IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Raffaele FRASCA Presidente
Dott. Francesco Maria CIRILLO Consigliere
Dott. Marco ROSSETTI Consigliere
Dott. Anna MOSCARINI Consigliere
Dott. Stefano Giaime GUIZZI Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 15562-2020 proposto da:
(OMISSIS) s.p.a., in persona del procuratore speciale, Dott. (OMISSIS) (OMISSIS) domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS) (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS) nella qualità di eredi di (OMISSIS) (OMISSIS) domiciliati presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentate e difese dall’Avvocato (OMISSIS) (OMISSIS);
– controricorrente –
nonché contro
(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS);
– intimati –
Avverso la sentenza n. 2549/2020 della Corte d’appello di Roma, depositata in data 27/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica dell’11/07/2024 dal Consigliere Dott. Stefano Giaime GUIZZI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Fulvio TRONCONE, che ha concluso per l’accoglimento del terzo motivo di ricorso, come da conclusioni scritte già in atti;
uditi gli Avvocati (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
1. La società (OMISSIS) s.p.a. (d’ora in poi, (OMISSIS)) ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza 2549/20, del 27 maggio 2020, della Corte d’appello di Roma, che – nell’accogliere il gravame esperito, in via di principalità, da (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS) avverso la sentenza 1017/16, del 26 agosto 2016, del Tribunale di Cassino, respingendo, invece, quello incidentale condizionato di (OMISSIS) - ha accolto la domanda risarcitoria dalle stesse proposta, in relazione al danno “iure proprio” conseguente al decesso della madre (OMISSIS) (OMISSIS) e del fratello (OMISSIS) (OMISSIS) vittime di sinistro stradale occorso il 13 novembre 1999 lungo l’autostrada (OMISSIS) condannando (OMISSIS) quale impresa designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, a pagare, a ognuna di esse, la somma di€ 126.171.32, oltre interessi legali dalla data del sinistro al saldo.
2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente che la società (OMISSIS) S.p.a. (alla quale essa é poi subentrata) veniva convenuta in giudizio dalle sorelle (OMISSIS) suI presupposto che i loro congiunti, vittime del sinistro mortale, viaggiassero – in qualità di terzi trasportati – su un’autovettura di proprietà di tale (OMISSIS) il cui contrassegno assicurativo per la “RCA” era risultato falso, all’esito di accertamenti compiuti dalla polizia stradale nell’immediatezza dell’incidente.
Ordinata dal giudice di prime cure l’integrazione del contraddittorio nei confronti del (OMISSIS) il medesimo, nel costituirsi in giudizio, svolgeva una serie di eccezioni preliminari, deducendo, tra l’altro, di aver venduto la vettura coinvolta nel sinistro proprio a (OMISSIS) (OMISSIS) ovvero una delle due vittime. Su tale presupposto, pertanto, l’adito giudicante autorizzava le attrici a chiamare in causa (OMISSIS) (OMISSIS) altro erede della (OMISSIS).
L’esito del primo grado di giudizio, oltre che nella declaratoria di difetto di legittimazione del (OMISSIS) consisteva nel rigetto della domanda risarcitoria, in ragione della ritenuta illegale circolazione del veicolo, in quanto non coperto da assicurazione. Tale circostanza, infatti, escludeva, ad avviso dell’adito Tribunale cassinate, il diritto al risarcimento delle (OMISSIS) (OMISSIS). Esse, infatti, pur agendo “iure proprio”, sarebbero state soggette alla restituzione di quanto incassato, in forza dell’azione di regresso spettante a(OMISSIS) a norma dell’art. 283, comma 1, lett. b), del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, in ragione della condotta della loro dante causa,
Esperito gravame, in via di principalità, dalle già attrici, nonché in via incidentale condizionata da (OMISSIS) (per ribadire l’eccezione di prescrizione del diritto azionato), il giudice d’appello accoglieva il primo e rigettava il secondo.
A tale esito, in particolare, esso perveniva sul rilievo che le (OMISSIS) (OMISSIS) avessero limitato – in sede di gravame – la propria pretesa risarcitoria al ristoro del danno subito “iure proprio” e che (OMISSIS) non avesse esercitato l’azione di regresso, comunque non esperibile ai sensi del d.lgs. n. 209 del 2005, stante l’impossibilità di applicarlo “ratione temporis” alla presente fattispecie.
In ogni caso, il giudice di seconde cure riteneva di dover fare applicazione del principio – enunciato da questa Corte con ordinanza 19 gennaio 2018, n. 1269 (richiamata dalle appellanti principali) – in forza del quale, secondo il diritto dell’Unione Europea, l’assicuratore non può esercitare l’azione di regresso nei confronti dell’assicurato proprietario del veicolo ove egli sia anche passeggero-vittima del sinistro, allorché il veicolo risulti condotto da persona non abilitata alla guida o in stato di ebbrezza, fatto salvo, però, il caso in cui l’assicurato sia a conoscenza della circostanza che il mezzo fosse stato rubato.
Irrilevante, infine, é stato ritenuto il principio secondo cui la consapevolezza del carattere illegale della circolazione esclude il risarcimento del danno subito dal proprietario che viaggi come trasportato sul suo mezzo, giacché operante solo nel caso in cui la richiesta risarcitoria sia avanzata dal terzo trasportato e non pure, come nell’ipotesi che occupa, dai suoi eredi, allorché costoro facciano valere, “iure proprio”, il danno da perdita del rapporto parentale.
3. Avverso la sentenza della Corte capitolina ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) (OMISSIS) sulla base – come detto – di tre motivi.
3.1. II primo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione dell’art. 2, degli artt. 2043, 2054 e 2059 cod. civ., degli artt. 1 e 29 della legge 23 dicembre 1969, n. 990, degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ., dell’art. 13 della direttiva 2009/103/CE, oltre ad errata interpretazione del principio giurisprudenziale di cui all’ordinanza 1269/18 di questa Corte.
Si censura la sentenza impugnata per aver escluso – suI punto riformando la diversa decisione del prime giudice – che fosse elemento ostativo aI diritto risarcitorio esercitato dalle (OMISSIS) (OMISSIS) l’essere le stesse tenute alla restituzione, quali eredi della (OMISSIS) in forza del regresso esercitabile da (OMISSIS) ai sensi del d.lgs. n. 209 del 2005, e ciò in quanto tale azione non era stata esperita dalla compagnia assicuratrice, ne era esperibile, stante l’inapplicabilità “ratione temporis” della normativa richiamata, e comunque perché preclusa dal principio enunciato da questa Corte con la suddetta ordinanza n. 1269/18.
Orbene, secondo la ricorrente tale percorso motivazionale si paleserebbe, “ictu oculi”, “lacunoso, superficiale ed errata”.
Ciò, in primo luogo, perché la Corte territoriale – in relazione all’azione di regresso, “che consente all’impresa designata di recuperare quanta pagato al terzo danneggiato dal responsabile del danno che circola con il veicolo di sua proprietà scoperto di garanzia assicurativa” – non ha valutato che essa “non necessita di espressa enunciazione in quanto sorge «ex lege» in presenza della mancata copertura assicurativa e del pagamento delle somme dovute e non per il fatto illecito in se e per se”.
Lo confermerebbe, del resto, quella sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (si tratta di CGUE, sent. 4 settembre 2018, in C-80/17), che ha sancito il principio secondo cui le legislazioni nazionali – sottolinea la ricorrente – hanno facoltà di prevedere che gli organismi nazionali, incaricati di risarcire i danni causati da un veicolo non identificato o per il quale non vi é stato adempimento dell’obbligo di assicurazione, possano, poi, proporre un’azione per rivalersi, “non solo nei confronti del responsabile del sinistro, ma anche nei confronti del soggetto tenuto a stipulare un’assicurazione per responsabilità civile auto che non ha adempiuto a tale obbligo, anche se non si tratta di persona civilmente responsabile dell’incidente nell’ambito del quale si sono verificati i danni”.
In secondo luogo, si sottolinea come irrilevante fosse l’inapplicabilità alla presente fattispecie, “ratione temporis”, della disciplina di cui al d.lgs. n. 209 del 2005, dal momento che, ai sensi dell’art. 29 della legge n. 990 del 1969 (legge ritenuta operante nel caso di specie), l’impresa designata, comunque, disponeva del diritto di rivalersi, nei confronti del responsabile, delie somme corrisposte ai danneggiati.
In terzo luogo, assume la ricorrente come il principio enunciate dall’ordinanza di questa Corte n. 1269 del 2018 non si attagli al caso di specie. Esso, infatti, afferma che é sempre dovuto il risarcimento del danno subito dal trasportato/proprietario del mezzo (fino a comprimere o annullare il diritto di regresso/rivalsa dell’assicuratore), ancorché egli sia consapevole che ii conducente sia privo di abilitazione alla guida o in stato di ebrezza, ma sempre che non sia conscio della circolazione illegale del mezzo, ovvero proprio quanto verificatosi nel caso di specie, stante la violazione non solo dell’art. 193 cod. strada (a mente del quale i veicoli a motore senza guida di rotaie non possono essere posti in circolazione sulla strada senza la copertura assicurativa), ma dell’art. 485 cod. pen., data l’accertata falsità del contrassegno assicurativo. Ricorrendo, dunque, siffatta evenienza, la Corte capitolina avrebbe dovuto fare applicazione del principio secondo cui “il terzo trasportato ha diritto al risarcimento del danno alla persona da parte dell’assicuratore se prova di averne ignorato senza colpa la illegale circolazione, essendo la mancata conoscenza dell’illegalità un fatto costitutivo della pretesa” (e citata, in particolare, Cass Sez. 3, ord. 9 maggio 2019, n. 12231).
3.2. II secondo motivo denuncia – ex 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2059 cod. civ., degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ., oltre ad errata interpretazione del principio giurisprudenziale di cui sentenza n. 19963/13 di questa Corte.
Si censura la sentenza impugnata, in questo caso, la dove ha affermato che il principio – enunciato da Cass. Sez. 3, sent. 30 agosto 2013, n. 19963 – secondo cui la consapevolezza del carattere illegale della circolazione osta alla risarcibilità del danno lamentato dal proprietario che viaggi come trasportato suI suo mezzo, non si attaglierebbe al presente caso, concernente la pretesa risarcitoria fatta valere dai suoi eredi, “iure proprio”, per perdita del rapporto parentale.
Assume, al riguardo, la ricorrente che, nella specie, la “riconosciuta consapevolezza della (OMISSIS) (OMISSIS) circa la circolazione illegale del proprio veicolo, in quanto non assicurato” costituisce circostanza “che esclude l’accoglimento di qualsiasi istanza risarcitoria”, avanzata tanto dalla stessa trasportata quanto dai suoi eredi, giacche é “l’acclarata condotta antigiuridica”, ciò che impedisce “qualsiasi tipo di risarcimento”.
3.3. Il terzo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. civ. – violazione degli artt. 18, 19, 21e 22 della legge 990 del 1969, degli artt. 1224 e 1227 cod. civ. e degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ.
In questo caso si censura la decisione della Corte territoriale di far decorrere gli interessi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento dalla data di verificazione dell’illecito, essendosi ravvisata un’ipotesi di c.d. “mala gestio” impropria.
Rileva, al riguardo, la ricorrente che la c.d. “responsabilità ultra-massimale” dell’assicuratore, nei confronti del danneggiato, trova titolo, astrattamente, in un comportamento del primo ingiustificatamente dilatorio, in presenza di una richiesta di liquidazione avanzata dal secondo da almeno sessanta giorni, secondo quanto previsto dall’art. 22 della legge 990 del 1969. Nella specie, la richiesta di risarcimento, a fronte di un sinistro del 13 novembre 1999, risulta inviata solo il 3 novembre 2011, sicché solo dopo sessanta giorni da tale data sarebbero potuti decorrere gli interessi liquidati a titolo di “mala gestio” impropria.
4. Hanno resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS) chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
In particolare, l’inammissibilità del ricorso viene eccepita dalle controricorrenti sotto il profilo del loro difetto di legittimazione passiva, dal momento che l’impugnazione é stata proposta nei loro confronti, non “in proprio”, ma espressamente “nella qualità di eredi” della madre (OMISSIS) e del fratello (OMISSIS) (OMISSIS) mentre esse, in sede di appello, hanno limitato la propria domanda di risarcimento al danno subito “iure proprio”.
5. Sono rimasti solo intimati (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS).
6. La trattazione del ricorso é stata, inizialmente, fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1 proc. civ. per l’adunanza camerale del 21 marzo 2024, in vista della quale la ricorrente e le controricorrenti hanno depositato memoria.
7. Con ordinanza interlocutoria n. 1065/24, dell’8 aprile 2024 questa Corte ha disposto rinviarsi la trattazione del presente ricorso in pubblica udienza, in considerazione del fatto che “le questioni oggetto del presente giudizio presentano rilievo nomofilattico”.
8. II Procuratore Generale presso questa Corte, in persona di un suo Sostituto, ha presentato requisitoria scritta, con cui ha chiesto l’accoglimento del solo terzo motivo di ricorso.
9. In vista dell’udienza pubblica la ricorrente ha depositato una nuova memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
10. In via preliminare va disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, sollevata dalle controricorrenti sul presupposto di essere state evocate in giudizio come “eredi” di (OMISSIS) (OMISSIS) e di (OMISSIS) (OMISSIS) sebbene esse avessero, in appello, circoscritto la domanda risarcitoria al solo ristoro dei danni subiti “iure proprio”.
10.1. L’eccezione é – doppiamente – infondata.
In primo luogo, perché ii riferimento, in ricorso, alla suddetta qualità – in capo alle intimate eredi delle vittime del sinistro – era giustificato dal fatto che esse hanno fatto valere in giudizio, pur sempre, la pretesa risarcitoria da “perdita del rapporto parentale”. Vale a dire, esse hanno proposto una domanda che aveva nello “status” di eredi, non già il suo titolo di legittimazione (visto che il danno in questione non presuppone, necessariamente, la condizione di successori del defunto, trattandosi di una tipologia di pregiudizio “aperta alla libera dimostrazione della qualità di rapporti e legami parentali”, persino privi di “configurazione formale”; cosi, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 11 novembre 2019, n. 28989, Rv. 656223-01), ma, comunque, il suo presupposto fattuale.
In secondo luogo, perché, nella prospettiva della ricorrente, proprio la circostanza che esse fossero eredi, in particolare, della (OMISSIS) legittimerebbe essa (OMISSIS) ad opporre, in via di eccezione (come meglio si dirà di seguito), l’esistenza del credito di cui all’art. 29 della legge 23 dicembre 1969, n. 990.
11.Ciò premesso, il ricorso va accolto, sebbene limitatamente al suo terzo motivo.
12. I motivi primo e secondo, suscettibili di scrutinio unitario (per le ragioni di seguito illustrate), non sono, infatti, fondati.
12.1. Invero, i motivi qui in esame muovono dal presupposto che l’accoglimento del gravame proposto dalle (OMISSIS) (OMISSIS) sia stato fondato, dalla Corte territoriale, sulle seguenti “rationes decidendi”, ovvero:
a) che nell’ipotesi in esame, non si applicava la disciplina del regresso di cui all’art. 283, comma 1, b), del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (“recte”: quella di cui all’art. 292 del d.lgs. n. 209 del 2005, tale essendo la norma che contempla il regresso dell’assicuratore che abbia indennizzato la vittima del sinistro cagionato da veicolo privo di copertura assicurativa);
b) che, in ogni caso, nessuna domanda di regresso era stata proposta, in giudizio, dall’assicuratore;
c1) che, d’altra parte, anche a voler ignorare tale circostanza, l’assicuratore non poteva, comunque, opporre di aver diritto di recuperare, in via di regresso, dalle (OMISSIS) quali eredi della (OMISSIS) quanto ad esse spettante quale ristoro del danno subito, e ciò in forza delle norme del diritto europeo, le quali ostano alla possibilità di escludere (o limitare) il risarcimento dei danni subiti dal terzo trasportato, anche quando si tratti dello stesso proprietario del veicolo, sicché, a maggior ragione, esse ostano ad una simile esclusione o limitazione riguardo a soggetti che facciano valere il danno, “iure proprio”, da perdita del rapporto parentale;
c1) che i principi di cui a Sez. 3, ord. 19 gennaio 2018, n. 1269 escludono l’operatività di limitazioni o esoneri siffatti, pur quando ii trasportato/proprietario viaggi su mezzo condotto da persona in stato di ebbrezza o non abilitata alla guida, facendosi salvo solo il caso – diverso da quello in esame, ovvero della circolazione di veicolo privo di copertura assicurativa – in cui il proprietario/trasportato sia conscio che il mezzo sia stato rubato;
c2) che i principi enunciati da Cass. Sez. 3, sent. 30 agosto 2013, n. 19963, secondo cui – sulla scorta dei “dicta” della Corte di Lussemburgo – “vulneratus ante omnia reficiendus”, siano da estendersi anche ai danni “iure proprio” per perdita del rapporto parentale, intrattenuto con il predetto proprietario/terzo trasportato, da parte di chi agisce.
Orbene, ciascuna di tali “rationes” – come detto – forma oggetto di censura con i primi due motivi di ricorso, donde la loro disamina unitaria.
12.2. Nello scrutinarli, peraltro, va premesso – sulla scorta di quanto chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte – che l’azione definita di “regresso” dall’art. 292 del d.lgs. n. 209 del 2005, presenta, per un verso, una perfetta “sovrapponibilità” con quella già disciplinata dall’art. 29 della legge n. 990 del 1969, risultando, per altro verso, contraddistinta, al pari di essa, da caratteristiche sue proprie, che impongono che essa vada “qualificata come azione autonoma e speciale ex lege, non assimilabile ne allo schema tipico dell’azione di regresso tra coobbligati solidali ne allo schema della surrogazione pura nel diritto del danneggiato” (cosi, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 7 luglio 2022, n. 21514, non massimata sul punto), Circostanza, quest’ultima, che comporta, tra le altre conseguenze, anche quella – rilevante ai fini che qui interessano – che “l’accertamento della responsabilità del sinistro non costituisce l’oggetto di tale azione ma un presupposto”, sicché” non é al riguardo necessaria una specifica domanda” (cosi, sempre in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. n. 21514 del 2022, cit.).
Da quanto appena osservato, pertanto, deve trarsi una prima conclusione, ovvero la necessita di escludere – si vedrà di seguito con quali effetti, rispetto all’esito complessivo del presente giudizio – la correttezza delle prime due “rationes decidendi” che la Corte capitolina ha posto a fondamento della propria pronuncia.
Per un verso, difatti, l’identità tra l’azione ex art. 292 del d.lgs. 209 del 2005 e quella di cui all’art. 29 della legge n. 990 del 1969 esclude che potesse rilevare – ai fini della riforma della decisione assunta dal primo giudice – la circostanza che il Tribunale di Cassino si fosse riferito ad una norma non applicabile, “ratione temporis”, ad un sinistro avvenuto il 13 novembre 1999.
Per altro verso, poi, la circostanza che – per l’operatività della “speciale ipotesi” di “regresso” contemplata da entrambe tali norme – si possa prescindere da una domanda di accertamento circa la responsabilità del sinistro conferma l’assunto dell’odierna ricorrente secondo cui il “regresso” trova applicazione “ope legis”.
Ne consegue, pertanto, che esso può farsi valere per il solo fatto che l’assicuratore abbia indennizzato – o debba indennizzare, come appena di seguito si dirà – la vittima del sinistro cagionato da veicolo privo di copertura assicurativa.
Nella specie, infatti, pur in mancanza di “domanda” formulata ai sensi dell’art. 29 della legge n. 990 del 1969, non può dubitarsi del fatto che la compagnia assicuratrice abbia fatto valere, in via di eccezione rispetto all’azione esercitata dalle (OMISSIS) (e dunque in applicazione del brocardo “dolo facit qui petit quod mox redditurus est”), proprio la sussistenza dei presupposti per recuperare dalle stesse – quali eredi del soggetto, la (OMISSIS) nei confronti della quale la pretesa di regresso sarebbe stata, in ipotesi, azionabile – quanta esse avrebbero avuto diritto a conseguire in forza dell’avvenuto indennizzo del danno “iure proprio” da perdita del rapporto parentale.
Esse, invero, “cumulano” la qualità sia di creditrici della prestazione dovuta da che di successori “mortis causa” della debitrice dell’obbligazione di “regresso”. Sicché, in definitiva, il tema davvero decisivo per stabilire se la compagnia assicuratrice potesse opporre o meno – alla stregua di fatto “impeditivo” del proprio debito indennitario verso le danneggiate – tale suo credito “ex lege”, appare proprio quello della esistenza di eventuali preclusioni in tal senso nascenti dal diritto dell’Unione Europea, nell’interpretazione che di esso ha dato la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, oltre che la stessa Corte di Lussemburgo.
Tale é, pertanto, come si notava in premessa, il “punctum pruriens” del presente ricorso.
12.3. Cio premesso, non é fondata la censura che investe la sentenza impugnata, la dove essa, nell’esprimere la terza delle “rationes decidendi” sulle quali é basata, ha escluso – sulla scorta della normativa del diritto dell’Unione Europea (e della interpretazione che di esso ha dato, tanto la Corte di Lussemburgo, quanto questo Giudice di legittimità) – la possibilità, per (OMISSIS) di “neutralizzare” la pretesa creditoria delle (OMISSIS) opponendo ad esse il proprio controcredito, nascente dalla “speciale ipotesi” di regresso, ex art. 29 della leggi, 990 del 1969.
12.3.1. Difatti, la Corte capitolina ha correttamente applicato le norme contenute nelle Direttive del Consiglio concernenti il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli (in particolare, la Direttiva del Consiglio 30 dicembre 1983, n. 84/5/CEE, e la Direttiva del Consiglio 14 maggio 1990, n. 90/232/CEE, entrambe successivamente trasfuse e riordinate nella Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 settembre 2009, n. 2009/103/CE), nell’interpretazione datane dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, segnatamente, con la sentenza 30 giugno 2005, in c-537/03, Candolin, e poi con le sentenze 1° dicembre 2011, in c- 442/10, Churchill Insurance Company; 28 marzo 1996, in C- 129/94, Ruiz Bernaldez; 17 marzo 2011, in C-484/09, Carvalho Ferreira Santos.
In particolare, come affermato dalla prima delle testé citate pronunce (sentenza 30 giugno 2005, in C-537/03, Candolin), l’obiettivo della normativa comunitaria suddetta “consiste nel garantire che l’assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli debba consentire a tutti i passeggeri vittime di un incidente causato da un veicolo” – senza, dunque, distinzioni di sorta – “di essere risarciti dei danni subiti”, di talché le norme interne dei singoli Stati “non possono privare le dette disposizioni del loro effetto utile”, ciò che si verificherebbe se una normativa nazionale “negasse al passeggero il diritto al risarcimento da parte dell’assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli, ovvero limitasse tale diritto in misura sproporzionata, esclusiva mente sulla base della corresponsabilità del passeggero stesso nella realizzazione del danno”, essendo, in particolare, “irrilevante il fatto che il passeggero interessato sia il proprietario del veicolo, il conducente del quale abbia causato l’incidente”, atteso che la finalità di tutela delle vittime impone “che la posizione giuridica del proprietario del veicolo che si trovava a bordo del medesimo al momento del sinistro, non come conducente, bensì come passeggero, sia assimilata a quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell’incidente”.
Successivamente, con la sentenza 1° dicembre 2011, in C-442/10, Churchill Insurance Company, la Corte di Giustizia dell’Unione europea – nello stabilire se osti, o meno, al ii diritto dell’Unione una normativa nazionale avente l’effetto di escludere in modo automatico dal beneficio dell’assicurazione la vittima di un incidente stradale la quale, avendo preso posto come passeggero nel veicolo per la cui guida era assicurata, avesse dato il permesso di guidarlo ad un conducente non assicurato – ha ribadito la necessità che “la posizione giuridica del proprietario del veicolo che si trovava a bordo del medesimo al momento del sinistro, non come conducente, bensì come passeggero, sia assimilata a quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell’incidente”.
A tale esito é pervenuta evidenziando che l’unica distinzione ammessa dalla normativa dell’Unione in materia di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per gli autoveicoli e quella tra conducente e passeggero, nel senso che, escluso il conducente, tutti i passeggeri, anche quando siano proprietari del veicolo, devono avere una copertura assicurativa, sicché “la persona che era assicurata per la guida del veicolo, ma che era anche passeggero di tale veicolo al momento dell’incidente, si trova in una situazione giuridica assimilabile a quella di qualsivoglia altro passeggero e va dunque posta sullo stesso piano dei terzi vittime dell’incidente”.
Inoltre, sempre secondo la citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea (come sottolineato anche da questa Corte; cfr., in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 19 gennaio 2018, n. 1269, Rv. 647359-01; ma analogamente, sempre in motivazione, pure Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio 2020, n. 13738, Rv. 658380-01), il diritto dell’Unione osta alla possibilità che l’assicuratore della responsabilità civile per la guida di autoveicoli si avvalga di “disposizioni legali” – ipotesi che é quella che rileva nel presente caso – “o di clausole contrattuali allo scopo di negare a detti terzi il risarcimento del danno conseguente ad un sinistro causato dal veicolo assicurato” (in tal senso già Corte di Giustizia sentenze 28 marzo 1996, in C-129/94, Ruiz Bernaldez, nonché 17 marzo 2011, in C-484/09, Carvalho Ferreira Santos).
Di talché tra tali previsioni, legali o pattizie, “rientrano quelle che escludono la copertura assicurativa a causa dell’utilizzo o della guida del veicolo assicurato da parte di persone non autorizzate a guidarlo o non titolari di una patente di guida, oppure di persone che non si sono conformate agli obblighi di legge di ordine tecnico concernenti le condizioni e la sicurezza del veicolo”, mentre “l’unica eccezionale ipotesi in cui all’assicuratore é consentito opporre alla vittima che viaggiava sul veicolo la clausola che escluda la copertura assicurativa a causa della guida da parte di persona non autorizzata e quella in cui venga data la prova che la vittima stessa era a conoscenza del fatto che il veicolo aveva formato oggetto di furto” (cosi, nuovamente in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. n. 1269 del 2018, cit., Cass. Sez. 6-3, ord. n. 13738 del 2020, cit.).
12.3.2. Come detto, tali principi sono stati recepiti pure dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui le disposizioni contenute nelle Direttive 84/5/CEE e 90/232/CEE “ostano ad una normativa nazionale che consenta di negare ovvero di limitare in misura sproporzionata, in considerazione della corresponsabilità del passeggero nella causazione del danno subito, il risarcimento a carico dell’assicurazione obbligatoria degli autoveicoli”, ritenendo anch’essa “irrilevante” la circostanza che “il passeggero interessato sia proprietario del veicolo”. Esito che é completato dal rilievo – decisivo, ai fini che qui interessano – che “la prevalenza della qualità di vittima-avente diritto al risarcimento sulla qualità di assicurato-responsabile rileva anche in relazione alla legittimazione passiva all’azione di regresso, eventualmente attribuita dalle disposizioni nazionali alla compagnia assicurativa, in funzione di consentirle di ottenere dall’assicurato il rimborso di quanto eventualmente pagato alla vittima a titolo di risarcimento”, giacché “altrimenti gli verrebbe tolto per effetto del regresso quanto da lui conseguito per effetto del risarcimento” (cfr., nuovamente in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. n. 1269 del 2018, cit.).
Orbene, la medesima esigenza, vale a dire che non sia “tolto in via di regresso” quanto conseguibile “in via di risarcimento”, si pone identicamente (anzi, a maggior ragione, non essendo a costoro addebitabile alcuna condotta non commendevole, a differenza di quella ascrivibile al proprietario, che viaggi quale trasportato su veicolo privo di copertura assicurativa, per essere falso il relativo contrassegno) rispetto a quei soggetti che assommano – in quanto eredi dell’assicurato “responsabile” – la qualità di titolari di un credito risarcitorio “iure proprio”, da perdita del rapporto parentale, e di potenziali obbligati alla restituzione del credito azionato/eccepito dall’assicuratore in via di regresso.
D’altra parte, che il principio “vulneratus ante omnia reficiendus” non possa soffrire eccezione neppure in caso di circolazione del veicolo realizzata in carenza di copertura assicurativa e confermato dalla circostanza che, secondo questa Corte, “l’unica eccezione al principio sopra menzionato opera quando il veicolo assicurato e condotto da una persona non autorizzata ed il passeggero, vittima dell’incidente, é a conoscenza del fatto che il mezzo é stato oggetto di furto” (Da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 6 aprile 2022, n. 11246, Rv. 664511- 02).
12.3.3. Ne, d’altra parte, ad escludere la correttezza delle conclusioni alle quali é pervenuta la Corte romana vale invocare – come ha fatto, invece, l’odierna ricorrente – quanto affermato da Corte di Giustizia dell’Unione europea, Grande Camera, sentenza 4 settembre 2018, in C-80/17, Fundo de Garantia Automòvel.
La Corte di Lussemburgo, infatti, era stata chiamata a pronunciarsi – in relazione alla pretese che possono essere fatte valere, secondo le singole legislazioni nazionali, da quello che la medesima normativa unionale definisce come “organismo incaricato di risarcire, almeno entro i limiti dell’obbligo di assicurazione, i danni alle cose o alle persone causati da un veicolo non identificato o per il quale non vi é stato adempimento dell’obbligo di assicurazione” (nozione alla quale, dunque, ben può ricondursi anche l’impresa designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, prevista dalla legislazione italiana) – sulla corretta interpretazione dell’art. 1, § 4, della Direttiva del Consiglio del 30 dicembre 1983, n. 84/5/CEE.
Orbene, la sentenza suddetta ha affermato che detta previsione va interpretata nel senso di non ostare ad una normativa nazionale la quale preveda che “l’organismo contemplato in tale disposizione abbia diritto di proporre un’azione, oltre che contro il o i responsabili del sinistro, anche contra la persona che era soggetta all’obbligo di stipulare un’assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione del veicolo che ha causato i danni risarciti da tale organismo, ma che non aveva stipulato alcun contratto a tal fine, quand’anche detta persona non sia civilmente responsabile dell’incidente nell’ambito del quale tali danni si sono verificati” (cfr., in particolare, ii § 57).
Tuttavia, ciò non toglie – secondo questa Corte – che il diritto riconosciuto agli organismi “de quibus”, di agire contro ii soggetto che sia venuto meno all’obbligo di stipulare un’assicurazione della responsabilità civile, trovi, comunque, un limite nella necessità di osservare il principio “vulneratus ante omnia reficiendus”, cosi impedendo un uso di tale diritto che possa limitare le pretese risarcitorie relative ai danni subiti da qualsiasi terzo trasportato, ivi compreso, dunque, pure colui che risulti inadempiente rispetto a tale obbligo (o, come nella specie, i suoi eredi).
Infatti, sin dalla già citata pronuncia con cui la Corte di Giustizia ha, per la prima volta, incluso lo stesso proprietario del veicolo tra i trasportati che hanno diritto al risarcimento del danno senza limitazioni legali o pattizie di sorta (diverse dalla conoscenza che il veicolo fosse stato rubato), si é affermato la necessità di una stretta interpretazione delie eccezioni a tale diritto. E ciò perché “qualunque altra interpretazione consentirebbe agli Stati membri di limitare il risarcimento dei terzi vittime di un incidente automobilistico a determinate circostanze, il che é proprio quanto le direttive intendono evitare” (cosi CGUE, sent. 30 giugno 2005, in C-537/03, Candolin, cit., in particolare 22).
13. Il terzo motivo di ricorso, invece, é fondato.
13.1. La sentenza impugnata ha fatto decorrere gli interessi sulla somma dovuta per responsabilità ultramassimale direttamente dal fatto illecito e non già dalla messa in mora, risalente al 3 novembre 2011.
Deve, pertanto, darsi seguito al principio secondo cui “in ipotesi di ingiustificato ritardo dell’assicuratore della r.c.a. nell’adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti del danneggiato (cosiddetta «mala gestio» impropria), la rivalutazione monetaria e gli interessi dovuti dall’assicuratore al danneggiato oltre il limite del massimale decorrono della scadenza del termine previsto – quale «spatium deliberandi» – dall’art. 22 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (norma, applicabile «ratione temporis», oggi sostituita dall’art. 145 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209), che si identifica con quello della costituzione in mora” (cosi Cass. Sez. 3, sent. 11 luglio 2014, n. 15900, Rv. 632053-01).
14. In conclusione, il ricorso va accolto solo quanto al terzo motivo e la sentenza impugnata va cassata in relazione, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa sezione e composizione, per la decisione sul merito e sulle spese, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità, alla stregua del seguente principio di diritto:
“in ipotesi di ingiustificato ritardo dell’assicuratore della r.c.a. nell’adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti del danneggiato (cosiddetta «mala gestio» impropria), la rivalutazione monetaria e gli interessi dovuti dall’assicuratore al danneggiato oltre ii limite del massimale decorrono della scadenza del termine previsto – quale «spatium deliberandi» – dall’art. 22 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (norma, applicabile «ratione ternporis», oggi sostituita dall’art. 145 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209), che si identifica con quello della costituzione in mora”.
Infine, per la natura della “causa petendi’ va di ufficio disposta l’omissione, in caso di diffusione del presente provvedimento, delle generalità e degli altri dati identificativi delie controricorrenti, nonché di (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS) oltre che dell’intimato (OMISSIS) (OMISSIS) ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
PQM
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, respingendo lo stesso per il resto, e cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa sezione e composizione, per la decisione sul merito e sulle spese, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Dispone che, ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in caso di diffusione del presente provvedimento siano omessi generalità ed altri dati identificativi delle controricorrenti nonché di (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS) oltre che dell’intimato (OMISSIS) (OMISSIS).
Così deciso in Roma, all’esito della camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, svoltasi l’11 luglio 2024.
Il Consigliere estensore
Stefano Giaime GUIZZI
Il Presidente
Raffaele FRASCA
Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2024.