Si intrufola nello stanzino del supermercato e ruba un cellulare: condannato per furto consumato (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 2 febbraio 2024, n. 4822).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUINTA SEZIONE PENALE

Composta da:

CARLO ZAZA                                                     – Presidente –

ENRICO VITTORIO STANISLAO SCARLINI     – Relatore –

MARIA TERESA BELMONTE

GIUSEPPE DE MARZO

VINCENZO SGUBBI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(omissis) (omissis) nato a CATANIA il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 16/02/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ENRICO VITTORIO STANISLAO SCARLINI;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. LUIGI GIORDANO che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16 febbraio 2023, la Corte di appello di Catania confermava la sentenza del locale Tribunale che aveva ritenuto (omissis) (omissis) colpevole del delitto di cui agli artt. 624 bis e 625 n. 4 cod. pen., perché, introducendosi nello stanzino riservato al personale dipendente del supermercato Lidi di via (omissis) (omissis) in Catania, si era impossessato del telefono cellulare di proprietà di (omissis) (omissis), agendo con la destrezza consistita nel nascondersi proprio all’interno del suddetto stanzino, il 7 ottobre 2020.

1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, la Corte territoriale osservava quanto appresso.

Il delitto di furto contestato al prevenuto doveva considerarsi consumato, e non solo tentato come invocato dalla difesa, perché questi era stato seguito fino a quando era entrato nello stanzino, così che, prima di uscire ed essere sorpreso dai vigilanti, aveva conseguito la disponibilità autonoma del cellulare sottratto.

Questo, di recente costruzione, era un bene che non poteva aver provocato alla persona offesa solo un danno di speciale tenuità, anche in relazione alla capacità economiche della stessa.

2. Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore, articolando le proprie censure in due motivi.

2.1. Con il primo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla mancata riqualificazione del delitto contestato nell’ipotesi del tentativo.

Dagli atti, infatti, era emerso che i vigilanti del supermercato avevano visto l’imputato aggirarsi nei pressi del magazzino e ne avessero atteso l’uscita all’esterno, facendosi, così, immediatamente riconsegnare quella refurtiva di cui, allora, l’imputato mai aveva conseguito il possesso autonomo.

2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il difetto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 cod. pen..

Il valore del cellulare e, così, la quantificazione del danno andavano parametrati non al suo prezzo di acquisto ma al suo valore residuo ed il cellulare di marca Huawei era di rilevanza economica minima. Né vi erano stati altri effetti pregiudizievoli a danno della persona offesa.

3. Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto Dott. Luigi Giordano, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso presentato nell’interesse dell’imputato è manifestamente infondato.

1. Quanto al discrimine fra il delitto di furto tentato ed il delitto di furto consumato si è già avuto modo di dire che:

– risponde del delitto di furto in abitazione consumato, e non tentato, colui che abbia conseguito l’autonoma disponibilità dei beni sottratti, uscendo dall’abitazione, sebbene sia stato poi fermato dalle forze dell’ordine prima di uscire dall’area condominiale (Sez. 4, n. 11683 del 27/11/2018, dep. 2019, Arena, Rv. 275278);

– il reato di furto si consuma quando il bene trafugato passa, anche se per breve tempo e nello stesso luogo in cui è stato sottratto, sotto il dominio esclusivo dell’agente, sicché sono irrilevanti sia il fatto che la “res furtiva” rimanga nella sfera di vigilanza della persona offesa, con la possibilità del suo pronto recupero, sia la durata del possesso, sia, infine, le modalità di custodia e di trasporto (Sez. 5, n. 33605 del 17/06/2022, T., Rv. 283544).

Riportando tali principi di diritto all’odierno caso di specie, si comprende come la conferma, da parte della Corte territoriale, dell’avvenuta consumazione del furto, sia priva di manifesti vizi logici:

– il prevenuto, infatti, era entrato nello stanzino – in cui i dipendenti del supermercato riponevano i propri oggetti personali e si cambiavano d’abito – senza essere seguito dai vigilanti;

– era stato atteso all’esterno, sospettando gli stessi che egli, entrato in un luogo chiuso in cui non aveva ragione di accedere, l’avesse fatto proprio per sottrarre qualche oggetto.

Uscito dal locale, era stato sorpreso in possesso della refurtiva. Refurtiva di cui, nei pur brevi momenti in cui l’aveva sottratta dagli indumenti o dall’armadietto della persona offesa fino a quando era uscito dallo stanzino, aveva conseguito l’autonoma disponibilità (non essendo stato sottoposto al controllo visivo di alcuno). Egli, pertanto, aveva consumato, e non solo tentato, il furto contestatogli.

2. Anche il secondo motivo di ricorso – sul mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. – è privo di concreto fondamento.

Deve, innanzitutto, ricordarsi che la concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subìto in conseguenza del reato, senza che rilevi, invece, la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato (Sez. 2, n. 5049 del 22/12/2020, dep. 2021, Di Giorgio, Rv. 280615).

Così che non ci si può limitare, come si è fatto nel ricorso, ad assumere che il telefono cellulare sottratto sia, in quanto usato, di modicissimo valore (peraltro con argomentazione meramente assertiva senza riguardo alcuno alla marca, al modello, all’anno di produzione), posto che il danno cagionato alla persona offesa con la sua sottrazione (il recupero del medesimo costituisce solo un irrilevante post factum) deve comprenderne la sostituzione con uno reperibile sul mercato, a prezzi che, notoriamente, sono tutt’altro che particolarmente modici.

3. All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, versando il medesimo in colpa, della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.