Chi commette un furto in un esercizio commerciale, avvalendosi di un minore, non può beneficiare della particolare tenuità del fatto (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 14 giugno 2023, n. 25562).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUARTA SEZIONE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Patrizia PICCIALLI – Presidente

Dott. Vincenzo PEZZELLA – Consigliere

Dott. Alessandro RANALDI – Consigliere

Dott. Daniele CENCI – Consigliere

Dott. Daniela DAWAN  – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 08/02/2022 della CORTE APPELLO di L’AQUILA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa DANIELA DAWAN;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa SILVIA SALVADORI che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di L’Aquila, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Vasto, esclusa l’incidenza della contestata recidiva, ha ridotto la pena inflitta a (omissis) per il reato di cui all’art. 624 cod. pen.

2. Avverso la prefata sentenza ricorre l’imputato, a mezzo del difensore, che solleva seguenti motivi:

2.1. Inosservanza di legge processuale per mancata pronuncia di una sentenza di non doversi procedere per difetto di querela, rilevandosi una presunta carenza di legittimazione a presentare querela in capo al responsabile dell’esercizio commerciale.

2.2. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione al giudizio di responsabilità per il reato di furto consumato, per non esservi stata una valutazione unitaria della prova.

2.3. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per avere configurato il reato come furto consumato, anziché tentato: il prevenuto è rimasto sotto la costante osservazione del sistema di videosorveglianza e del direttore del punto vendita; né risulta che il bene trafugato sia stato in alcun modo occultato.

2.4. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla richiesta di applicazione nella causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis pen., attesa la qualificazione del fatto reato quale furto tentato.

2.5. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle attenuanti generiche ex artt. 62 n. 4 e 62-bis cod. pen.

3. In data 13/02/2023, sono pervenute, a sostegno del ricorso proposto, conclusioni scritte dell’avv. Sandro (OMISSIS).

4. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato, avendo fatto la Corte territoriale corretta applicazione dei principi stabiliti sul punto dalla giurisprudenza di legittimità. Investite della questione, già le Sezioni Unite (sent. n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio) hanno stabilito che «Il bene giuridico protetto dal reato di furto è costituito non solo dalla proprietà e dai diritti reali e personali di godimento, ma anche dal possesso, inteso nella peculiare accezione propria della fattispecie, costituito da una detenzione qualificata, cioè da una autonoma relazione di fatto con la cosa, che implica il potere di utilizzarla, gestirla o disporne.

Tale relazione di fatto con il bene non ne richiede necessariamente la diretta, fisica disponibilità e si può configurare anche in assenza di un titolo giuridico, nonché quando si costituisce in modo clandestino o illecito.

Ne discende che, in caso di furto di una cosa esistente in un esercizio commerciale, persona offesa legittimata alla proposizione della querela è anche il responsabile dell’esercizio stesso, quando abbia l’autonomo potere di custodire, gestire, alienare la merce». Su tali principi si è assestata la giurisprudenza di legittimità (Sez. 5, n. 3736 del 04/12/2018, dep. 2019, Lafleur Nadia, Rv. 275342 – 01: Ai fini della procedibilità di un furto commesso all’interno di un supermercato, il responsabile della sicurezza dell’esercizio commerciale è legittimato a proporre querela, anche quando non sia munito dei poteri di rappresentanza del proprietario, in quanto titolare della detenzione qualificata della cosa in custodia, che è compresa nel bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice. Nello stesso senso, Sez. 5, n. 11968 del 30/01/2018, Pirico’, Rv. 272696 – 01).

In sostanza, il possesso tutelabile in sede penale ha una accezione più ampia di quella civilistica, includendo non solo il possesso animo domini ma qualsiasi rapporto di fatto con la cosa esercitato in modo autonomo ed indipendente dalla titolarità del bene quale espressione di un legittimo ius possessionis, di guisa che il responsabile di un esercizio commerciale, pur sprovvisto di poteri di rappresentanza o institori del proprietario dei beni posti in vendita, ha legittimazione alla proposizione della querela per i fatti di furto della merce detenuta ed esposta al pubblico (così, Sez. 6 n. 1037 del 15/06/2012, dep. 2013, Vignoli, Rv. 253888 -01).

Il secondo motivo si appalesa del tutto aspecifico, perché si limita ad enunciare, in termini generici e meramente contestativi, una mancata valutazione unitaria della prova, rispetto al valore probatorio riconosciuto alle immagini del sistema di videosorveglianza (che riprendono l’imputato aggirarsi tra gli scaffali del supermercato), considerate congiuntamente al dato testimoniale del direttore del punto vendita, il quale ha riferito di avere invitato l’imputato a rientrare nel supermercato dopo che, al suo passaggio, si era attivato il segnale della barre antitaccheggio, ma che questi era fuggito, inseguito dal direttore, tenendo in mano il profumo che poi gettava in mezzo ad una siepe.

Con argomentazione non manifestamente illogica, la sentenza impugnata ha, pertanto, concluso attribuendo il fatto all’odierno ricorrente.

Alla medesima stregua, ha anche ritenuto che il fatto debba qualificarsi in termini di furto consumato, non avendo il (OMISSIS) restituito il bene.

Il ricorrente, peraltro, prende le mosse da un presupposto fattuale avulso dalle risultanze probatorie, ovvero che i dipendenti del supermercato abbiano mantenuto un costante controllo sulla condotta furtiva mediante il sistema di videosorveglianza, il che non è avvenuto. La commissione del furto, infatti, è stata rilevata solo dopo che l’imputato ha superato le casse del supermercato, attivando così il sistema di protezione dei beni.

E, comunque, quand’anche si volesse ritenere che i sorveglianti abbiano mantenuto un effettivo controllo sul prevenuto per tutta la durata della condotta, ciò non inciderebbe in ogni caso sulla struttura della fattispecie, da qualificarsi sempre come furto consumato. Integra, invero, il reato di furto consumato e non tentato la condotta di colui che si impossessi, superando la barriera delle casse, di merce prelevata dai banchi sottraendola al pagamento, a nulla rilevando che il fatto sia avvenuto sotto il costante controllo del personale del supermercato incaricato della sorveglianza (Sez. 4, n. 7062 del 09/01/2014, Bergantino, Rv. 259263 – 01).

La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi che individuano il momento di consumazione del delitto di furto, in quanto «il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che l’imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva» (Sez. 5, n.26749 del 11/04/2016, Ouerghi, Rv. 267266 – 01).

Ai fini della configurazione dell’autonoma disponibilità della cosa, che segna il momento acquisitivo a cui l’impossessamento è funzionale, non rileva il dato temporale ex se, essendo sufficiente che l’agente abbia conseguito, anche solo momentaneamente, l’esclusiva signoria di fatto sul bene, assumendo, invece, decisivo rilievo la effettiva concretizzazione del rischio di definitiva dispersione, pur se questa non si sia, di fatto, realizzata per l’intervento di fattori causali successivi ed autonomi.

Ai fini della configurabilità del tentativo, occorre che il complesso delle cautele adottate dal soggetto passivo del reato consenta un contestuale intervento impeditivo che, di fatto, precluda all’agente l’esercizio di autonomi poteri dispositivi sulla cosa, escludendo ex ante il pericolo di definitiva dispersione del bene sottratto. In sostanza, il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che l’imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva,

Nel caso in esame, correttamente i Giudici di merito hanno ritenuto configurata la concreta fattispecie nella forma consumata, posto che il (omissis) è stato colto nella condotta delittuosa solo dopo il superamento della casse, arrivando finanche a fuggire ed acquisire una disponibilità – seppure per breve tempo – autonoma e immediata della refurtiva, da lui gettata al solo fine di evitare l’accertamento di un fatto già consumato.

Quanto poi alla vigilanza mantenuta mediante il dispositivo dell’antitaccheggio, è noto come tale placca consenta una mera rilevazione acustica della merce occultata al passaggio alle casse, ma non il controllo a distanza e diretto sul bene (ex multis, Sez. 5 n. 4036 del 26/11/2015, dep. 2016, Craciun, Rv. 267564 -01; Sez. 5, n. 6168 del 16/10/2015, PM in proc. Altobelli, Rv. 266071 -01).

Immune dalle sollevate censure si rivela poi il diniego, espresso dalla Corte di merito, sulla causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.

Premesso che le determinazioni del giudice di merito in ordine alla configurabilità della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto sono insindacabili in Cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esente da vizi logico-giuridici ed idonea a dar conto delle ragioni del decisum, si osserva che, nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata è senz’altro da ritenersi adeguata, avendo la Corte territoriale affermato che non può ritenersi di particolare tenuità un furto commesso avvalendosi della presenza di un soggetto minore (che si vede nelle immagini di videosorveglianza).

La doglianza sulle circostanze generiche e su quella dell’art. 62, n. 4, cod. pen. – quest’ultima, peraltro, già riconosciuta in primo grado – si appalesa confusa e del tutto generica, non idonea a scalfire l’assunto della Corte territoriale che ha implicitamente valorizzato, quanto al diniego delle attenuanti generiche, la mancanza di elementi di significato positivo tale da renderne meritevole il ricorrente.

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle

P.Q.M.

Dichiara inammissibile ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 1° marzo 2023.

Depositato in Cancelleria lì, 14 giugno 2023.

SENTENZA