REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
GIACOMO TRAVAGLINO Presidente
ENRICO SCODITTI Consigliere – Rel.
PASQUALE GIANNITI Consigliere
STEFANIA TASSONE Consigliere
GIUSEPPE CRICENTI Consigliere
Ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 2559/2021 proposto da:
(omissis) (omissis) rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis) (omissis)
-ricorrente-
contro
(omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) rappresentati e difesi dagli avvocati (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis);
-controricorrente –
contro
(omissis) (omissis) rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
(omissis) (omissis) rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis) (omissis);
-controricorrente al ricorso incidentale-
avverso la sentenza n. 3440/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 21/12/2020
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/06/2023 dal consigliere dott. ENRICO SCODITTI
Rilevato che:
(omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) premesso di avere versato una quota non inferiore ai 2/3 del valore dell’immobile acquistato dalla figlia (omissis) in comunione con il coniuge (omissis) (omissis) (con il quale era poi intervenuta separazione personale) e di avere sostenuto delle spese per la ristrutturazione e manutenzione del medesimo immobile, convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Milano (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) chiedendo l’accertamento dell’acquisto per interposizione della proprietà dell’immobile per una quota non inferiore ai 2/3 ed in alternativa la condanna alla restituzione delle somme corrisposte, in subordine a titolo di ingiustificato arricchimento.
Si costituì (omissis) (omissis) formulando proposta conciliativa e chiedendo il rigetto della domanda di restituzione, con istanza di manleva nei confronti dell’altro convenuto nel caso di pagamento anche della quota di costui.
Si costituì anche l’altro convenuto.
Il Tribunale adito rigettò la domanda di accertamento dell’interposizione ed accolse la domanda restitutoria, condannando i convenuti in via solidale al pagamento della somma di Euro 209.161,70 dispose la compensazione delle spese fra gli attori e la (omissis) e condannò il (omissis) al pagamento della metà delle spese di lite in favore degli attori.
Avverso detta sentenza propose appello (omissis) (omissis) mentre gli attori proposero appello incidentale.
La Corte d’appello di Milano accolse l’appello principale esclusivamente per il motivo sulle spese processuali liquidate in favore degli attori e dichiarò inammissibile l’appello incidentale.
Proposto ricorso per cassazione da (omissis) (omissis) con ordinanza 30944 del 2018 questa Corte cassò con rinvio la sentenza impugnata, accogliendo il primo motivo avente ad oggetto la denuncia di violazione della regola dell’onere probatorio, con assorbimento degli altri tre motivi.
Riassunto il giudizio, con sentenza di data 21 dicembre 2020 la Corte d’appello di Milano, in riforma della decisione impugnata, accolse parzialmente la domanda di ingiustificato arricchimento, condannando il (omissis) al pagamento in favore degli appellanti incidentali della somma di Euro 52.935,35, oltre rivalutazione e interessi dispose la compensazione delle spese fra (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) per tutti i gradi, nonché la compensazione della spese fra gli appellanti incidentali ed il (omissis) per tre quarti per tutti i gradi, condannando il (omissis) al pagamento del residuo quarto.
Osservò la corte territoriale, per quanto qui rileva, premesso che non vi era prova che i (omissis) avesse assunto un’obbligazione di restituzione delle somme corrisposte dagli appellanti incidentali, che questi ultimi avevano reiterato nella sede dell’appello la domanda subordinata di condanna del solo (omissis) al pagamento della somma oggetto di esborso a titolo di indennizzo per ingiustificato arricchimento, domanda proposta in primo grado con la memoria depositata ai sensi dell’art. 183, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. ed ammissibile alla luce di Cass. n. 22404 del 2018 per l’identità di vicenda sostanziale.
Osservò quindi che, essendo gli appellanti incidentali diventati proprietari della quota pari alla metà a seguito della conciliazione della lite avvenuta con (omissis) (omissis) ed essendo il valore dell’immobile per l’intero pari ad Euro 284.051,00 (corrispondente al prezzo di acquisto), l’impoverimento dei coniugi (omissis) (omissis) coincidente con l’arricchimento del (omissis) era limitato alla somma di Euro 38.734,50, pari alla differenza fra l’esborso sostenuto (Euro 180.760,00) ed il valore della quota di cui erano diventati proprietari (Euro 142.025,00), e che l’impoverimento dei coniugi (omissis) (omissis) (coincidente con l’arricchimento del (omissis) ricorreva anche per le spese di manutenzione e ristrutturazione per l’importo di Euro 14.200,85 (pari alla metà delle spese sostenute), per cui complessivamente spettavano Euro 52.935,35.
Aggiunse, quanto al motivo di appello principale relativo alla mancata condanna di (omissis) (omissis) il pagamento delle spese processuali relative alla domanda di manleva proposta dalla (omissis) su cui il Tribunale non aveva pronunciato, che l’eccezione di inammissibilità di tale domanda era infondata perché le domande riconvenzionali improprie, formulate da un convenuto nei confronti dell’altro, potevano essere proposte mediante il deposito e lo scambio della comparsa, senza necessità di notifica dell’atto contenente la domanda, e che ricorreva l’interesse alla manleva posto che la proposta conciliativa non esimeva la (omissis) dalla soccombenza in ordine alla domanda (come in effetti si era verificato in primo grado).
Osservò ancora che «su tale domanda di manleva formulata in primo grado (e non reiterata nei gradi successivi), pertanto, le spese tra (omissis) e (omissis) (omissis) possono essere interamente compensate, con statuizione estesa a tutti i gradi del presente giudizio».
Ha proposto ricorso per cassazione (omissis) (omissis) sulla base di otto motivi (quattro nei confronti di (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (omissis) e quattro nei confronti di (omissis) (omissis) e resistono con distinti controricorsi da una parte (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (omissis) dall’altra (omissis) (omissis) che ha proposto altresì ricorso incidentale sulla base di quattro motivi.
Resiste (omissis) (omissis) con controricorso al ricorso incidentale.
E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ..
E’ stata presentata memoria.
Considerato che:
muovendo dal ricorso principale proposto nei confronti di (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (omissis) con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 384 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ..
Osserva la parte ricorrente che con il secondo motivo del ricorso per cassazione era stata denunciata la non proponibilità dell’azione di arricchimento senza causa e che, alla luce dell’inscindibile collegamento della domanda di arricchimento senza causa con quella principale fondata sul mutuo, deve ritenersi che per effetto dell’assorbimento del motivo si sia verificato l’implicito accoglimento dello stesso.
Il motivo è infondato.
La Corte di Cassazione ha assorbito l’esame del secondo motivo, reputandone superfluo lo scrutinio, il che significa, per l’appunto, che il motivo è rimasto non esaminato.
Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 112 e 346 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ..
Osserva la parte ricorrente che, come eccepito dal (omissis) nella comparsa conclusionale, i coniugi (omissis) (omissis) hanno tardivamente riproposto in sede di precisazione delle conclusioni la domanda subordinata per ingiustificato arricchimento ai sensi dell’art. 2041 cod. civ., mentre in sede di comparsa di costituzione in appello la domanda non era stata riproposta, e che la corte territoriale nella prima sentenza aveva ritenuto infondata l’eccezione di tardività affermando che a pag. 10 della comparsa di costituzione era stato precisato che la restituzione della somma trovava la propria fonte nell’arricchimento senza causa.
Aggiunge che la questione della tardività della riproposizione della domanda ai sensi dell’art. 2041 era stata sollevata con il motivo di ricorso per cassazione assorbito e che il giudice di appello ha omesso di pronunciare sulla detta decadenza.
Il motivo è infondato.
Va premesso che le domande rimaste assorbite in primo grado devono essere riproposte ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ. con il primo atto difensivo e comunque non oltre la prima udienza (Cass. Sez. U. n. 7940 del 2019).
In mancanza di una norma specifica sulla forma nella quale l’appellante che voglia evitare la presunzione di rinuncia ex art. 346 c.p.c. deve reiterare le domande non accolte in primo grado, queste possono essere riproposte in qualsiasi forma idonea ad evidenziare la volontà di riaprire la discussione e sollecitare la decisione su di esse.
Tuttavia, pur se libera da forme, la riproposizione deve essere fatta in modo specifico, non essendo al riguardo sufficiente un generico richiamo alle difese svolte ed alle conclusioni prese davanti al primo giudice (fra le tante, da ultimo Cass. n. 25840 del 2020 e n. 22311 del 2020).
Ai fini di una corretta interpretazione della domanda, deve comunque aversi riguardo alla volontà della parte quale emergente dall’intero complesso dell’atto che la contiene, e non solo sulla base delle conclusioni, considerando la sostanza della pretesa, così come è stata costantemente percepita dalle parti nel corso del giudizio di primo grado, tenendo conto non solo delle deduzioni e delle conclusioni inizialmente tratte nell’atto introduttivo, ma anche della condotta processuale delle parti, nonché delle precisazioni e specificazioni intervenute in corso di causa (Cass. n. 18653 del 2004 n. 75 del 2010).
Avuto riguardo a tali principi di diritto (riproposizione della domanda, in forma libera ma specifica, potendo l’interprete avvalersi se del caso dell’intero contegno processuale della parte), va evidenziato che la menzione, evidenziata con caratteri in grassetto, a pag. 10 della comparsa di costituzione in appello dell’«obbligo giuridico di chi ha beneficiato dell’arricchimento senza causa di restituire quanto ricevuto» è sufficiente a reputare riproposta la domanda ai sensi dell’art. 2041 cod. civ., avuto riguardo anche all’espresso richiamo alla medesima domanda in sede di precisazione delle conclusioni.
Con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 2041 e 2042 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ..
Osserva la parte ricorrente che per la determinazione del prezzo della compravendita il giudice di appello avrebbe dovuto riferirsi al contratto definitivo (nel quale il prezzo era pari ad euro 206.583,00) e non a quello precedentemente fissato nel contratto preliminare, oggetto di un versamento “in nero” per il quale i coniugi (omissis) (omissis) potevano agire solo nei confronti dei venditori, e che le spese per ristrutturazione e manutenzione erano state sopportate in totale autonomia e nell’interesse degli stessi (omissis) (omissis).
Aggiunge che la corte territoriale ha ignorato la circostanza dell’avvenuto acquisto dell’intero di diritto di proprietà dell’immobile da parte di (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (omissis) partire dall’11 aprile 2017 in sede di esecuzione forzata promossa nei confronti di (omissis) (omissis) sulla base del titolo esecutivo rappresentato dalla sentenza di primo grado, come da visura catastale allegata dal ricorrente alla comparsa conclusionale, per cui i coniugi (omissis) (omissis) non potevano esigere il rimborso di spese recuperate attraverso l’acquisizione dell’intera proprietà.
Il motivo è inammissibile.
La prima parte della censura, relativa alla determinazione del valore dell’immobile ed alle spese per ristrutturazione e manutenzione, attiene al giudizio di fatto, riservato al giudice del merito e non sindacabile in sede di legittimità se non nei limiti del vizio motivazionale, nella specie non specificatamente denunciato.
Anche il resto della censura (acquisto dell’intero diritto di proprietà da parte dei coniugi (omissis) (omissis) attiene al giudizio di fatto e comunque, pur riqualificando la censura nei termini della denuncia dell’omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., va evidenziata al riguardo la violazione dell’onere di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. per la mancata specifica indicazione del rituale ingresso nel processo di merito della circostanza di fatto in questione.
Il ricorrente afferma che l’acquisto risalirebbe all’11 aprile 2017, ma nulla si precisa in ordine al tempestivo ingresso della circostanza nel giudizio di appello in sede di rinvio introdotto nel 2019, se non che il relativo documento (visura catastale) sarebbe stato allegato solo con la comparsa conclusionale, e dunque, all’apparenza, tardivamente secondo il rito del giudizio di appello.
Con il quarto motivo si denuncia violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ..
Osserva la parte ricorrente che ricorrevano i presupposti sia della compensazione delle spese, alla luce dell’importo riconosciuto, sia della condanna alle spese per trasgressione al dovere di lealtà e probità di cui all’art. 88 cod. proc. civ. per avere tenuta nascosta la circostanza dell’acquisto integrale della proprietà.
Il motivo è inammissibile.
La censura tocca due profili la cui valutazione è riservata al giudice del merito.
Quanto alla questione della compensazione delle spese, il sindacato di legittimità sulle pronunzie dei giudici del merito è diretto solamente ad evitare che possa risultare violato il principio secondo cui esse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, essendo del tutto discrezionale la valutazione in ordine ai presupposti di totale o parziale compensazione, la cui insussistenza il giudice del merito non è tenuto a motivare (fra le tante, da ultimo, Cass. n. 26912 del 2020).
Quanto alla condanna alle spese prevista dal primo comma dell’art. 92, tale norma stabilisce che la violazione del dovere di lealtà e probità stabilito dall’art. 88 cod. proc. civ. giustifica, indipendentemente dalla soccombenza, la condanna della parte, che è venuta meno a tale dovere, al rimborso delle spese che l’altra parte ha dovuto sostenere a causa del comportamento illecito.
Il giudizio relativo alla violazione del dovere di lealtà e probità è rimesso al discrezionale apprezzamento del giudice di merito e, se congruamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 13427 del 2003).
Passando al ricorso principale proposto nei confronti di (omissis) (omissis) con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 384 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ..
Osserva la parte ricorrente che con il quarto motivo del ricorso per cassazione era stato impugnato l’accoglimento della domanda di manleva e di condanna al pagamento delle spese in favore della (omissis) e che, alla luce dell’inscindibile collegamento della domanda di manleva con quella principale degli originari attori, deve ritenersi che per effetto dell’assorbimento del motivo si sia verificato l’implicito accoglimento dello stesso.
Il motivo è infondato.
La Corte di Cassazione ha assorbito l’esame del quarto motivo, reputandone superfluo lo scrutinio, il che significa, per l’appunto, che il motivo è rimasto non esaminato.
Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 132, comma 1, n. 4 e 118 att. cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ..
Osserva la parte ricorrente che il provvedimento di compensazione delle spese è privo di motivazione.
Il motivo è fondato. Ha affermato il giudice di appello che in ordine alla domanda di manleva «formulata in primo grado (e non reiterata nei gradi successivi), pertanto, le spese tra (omissis) e (omissis) (omissis) possono essere interamente compensate, con statuizione estesa a tutti i gradi del presente giudizio».
Trattasi di motivazione apparente in quanto non è assolutamente percepibile la ratio decidendi relativa al provvedimento di compensazione delle spese.
Con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 101, 106, 163 e 269 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ..
Osserva la parte ricorrente che la domanda di manleva è inammissibile perché la convenuta si è limitata a depositare la comparsa di risposta, senza procedere allo scambio e senza darne comunicazione all’altro convenuto, e che con il ricorso per cassazione era stato osservato che qualora un convenuto intendesse proporre una domanda nei confronti di altro convenuto era tenuto ad attivare la chiamata di cui all’art. 269.
Con il quarto motivo si denuncia violazione degli artt. 99, 100 e 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ..
Osserva la parte ricorrente che con il ricorso per cassazione era stato denunciato che la Corte d’appello aveva omesso di verificare la sussistenza della legitimatio ad causam della (omissis) della quale era stato pure denunciata la carenza di interesse ad agire, e che il giudice di appello ha omesso di pronunciare sull’eccezione di difetto legitimatio ad causam, rilevabile anche d’ufficio.
L’accoglimento del secondo motivo determina l’assorbimento di terzo e quarto motivo.
La corte territoriale non ha pronunciato sulla domanda di manleva, avendo peraltro rilevato che la stessa non era stata riproposta nei gradi successivi, ha solo statuito sul regolamento delle spese processuali, disponendone la compensazione, in carenza di motivazione come si è rilevato sopra.
Poiché la compensazione prescinde dalla soccombenza (unico limite essendo che la parte vittoriosa non può essere condannata alla rifusione delle spese in favore della controparte), assorbente è il profilo della motivazione della compensazione, che il giudice di appello ha il dovere costituzionale di adottare.
Passando al ricorso incidentale proposto da (omissis) (omissis) con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ..
Osserva la parte ricorrente in via incidentale che il giudice di appello ha omesso di pronunciare in ordine all’erroneità dell’assorbimento dichiarato dalla Corte di Cassazione in ordine al quarto motivo di ricorso, avente ad oggetto la domanda di manleva e la condanna al pagamento delle spese in favore della (omissis)
Il motivo è inammissibile.
La censura è incomprensibile, e non raggiunge lo scopo della critica della decisione, perché non si comprende a cosa la ricorrente faccia riferimento denunciando un omesso sindacato da parte della corte territoriale sulla pronuncia del giudice di legittimità, alla cui decisione il giudice di appello è vincolato in sede di rinvio.
Con il secondo motivo si denuncia omesso esame ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ..
Osserva la parte ricorrente che la corte territoriale ha omesso di esaminare l’eccezione di giudicato interno, relativamente alla regolamentazione delle spese fra la ricorrente ed il (omissis) formatosi a seguito della valutazione di assorbimento da parte della Corte di Cassazione del quarto motivo di ricorso.
Il motivo è infondato. La Corte di Cassazione ha assorbito l’esame del quarto motivo, reputandone superfluo lo scrutinio, il che significa, per l’appunto, che il motivo è rimasto non esaminato.
Con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 132, comma 1, n. 4 e 118 att. cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ..
Osserva la parte ricorrente che il provvedimento di compensazione delle spese è privo di motivazione.
Il motivo è fondato per la stessa ragione di fondatezza del secondo motivo del ricorso principale proposto nei confronti di (omissis) (omissis).
Con il quarto motivo si denuncia violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., con censura identica al precedente motivo.
L’accoglimento del precedente motivo determina l’assorbimento del motivo.
Poiché il giudizio non prosegue relativamente al rapporto processuale con (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (omissis) le spese del giudizio di cassazione relative a tale rapporto, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso principale proposto nei confronti di (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (omissis) accoglie il secondo motivo del ricorso principale proposto nei confronti di (omissis) (omissis) rigettando il primo motivo, con l’assorbimento degli ulteriori motivi;
accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale proposto da (omissis) (omissis) rigettandolo per il resto, con assorbimento dell’ultimo motivo;
cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità;
condanna (omissis) (omissis) al pagamento, in favore di (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (omissis) delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il giorno 9 giugno 2023
Il Presidente
Dott. Giacomo Travaglino
Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2023.