Segnala un falso omicidio a un passante, che chiama la Polizia: condannato per procurato allarme (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 1 marzo 2023, n. 8764).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONI Monica – Presidente –

Dott. POSCIA Giorgio – Rel. Consigliere –

Dott. MAGI Raffaello – Consigliere –

Dott. ALIFFI Francesco – Consigliere –

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) DOMINGUEZ EDOARDO nato in Ecuador il 06/07/19xx;

avverso la sentenza del Tribunale di Perugia del 20/12/2021;

visti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;

udita la relazione svolta dal consigliere dr. GIORGIO POSCIA;

letta la requisitoria presentata ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dr.ssa OLGA MIGNOLO, ha concluso per la inammissibilità del ricorso;

lette le conclusioni dell’avv. LUCA (OMISSIS), quale sostituto processuale del difensore avv. GIULIO (OMISSIS), il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Perugia – a seguito di opposizione a decreto penale – ha dichiarato (OMISSIS) Dominguez Edoardo colpevole del reato ascrittogli e lo ha condannato alla pena di euro 300 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.

1.1. Il predetto era imputato del reato di cui all’art. 658 cod. pen., perché segnalando falsamente ai passanti ed alla polizia l’avvenuta consumazione del delitto di omicidio in danno di un suo amico all’interno dell’appartamento sito in via (OMISSIS) n. 1/bis, Perugia, accertato come inesistente, suscitava l’allarme presso l’autorità e persone che esercitano un pubblico servizio. Fatto commesso in Perugia il 20 agosto 2018.

1.2. In particolare, il Tribunale ha ritenuto provata la sussistenza del reato contestato; inoltre, ha dichiarato infondata l’eccezione preliminare rispetto alla irregolarità della notifica del decreto penale di condanna opposto dall’imputato così come ha respinto la richiesta di rinvio avanzata dal difensore il quale aveva osservato che alla udienza del 21 dicembre 2021 (data di emissione della sentenza) non era stata prevista la discussione del procedimento.

2. Avverso la predetta sentenza l’imputato, per mezzo dell’avv. Luca (OMISSIS) quale sostituto processuale del difensore di ufficio avv. Giulio (OMISSIS), propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Con il primo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., la nullità della sentenza impugnata per inosservanza ed erronea applicazione della legge processuale e per vizio di motivazione con riferimento alla violazione del diritto di difesa determinata dalla irregolarità della notifica del decreto penale di condanna.

2.2. Con il secondo denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., la nullità della sentenza impugnata per erronea applicazione della legge processuale e per vizio di motivazione con riferimento alla violazione del diritto di difesa dell’imputato rispetto al mancato rinvio della udienza del 21 dicembre 2021, per la quale non era stata prevista la discussione.

2.3. Con il terzo deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., l’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla fattispecie criminosa prevista e punita dalla contravvenzione di cui all’art. 658 cod. pen., per avere ritenuto sussistente la contravvenzione contestata pur in assenza dei presupposti oggettivi della condotta richiesti per il suo perfezionamento.

3. Il ricorrente ha depositato memoria contenente le proprie conclusioni, con la quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso ed ha confutato le conclusioni della pubblica accusa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente si osserva che il ricorso in cassazione può essere proposto, come avvenuto nel caso di specie, da un avvocato iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione, nominato quale sostituto dal difensore dell’imputato che invece non sia cassazionista (in senso conforme Cass. Sez. U., Sentenza n. 40517 del 28/4/2016 , Rv. 267627 , Taysir).

Ciò posto, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.

2. Anzitutto il primo motivo risulta privo del requisito di specificità poiché esso non si confronta in alcun modo con la motivazione della sentenza impugnata che aveva, tra l’altro, rilevato che la questione della irregolarità della notifica del decreto penale di condanna non era stata sollevata con l’opposizione; inoltre, il ricorrente – nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso – non ha nemmeno allegato alla impugnazione l’atto di opposizione al decreto penale al fine della verifica della deduzione della irregolarità della notifica.

3. Infondato è anche il secondo motivo poiché è il giudice, nell’esercizio dei suoi poteri, a valutare quando l’istruttoria è completata ed a stabilire, quindi, quando il processo deve essere deciso; inoltre, non vi è stata alcuna violazione del diritto di difesa poiché risulta, dal verbale, che il difensore era presente alla udienza nella quale il procedimento è stata deciso e che ha rassegnato le sue conclusioni.

4. Il terzo motivo è inammissibile poiché con esso il ricorrente tende ad una diversa valutazione degli elementi di merito, che come è noto non è ammessa in sede di legittimità.

In ogni caso, il Tribunale di Perugia, con motivazione adeguata e non contraddittoria, ha ritenuto dimostrata la responsabilità dell’imputato poiché egli aveva riferito ad un passante (tale Alessandro (OMISSIS) il quale, a sua volta, aveva chiamato la polizia) che era stato commesso un omicidio (in realtà mai avvenuto) e che, a seguito di ciò, erano state allertate le forze dell’ordine per il procurato allarme.

Al riguardo va ricordato che il reato di procurato allarme presso l’Autorità di cui all’art. 658 cod. pen. è configurabile anche nel caso in cui l’annuncio di un disastro, di un infortunio o di un pericolo inesistente sia “mediato”, cioè non effettuato direttamente alle forze dell’ordine, ma ad un privato, purché, per l’apparente serietà del suo contenuto, risulti idoneo a provocare allarme nelle Autorità, determinandone l’intervento anche d’ufficio, come avvenuto nel caso di specie. Infatti, la ratio della norma incriminatrice va ravvisata nell’interesse dello Stato all’ordine pubblico, che si vuole garantire contro tutti i falsi allarmi, che distolgono l’autorità costituita dalle ordinarie incombenze.

A tal fine, va evidenziato che se il “disastro” è costituito da qualsivoglia evento dannoso di non comune gravità incidente su una pluralità di soggetti e tale da esporre a pericolo un numero indeterminato di persone, l’infortunio” è integrato dall’evento dannoso concernente una o più persone che, senza avere i caratteri di gravità e diffusibilità propri del disastro, determini tuttavia un intervento delle autorità di polizia giudiziaria (nel caso di specie la Squadra Mobile e la polizia municipale di Perugia).

Tenuto conto dell’interesse protetto dall’art. 658 cod. pen., costituito dalla tutela dell’ordine pubblico contro i falsi allarmi, il reato in esame è configurabile anche allorché l’infortunio annunziato sia stato artificiosamente costruito, stante l’equivalenza tra infortunio “falso” e infortunio “inesistente” (Sez. 2, n. 23440 del 23/04/2007, Zappia, non massimata).

Con riguardo agli elementi costitutivi della condotta incriminata del reato in questione, va ribadito che il ricorrente, postulando la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione, chiede la rilettura del quadro probatorio e, con esso, il sostanziale riesame nel merito, che, tuttavia, è inammissibile in sede d’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione, allorquando la struttura razionale della sentenza impugnata abbia – come nella specie – una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze del quadro probatorio.

Gli elementi processuali acquisiti, infatti, sono univocamente indicativi della coscienza e volontà del ricorrente (che, peraltro, non la contesta in maniera specifica) di annunciare la avvenuta consumazione di un inesistente omicidio; egli, in questo modo, ha procurato allarme presso le autorità, le quali, avuto riguardo al contenuto della falsa informazione e al contesto temporale in cui la stessa era stata fornita, erano intervenute immediatamente, al fine di rintracciare il cadavere (Sez. 1, n. 11752 del 28/02/2012, A. Ben Ahmen, non massimata).

Deve quindi ribadirsi che ricorre ugualmente il reato in esame, qualora l’annuncio” di un disastro, di un infortunio o di un pericolo inesistente sia “mediato”, cioè non effettuato direttamente alle forze dell’ordine, bensì a un privato e, tuttavia, per l’apparente serietà del suo contenuto, risulti idoneo a provocare allarme, nelle autorità e determinare l’intervento d’ufficio delle medesime. (Sez. 1, Sentenza n. 26897 del 09/02/2018, Rv. 273363 – 01).

5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso l’11 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 1° marzo 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.