REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
MARIA ACIERNO Presidente
LAURA TRICOMI Consigliere
GIULIA IOFRIDA Consigliere
CLOTILDE PARISE Consigliere – Rel.
ELEONORA REGGIANI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n.7296/2022 R.G. proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA VIA (OMISSIS) (OMISSIS) 48, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) che lo rappresenta e difende giusta procura special in calce al ricorso;
-ricorrente-
contro
PREFETTURA della PROVINCIA DI ROMA
-intimata-
avverso il PROVVEDIMENTO del GIUDICE DI PACE di ROMA R.G. n. 16357/2021 depositato il 10/01/2022;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/10/2023 dal cons. Clotilde Parise;
udita la requisitoria del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa Luisa De Renzis che chiede l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Con ordinanza depositata il 10 gennaio 2022 il Giudice di Pace di Roma ha respinto il ricorso di (omissis) (omissis), avente ad oggetto l’impugnazione del decreto di espulsione dal territorio nazionale, adottato dal Prefetto di Roma il 12 marzo 2021, ex art. 13, comma 2, lett. b), del d.lgs. n. 286/98, perché lo straniero era privo del permesso di soggiorno.
Il Giudice di Pace ha rilevato, per i profili ancora d’interesse, che l’opponente era entrato in Italia nel 2010, che era stato denunciato e arrestato varie volte a partire dal 2014 per detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti e che era stato condannato per quel reato alla pena di otto mesi di reclusione ed euro 1000,00 di multa; ha aggiunto che il permesso di soggiorno inizialmente ottenuto era scaduto e che l’ulteriore istanza di rinnovo proposta era stata respinta, oltre che per l’insufficienza dei redditi, anche per la condanna riportata, con provvedimento del questore impugnato dinanzi al giudice amministrativo, il quale aveva rigettato la domanda cautelare che corredava il ricorso; ha, infine, evidenziato che il cittadino straniero non risultava coniugato e non aveva provato la convivenza con parenti di secondo grado.
2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti della Prefettura di Roma, che è rimasta intimata.
3. All’esito dell’ordinanza interlocutoria di questa Corte n. 10415/2023, pubblicata il 18-4-2023, con cui è stato disposto, richiamando l’ordinanza interlocutoria di questa Corte n. 3865/2023, il rinvio a nuovo ruolo per la trattazione del giudizio in pubblica udienza in ordine alla rilevanza della convivenza more uxorio ai fini della valutazione d’inespellibilità, il ricorso è stato nuovamente fissato per la trattazione in pubblica udienza.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
La Procura Generale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Il ricorrente ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 13 e 19 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, degli artt. 36 e ss. della l. 20 maggio 2016, n. 76, nonché dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, perché il Giudice di Pace ha omesso di valutare il rapporto di convivenza da lui instaurato con una cittadina italiana, che assume ostativo all’espulsione.
2. Il ricorrente rimarca che dalla documentazione esibita in primo grado e, in particolare, dalla dichiarazione anagrafica di costituzione di convivenza di fatto eseguita presso il Comune di Roma, a norma del comma 36 dell’art. 1 della l. n. 76/16, era stato dimostrato il rapporto familiare con la cittadina italiana (omissis) (omissis), formalizzato come unione civile secondo quanto previsto dalla citata ultima legge e pertanto del tutto equiparabile al vincolo matrimoniale.
2.1. La violazione o falsa applicazione degli artt. 5, commi 5, 13, 14 e 19 del d.lgs. n. 286/98 e la violazione o falsa applicazione dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, perché il Giudice di Pace ha affermato la sussistenza di motivi di sicurezza o di pericolosità sociale del ricorrente ai fini dell’espulsione, in mancanza di qualsivoglia specifico accertamento in concreto
3. Il primo motivo è fondato.
3.1. In materia di espulsione, questa Corte ha affermato l’estensione dell’ambito di applicazione dell’art. 13, comma 2 , bis d.lgs. n. 286/1998 – che contiene un richiamo al profilo “della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato”, oltre alla “durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine” – anche al cittadino straniero, il quale, ancorché non si trovi nelle condizioni per richiedere formalmente il ricongiungimento familiare, abbia legami familiari nel territorio nazionale, secondo un ampliamento della nozione del diritto all’unità familiare formatosi in sede di giurisprudenza EDU e fatto propria dalla Consulta con la sentenza n. 202 del 2013 (Cass. 2395/2018; Cass. 781/2019; conf. Cass.1665/2019; Cass. 11955/2020; Cass. 24908/2020).
Il “diritto vivente” ha, quindi, individuato il profilo dei legami familiari come elemento ostativo all’espulsione, che consente allo straniero privo del permesso di soggiorno di poter comunque permanere nel territorio nazionale con un permesso rilasciato a norma dell’art. 28 lett. b) D.P.R. 394 del 1999 (che riguardagli stranieri “che si trovano nelle documentate circostanze di cui all’art. 19 comma 2° lett. c) del testo unico”).
In particolare, è stato evidenziato da questa Corte (Cass. n. 781/2019; conf. Cass. n. 11955/2020) che “In tema di espulsione del cittadino straniero, l’art. 13, comma 2 bis, del d.lgs. n. 286 del 1998, secondo il quale è necessario tener conto, nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, della natura e dell’effettività dei vincoli familiari, della durata del soggiorno, nonché dell’esistenza di legami con il paese d’origine, si applica – con valutazione caso per caso ed in coerenza con la direttiva comunitaria 2008/115/CE – anche al cittadino straniero che abbia legami familiari nel nostro Paese, ancorché non nella posizione di richiedente formalmente il ricongiungimento familiare, in linea con la nozione di diritto all’unità familiare delineata dalla giurisprudenza della Corte EDU con riferimento all’art. 8 CEDU e fatta propria dalla sentenza n. 202 del 2013 della Corte Costituzionale.
Tuttavia il giudice del merito è tenuto, onde pervenire all’applicazione della tutela rafforzata di cui al citato art. 13, comma 2 bis, a dare conto di tutti gli elementi qualificanti l’effettività di detti legami (rapporto di coniugio, durata del matrimonio, nascita di figli e loro età, convivenza, dipendenza economica dei figli maggiorenni ecc.) oltre che delle difficoltà conseguenti all’espulsione, senza che sia possibile, fuori dalla valorizzazione in concreto di questi elementi, fare riferimento ai criteri suppletivi relativi alla durata del soggiorno, all’integrazione sociale nel territorio nazionale, ovvero ai legami culturali o sociali con il Paese di origine”.
Questa Corte, nell’interpretazione dell’art. 13 comma 2 bis d.lgs. n. 286/1998, ha, dunque, ritenuto come elemento imprescindibile, integrante causa ostativa all’espulsione, quello dei «legami familiari», ritenendo gli altri criteri indicati nell’ultima parte del comma 2 bis non rilevanti autonomamente, ma meramente integrativi, nel senso che possono venire in rilievo solo se lo straniero abbia «legami familiari nel territorio dello Stato».
3.2. Tale impostazione ermeneutica necessita di ulteriore allargamento a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 130 del 2020 (conv. con modif. dalla l. n. 173 del 2020 e vigente ratione temporis, ossia prima dell’entrata in vigore del D.L. 10.3.2023 n. 20, conv. nella L. 5.5.2023 n. 50), che ha introdotto, all’art. 19 del d.lgs n. 286/1998, il comma 1.1., a norma del quale, ai fini della valutazione del rischio di violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare “si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine”.
Ora, anche se tale norma non richiama espressamente l’art.8 CEDU, l’evocazione di quest’ultima disposizione è resa evidente, come ha già chiarito questa Corte (Cass. 7861/2022), dal riferimento agli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato italiano di cui all’art. 5, comma 6, T.U.I. e dall’impiego della stessa formulazione testuale, fermo restando, comunque, che il diritto di cui all’art. 8 CEDU “alla vita privata e familiare” non è assoluto e deve essere bilanciato su base legale con una serie di altri valori tutelati (sicurezza nazionale e pubblica, benessere economico del paese, difesa dell’ordine e prevenzione di reati, protezione della salute e della morale, protezione dei diritti e delle libertà altrui).
E’ stato ulteriormente chiarito con la citata ordinanza n. 7861/2022, che la norma ha individuato «…tre diversi parametri di “radicamento” sul territorio nazionale del cittadino straniero – quali il radicamento familiare (che prescinde dalla convivenza), quello sociale e quello desumibile dalla durata del soggiorno sul territorio nazionale – rilevanti ai fini della configurazione, in caso di espulsione, di una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, sancito dall’art. 8 CEDU che, non prevedendo un diritto assoluto, ma bilanciabile su base legale con una serie di altri valori, tutela non soltanto le relazioni familiari, ma anche quelle affettive e sociali e, naturalmente, le relazioni lavorative ed economiche, le quali pure concorrono a comporre la vita privata di una persona, rendendola irripetibile, nella molteplicità dei suoi aspetti, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità».
Solo la Corte EDU, infatti , è autorizzata a riempire di contenuti le norme della Convenzione e alle sue indicazioni le autorità nazionali si devono attenere (Cass. 8400/2023), sicché acquista particolare rilievo quanto affermato dalla Corte di Strasburgo nella sentenza 14 febbraio 2019 (Ricorso n. 57433/15 – Causa Narjis contr o Italia) e cioè che l’art. 8 CEDU tutela anche il diritto di allacciare e intrattenere legami con i propri simili e con il mondo esterno, e comprende a volte alcuni aspetti dell’identità sociale di un individuo, e si deve accettare che tutti i rapporti sociali tra gli immigrati stabilmente insediati e la comunità nella quale vivono facciano parte integrante della nozione di “vita privata” ai sensi dell’art. 8.
Deve, pertanto, ritenersi che, con l’introduzione del comma 1.1. dell’art. 19 T.U.I., il legislatore, nell’attribuire diretta rilevanza non solo alla tutela della vita familiare, ma anche a quella privata, in attuazione dell’articolo 8 CEDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo nei termini sopra illustrati, abbia inteso riconoscere pari dignità ai parametri dei “legami familiari” e della “integrazione sociale”, nel senso che quest’ultima non si configura più come elemento meramente integrativo dei “legami familiari”, ma riveste autonoma rilevanza, sicché, correlativamente e per coerenza sistematica, la medesima autonoma rilevanza non può che rivestire anche il parametro dei “legami familiari”, non rileva, quanto all’accertamento del requisito del “vincolo familiare”, la circostanza che il cittadino straniero non sia unito in matrimonio alla donna che allega essere la sua compagna.
In proposito, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte EDU (vedi Johnston e altri c. Irlanda del 18 dicembre 1986 § 56, Serie A n. 112), la nozione di “famiglia” di cui all’art. 8 della Convenzione non è limitata soltanto alle relazioni fondate sul matrimonio e può comprendere altri “legami familiari” di fatto, in cui le parti convivono fuori dal matrimonio (è stato finanche ritenuto nelle cause Kroon e altri c. Paesi Bassi, del 27 ottobre 1994, serie A n. 297-C, e Vallianatos e altri c. Grecia, Grande Camera, ric. n. 29381/09 32684/09, che possono esistere legami sufficienti per una vita familiare anche in assenza di convivenza).
4. La Corte ritiene di dover enunciare il seguente principio di diritto ex art.384 cod. proc. civ.: «In materia di espulsione, ai sensi dell’art. 19, comma 1.1. ,T.U.I., nel testo vigente “ratione temporis”, ossia prima dell’entrata in vigore del D.L. 10.3.2023 n. 20, conv. nella L. 5.5.2023 n. 50, nonché ai sensi dell’art. 13 comma 2 bis d.lgs. n. 286/1998, integra causa ostativa all’espulsione del cittadino straniero la sussistenza di suoi «legami familiari» nel territorio dello Stato, con le concrete connotazioni previste dalle citate norme, in quanto espressione del diritto di cui all’art. 8 CEDU, bilanciato su base legale con una serie di altri valori tutelati, ma da declinarsi secondo i principi dettati dalla Corte di Strasburgo, in particolare dovendo perciò attribuirsi la nozione di “famiglia” non soltanto alle relazioni fondate sul matrimonio, ma anche ad altri “legami familiari” di fatto».
5. Nel caso di specie, il Giudice di Pace non si è attenuto ai suesposti principi, poiché si è limitato ad affermare che “il ricorrente non risulta agli atti coniugato, né ha provato la convivenza con parenti di secondo grado”.
E’ dunque mancato ogni concreto accertamento sui “legami familiari”, da intendersi nel senso precisato, del ricorrente in Italia, che egli, con sufficiente specificazione, deduce di aver allegato e documentato, nel giudizio di merito, in particolare con riguardo al legame affettivo con la cittadina italiana (omissis) (omissis), finanche formalizzato mediante unione civile, ex l. n. 76/2016.
6. In conclusione, il primo motivo di ricorso va accolto, assorbito il secondo, il provvedimento impugnato va cassato e la causa va rinviata al Giudice di Pace di Roma, in persona di diverso magistrato, per nuovo esame alla luce dei suesposti principi e per statuire anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa al Giudice di pace, nella persona di diverso magistrato, per nuovo esame e per statuire anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 13/10/2023.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2023.