Solo sanzioni amministrative al proprietario che non denuncia lo smarrimento del cane (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 18 aprile 2024, n. 16168).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. ANDREA GENTILI – Presidente –

Dott. VITTORIO PAZIENZA – Consigliere –

Dott. LUCA SEMERARO – Consigliere –

Dott. EMANUELA GAI – Consigliere –

Dott. MARIA BEATRICE MAGRO – Relatore –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

suI ricorso proposto da:

(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 24/05/2023 del TRIBUNALE di CASTROVILLARI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa MARIA BEATRICE MAGRO;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa FRANCESCA COSTANTINI che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 24 maggio 2023, il Tribunale di Castrovillari ha condannato (omissis) (omissis) in relazione al reato di cui all’art. 727 pen., per avere, quale proprietario di un cane meticcio, provvisto di microchip identificativo registrato all’anagrafe canina dell’Asl (omissis) Servizio Veterinario Sanità Animale, abbandonato l’animale nel territorio del comune di (omissis) sito nella Regione Calabria, in data 11 luglio 2020.

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso per cassazione l’imputato, e ne ha chiesto l’annullamento affidando il ricorso a quattro motivi di ricorso.

2.1. Violazione di legge, vizio di motivazione, violazione di norme processuali e delle norme relative alla valutazione della prova, per avere il Tribunale affermato la responsabilità penale senza aver adeguatamente considerate le risultanze processuali, da cui emerge che l’imputato ha dichiarato  che l’animale, detenuto  nel comune di (omissis) era solito allontanarsi anche per più giorni.

II ricorrente ha evidenziato che il cane é stato catturato nella Regione Calabria, a distanza di quasi 200 km dal luogo ove veniva custodito e ove risiede il ricorrente, nella Regione Puglia e di non aver mai visitato la località di (omissis) sita nella provincia di Cosenza, ove l’animale è stato catturato.

Inoltre rappresenta che, una volta contattato dal canile locale ove l’animale era stato ricoverato, pur manifestando pieno interesse al recupero dell’animale, si é trovato nell’impossibilità materiale di effettuare il ritiro inizialmente a causa dei limiti imposti agli spostamenti da una Regione all’altra dalla normativa in tema di emergenza pandemica, e successivamente a causa delle gravi condizioni economiche nelle quali versava, dovute all’interruzione dell’attività lavorativa, che gli hanno impedito di ritirare il cane, previo saldo della retta.

Sotto questo profilo, evidenzia la carenza del dolo di abbandono di animali, non avendo mai manifestato la volontà di perdere il possesso dell’animale, avendo peraltro egli sempre nutrito un grande amore per gli animali, rappresentando di aver sempre posseduto numerosi cani che sono stati accuditi da lui stesso e dalla sua famiglia.

Si deduce, inoltre, che la condotta contestata non integra la fattispecie penale di cui all’art. 727 cod. pen., in quanto, in base ai principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità, l’affidamento del cane ad una struttura privata con obbligo di custodia esclude la condotta di abbandono dell’animale.

Evidenzia che la condotta di abbandono non può essere integrata neppure dal mancato pagamento della retta al canile, condizione indispensabile per avere la riconsegna dell’animale da parte dei gestori del canile.

In proposito, deduce che il Tribunale non ha adeguatamente considerato la situazione di oggettiva impossibilità dell’imputato di riprendere l’animale, a causa del blocco di mobilità tra giorni connesso all’emergenza pandemica e alle sue difficolta economiche connesse alla perdita dell’attività lavorativa, che l’obbligavano a destinare le poche risorse economiche alla famiglia, piuttosto che al pagamento della retta del canile. Pertanto, deduce violazione di legge e vizio della motivazione, in quanto né l’omesso pagamento della retta al canile ne l’omesso ritiro dell’animale custodito presso struttura idonea possono integrare la condotta di abbandono; ne possono ravvisarsi profili di colpa nella condotta del ricorrente.

2.2. II ricorrente deduce, con il secondo motivo di ricorso, violazione di legge e vizio di motivazione per avere il Tribunale omesso di applicare l’art. 131-bis cod. pen., senza aver considerato la tenuità del fatto, realizzatosi in un episodio isolato, nel contesto pandemico.

2.3. Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, posto che il Tribunale ha omesso di esplicitare le ragioni sottese alla commisurazione della pena e di effettuare una compiuta valutazioni della personalità dell’imputato.

2.4. Con il quarto motivo di ricorso, deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, non avendo il giudice di merito tenuto conto delle circostanze già indicate a fondamento della valutazione del fatto come tenue, nonché delle difficolta pratiche connesse all’esigenza pandemica e alle difficoltà economiche indicate dall’imputato.

3. Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

4. Il ricorrente ha depositato conclusioni scritte con le quali insiste per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. A prescindere dalle doglianze formulate, questa Corte di legittimità deve prendere atto che il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Si specifica che l’art. 30, comma 1, lett. b) 1 della legge n. 7 del 07/02/2020 della Regione Puglia, che prevede “Norme sul controllo del randagismo, anagrafe canina e protezione degli animali da affezione. Abrogazione della legge regionale 3 aprile 1995, n. 12 (Interventi per la tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo)”, punisce, con sanzione amministrativa da euro 150,00 a euro 450,00, la condotta del detentore del cane che non denuncia la variazione di residenza, la cessione, lo smarrimento, la morte dell’animale.

Trattasi, proprio ed esattamente, della condotta  contestata  per la quale l’imputato è stato condannato. Si evince, infatti dalla motivazione della sentenza impugnata che l’affermazione della responsabilità è fondata sulla base di due specifici elementi fattuali: il rinvenimento del cane  (dotato di microcip e quindi di proprietà del ricorrente) presso il lido (omissis) nel Comune di (omissis) in Calabria, e la mancata presentazione di una denuncia di smarrimento dell’animale.

Risulta dunque dall’apparato argomentativo che la condotta per la quale l’imputato é stato condannato é l’omessa denuncia di smarrimento, da presentarsi presso l’anagrafe canina della Regione Puglia, ove l’animale era custodito.

Ne deriva, pertanto, che quest’ultima rientra appieno nel disposto dell’art. 30 della legge regionale appena citata, che commina esclusivamente sanzioni amministrative.

Non può d’altronde applicarsi l’art. 727 cod. pen. in forza del principio di specialità di cui all’art. 15 cod. pen. La norma penale infatti punisce il reato di abbandono di animali, nozione che comprende qualunque condotta di dolosa volontà di non tenere l’animale con se o l’attuazione di comportamenti di inerzia e di violazione dei doveri di cura e di custodia del proprio animale, ma che non prevede alcun obbligo penalmente sanzionato di denunciare lo smarrimento dell’animale.

Dal raffronto testuale tra le due norme citate si evince dunque inequivocabilmente come il disposto della norma regionale costituisce lex specialis.

Infine, si sottolinea che erroneamente il giudice di merito ha anche evidenziato che l’imputato, allertato dai funzionari del canile che l’animale era stato catturato e collocato presso una struttura di ricovero in Calabria, non si era recato presso il suddetto canile per ritirare l’animale, manifestando così la volontà di non prendersene più cura nonché indifferenza verso le sue sorti, non provvedendo neppure al pagamento della retta per il mantenimento dell’animale per quasi un anno dalla cattura.

Tuttavia, si precisa che non integra il reato di cui all’art. 727 cod. pen. (maltrattamento di animali), neppure sotto la forma dell’abbandono, la consegna di un cane presso le strutture comunali di ricovero per cani, atteso che gli animali ricoverati presso le strutture comunali non possono essere soppressi né destinati alla sperimentazione, e che agli stessi nell’attesa della cessione a privati vengono assicurate le necessarie prestazioni di cura e custodia. (Sez.3, n. 34396 del 05/07/200i Ud. (dep. 21/09/2001) Rv. 220105).

Deve pertanto escludersi la configurabilità del reato di abbandono di animali in caso di mancato ritiro di un cane dal canile municipale cui era stato in precedenza affidato dal proprietario (Sez. 3, n. 14421 del 21/02/2008 Ud. (dep. 08/04/2008 ) Rv. 239969).

Ed infatti, si configura il reato in questione solo nel caso in cui il proprietario abbia affidato il proprio cane ad un canile privato, che si sia contrattualmente obbligato alla sua cura e custodia, sospenda i pagamenti o non effettui il ritiro dell’animale, qualora sia concretamente prevedibile (per l’inaffidabilità o per la mancanza di professionalità della struttura affidataria) che l’inadempimento possa determinare l’abbandono del cane da parte del canile (Sez. 3, n. 13338 del 10/01/2012 Ud. (dep. 10/04/2012) Rv. 252392 – 01).

Sotto questo profilo deve ritenersi che non rilevi neppure la condotta di omesso ritiro dell’animale, catturato nei pressi di (omissis) nella Regione Calabria, e ricoverato presso un canile di (omissis).

2. La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio perché il fatto non é previsto dalla legge come reato.

Occorre addivenire, a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. a pronuncia di annullamento senza rinvio perché il fatto non é previsto dalla legge come reato avendo solo potenziale rilevanza amministrativa.

La natura di tale epilogo decisorio determina l’ultroneità della disamina delle ulteriori doglianze le quali sono palesamente assorbite dalla decisione già presa.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non é previsto dalla legge come reato.

Dispone trasmettersi copia degli atti al Prefetto di Bari.

Così deciso in Roma il 27/02/2024

Il Consigliere estensore                                                                                    Il Presidente

Maria Beatrice Magro                                                                                      Andrea Gentili

Depositata in Cancelleria, oggi 18 aprile 2024.

SENTENZA