REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
MARIA ACIERNO Presidente
MARINA MELON! Consigliere – Rel.
CLOTILDE PARISE Consigliere
LAURA TRICOMI Consigliere
RITA ELVIRA ANNA RUSSO Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10912/2023 R.G. proposto da:
(omissis) (omissis) (omissis) domiciliato, rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis) (omissis);
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELL’INTERNO
-intimato-
avverso DECRETO di TRIBUNALE CATANZARO n. 1680/2019 depositato il 20/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/01/2024 dal Consigliere dr.ssa MARINA MELONI.
FATTI DI CAUSA
(omissis) (omissis) nata a (omissis) (omissis) (omissis) impugna il decreto n. 1882/2023, pubblicato il 20.03.2023, comunicato a mezzo pec il 05/04/2023, relativo alla causa di cui al n. 1680 R.G.A.C. 2019, emesso dal Tribunale di Catanzaro con il quale il Tribunale di Catanzaro ha rigettato la protezione internazionale, riconoscendo il diritto alla protezione speciale.
Dinanzi al Tribunale di Catanzaro, territorialmente competente la ricorrente ha iscritto ricorso in data 19/03/2019, avanzando le seguenti conclusioni: ln via principale e nel merito, accertare e riconoscere ii diritto al riconoscimento dello status di rifugiato; in via principale e nel merito, accertare e riconoscere il diritto alla protezione sussidiaria; in via subordinata, accertare e riconoscere il diritto alla protezione umanitaria.
Nelle more del procedimento, la ricorrente ha integrato la documentazione probante connessa alla vicenda dei suoi familiari, anch’essi in Italia.
Difatti, la ricorrente si trova in Italia assieme alla sua famiglia, composta da: (omissis) (omissis) (suocero), ricorrente per cassazione, RG: 21564/2021; (omissis) (omissis) (suocera), ricorrente in cassazione, ricorrente per cassazione, RG:21591/2021; (omissis) (omissis) (cognato minorenne), ricorrente per cassazione, RG: 21592/2021; (omissis) (omissis) (coniuge), ricorrente per cassazione, RG: 21593/2021.
Tutti i componenti della famiglia avevano avanzato richiesta di protezione internazionale, conclusasi con ii medesimo esito (accoglimento protezione speciale), e tutti hanno impugnato con ricorsi dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, la quale ha accolto i ricorso e cassato i decreti impugnati con sentenza n. 21363 del 2023.
La vicenda della ricorrente e stata così compendiata a pag. 2 del ricorso di primo grado (all. A): “La sig.ra (omissis) (omissis) é nata a (omissis) e vissuta a (omissis) professa la religione musulmana, ha studiato per dodici anni e ha frequentato diversi corsi professionalizzanti, é sposata, e ha lasciato il Pakistan in data 02.08.2017 assieme al marito e ai di lui familiari, a causa delle persecuzioni subite e delle ritorsioni temute.
Nello specifico, nel gennaio 2017 la ricorrente si era fidanzata con un ragazzo di nome (omissis) conosciuto durante un un corso di web design al tempo dopo l’inizio della relazione, i due giovani avevano deciso di sposarsi.
Comunicata la decisione a sua madre, la ricorrente ha chiesto aiuto per cercare di convincere suo padre (integerrimo osservante dei precetti religiosi islamici) a concedere il suo benestare alle nozze, ma nonostante l’intervento della moglie, l’uomo ha negato il suo consenso poiché il futuro sposo della figlia non era stato scelto da lui e, per tal motivo, le ha sequestrato il telefono, proibendole di uscire di casa.
Ciononostante, la ricorrente é riuscita a mettersi in contatto con il fidanzato tramite un’amica e ad organizzare il matrimonio in segreto con (omissis) (omissis).
Subito dopo il matrimonio, la ricorrente é tornata per un tempo a casa dei suoi genitori per non destare sospetti ma, dopo aver saputo che suo padre aveva tentato di far uccidere il suocero grazie all’aiuto di alcuni politici locali, é scappata ed é andata a vivere con il marito e i suoi parenti a (omissis).
Ciononostante, dopo aver accertato che i familiari del marito vivevano in una situazione di costante pericolo e sicura di non poter beneficiare di alcuna forma di tutela da parte delle istituzioni, la ricorrente ha deciso di espatriare assieme al marito.
Giunta in Italia in data 18.01.2018 assieme ai familiari del marito, la ricorrente ha inoltrato domanda di protezione internazionale, e nel corso dell’intervista personale dinanzi alla Commissione Territoriale del 18.09.2018, la sig.ra (omissis) ha dato atto del suo stato di gravidanza”.
Avverso il decreto del Tribunale di Catanzaro la ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi e memoria.
II Ministero dell’interno si é costituito al fini della discussione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso sono i seguenti:
I) Violazione art. 360 cpc comma 1, n. 3: violazione o falsa applicazione di norme di diritto; violazione 3 comma 3 lett. a) del d.lgs. 251/07, con riferimento ai profili di credibilità sui fatti dallo stesso narrati: la censura concerne la valutazione delle circostanze addotte a sostegno della domanda di rifugio e riferite allo svolgimento di attività politica da parte sua in patria ed alle aggressioni subite a seguito di ciò, anche in conseguenza dal tradimento di alcuni adepti del suo partito.
II) Violazione art. 360 cpc comma 1 n. 3: violazione o falsa applicazione di norme di diritto; violazione art. 3 comma, n. 1 lett. b) del d.lgs. 251/07, con riferimento ai profili documentali e di valutazione delle prove connesse ai fatti narrati dal ricorrente.
Si deduce che il giudice abbia errato nell’applicazione del disposto citato, in quanto la documentazione prodotta in giudizio era – a parere del ricorrente – assolutamente inequivocabile e del tutto confacente con le dichiarazioni dallo stesso rese, di guisa che, ciò avrebbe dovuto indurre il giudicante ad una valutazione dei fatti da un punto di vista oggettivo e non volto alla verifica delle mere discrasie emerse dalle dichiarazioni, peraltro del tutto coerenti dal complesso degli avvicendamenti.
Analoghe critiche vengono svolte in merito alla valutazione della documentazione sanitaria; viene censurata anche la valutazione compiuta in merito alle dichiarazioni rese dalla moglie (omissis) (omissis).
III) Violazione 360 cpc comma 1 n. 3: violazione o falsa applicazione di norme di diritto; violazione art. 8 del d. lgs. 251/07, con riferimento alla persecuzione di natura religiosa subita.
IV) Violazione art. 360 cpc comma 1 n. 3: violazione o falsa applicazione di norme di diritto; violazione art. 3 comma 4 del d.lgs. 251/07, violazione art. 4 d. lgs. 251/07, con riferimento alla persecuzione successiva subita da (omissis) rimasto in Pakistan, vittima anch’egli di aggressioni dovute a ragioni politiche.
V) Violazione o falsa applicazione di norme di diritto artt 2, 7, 5, 14 B d.lgs 251/2007; coerenza del narrato col contesto socio-politico del Pakistan; violazione art. 8 d. lgs. 25/08.
A parere del ricorrente, il Tribunale non avrebbe tenuto conto di tale contesto, in contrasto con il disposto dell’art. 8 del d.lgs. n. 25/08, secondo cui é obbligo del giudice attivarsi e utilizzare i propri poteri officiosi per acquisire completa conoscenza della situazione legislativa e sociale dello stato di provenienza, al fine di accertare la fondatezza e l’attualità del timore di danno grave dedotto dal richiedente.
II ricorso é fondato e deve essere accolto in ordine ai primi tre motivi.
Occorre ribadire che in tema di protezione internazionale e umanitaria, la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non é affidata alla mera opinione del giudice ma é il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, e, inoltre, tenendo canto “della situazione individuale e della circostanze personali del richiedente” (di cui all’art. 5, comma 3, lett. c) D.Lgs. cit.), con riguardo alla sua condizione sociale e all’età, non potendo darsi rilievo a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati quando si ritiene sussistente l’accadimento, sicché é compito dell’autorità amministrativa e del giudice dell’impugnazione di decisioni negative della Commissione territoriale, svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, disancorandosi dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario, mediante l’esercizio di poteri-doveri d’indagine officiosi e l’acquisizione di informazioni aggiornate sul paese di origine del richiedente, al fine di accertarne la situazione reale (Cass. 26921/2017; Cass. 17916/2018; Cass. 10/2021).
Nel caso di specie, il Tribunale ha escluso in parte la credibilità delle vicende narrate dalla richiedente a cagione della sua fuga dal Pakistan riportandosi a quanto osservato dalla Commissione territoriale ed evidenziando delle contraddizioni, senza dare canto di fare applicazione dei criteri di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3 mediante una valutazione autonoma sull’attendibilità della narrazione del ricorrente, nonostante la delicatezza e, soprattutto, la complessità delle vicende narrata intersecantesi con quelle di altri familiari, dalle quali astrattamente potrebbe conseguire il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. a e b), per essere l’allegazione del ricorrente riferita a condotte violente e persecutorie poste in essere per motivi politici e religiosi, incidenti sul libero esercizio delle manifestazioni del pensiero e del credo religioso nel Paese di origine.
II Tribunale, pur non essendosi limitato a trascrivere nel decreto le considerazioni espresse dalla Commissione Territoriale, ed avendo riconosciuto una certa attendibilità al narrato – tanto da accogliere per tutti i componenti del nucleo familiare, odierni ricorrenti, la domanda di protezione speciale ex art. 19, comma 1.2. del d.lgs. n.286/1998, non ha tuttavia approfondito, a conforto del proprio convincimento ed a confutazione delle contestazioni sollevate al riguardo nel ricorso di primo grado, le circostanze relative all’espatrio della ricorrente; ha svolto una valutazione atomistica ed ignorato i riscontri documentali non esaminati perché ritenuti superati da contraddizioni relative alle modalità di denuncia dell’aggressione subita dal padre e dalla madre del marito della ricorrente.
Inoltre uno dei cardini del difetto di credibilità, in particolare sulla persecuzioni di genere, é che la ricorrente era tornata nel 2022 in Pakistan ma nel ricorso questa circostanza viene smentita in modo credibile.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, i primi tre motivi vanno accolti, con assorbimento degli altri, con cassazione e rinvio per un riesame complessivo dell’intero quadro probatorio e documentale offerto e per l’esercizio, ove necessario, del dovere di cooperazione istruttoria in relazione a tutte le differenti posizioni familiari (a cui é stata concessa la protezione (vedi Cass. 21363/2023 est. Tricomi), che risultano strettamente avvinte anche quanto alle vicende loro occorse.
Per quanto sopra il ricorso deve essere accolto in ordine ai primi tre motivi di ricorso assorbiti gli altri cassato il provvedimento con rinvio al Tribunale di Campobasso in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie i primi tre motivi di ricorso, assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti;
rinvia al Tribunale di Catanzaro in diversa composizione.
Dispone altresì che ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 196/03, in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.
Così deciso in Roma, il 25/01/2024.
Il Presidente
MARIA ACIERNO
Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2024.