Scatta il “danno esistenziale” per il maxi ritardo ferroviario – 23 ore per percorrere la tratta Roma Cassino – in assenza di qualsivoglia assistenza ai passeggeri bloccati sul treno (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 9 ottobre 2023, n. 28244).

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

LUIGI ALESSANDRO SCARANO          Presidente

PASQUALE GIANNITI                           Consigliere

CRISTIANO VALLE                                Consigliere – Rel.

ANTONELLA PELLECCHIA                   Consigliere

PAOLO PORRECA                                 Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15331/2020 R.G. proposto da:

(omissis) SPA, elettivamente domiciliato in (omissis), presso lo studio dell’avv. (omissis) (omissis) che lo rappresenta e difende;

-ricorrente

contro

(omissis) (omissis), elettivamente domiciliata in (omissis), presso lo studio dell’avv. (omissis) (omissis) che la rappresenta e difende;

controricorrente

avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di CASSINO n. 1123/2019 depositata il 25/09/2019.

udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 25/05/2023, dal consigliere relatore dott. Cristiano Valle, osserva quanto segue.

FATTI DI CAUSA

(omissis) (omissis) convenne in giudizio, dinanzi al Giudice di pace di Cassino, (omissis) SPA chiedendo accertarsi e dichiararsi l’inadempimento della medesima nella gestione del trasporto ferroviario passeggeri in relazione al disservizio occorso in occasione del viaggio effettuato in data (omissis) dal treno regionale (omissis), con conseguente condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.

Il Giudice di pace accolse la domanda e condannò la società ferroviaria al pagamento della somma di cinque euro e venticinque centesimi a titolo di indennizzo da ritardo, e della somma di euro quattrocento relativamente a titolo di risarcimento del danno esistenziale.

Avverso tale pronuncia propose appello la società ferroviaria deducendo l’incompetenza del Giudice di pace di Cassino e l’insussistenza del liquidato danno esistenziale.

Con sentenza n. 1123 del 25/09/219 il Tribunale di Cassino ha respinto l’impugnazione.

Avverso la sentenza del Tribunale di Cassino propone ora ricorso per cassazione, affidato a sette motivi,  (omissis) S.p.a.

Resiste con controricorso (omissis) (omissis).

La ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

La ricorrente propone i seguenti motivi di ricorso.

1) violazione o falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1176, 1218, 1256, 1681 civ. nonché degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. e 116 cod. proc. civ.) ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. in tema di riparto di onere della prova e di non imputabilità dell’inadempimento totale o parziale dell’obbligazione a fronte dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione per evento fortuito o causa di forza maggiore, oltre che di esimente dall’obbligo risarcitorio per la imprevedibilità dell’evento causativo e inesigibilità dello sforzo diligente richiesto.

2) violazione o falsa applicazione di norme id diritto e segnatamente degli 1218, 1256, 1681 cod. civ. nonché dell’art. 18 del Regolamento C.E. n. 1371/2007 ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. in tema di non imputabilità dell’inadempimento totale o parziale delle obbligazioni di assistenza ai passeggeri in caso di ritardo superiore ai sessanta minuti, a fronte dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione per evento fortuito o causa di forza maggiore.

3) omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, primo comma, 5 cod. proc. civ. in relazione alla mancata previsione, da parte del (omissis), della sospensione del servizio sulla linea (omissis) per la giornata del (omissis) e violazione e falsa applicazione del D.M. Ministero dei Trasporti e della navigazione 138 T del 31.10.2000 nonché degli artt. 112 e 116 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.; nullità della sentenza per omessa pronuncia ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ.

4) nullità della sentenza per violazione degli 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., e dell’art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992 ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. in tema di chiarezza ed esaustività del contenuto della motivazione; violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Costituzione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.; nullità della sentenza per motivazione apparente ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 5 cod. proc. civ.

5) violazione e falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente degli 1218, 1223, 1225 e 2059 cod. civ. ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. in tema di risarcimento del danno non patrimoniale derivante da inadempimento del contratto.

6) violazione e falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente degli 1218, 1223, 1227 e 2059 cod. civ. ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., sul concorso del fatto colposo del creditore.

7) violazione o falsa applicazione di norme di diritto segnatamente dell’art. 32 I.V., Allegato I al Regolamento CE n. 1371/2007) ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., in tema di esonero della responsabilità del trasportatore in caso di soppressione, ritardo o mancata corrispondenza del treno.

È opportuno premettere che a fronte di una doppia decisione conforme da parte dei giudici di merito, la ricorrente (omissis) S.p.a. non ha dimostrato che le ragioni delle statuizioni siano state differenti, sicché le deduzioni di omesso esame sono inammissibili ex art. 348 ter, quinto comma, cod. proc. civ. (Cass. n. 26774 del 22/12/2016, Cass. n. 20994 del 06/08/2019); in questa cornice, tutte le altre censure in parola sono in realtà dirette a proporre una rilettura istruttoria, come tale inammissibile in questa sede di legittimità.

Il primo motivo è inammissibile in quanto censura malamente il criterio di riparto dell’onere probatorio, e, lungi dal dedure che il giudice del merito ha applicato in modo errato l’art. 2697 cod. civ. propone una diversa lettura dei fatti di causa.

Ciò in quanto un motivo che denunci la violazione dell’art. 2697 cod. civ. si configura effettivamente e, dunque, dev’essere scrutinato come tale solo se in esso risulti dedotto che il giudice di merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni.

Viceversa, allorquando il motivo deducente la violazione del paradigma dell’art. 2697 cod. civ. non risulti argomentata in questi termini, ma solo con la postulazione (erronea) che la valutazione delle risultanze probatorie ha condotto ad un esito non corretto, il motivo stesso è inammissibile come motivo in iure ai sensi del n. 4 dell’art. 360 cod. proc. civ. (se si considera l’art. 2697 cod. civ. norma processuale) e ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. (se si considera l’art. 2697 cod. civ. norma sostanziale, sulla base della risalente prospettazione dell’essere le norme sulle prove norma sostanziali) e, nel regime dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. oggi vigente si risolve in un surrettizio tentativo di postulare il controllo della valutazione delle prove oggi vietato ai sensi di quella norma (Cass. n. 11892 n. 11892 del 10/06/2016 Rv. 640193 – 01).

Il secondo e il terzo mezzo possono essere congiuntamente scrutinati, in quanto connessi.

Essi pur nel richiamo a norme di diritto tendono entrambi a una diversa, e nuova, valutazione dei fatti di causa, ampiamente scrutinati dal Tribunale di Cassino, anche mediante richiamo della sentenza del Giudice di pace, come risulta da quanto esposto alle pag. 8 e seguenti della sentenza impugnata.

Come già affermato in termini da Cass. n. 7754 del 08/04/2020 Rv. 657508 – 02, con motivazione che può sostanzialmente mutuarsi, il Tribunale, anche richiamando la motivazione del giudice di prime cure là dove ha constatato l’oggettività del ritardo di quasi ventiquattro ore e l’omissione di ogni adeguata assistenza, ha aggiunto che i bollettini  metereologici risultavano aver chiarito in misura sufficiente al di là quindi delle pur possibili evoluzioni ulteriormente peggiorative – a dover indurre l’esercente il servizio di trasporto ferroviario, cui quello si era impegnato contrattualmente, a predisporre, con precauzionale diligenza, misure organizzative di assistenza, indipendentemente, cioè, dalla possibilità di porle in essere, in forma ridotta, una volta concretizzata la situazione di emergenza, e ciò, dunque, si aggiunge qui, pur non potendo cancellare la tratta di quel giorno.

Il quarto motivo è inammissibile, non essendo più prevista la censura di omessa motivazione, alla stregua dell’orientamento nomofilattico (Sez. U n. 8053 del 7/04/2014 Rv. 629831 – 01), qualora la motivazione della sentenza impugnata raggiuga la soglia del cd. minimo costituzionale, il che è dato ampiamente cogliere nella sentenza del Tribunale di Cassino, diffusamente e congruamente motivata in punto di diritto.

Il quinto motivo è infondato.

La tutela riparatoria del danno non patrimoniale, estesa a situazioni giuridiche soggettive di rango costituzionale lese senza condotte integranti reato, può nel caso essere avallata proprio perché ciò che sostanzialmente era stato allegato, risponde alla tutela della libertà di autodeterminazione e di movimento che trova riconoscimento nella superiore normativa della Carta costituzionale; naturalmente, lo scrutinio, proprio del giudice di merito in fatto, deve superare non solo l’identificazione della situazione soggettiva lesa, e in specie della correlativa qualità, ma anche della soglia di sufficiente gravità e serietà, individuata in via interpretativa da questa Corte (Sez. U. n. 26972 del 11/11/2008), quale limite imprescindibile della tutela risarcitoria.

Il Tribunale, richiamando l’accertamento del giudice di prime cure, ha evidentemente quanto ragionevolmente ritenuto il travagliato viaggio di quasi ventiquattro ore continuative in defatiganti condizioni di carenza di cibo, necessario riscaldamento e possibilità di riposare, un’offesa effettivamente seria e grave all’individuabile e sopra rimarcato interesse protetto, tale da non tradursi in meri e frammentati disagi, fastidi, disappunti, ansie o altro tipo di generica insoddisfazione (cfr. Cass. n. 14886 del 31/05/2019).

Il sesto motivo, imperniato sul disposto dell’art. 1227 cod. civ., in tema di concorso colposo del creditore è infondato.

La condotta che la creditrice della prestazione l’odierna ricorrente sostiene avrebbe dovuto nella specie mantenere, e cioè astenersi dal mettersi in viaggio, era in ogni caso inesigibile, in quanto le informazioni fornitele non erano tali da far prevedere che il tragitto non si sarebbe concluso in tempi ragionevoli, e di per sé incongruente, in quanto la (omissis) si sarebbe trovata nella necessità di fare fronte al reperimento di un luogo ove soggiornare, a (omissis) o nel corso del travagliato tragitto, a sue esclusive spese.

Il settimo motivo è infondato.

Le ivi invocata normativa, nazionale e comunitaria in tema di tutela cui è tenuto il prestatore del servizio di trasporto ferroviario (applicabili secondo quanto chiarito da Cass. n. n. 9312 08/05/2015, e Corte UE del 26/09/2013, in causa C-509/11), è volta ad assicurare forme di «indennizzo» per le ipotesi di cancellazione o interruzione o ritardo nel servizio, ma non anche a impedire che, qualora ne sussistano i presupposti, sia accolta la domanda giudiziale di risarcimento di ulteriori pregiudizi tutelati e lesi.

Il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

L’inammissibilità e la infondatezza delle censure proposte dimostra l’evidente pretestuosità del ricorso, anche a fronte di precedente specifico di questa Corte, reso in controversia pressoché identica, con conseguente sussistenza dei presupposti processuali per la condanna ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ. (di recente sui presupposti applicativi della norma si veda Cass. n. 26545 del 30/09/2021 Rv. 665014 – 02), con importo liquidato come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 900,00(1) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge nonché al pagamento di euro 1.000,00 ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ., in favore della controricorrente (omissis) (omissis).

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione III civile, in data 25/05/2023.

Il Presidente

Luigi Alessandro Scarano

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.

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(1) Questa sentenza, rispettabilissima, mette in risalto come la Corte abbia due pesi e due misure nella liquidazione delle spese. Ci si riferisce alle spese di giudizio di Cassazione che, in tale statuizione, la persona che risulta vittoriosa, nei confronti di un soggetto giuridico SPA – soccombente (che ben si identifica), venga rimborsata con con solo 900,00 euro per le spese del giudizio.

Dall’altra prendiamo la sentenza della Sezione Tributaria, n. 28215, depositata il 6 ottobre 2023, (da noi già pubblicata), dove é l’agenzia delle entrate ed equitalia Nord, in qualità di controricorrenti, risultano vittoriose venendo liquidate con 5.600,00 euro cadauno da parte del ricorrente (cittadino) che aveva proposto ricorso contro una cartella esattoriale.

E se ne potrebbero citare tante altre sentenze con tali difformità trattamentale.

Domanda: qualcuno é in grado di spiegarci perché queste differenze di trattamento?