REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
DANILO SESTINI -Presidente
CHIARA GRAZIOSI -Consigliere
MARCO DELL’UTRI -Consigliere
STEFANIA TASSONE -Consigliere-Rel.
GIUSEPPE CRICENTI -Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15294/2020 R.G. proposto da:
(omissis) (omissis) rappresentato e difeso giusta procura speciale in calce al ricorso dall’avv. (omissis) – ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in (omissis) (omissis)
–ricorrente–
contro
(omissis) (omissis) rappresentata e difesa giusta procura speciale in calce al controricorso dagli avvocati (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) ed elettivamente domiciliata in (omissis) (omissis) presso lo studio dell’avv. (omissis) (omissis);
–controricorrente–
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Genova n. 1394/2019 depositata il 16/10/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/07/2023 dal Consigliere dott.ssa Stefania Tassone.
Fatti di causa
1. Con atto di citazione introduttivo (omissis) (omissis) conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Savona il dottor (omissis) (omissis) per sentirne dichiarare la responsabilità professionale in conseguenza di uno scorretto intervento odontoiatrico praticato nel (omissis) ed in particolare per aver provveduto all’estrazione di sei elementi dentali e di un impianto prevedendone la loro sostituzione con impianti endossei, con evidente overtreatment, e per sentirlo condannare al risarcimento dei danni tutti patiti.
Si costituiva resistendo il convenuto.
Espletata CTU medico legale, con sentenza del 25 settembre 2015, il Tribunale di Savona respingeva la domanda, condannando l’attrice al pagamento delle spese processuali.
2. (omissis) (omissis) impugnava tale sentenza avanti la Corte d’Appello di Genova, che con pronuncia n. 1394/2019 pubblicata il 16 ottobre 2019, in riforma della sentenza di primo grado, riconosceva la responsabilità professionale e condannava l’appellato (omissis) (omissis) a risarcire il complessivo danno patito, patrimoniale e non, dalla paziente.
3. Avverso tale sentenza (omissis) (omissis) propone ora ricorso in Cassazione affidato a quattro motivi.
Resiste con controricorso, illustrato da memoria, (omissis) (omissis).
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce << in relazione all’art. 360 proc. civ., comma 1, n. 4 l’illegittimità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 194 cod. proc. civ.; art. 87 e 90 disp. att. cod. proc. civ.>>.
Lamenta che, nell’affermare la responsabilità professionale del dottor (omissis) il consulente tecnico di secondo grado ha dapprima richiesto alla corte d’appello l’autorizzazione ad acquisire documentazione, relativa alle condizioni del cavo orale della paziente, non prodotta nei fascicoli di causa e tardivamente fornitagli dalla difesa della signora (omissis), non avendo la corte deciso sul punto, ne ha di fatto comunque tenuto conto nelle sue conclusioni peritali.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce <<in relazione all’art. 360 proc. civ., comma 1, n. 4, l’illegittimità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ. con riferimento agli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ.>>.
Lamenta che la sentenza impugnata presenta una motivazione del tutto apparente e tale da ridondare in mancanza di motivazione.
3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce <<in relazione all’art. 360 proc. civ., comma 1, n. 5, con riferimento agli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ., l’illegittimità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti>>.
Lamenta che la corte d’appello ha reso affermazioni sprovviste di motivazione, tanto da rendere impossibile comprendere l’rter logico giuridico seguito per riformare integralmente la sentenza di primo grado.
4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce <<in relazione all’art. 360 proc. civ., comma 1, n. 3, l’illegittimità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1176, 1218, 2697, 2729 cod. civ. e degli artt. 40 e 41 cod. pen., con riferimento agli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ.>>
Lamenta che la Corte d’appello avrebbe violato il principio di causalità e applicato erroneamente la regola di giudizio fondata sull’onere della prova, attribuendo l’onus probandr ad una parte diversa da quella che ne era onerata.
5. Il primo motivo è infondato.
Con motivazione congrua e scevra da vizi logico-giuridici, la corte territoriale ha affermato anzitutto che le fondate censure mosse dall’appellante (omissis) (omissis) alla sintetica e poco motivata CTU espletata in primo grado hanno indotto il giudice d’appello alla rinnovazione della stessa; poi ha ripercorso i passaggi salienti della CTU rinnovata in appello ed ha poi espressamente ritenuto <<infondata l’eccezione di nullità della CTU svolta in grado di appello, sollevata dalla parte appellata, risultando espressamente dalla stessa che le conclusioni a cui CTU è giunto sono state raggiunte senza l’esame della documentazione che irritualmente la originaria parte attrice ha chiesto di produrre>> (p. 6), in tal modo anche implicitamente respingendo l’istanza di autorizzazione del consulente nominato in sede di gravame all’acquisizione della documentazione tardiva.
5.1. Per il resto il motivo si risolve in generici riferimenti ad alcuni elementi di giudizio, ovvero in meri commenti, deduzioni o interpretazioni, che si traducono in una sostanziale prospettazione di tesi difformi da quelle recepite dal giudice di merito, di cui si chiede a tale stregua un riesame, non consentito in sede di legittimità (Cass., 03/12/2020, 27702).
6. Il secondo e il terzo motivo, che possono essere scrutinati congiuntamente, stante la loro stretta connessione, sono infondati.
La corte territoriale ha preso in esame la analitica censura di parte appellante (omissis) (omissis) integralmente riportata nello svolgimento del processo (v. p. 3 della sentenza di appello), ed ha svolto articolata motivazione, riportando i passaggi essenziali, dirimenti e condivisibili della CTU rinnovata in appello, rispetto a quella di primo grado.
La corte d’appello ha dunque fatto proprie le conclusioni peritali, con motivazione congrua e scevra da vizi logico-giuridici.
6.1. Ogni altra censura in cui è articolato il motivo, pur formulata in base all’art. 360, comma 1, 4, cod. proc. civ., si risolve invero nella sollecitazione di un riesame delle risultanze probatorie, precluso in sede di legittimità (Cass., 10/02/2023, n. 4185; Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34476).
7. Il quarto motivo è manifestamente infondato.
Il ricorrente denunzia l’errata applicazione del principio di causalità e la conseguente erronea valutazione dell’onere della prova sotto tale profilo, mentre, essendo sempre e specificatamente stato prospettato in causa un danno consistito nell’ingiustificata avulsione di plurimi elementi dentali, la controversia non verteva sull’accertamento della derivazione causale del danno dalla condotta del medico, essendo pacifico che il dr. (omissis) ha estratto i denti, bensì sull’esattezza o meno dell’esecuzione della prestazione odontoiatrica.
Nel rilevare che <<Dagli approfonditi e completi accertamenti peritali compiuti anche con l’analisi della letteratura scientifica in materia emerge che dall’esame della (omissis) riportata graficamente nella CTU fatta eseguire ad inizio cure dal dottor (omissis) non si rileva a carico dei denti che lo stesso prevedeva di estrarre alcuna patologia di tipo endodontico o parodontale che ne richiedesse la certa estrazione>>, e che: << in tal caso era onere del dottor (omissis) dimostrare la situazione patologica dentaria tale da determinare la necessità dell’estrazione di un così significativo numero di elementi>> (v. p. 4 della sentenza impugnata), la corte territoriale è pervenuta, con congrua motivazione, ad affermare la responsabilità del professionista, che non ha eseguito esattamente la sua prestazione e non è riuscito a provare la non imputabilità del suo inadempimento, come era suo specifico onere secondo costante orientamento di questa Suprema Corte (cfr. 28-29 della impugnata sentenza: <<secondo i i pacifici principi giurisprudenziali in materia di responsabilità medica, una volta allegato da parte del paziente l’inadempimento e l’aggravamento della sua patologia, è onere del medico dare la prova di aver regolarmente adempiuto la prestazione sanitaria. in tal caso era onere del dottor (omissis) dimostrare la situazione patologica dentaria tale da determinare la necessità dell’estrazione io così significativo numero di elementi>>).
7.1. Ed il motivo dedotto invero neppure coglie tale distinta ed autonoma ratio decidendi, giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata nell’impugnata sentenza (Cass., 10/11/2022, 33200; Cass., 31/03/2023, n. 9128).
8. In conclusione, il ricorso è infondato.
9. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a pagare alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.500,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-brs dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione il 12 luglio 2023.
IL PRESIDENTE
Dott. Danilo Sestini
Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2023.