Nel procedimento per la sottrazione internazionale di minore il suo ascolto è adempimento necessario ai fini della legittimità del decreto di rientro (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 2 febbraio 2024, n. 3071).

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

FRANCESCO ANTONIO GENOVESE  – Presidente

CLOTILDE PARISE                               – Consigliere

LAURA TRICOMI                                  – Consigliere

GIULIA IOFRIDA                                   – Consigliere

ALBERTO PAZZI                                   – Consigliere Rel.

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16238/2023 R.G. proposto da:

(omissis) (omissis) domiciliata ex lege in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e  difesa dall’Avvocato (omissis) (omissis) giusta procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

(omissis) (omissis), domiciliato in Roma, via (omissis), presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis), rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis) (omissis), giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

nonché contro

PROCURATORE della REPUBBLICA presso il TRIBUNALE dei MINORENNI di PALERMO

intimato

avverso ii decreto del Tribunale per i minorenni di Palermo in R.G. n. 21/2023 depositato il 29/6/2023;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/1/2024 dal Consigliere dott. Alberto Pazzi.

       Rilevato che:

1. II Tribunale per i minorenni di Palermo, pronunciandosi suI ricorso presentato dal Pubblico Ministero su istanza di (omissis) (omissis) ai sensi dell’art. 7 legge n. 64/1994, disponeva il rientro in Svezia nella citta di (omissis) dei minori (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis), i quali erano stati trattenuti ad (omissis) dalla madre, dal 14 gennaio 2023.

Riteneva, in particolare, che la decisione unilatera le della madre di non rientrare in Svezia ledesse ii diritto di affidamento del (omissis) e l’esercizio paterno della responsabilità genitoriale in ordine alla fissazione della residenza, considerato che, per fatto pacifico, fino al momento del trattenimento in Italia la residenza dei minori era fissata in Svezia ed entrambi i genitori esercitavano congiuntamente la responsabilità genitoriale sui figli.

Osservava che il rifiuto di (omissis) (omissis) di rientrare in Svezia appariva legato alla difficile relazione tra i genitori e non era conseguenza di un’effettiva situazione di pericolo sperimentata dal minore.

Reputava che la volontà del minore di rimanere in Italia andasse presa in considerazione, ai sensi dell’art. 13, comma 2, della Convenzione, come indicatore della sua sofferenza e della necessita di essere sottratto a ulteriori conflitti tra i genitori, motivo per cui occorreva che fossero adottate le opportune cautele per facilitare la soluzione del contrasto parentale e sollevare i due bambini dal peso emotivo che tale dissidio comportava loro.

Evidenziava, infine, che l’unico elemento di pregiudizio per i minori era costituito dal dissidio tra le parti, i cui effetti negativi potevano essere superati con l’intervento dei servizi sociali di (omissis) tenuto conto altresì della disponibilità della (omissis) di fare rientro in Svezia con i bambini e del (omissis) di lasciare la casa coniugale a moglie e figli fino alla pronuncia del giudice svedese nella procedura di divorzio.

2. (omissis) (omissis) ha proposto ricorso per la cassazione di tale decreto, depositato in data 29 giugno 2023, prospettando cinque motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso (omissis) (omissis).

Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ..

       Considerate che:

3. II primo motivo di ricorso, sotto la rubrica “nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 131 c.p.c., 132 c.p.c. n. 5, 135 c.p.c. e 158 c.p.c. dell’art. 24 della Costituzione e all’art. 360 n. 4) c.p.c.“, rappresenta  che nell’epigrafe del provvedimento impugnato si fa riferimento all’emissione di un provvedimento che viene qualificato “decreto”, ma nel contempo é riportato il numero di una sentenza (n. 65/2023) e un numero cronologico (6460/2023); ne discenderebbe – in tesi – l’assoluta incertezza in ordine alla tipologia di provvedimento emanate e ai mezzi di impugnazione esperibili, nonché in merito alla costituzione e composizione del collegio giudicante.

4. II motive non è fondato.

II mezzo in esame, infatti, fa discendere una presunta incertezza rispetto alla natura del provvedimento emanate da un’indicazione apposta su di esso dalla cancelleria piuttosto che dal contenuto attribuibile al collegio giudicante.

Contenuto che spiega puntualmente come il procedimento dovesse seguire il rito previsto dagli artt. 737 e ss. cod. proc. civ., in ragione di quanta disposto degli artt. 473-bis, prima parte, e 7, I. 64/1994 e della peculiarità della procedura prevista dalla Convenzione dell’Aja del 25/10/1980 sugli aspetti civili della sottrazione di minori.

II provvedimento impugnato, nel richiamare le disposizioni dell’art. 7 I. 64/1994, lascia chiaramente intendere che il procedimento rimaneva soggetto alle disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio per quanto non previsto da tale norma, rendendo cosi univocamente identificabili le regole a cui il giudizio si doveva attenere nel suo sviluppo e il mezzo di impugnazione esperibile avverso il decreto emesso a conclusione dello stesso.

Giova ricordare, infine, che il termine di trenta giorni dalla data di ricezione della richiesta entro il quale il tribunale é chiamato a decidere sull’istanza di restituzione del minore, ai sensi dell’art. 7, comma 3, I. 64/1994, ha carattere meramente ordinatorio, non essendo prevista da nessuna disposizione la nullità della pronuncia eventualmente emessa o, comunque, la decadenza del provvedimento eventualmente adottato oltre detto termine (Cass. 7479/2014).

5.1. II secondo motivo di ricorso, sotto la rubrica “violazione degli artt. 2, 5, 26, 31 e 33 della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ratificata in Italia con la l. n. 77/2013, nonché degli artt. 2 e 8 della CEDU (Convenzione Europea per fa salvaguardia dei diritti e dell’uomo e delle libertà fondamentali), dell’art. 12 della Convenzione di New York (ratificata e resa esecutiva con l. n. 176/1991) e dell’art. 13, comma primo, lettera b) Convenzione dell’Aja ratificata con legge n. 64/1994 in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.” sostiene che il giudice di merito, pur dovendo valutare l’interesse superiore del bambino, non abbia svolto un esame approfondito delle dinamiche familiari in Svezia e abbia omesso di tenere nella dovuta considerazione i numerosi episodi nei quali la (omissis) negli anni della vita matrimoniale, aveva subito condotte aggressive da parte del marito, come testimoniavano i numerosi messaggi scambiati fra le parti e le tracce audio prodotti nonché le relazioni dell’ASP di Agrigento, del centro antiviolenza Telefono Aiuto e dei servizi sociali di (omissis) acquisite agli atti.

Questo compendio probatorio, da cui – in tesi – emergevano modo cristallino gli agiti del (omissis) negli anni della vita matrimoniale e lo stato di coartazione psicologica vissuto dalla (omissis) e dai minori, dimostrerebbe che la decisione della donna di rimanere in Italia trovava fondamento nella necessità di proteggere e tutelare i figli da un contesto di violenza e maltrattamenti quotidiani.

5.2. II quarto motivo di ricorso, sotto la rubrica” vizio motivazionale per omesso esame di un fatto decisivo, violazione degli artt. 21 e 26 Regolamento UE n. 1111/2019 e art. 13, comma secondo, Convenzione dell’Aja, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.“, si duole del fatto che il tribunale non abbia valutato, nella sua effettiva portata, il rifiuto manifestato dal minore al rientro in Svezia, che era riconducibile non soltanto alla separazione dei genitori, bensì anche alla relazione del bambino con il padre.

6. I motivi, da esaminarsi congiuntamente, risultano, ambedue, inammissibili.

6.1. La prima censura non evidenzia alcuna criticità in punto di diritto in capo alla decisione impugnata, esprimendo un mero dissenso rispetto all’apprezzamento della congerie istruttoria compiuto dal giudice di merito, ne considera (e tanto meno critica) in alcun modo il criterio legale alla luce del quale questa valutazione é stata compiuta.

II tribunale, in particolare, ha spiegato (a pag. 10) che la disciplina prevista dall’art. 13 della Convenzione dell’Aja, a mente del quale occorre valutare un eventuale interesse del minore al trasferimento, ovvero i rischi connessi a un suo rientro nel luogo di residenza abituale, per poter effettuare un bilanciamento tra tale interesse e la finalità reintegratoria della Convenzione, andava integrata con il disposto dell’art. 27, comma 3, del Regolamento 2019/1111, secondo cui “un’autorità giurisdizionale che consideri l’eventualità di rifiutare di disporre il ritorno di un minore unicamente in base all’articolo 13, primo comma, della convenzione dell’Aia del 1980 non può rifiutarsi di disporre il ritorno del minore se la parte che ne richiede il ritorno la convince fornendo prove sufficienti o se l’autorità giurisdizionale stessa é altrimenti convinta che sono state previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno”.

Nell’ambito di questa cornice normativa ii tribunale ha constatato, sulla base di quanta segnalato dal C.T.U. in accordo con i consulenti di parte, che l’elemento di pregiudizio per i minori era rappresentato soltanto dal conflitto esistente fra i genitori, in conseguenza del quale la manifesta diffidenza della (omissis) (omissis) verso il (omissis) (omissis) provocava l’insorgere di comportamenti “più o meno inconsci” volti “a  vincolare a se i bambini e a non facilitare l’accesso all’altro genitore creando un’alleanza molto salda fra la madre e i figli”.

Alla luce della disciplina eurounitaria i giudici di merito hanno ritenuto, pur in presenza di una relazione tra i genitori che creava un contesto non funzionale al completo benessere per i figli, che l’alto livello di attenzione esistente in Svezia per le tematiche inerenti ai minori e le rassicurazioni del servizio sociale di (omissis) sulla propria capacità di essere presente in maniera attiva e fattiva costituissero un fattore di protezione che permetteva il rientro dei bambini nel paese di provenienza.

La doglianza in esame si rivela cosi inammissibile non solo perché deduce, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal tribunale, cosi da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, ma soprattutto perché propone una prospettiva interpretativa della congerie istruttoria estranea alla norma europea di riferimento, che costituisce ii fulcro della valutazione compiuta dal tribunale e ii criterio di lettura della congerie istruttoria.

6.2. II quarto mezzo manifesta analoghi vizi.

II tribunale, infatti, ha valutato il rifiuto di (omissis) al rientro in Svezia dandogli però un significato diverso da quello voluto dall’odierna ricorrente, in quanto lo ha strettamente ricollegato alla difficile relazione fra i genitori piuttosto che a una situazione di pericolo sperimentata dal minore e lo ha interpretato come espressione della sua sofferenza e della necessità di essere sottratto a ulteriori conflitti fra i genitori.

I giudici di merito, peraltro, hanno sottolineato come ii rischio per ii bambino nascente dal conflitto genitoriale era già stato rilevato nel 2019 dai servizi sociali di (omissis) i quali avevano assicurato la propria possibilità di porre in essere, in ogni momento, qualsiasi intervento necessario.

La doglianza torna cosi a criticare, come quella in precedenza esaminata, un apprezzamento di fatto compiuto con dovizia di argomenti che, essendo frutto di una determinazione discrezionale del giudice di merito, non é sindacabile da questa Corte.

Oltre a ciò, trascura, ancora una volta, la chiave valutativa imposta dall’art. 27, comma 3, del regolamento 2019/1111, secondo cui ii ritorno non può essere rifiutato in presenza di misure adeguate per assicurare la protezione del minore.

7. II terzo motivo di ricorso, sotto la rubrica “violazione e falsa applicazione degli artt. 315-bis c.c., 316 c., 473 bis n. 4 c.p.c., 473 bis n. 5 c.p.c. e 473 bis n.6 c.p.c., nonché dell’art. 24 della Costituzione, dell’art. 13, secondo comma, Convenzione dell’Aja ratificata con l. n. 64/ 1994 in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 4 c.p.c.” assume che il provvedimento impugnato sia viziato a causa della violazione delle norme, nazionali e sovranazionali, che prevedono, a pena di nullità, l’ascolto del minore quale presupposto necessario per l’adozione di provvedimenti che lo riguardano.

Le motivazioni offerte dal tribunale a supporto della decisione di non procedere all’ascolto diretto dei bambini e, in particolare, del minore (omissis) (nell’intento di evitargli di essere sentito in ordine alle dinamiche familiari da diversi giudici due volte di seguito in un brevissimo torno di tempo, con significativo aggravio del carico emotivo) erano – a dire della ricorrente – contraddittorie e, per questo motivo, censurabili, in quanto le dichiarazioni rese dal bambino nel procedimento di separazione non potevano essere utilizzate per difetto di contraddittorio e l’ascolto del minore, comunque effettuato dal C.T.U., avrebbe dovuto riguardare il profilo del rientro in Svezia e non soltanto le difficili relazioni fra i genitori.

8. Il motivo non è fondato.

Questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che nel procedimento per la sottrazione internazionale di minore il suo ascolto, ai sensi dell’art. 315-bis cod. civ. e degli artt. 3 e 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, e adempimento necessario ai fini della legittimità del decreto di rientro, poiché detto questo incombente e finalizzato, ex art. 13, comma 2, della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, anche alla valutazione dell’eventuale sua opposizione al ritorno; siffatto adempimento, tuttavia, può essere espletato anche da soggetti diversi dal giudice, secondo le modalità dallo stesso stabilite tenuto conto del carattere urgente e meramente ripristinatorio di tale procedura (Cass. 4792/2020, Cass. 29585/2020).

II tribunale si é attenuto a questi principi laddove ha dato incarico al consulente tecnico nominato di procedere, anche, all’audizione dei minori in un contesto che facilitasse la loro possibilità di espressione personale.

Va poi sottolineato come questa opzione sia stata esercitata in maniera adeguatamente motivata rispetto al maggiore dei due bambini, dato che i giudici di merito si sono preoccupati non solo di evitare un carico psicologico eccessivo a un minore già ascoltato poco prima in un diverso ambito giudiziario a proposito della complessa situazione relaziona le in cui era coinvolto, ma anche di dare seguito all’auspicio che lo stesso (omissis) in precedenza aveva espresso di essere ascoltato “da una persona particolarmente competente“.

9. II quinto motivo di ricorso, sotto la rubrica “vizio motivazionale per omesso esame di un fatto decisivo violazione degli 115 e 116 c.p.c. nonché dell’art. 27 n. 3 del Regolamento UE n. 1111/2019 in relazione all’art. 360 n. 5) c.p.c.“, sostiene che la decisione impugnata sia viziata perché il tribunale, da una parte, non ha fatto corretta applicazione dell’art. 27 n. 3 del Regolamento UE 1111/2019, dall’altro ha posto a fondamento della propria decisione fatti oggetto di specifica contestazione e prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa.

In particolare, ii tribunale avrebbe trascurato di considerare che la parte richiedente ii ritorno non aveva fornito prove sufficienti, dato che nessuna delie circostanze addotte dal (omissis) nel corso della sua audizione risultava dimostrata e non poteva essere ritenuto irrilevante il silenzio serbato dal marito rispetto a un suo precedente matrimonio.

II tribunale, inoltre, si é ritenuto convinto che in caso di ritorno sarebbero state previste misure adeguate per assicura re la protezione dei minori recependo acriticamente le risultanze della C.T.U. espletata e le informazioni rese dai servizi sociali di (omissis) e valorizzando soltanto gli elementi di giudizio favorevoli alla richiesta di rientro avanzata dal (omissis).

10. II motivo é inammissibile.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. occorre denunciare che ii giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo ii dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre é inammissibile la diversa doglianza con cui si lamenti che questi, nel valutare le prove proposte dalie parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 20867/2020).

La doglianza concernente la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. é ammissibile, invece, solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce a una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta a una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura é ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il  sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass., Sez. U., 20867/2020).

Non é dunque possibile, come fa il motivo in esame, proporre una censura per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc.  civ.  denunciando un’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito.

11. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto.

La natura delle questioni esaminate, che riguardano diritti di natura familiare coinvolgenti relazioni affettive, costituisce una grave ed eccezionale ragione, analoga a quelle normativamente previste, che giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite, ai sensi dell’art. 92, comma 2, proc. civ., come risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. 132/2014 e dalla sentenza n. 77/2018 della Corte costituzionale.

II procedimento é esente dal versamento del contributo unificato, ai sensi dell’art. 10, comma 2, d.P.R. 115/2002, di modo che non trova applicazione il disposto dell’art. 13, comma 1-quater, del medesimo decreto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese di lite.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli atri titoli identificativi a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/2003 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma in data 23 gennaio 2024.

Il Presidente

Dott. Francesco Antonio GENOVESE

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.