Repubblica Italiana
La Corte Suprema di Cassazione
Seconda Sezione Civile
Composta dai Magistrati:
Mario Bertuzzi -Presidente
Mauro Criscuolo -Consigliere
Stefano Oliva -Consigliere
Cesare Trapuzzano -Consigliere
Remo Caponi -Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente
Ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 28812/2020 proposto da:
(omissis) (omissis) difesa dall’avvocato (omissis) (omissis) (omissis);
-ricorrente-
contro
(omissis) (omissis) e domiciliato in (omissis) presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis);
-controricorrente-
contro la sentenza del Tribunale di Ferrara n. 269/2020 depositata il 21/05/2020.
Ascoltata la relazione del consigliere dott. Remo Caponi nella camera di consiglio del 13/06/2023.
Fatti di causa
Nel 2018 (omissis) (omissis) proponeva opposizione dinanzi al Giudice di Pace di Ferrara avverso il verbale di contestazione della violazione dell’art. 142 co. 9 CdS, emesso dalla Polizia locale appartenente alla (omissis) dei (omissis), per eccesso di velocità rispetto al limite di 70 Km/h, con sanzione di circa € 550 e decurtazione di sei punti sulla patente di guida. Il ricorrente faceva valere l’omesso rispetto della distanza minima di un chilometro tra il segnale di limite di velocità e l’autovelox, di cui all’art. 25 co. 2 l. 120/2010 e capo 7.6 allegato al d.m. 282/2017.
Rigettata in primo grado, l’opposizione è stata accolta in secondo grado.
Ricorre in cassazione l’Amministrazione dell’unione dei Comuni (omissis) con tre motivi.
Resiste il privato con controricorso.
Ragioni della decisione
1. – Con il primo motivo si censura che il giudice di appello abbia rilevato d’ufficio la questione relativa all’omesso rispetto della distanza minima di un chilometro tra il segnale di limite di velocità e l’autovelox, requisito ex 25 co. 2 l. 120/2010 e capo 7.6 allegato al d.m. 282/2017.
Si allega che tale questione non è stata dedotta dal ricorrente, che si è limitato a dedurre il difettoso posizionamento dell’autovelox rispetto al segnale di preavviso della presenza di postazione di rilevazione. Si deduce quindi la violazione degli artt. 112 c.p.c., 204 CdS, 7 d.lgs. 150/2011.
Censurato è il seguente ragionamento del Tribunale: è da esaminare la questione sollevata dal privato nelle note conclusive, poiché offre all’attenzione un argomento difensivo diverso da quello che insiste sul difettoso posizionamento dell’autovelox rispetto al segnale di preavviso, fatto valere con il terzo motivo di appello.
Peraltro, tale questione, relativa al mancato rispetto della distanza minima tra il segnale di limite di velocità e la postazione di rilevazione, è fondata su norme giuridiche ed è pertanto rilevabile d’ufficio.
La censura del ricorrente invoca tra l’altro Cass. 24037/2020, ove si statuisce che nel giudizio di opposizione all’ordinanza ingiunzione, il giudice incontra il divieto ex art. 112 c.p.c. di rilevare d’ufficio vizi di- versi da quelli fatti valere con l’atto introduttivo, nel senso che egli non può fondare la decisione su fatti estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo diverso da quello allegato dalla parte.
Il primo motivo non è fondato.
Risulta dagli atti che una delle ragioni dell’impugnazione del verbale è «l’illegittimo posizionamento dell’apparecchiatura per il rilevamento automatico della velocità ad una distanza inferiore a 1 km dal cartello segnalatore della velocità consentita», che è il motivo sul quale il giudice ha fondato l’accoglimento dell’opposizione.
Ciò assorbe l’altra questione: se il ricorrente non avesse fatto valere il mancato rispetto della distanza minima tra segnale di limite della velocità e autovelox, ci si potrebbe domandare infatti se davvero l’accoglimento dell’opposizione sotto tale profilo avrebbe urtato contro l’orientamento della giurisprudenza di legittimità invocato dal ricorrente, una volta che si dia adeguato peso alle circostanze che il difettoso posizionamento della postazione di rilevazione della velocità rispetto a precedenti segnalazioni è comunque entrato a far parte della materia del contendere e che il predetto orientamento giurisprudenziale è maturato in relazione ad effettive deviazioni della pronuncia del giudice rispetto alla materia del contendere. Cfr. in particolare Cass. 13751/2006: il privato fu sanzionato per inosservanza di una normativa europea egli fece opposizione lamentando (unicamente) di averla rispettata il giudice accolse l’opposizione perché vide che il verbale non recava l’indicazione del luogo in cui era stata accertata la violazione.
Il primo motivo è rigettato.
2. – Con il secondo motivo si censura che il capo 6 allegato al d.m. 282/2017 di attuazione dell’art. 25 co. 2 l. 120/2010 non sia stato disapplicato ex artt. 3 Cost., 4, 5 l. 2248/1865 All. E.
La censura è argomentata come segue: secondo l’art. 25 co. 2 l. 120/2010, «fuori dei centri abitati [gli autovelox] non possono comunque essere utilizzati o installati ad una distanza inferiore ad un chilometro dal segnale che impone il limite di velocità» [il corsivo è del Collegio]. Ciò consente all’utente di avere a disposizione uno spazio ragionevole per diminuire la velocità al fine rispettare il limite.
Tale ragione giustificatrice delimita l’ambito di applicazione del limite mi- nimo di distanza alle ipotesi in cui vi è un segnale che imponga di abbassare il limite di velocità (per la prima volta) e non di un segnale che ripeta (in modo inalterato) il limite precedente.
Tuttavia, il capo 7.6 allegato al d.m. 282/2017 dispone: «Nel caso di diverso limite massimo di velocità anche lungo un solo ramo della intersezione, sia maggiore che minore [il corsivo è del Collegio] rispetto a quello ripetuto dopo l’intersezione, la distanza minima di un chilometro si computa dopo quest’ultimo in modo da garantire a tutti gli utenti della strada in approccio alla postazione lo stesso trattamento».
La parte ricorrente considera che tale disposizione regolamentare sia irragionevole ex art. 3 Cost. poiché equipara il caso dell’intersezione di strada ove il limite di velocità è minore (come nel caso di specie in cui si allega che la strada dalla quale è provenuto il privato incontri il limite di velocità di 50 km orari) con il caso di intersezione di strada ove il limite di velocità è maggiore.
Il secondo motivo non è fondato.
L’argomento letterale invocato dall’amministrazione a fondamento della richiesta di disapplicazione di un decreto governativo in danno del cittadino è di insostenibile fragilità e si può rovesciare, argomentando con pari persuasività che il segnale di limite di velocità, poiché prescrive un divieto (di superare quella velocità), segnala in ogni caso un’imposizione, indipendentemente dall’esistenza di un precedente limite e dall’entità di tale limite.
Si aggiunga che il decreto ministeriale si informa a un’esigenza di uniformità semplificante che difficilmente lo espone a rilievi sul fronte della ragionevolezza ex art. 3 Cost.
Infine, ove mai tali rilievi potessero trovare ingresso con effetto di disapplicazione, il privato sarebbe assoggettato a una sanzione amministrativa in forza di un parametro normativo concretizzatosi nell’occasione del giudizio e non già prima della commissione della violazione.
Il secondo motivo è rigettato.
3. – Con il terzo motivo, in via ulteriormente subordinata, si denuncia che il privato non abbia allegato di essersi immesso nella strada provinciale di cui è causa dall’unica strada recante un limite di velocità (50 chilometri orari) Si lamenta il mancato rilievo del difetto di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c.
Il terzo motivo è inammissibile, poiché è diretto a far valere una questione irrilevante rispetto alla pronuncia che ha annullato il verbale di violazione del codice della strada per il posizionamento dell’autovelox ad una distanza inferiore ad un chilometro dal segnale di limite di velocità.
4. – Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista a titolo di contributo unificato per il ricorso a norma dell’art. 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della parte controricorrente, che liquida in € 550, oltre a € 100 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista a titolo di contributo unificato per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 13/06/2023.
Il Presidente
Dott. Mario Bertuzzi
Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2023.