Sinistro stradale mortale: l’attraversamento di un gatto vale come caso fortuito ed esclude il risarcimento (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 22 dicembre 2022, n. 37515).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RUBINO Lina – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 37475/2019 R.G. proposto da:

(OMISSIS) ANTONIA, (OMISSIS) LUIGI, (OMISSIS) MARIA, (OMISSIS) ADDOLORATA, (OMISSIS) VINCENZO, (OMISSIS) SALVATORE, (OMISSIS) LUCIA, (OMISSIS) IMMACOLATA, tutti in qualità di eredi di (OMISSIS) Cosimo, nonché di (OMISSIS) Teodora, rappresentati e difesi dall’avv. Francesco (OMISSIS), elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. Ugo Luca Savio (OMISSIS), in Roma, (OMISSIS), n. 26

– ricorrenti –

contro

PROVINCIA DI BRINDISI, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. Giovanni (OMISSIS), elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, (OMISSIS) (OMISSIS), n. 5

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Lecce n. 1002/2019, pubblicata in data 26 settembre 2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in data 8 novembre 2022 dal Consigliere dott.ssa Pasqualina A. P. Condello.

Fatti di causa

1. Antonia (OMISSIS), Teodora, Luigi, Maria, Addolorata, Vincenzo, Salvatore, Lucia e Immacolata (OMISSIS), nella qualità di eredi di Cosimo (OMISSIS), convennero in giudizio la Provincia di Brindisi, ente proprietario della S.P. n. 79, chiedendo l’accertamento della responsabilità dell’ente convenuto, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., nella causazione del sinistro stradale verificatosi in data 17 dicembre 2006.

Esposero che:

verso le ore 11,40 circa, sulla S.P. 79, nel tratto di strada che dalla frazione di Tuturano conduceva alla città di Brindisi, Cosimo (OMISSIS), alla guida dell’autovettura Renault Clio, di proprietà di Antonietta (OMISSIS), giunto all’intersezione con una strada che conduceva alla contrada Masseriola, era stato costretto a sterzare repentinamente a sinistra, per non investire un gatto che stava attraversando la strada, e, a causa dell’asfalto viscido per la pioggia, dopo una rototraslazione dell’auto verso sinistra, spostandosi per circa 40 metri, aveva impattato contro un palo dell’illuminazione pubblica, installato dall’Enel, e posizionato sul lato sinistro rispetto al senso di marcia percorso; a seguito dell’impatto, il conducente aveva riportato gravi lesioni che ne avevano provocato la morte durante il tragitto verso l’ospedale.

Deducevano che l’Ente non aveva ottemperato agli obblighi di vigilanza e custodia del bene custodito, in quanto il palo dell’Enel era stato allocato sulla banchina in calcestruzzo ad una distanza inferiore a quella prevista dal d.m. 21 marzo 1988.

Costituitasi la Provincia di Brindisi e disposta la consulenza tecnico-dinamica, il Tribunale di Brindisi ha condannato l’Ente al risarcimento dei danni in favore degli attori.

2. In esito al gravame proposto dalla Provincia di Brindisi, la Corte d’appello di Lecce ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni.

Rilevato che la responsabilità da cose in custodia aveva natura «oggettiva», la Corte leccese ha acclarato che il defunto Cosimo (OMISSIS), mentre percorreva la S.P. 79, aveva perso il controllo del veicolo a causa dell’improvviso attraversamento della carreggiata da parte di un gatto; ha, poi, evidenziato che dalla relazione del consulente tecnico d’ufficio si evinceva che:

a) il palo contro il quale era andato ad impattare il veicolo risultava allocato ad una distanza di circa 60 cm dalla striscia bianca che delimitava la carreggiata e l’eventuale diverso posizionamento del palo, «con ogni probabilità», non sarebbe stato idoneo ad evitare l’evento dannoso;

b) la segnaletica verticale prevedeva un cartello dì pericolo, indicante la presenza di un incrocio, mentre quella orizzontale individuava i margini laterali della carreggiata; il veicolo aveva invaso, con una rototraslazione, dapprima la sede stradale riservata alla circolazione in senso inverso, impattando contro il palo posto ad una distanza di circa 60 cm. dalla striscia bianca di delimitazione della carreggiata, invadendo altresì la banchina di sinistra;

c) gli pneumatici erano usurati nella misura del 70- 80 per cento e, dunque, erano inidonei ad assicurare la massima efficienza del sistema frenante;

d) erano state rilevate dal c.t.u. plurime violazioni al codice della strada, quali invasione della corsia riservata ai veicoli provenienti dal senso opposto di marcia, velocità non adeguata in relazione alle condizioni dell’auto ed alla presenza di una intersezione.

Ha, pertanto, concluso che il comportamento del danneggiato aveva contribuito, al pari del comportamento del terzo, alla causazione dell’evento e che difettava la prova che l’evento fosse stato prodotto dal posizionamento del palo «ad una distanza di pochi centimetri in meno rispetto alle previsioni».

3. Antonia (OMISSIS), Teodora, Luigi, Maria, Addolorata, Vincenzo, Salvatore, Lucia e Immacolata (OMISSIS), nella qualità di eredi di Cosimo (OMISSIS) e di Teodora (OMISSIS) (deceduta nel corso del giudizio di primo grado), propongono ricorso per la cassazione della decisione d’appello, affidandosi a due motivi.

La Provincia di Brindisi resiste con controricorso.

4. La trattazione è stata fissata in camera dì consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1. cod. proc civ.

Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.

Le parti ricorrenti e la controricorrente hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1. cod. proc. civ.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo d’impugnazione, deducendo l’omesso esame di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., i ricorrenti lamentano che la Corte d’appello avrebbe omesso di valutare fatti storici decisivi, pure emersi dagli atti processuali, che, se adeguatamente valutati, avrebbero determinato un esito diverso della controversia.

Segnatamente, evidenziano che:

la Provincia di Brindisi, pur essendo a ciò obbligata, aveva omesso di allocare il palo della pubblica illuminazione contro cui aveva impattato il veicolo ad una distanza di mt. 0,50 dal bordo esterno della banchina, risultando il palo posizionato ad una distanza di mt. 0,50 dal bordo interno della stessa banchina e di mt. 0,60 dalla striscia bianca che delimitava la carreggiata;

l’assenza del palo nella posizione in cui si trovava al momento dell’evento avrebbe, in primo luogo, consentito all’autovettura di cadere nella cunetta in cemento armato e, in secondo luogo, l’impatto tra l’autovettura e il palo si sarebbe verificato in un punto più prossimo all’asse anteriore del veicolo e la vettura non si sarebbe accartocciata sul palo, come era invece avvenuto.

2. Con il secondo motivo — rubricato «violazione e falsa applicazione dell’art. 4.6.01 delle norme C.E.I. 64-7, dell’art. 2.1.07 lett. G del d.m. n. 449 del 21.3.1988, dell’art. 81 del codice della strada, degli artt. 2 e 3 del d.m. n. 223 del 18.2.1992 e successive modifiche, nonché degli artt. 2051 e 1227 cod. civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» — i ricorrenti sostengono che i giudici di appello hanno disapplicato le norme C.E.I. e il d.m. n. 449 del 1988, che regolamentano l’ubicazione dei pali dell’illuminazione pubblica, poiché non hanno considerato che il rispetto, da parte della Provincia di Brindisi, delle prescrizioni normativamente imposte per le distanze minime di sicurezza da rispettare nell’ubicazione dei pali elettrici lungo le strade extraurbane avrebbe evitato la situazione di pericolo che aveva causato le lesioni mortali in danno di Cosimo (OMISSIS).

Aggiungono che per la configurabilità della responsabilità ex art. 2051 cod. civ. è necessaria unicamente l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa ed il danno e che il comportamento colposo del danneggiato non è idoneo da solo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno, costituita dalla cosa in custodia, ed il danno, potendo eventualmente integrare un concorso colposo ai sensi dell’art. 1227 cod. civ.

3. I motivi, strettamente connessi, possono essere congiuntamente scrutinati e sono inammissibili.

3.1. La Corte d’appello ha motivato la decisione di rigetto della domanda avanzata dagli eredi del defunto Cosimo (OMISSIS), rilevando in premessa che: «la responsabilità da cose in custodia ha natura pressoché oggettiva»; «per la sua configurabilità è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o no di un obbligo di vigilanza»; «tale tipo di responsabilità è escluso solamente dal caso fortuito, fattore che attiene non già ad un comportamento del responsabile, ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell’imprevedibilità e della inevitabilità».

Ha, quindi, accertato, con una valutazione esclusivamente in fatto, in esito all’esame della prova per testi, degli elementi probatori emergenti dal verbale della Polizia Municipale sopraggiunta sul luogo del sinistro nell’immediatezza del fatto e delle risultanze della consulenza tecnica disposta nel corso del giudizio, che il nesso causale è stato interrotto dal caso fortuito, rappresentato dal fatto del terzo e dalla colpa del danneggiato.

Infatti, dalla ricostruzione operata dalla Corte territoriale emerge che Cosimo (OMISSIS) ha perso il controllo del veicolo che conduceva «a causa dell’improvviso attraversamento della carreggiata da parte di un gatto» e che, per effetto della velocità non adeguata alle condizioni della strada che stava percorrendo (fondo stradale reso viscido dalla pioggia e presenza di una intersezione) e degli pneumatici usurati, come tali non idonei ad assicurare la massima efficienza del sistema frenante, ha invaso la corsia riservata ai veicoli provenienti dal senso opposto di marcia, oltrepassando le linee longitudinali continue poste tra le carreggiate ed andando ad impattare contro un palo dell’illuminazione pubblica posto ad una distanza di circa 60 cm. dalla striscia bianca di delimitazione della carreggiata, così invadendo anche la banchina di sinistra.

La Corte territoriale ha, quindi, ritenuto che l’evento lesivo sia stato cagionato esclusivamente dal comportamento del danneggiato e dal fatto del terzo (attraversamento del gatto), escludendo al contempo che l’allocazione del palo ad una distanza di pochi centimetri da quella in cui si trovava al momento del sinistro sarebbe stata idonea ad evitare l’impatto.

3.2. Siffatto percorso argomentativo porta ad escludere che la Corte di merito sia incorsa in un errore di diritto per avere interpretato il profilo della responsabilità ex art. 2051 cod. civ. secondo criteri ad essa estranei, risultando, al contrario, che essa non si sia discostata dai principi in tema di responsabilità da cose in custodia affermati da questa Corte e, di recente, precisati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 20943 del 2022.

3.3. Con tale ultima pronuncia sono stati richiamati e ribaditi i principi già in precedenza enunciati con le sentenze rese in data 10 febbraio 2018, n. 2480 e n. 2481, secondo i quali:

a) «l’art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima»;

b) ad integrare la responsabilità è necessario e sufficiente che il danno sia stato cagionato dalla cosa in custodia, assumendo rilevanza il solo dato oggettivo della derivazione causale del danno dalla cosa, mentre non occorre accertare se il custode sia stato o meno diligente nell’esercizio del suo potere sul bene, giacché il profilo della condotta del custode è del tutto estraneo al paradigma della responsabilità ex art. 2051 cod. civ.;

c) il danneggiato ha il solo onere di provare l’esistenza di un idoneo nesso causale tra la cosa ed il danno, mentre al custode spetta di provare che il danno non è stato causato dalla cosa, ma dal caso fortuito, nel cui ambito possono essere compresi, oltre al fatto naturale, anche quello del terzo e quello dello stesso danneggiato;

d) la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso;

e) il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode; peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall’accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere;

f) il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento; a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado dì incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione anche ufficiosa dell’art. 1227, primo comma, cod. civ. (Cass., sez. 6-3, 30/09/2014, n. 20619), e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., cosicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benché astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale.

Si tratta, dunque, di un’ipotesi di responsabilità oggettiva (Cass., sez. 6-3, 16/05/2017, n. 12027; Cass., sez. 3, 01/02/2018, n. 2477; Cass., sez. 3, 11/02/2022, n. 4588) con possibilità di prova liberatoria, nel cui ambito il caso fortuito interviene come elemento idoneo ad elidere il nesso causale altrimenti esistente fra la cosa e il danno.

Con specifico riferimento ai criteri di accertamento del nesso causale, si è precisato che il caso fortuito può essere integrato dalla stessa condotta del danneggiato quando esso si sovrapponga alla cosa al punto da farla recedere a mera occasione della vicenda produttiva del danno, assumendo efficacia causale autonoma e sufficiente per la determinazione dell’evento lesivo, così da escludere qualunque rilevanza alla situazione preesistente.

Con la conseguenza che quanto più la situazione di possibile pericolo sia suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico fra fatto ed evento dannoso (Cass., sez. 3, 01/02/2018, n. 2480; Cass., sez. 2018, n. 27724).

Con la conseguenza che, quando il comportamento del danneggiato sia apprezzabile come ragionevolmente incauto, lo stabilire se il danno sia stato cagionato dalla cosa o dal comportamento della stessa vittima o se vi sia concorso causale tra i due fattori costituisce valutazione squisitamente di merito, che va compiuta sul piano del nesso eziologico, ma che comunque sottende sempre un bilanciamento fra i detti doveri di precauzione e cautela.

In altri termini, qualora la condotta del danneggiato assurga, per l’intensità del rapporto con la produzione dell’evento, al rango di causa esclusiva dell’evento e del quale la cosa abbia costituito la mera occasione, viene meno appunto il nesso causale tra la cosa custodita e quest’ultimo e la fattispecie non può più essere sussunta entro il paradigma dell’art. 2051 cod. civ., anche quando la condotta possa essere stata prevista o sia stata comunque prevedibile, ma esclusa come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale.

4. Di siffatti criteri la Corte territoriale ha fatto buon governo, avendo negato la responsabilità del custode dopo avere escluso la sussistenza di un nesso di causa tra la cosa in custodia ed il danno e dopo avere individuato nel fatto del terzo e nella incauta condotta del danneggiato le cause da sole idonee a produrre l’evento e ad integrare gli estremi del caso fortuito.

Tale conclusione, fondandosi su una valutazione fattuale delle risultanze istruttorie che riconosce alla situazione dei luoghi e alla presenza del palo posizionato ad una distanza che divergeva di pochi centimetri da quella imposta dalla legge un ruolo di mera occasione di tale sinistro, non è censurabile in questa sede: l’apprezzamento svolto dai giudici di merito è scevro da quei vizi motivazionali ammessi dopo la novella del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e n. 19881 del 2014), stante il generale principio di insindacabilità della ricostruzione dei fatti e del nesso eziologico, affermato da consolidata giurisprudenza (Cass., sez. U, 12/10/2015, n. 20412), ed è esente dai vizi di violazione di legge denunciati, poiché l’applicazione dei superiori principi porta a ritenere che il fatto del terzo e la condotta del danneggiato abbiano in concreto assunto un ruolo causale esclusivo nella produzione dell’evento dannoso, per avere il giudice dì merito ritenuto, secondo un giudizio probabilistico, che, ove il palo fosse stato allocato ad una distanza diversa dal punto in cui era stato posizionato, non sarebbe stata evitata la collisione dell’autoveicolo con il palo ed il conseguente decesso di Cosimo (OMISSIS).

5. Conclusivamente, il ricorso è inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio in data 8 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.