dipendente, pubblico o privato che assiste una persona con handicap grave caratterizzato da situazione di gravità ha diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede. […] l’Amministrazione ha come parametri entro i quali deve valutare la concessione o meno del beneficio de quo unicamente, da un lato, le proprie esigenze organizzative ed operative e, dall’altra, l’effettiva necessità del beneficio, al fine di impedirne un uso strumentale” (TAR Valle d’Aosta, Aosta, I, 15 luglio 2019 n. 38); e ancora: “Le uniche due esigenze che l’Amministrazione è tenuta a valutare ai fini del decidere se concedere o meno il beneficio in parola al lavoratore istante, e dunque gli unici parametri entro i quali l’Amministrazione è tenuta a muoversi sono, da un lato, le esigenze organizzative ed operative dell’Amministrazione di appartenenza, rispetto alle quali il trasferimento deve risultare “possibile”, e, dall’altro lato, l’effettiva necessità del trasferimento del lavoratore ai fini dell’assistenza del familiare disabile, al fine di impedire un uso strumentale, improprio ed eventualmente opportunistico della normativa a tutela dei disabili gravi” (Consiglio di Stato, III, 27 ottobre 2012, n. 4300).

5.3. Nel provvedimento oggetto della presente causa, l’Amministrazione negava al -OMISSIS- il trasferimento a Bari, sia per la ritenuta mancanza di necessità dello spostamento del ricorrente (in ragione della situazione familiare del disabile), sia per l’affermata non possibilità della dislocazione (legata alle proprie esigenze organizzative).

Le censure avanzate dal ricorrente, che di seguito si procede a scrutinare, si appuntano su entrambi i profili sopra descritti, deducendone l’insussistenza, o comunque la viziata ricostruzione da parte della p.a.

5.4. L’Amministrazione, in primo luogo, escludeva la necessità del trasferimento del ricorrente, in ragione dell’affermata presenza, nel nucleo familiare del portatore di handicap, dei giovani genitori, che avrebbero potuto far fronte in prima persona alle esigenze del figlio disabile.

Le argomentazioni spese in tal senso dalla p.a. sono tuttavia incoerenti con l’effettiva situazione del fratello del ricorrente, come esaurientemente documentata dagli atti presenti nel fascicolo di causa.

Le peculiari condizioni dei genitori del -OMISSIS-, pur se giovani, sono infatti tali da escludere che gli stessi possano far fronte alla cura del disabile.

Invero, la madre non intrattiene alcuna frequentazione con il figlio più giovane, in quanto quest’ultimo rifiuta di incontrarla, incolpandola di aver abbandonato la famiglia in occasione della separazione dal padre (come attestato dalla relazione della psicologa della ASL di Bari e come si evince dalla certificazione medica redatta in occasione di crisi del ragazzo successive alle visite della mamma, oltre che dagli atti del procedimento penale n. -OMISSIS-R.G.N.R. della Procura della Repubblica di Bari).

Il padre, dal canto proprio, soffre di varie patologie che, nel loro complesso, hanno comportato il riconoscimento di -OMISSIS- (anche tali elementi sono provati dalla documentazione sanitaria in atti).

È dunque evidente che egli si trova in condizioni fisiche che non gli consentono di far fronte in via esclusiva alle necessità del figlio.

L’attività istruttoria posta in essere dalla p.a. non rilevava la situazione sopra delineata, e il provvedimento non prendeva in alcun modo in esame la gravità delle concomitanti circostanze sopra descritte.

Nel contempo, veniva invece attribuito rilievo alla presenza di altri parenti, estranei alla famiglia nucleare. Orbene, tale argomento motivazionale si appalesa in contrasto con la ratio dell’istituto qui in esame, e non può avere alcuna attitudine giustificatrice del diniego: “Quando la richiesta di trasferimento è formulata ai sensi dell’art. 33 comma 5, l. n. 104 del 1992, la possibilità di alternarsi con altri familiari nei compiti assistenziali non è un elemento ostativo. L’unico divieto, come si desume dal rinvio al comma 3 del citato art. 33, è la concessione del trasferimento a due diversi dipendenti per l’assistenza alla medesima persona (tranne quando si tratti del figlio). Se fosse necessario dimostrare il requisito dell’esclusività, le possibilità di conseguire il trasferimento sarebbero drasticamente ridotte, con il conseguente ridimensionamento dell’assistenza domestica ai disabili. […] L’Amministrazione, in qualità di datore di lavoro, non può quindi sindacare gli accordi tra i familiari, per decidere se vi sia l’effettiva necessità che il dipendente si trasferisca” (TAR Lombardia, Brescia, I, 23 settembre 2015, n. 1220).

5.5. Occorre ora indagare l’ulteriore presupposto della possibilità del trasferimento, strettamente connesso alle necessità organizzative della p.a., anch’esse invocate dall’Amministrazione a sostegno del diniego opposto all’istanza del -OMISSIS-.

Le ragioni addotte dalla p.a. consistono, nel caso di specie, nella presenza di una criminalità, anche organizzata, particolarmente diffusa nel territorio di competenza del Commissariato di -OMISSIS-.

Tuttavia, le suddette argomentazioni non appaiono idonee a sorreggere il diniego sotto il profilo motivazionale, ed emergono altresì, nell’operato della p.a., deficienze istruttorie di non poco momento.

5.5.1. La giurisprudenza ha precisato che le esigenze di servizio invocate dalla p.a., ai fini del diniego del trasferimento ex Legge 104/1992, non possono essere richiamate in modo vago e generico, ma debbono invece essere descritte in termini specifici e circostanziati, e rivestire un rilievo tale da potersi imporre come prevalenti sugli interessi di rango costituzionale alla cui tutela (cura del disabile) è tesa la norma: “Nondimeno il trasferimento ex art. 33 comma 5, L. n. 104 del 1992 può essere negato solo se sussistono effettive e ben individuate esigenze di servizio che, peraltro, l’Amministrazione deve indicare in maniera compiuta” (TAR Valle d’Aosta, Aosta, I, 14 aprile 2017 n. 20); “[…] trattandosi infatti di disposizioni rivolte a dare protezione a valori di rilievo costituzionale, ogni eventuale limitazione o restrizione nella relativa applicazione deve comunque essere espressamente dettata e congruamente motivata” (TAR Lombardia, Milano, III, 8 agosto 2017, n. 1751).

Nel provvedimento oggetto del presente giudizio, gli argomenti legati all’intensa criminalità della sede di appartenenza del -OMISSIS- (peraltro notoriamente comuni alla destinazione da costui indicata) non superano il vaglio della necessaria specificità e determinazione.

Si tratta invero di affermazioni non sorrette da specifiche considerazioni afferenti all’apporto individuale del -OMISSIS-, alle mansioni da costui svolte, alla situazione della struttura di appartenenza del ricorrente, alla carenza di organico nella sede di -OMISSIS- o alla presenza di poliziotti in esubero nella sede di Bari. Né si adduceva la mancanza di posti disponibili, nella destinazione pugliese, per la qualifica e il grado del ricorrente.

5.5.2. Al contrario, la p.a. dava atto, nel testo del provvedimento, dell’assenza di scoperture di organico presso la sede di provenienza, esplicitando l’intento di affrontare la criminalità di -OMISSIS- coinvolgendo poliziotti “anche in misura superiore all’organico prestabilito”. In tal modo, tuttavia, la p.a. evidenziava un elemento fattuale (l’eccedenza di organico) che si poneva in contraddizione con la decisione di negare il trasferimento, con conseguente vizio motivazionale del provvedimento: “Risulta ammesso dalla stessa Amministrazione nella relazione depositata in giudizio e nello stesso provvedimento impugnato l’assenza di deficit di organico presso gli Uffici di PS di Milano, ove il ricorrente presta servizio, e, di contro, l’esistenza di carenze di organico presso le sedi richieste; tali circostanze di fatto non costituiscono una premessa coerente con il disposto diniego di trasferimento ex art. 33 L. n. 104 del 1992” (TAR Lombardia, Milano, III, 15 marzo 2018 n. 738).

5.5.3. Nel contempo, nessuna considerazione veniva svolta con riferimento all’eventuale indisponibilità di posti, a Bari, confacenti alla qualifica o al grado del -OMISSIS-. Elemento decisivo, quest’ultimo, che avrebbe dovuto essere valutato dalla p.a. (TAR Lazio, Roma, I, 8 gennaio 2020 n. 130; TAR Puglia, Lecce, II, 1° febbraio 2017 n. 189) e prima ancora accertato in sede istruttoria; e che appare invece, nel caso di specie, del tutto pretermesso dall’Amministrazione.

5.5.4. La Questura di Milano, nella nota dirigenziale Prot. -OMISSIS- in data 11 gennaio 2019, con la quale la domanda del ricorrente veniva trasmessa all’Amministrazione centrale, si esprimeva nei seguenti termini: “Si trasmette l’unita istanza con la quale l’Agente della Polizia di Stato -OMISSIS- -OMISSIS-chiede di essere trasferito presso la sede, meglio specificata nella stessa, ai sensi dell’art. 33, 5° comma della L. 104/92. Vista la documentazione presentata dal dipendente, in caso di accoglimento dell’istanza, si prega di provvedere alla contestuale sostituzione”.

Orbene, dalla disamina di tale atto, si rileva la presenza di una richiesta di rimpiazzo del -OMISSIS-, che non integra (come ritenuto invece dalla p.a.) una condizione sospensiva limitante l’efficacia del parere positivo rilasciato (peraltro di dubbia configurabilità).

Al contrario, le espressioni utilizzate nella nota devono intendersi come una richiesta di integrazione del contingente di personale assegnato a -OMISSIS- in caso di accoglimento dell’istanza del ricorrente.

È dunque la richiesta di sostituzione che è sospensivamente condizionata all’accoglimento della domanda di trasferimento; esito, quest’ultimo, rispetto al quale la Questura non frapponeva alcun argomento ostativo.

Le considerazioni della p.a., tese ad assegnare una particolare rilevanza impeditiva al trasferimento della nota sopra riportata, risultano dunque prive di consistenza.

5.6. In virtù delle svolte considerazioni, emerge l’illegittimità del provvedimento gravato, carente sia sotto il profilo istruttorio che motivazionale.

6. Per tutto quanto precede, ritiene il Collegio che il ricorso, siccome fondato, debba essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

7. Le spese di giudizio del merito vengono compensate tra le parti, in considerazione della peculiarità della fattispecie.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, per le ragioni indicate in motivazione, e annulla, per l’effetto, il provvedimento impugnato.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute o le condizioni personali delle parti o di persone comunque ivi citate.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 16 luglio 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in audioconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 84, comma 6, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (convertito in L. n. 27 del 24 aprile 2020) e dall’art. 4 del decreto del Presidente del T.A.R. Lombardia, Milano, n. 6 del 19 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2020.

SENTENZA