Comandante di Stazione dei CC, non trova la pattuglia nel posto e nell’ora dove aveva programmato un Posto di Controllo. Condannati entrambi gli Appuntati (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 10 gennaio 2022, n. 179).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano – Presidente –

Dott. SANDRINI Enrico Giuseppe – Rel. Consigliere –

Dott. BIANCHI Michele – Consigliere –

Dott. CAIRO Antonio – Consigliere –

Dott. GUERRA Maria Emanuela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

(OMISSIS) GIOACCHINO nato a SCIGLIANO il 04/10/19xx;

(OMISSIS) ANTONIO nato a COSENZA il 09/03/19xx;

avverso la sentenza del 26/11/2019 della CORTE MILITARE APPELLO di ROMA;

visti il provvedimento impugnato e i ricorsi;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE SANDRINI;

udito il Procuratore Generale che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;

udito il difensore che si riporta ai motivi di ricorso per entrambi gli imputati.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 26.11.2019 la Corte militare d’appello ha confermato la sentenza pronunciata il 6.02.2019 con cui il Tribunale militare di Napoli aveva condannato (OMISSIS) Gioacchino e (OMISSIS) Antonio alla pena (sospesa), rispettivamente, di mesi 6 ((OMISSIS)) e di mesi 4 ((OMISSIS)) di reclusione militare per il reato di violata consegna ex art. 120 cod.pen.mil. pace, commesso in concorso tra loro il 31.08.2016 nella rispettiva qualità di appuntato scelto e di appuntato dei Carabinieri in servizio presso la stazione Carolei di Cosenza, mediante la condotta consistita nel violare la consegna, impartita dal comandante della stazione con ordine di servizio del 30.08.2016, di procedere a controllo della circolazione stradale nella via Nazionale della frazione Vadue di Carolei dalle ore 2.00 alle ore 2.30, omettendo si svolgere la sosta comandata.

Secondo la conforme ricostruzione del fatto e delle risultanze istruttorie operata dalle due sentenze di merito, la prova della colpevolezza degli imputati in ordine al reato ascritto discendeva, in modo convergente, dalle dichiarazioni testimoniali del comandante della stazione, M.Ilo (OMISSIS), che aveva riferito sia al dibattimento di primo che di secondo grado (essendo stato il teste risentito a chiarimenti in sede di rinnovazione istruttoria nel giudizio d’appello) di essersi recato nell’ora indicata nell’ordine di servizio in via Nazionale e di averla percorsa in entrambi i sensi di marcia constatando l’assenza della pattuglia automontata composta dagli imputati; dalla cartografia stradale acquisita, attestante l’ubicazione e la lunghezza (circa 3 km) della via Nazionale sulla quale era stato comandato il posto di controllo, percorribile in 5 minuti alla velocità di 36 km/h, così da rendere del tutto attendibile l’affermazione del M.Ilo (OMISSIS) di aver percorso, in orario notturno, nell’arco di 10 minuti l’intero tratto stradale in entrambe le direzioni, senza incontrare la pattuglia (che fu rinvenuta dal teste a distanza di diversi chilometri).

Secondo i giudici di merito, dovevano ritenersi irrilevanti, al fine di escludere il reato, sia le argomentazioni difensive circa la discrezionalità spettante al capopattuglia di spostare il controllo in un luogo più idoneo o più sicuro di quello indicato nell’ordine di servizio, perché la legittimità della relativa variazione postulava che la stessa fosse stata comunicata preventivamente alla centrale operativa (circostanza, quest’ultima, neppure allegata dai prevenuti), sia la presenza in allegato all’ordine di servizio dell’annotazione di tre controlli stradali eseguiti in via Nazionale all’interno dell’orario comandato, trattandosi di attestazione proveniente dagli stessi imputati portatori di un interesse a contraddire in tal modo quanto constatato e affermato dal M.Ilo (OMISSIS) sulla loro riscontrata assenza dai luoghi.

Risultava altresì provato, secondo quanto ribadito in particolare dalla sentenza d’appello, il concorso dell’appuntato (OMISSIS) nella condotta illecita del capopattuglia (OMISSIS), avendo il primo quantomeno rafforzato il proposito criminoso del secondo ed avendo egli partecipato alla commissione della violazione nella consapevolezza che la variazione delle modalità di esecuzione della consegna presupponeva la preventiva comunicazione alla centrale operativa; il diverso grado rivestito dai prevenuti legittimava solo una diversa misura della pena, così come correttamente determinata dal Tribunale.

2. Avverso la sentenza d’appello ricorrono per cassazione entrambi gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 comma 1 disp.att.cod.proc.pen.

2.1. Il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) Gioacchino dall’avv. (OMISSIS) denuncia le seguenti tre censure:

– nullità dell’ordinanza dibattimentale, pronunciata il 6.02.2019, con cui il Tribunale aveva respinto l’istanza difensiva di differimento dell’udienza per legittimo impedimento dell’imputato a comparire, per violazione dell’art. 420 ter comma 1 cod.proc.pen.; il ricorrente censura la motivazione del provvedimento, convalidata dalla Corte d’Appello, secondo cui la discopatia lombosacrale certificata dal medico curante con l’indicazione di un periodo di riposo e cure di 15 giorni, e che aveva determinato l’assenza del (OMISSIS) dal servizio, non era tale da impedire all’imputato di spostarsi dal proprio domicilio per raggiungere la sede del Tribunale con mezzi adeguati e previa assunzione di adeguati medicinali, in quanto frutto di una valutazione medico-legale che non competeva all’organo giudicante e non teneva conto della distanza esistente tra la residenza del (OMISSIS) e la sede giudiziaria (circa 250 km), del tempo di percorrenza del tragitto (calcolabile in almeno 6 ore tra andata e ritorno) e delle conseguenti sofferenze fisiche determinate dal lungo e defatigante viaggio in automobile;

– vizio di motivazione della sentenza impugnata con riferimento alla valutazione della prova documentale costituita dal foglio di servizio relativo ai controlli effettuati (in numero di tre, a carico di altrettanti automobilisti in transito) dalla pattuglia composta dagli imputati nell’arco temporale compreso tra le 2.00 e le 2.30 in via Nazionale e al contrasto derivatone con la prova dichiarativa rappresentata dalla deposizione del M.Ilo Francavilla; il ricorrente rileva la natura di atto pubblico fidefacente del foglio di servizio redatto dagli imputati in qualità di pubblici ufficiali, che non era stato censurato di falsità ideologica (non dichiarata dai giudici di merito ex art. 537 cod.proc.pen. né denunciata mediante trasmissione degli atti al pubblico ministero), essendo stata anzi archiviata la relativa notitia criminis, e censura il giudizio di prevalenza probatoria attribuito in modo illogico e alle risultanze della prova testimoniale in violazione dei principi sanciti dall’art. 192 del codice di rito, che escludono qualsiasi gerarchia tra le fonti di prova;

– violazione di legge, in relazione all’art. 120 cod.pen.mil. pace, e vizio di motivazione della condanna, che non aveva tenuto conto del carattere generico della consegna e dell’ordine di servizio impartito agli imputati; il ricorrente rileva che l’ordine di eseguire un posto di blocco su una strada lunga più chilometri lasciava un ampio margine di discrezionalità interpretativa ai subordinati, privando la consegna della necessaria tassatività e precisione idonea a soddisfare il principio di legalità sancito dall’art. 25 Cost.; il contenuto generico dell’ordine ne postulava dunque la legittima integrabilità secondo le norme comportamentali del servizio di pattuglia stabilite nell’art. 26 del regolamento di disciplina militare approvato con DPR n. 545 del 1986, così che la presenza comunque accertata degli imputati lungo via Nazionale era idonea a escludere quantomeno l’elemento soggettivo del reato.

2.2. Il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) Antonio dall’avv. (OMISSIS) deduce quattro motivi di doglianza, il primo e il quarto dei quali coincidono, in modo esattamente sovrapponibile, col secondo e col terzo dei motivi di censura proposti dall’avv. (OMISSIS) nell’interesse del coimputato (OMISSIS), i cui contenuti devono perciò intendersi qui integralmente richiamati nei termini sopra esposti.

Il secondo motivo lamenta violazione di legge, in relazione all’art. 110 cod.pen., con riguardo alla ritenuta sussistenza di un concorso, morale o materiale, dello (OMISSIS) nel reato ascritto al coimputato (OMISSIS), gerarchicamente sovraordinato in qualità di capopattuglia e responsabile del servizio; il ricorrente rileva che il coimputato, in sede di spontanee dichiarazioni rese nel giudizio d’appello, aveva ribadito che la scelta in ordine all’allocazione concreta del posto di blocco era a lui esclusivamente riconducibile, e censura l’assenza di spiegazione sui modi in cui (OMISSIS) avrebbe potuto opporsi alla decisione presa dal soggetto più alto in grado e sulla esigibilità da parte sua di una condotta diversa da quella tenuta, così da integrare l’elemento soggettivo del reato sotto il profilo dell’ipotizzata agevolazione o partecipazione alla violata consegna, tanto più che l’immediato intervento del Milo (OMISSIS) neppure aveva consentito al ricorrente di verbalizzare la propria opposizione a quanto deciso dal capopattuglia.

Il terzo motivo deduce violazione di legge, in relazione all’art. 51 secondo comma cod.pen., con riguardo al mancato riconoscimento dell’esimente dell’adempimento di un ordine posto da una pubblica autorità, essendosi (OMISSIS) limitato a eseguire le direttive del capopattuglia (OMISSIS) circa l’esatta ubicazione del posto di blocco, con conseguente esclusione di un concorso punibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi degli imputati, connotati da motivi in larga misura comuni e fra loro sovrapponibili, sono inammissibili in ogni deduzione, per le ragioni che seguono.

2. Il primo motivo di doglianza del ricorso dell’avv. (OMISSIS) è generico e manifestamente infondato, perché non si confronta coi principi consolidati affermati da questa Corte in tema di valutazione della sussistenza del legittimo impedimento a comparire dedotto dall’imputato nel giudizio di merito, puntualmente richiamati e applicati dalla sentenza impugnata con motivazione congrua e coerente che non è sindacabile dal giudice di legittimità.

Costituisce, invero, ius receptum che il giudice di merito può ritenere l’insussistenza dell’impedimento a comparire dell’imputato, dedotto mediante allegazione di certificato medico, anche indipendentemente da una verifica fiscale e facendo ricorso a nozioni di comune esperienza idonee a valutare l’impossibilità del soggetto portatore della prospettata patologia di essere presente in giudizio, se non a prezzo di un grave e non evitabile rischio per la propria salute: il principio di diritto è stato affermato proprio con riferimento al caso, speculare a quello del (OMISSIS), della produzione di certificato medico attestante una “lombosciatalgia acuta” con necessità di “riposo assoluto”, senza che dalla documentazione emerga l’impossibilità di deambulare o comunque di raggiungere l’aula d’udienza trasportato da altri (trattandosi peraltro di patologia fronteggiabile con medicinali adeguati), con conseguente esclusione dell’idoneità di tale condizione a integrare un impedimento assoluto dell’imputato a comparire in udienza ex art. 420 ter cod.proc.pen., che è stato correttamente escluso dal giudice di merito (Sez. 6 n. 36636 del 3/06/2014, Rv. 260814; Sez. 5 n. 44369 del 29/04/2015, Rv. 265819).

La valutazione compiuta prima dal Tribunale e poi dalla Corte territoriale, sulla scorta delle risultanze della certificazione medica allegata, in termini di ritenuta insussistenza dell’impedimento, integra una quaestio facti incensurabile in questa sede; del resto, il ricorrente neppure si confronta col dato emergente dal testo della sentenza impugnata, per cui il giudice d’appello ha comunque proceduto alla riapertura dell’istruttoria, rinnovando l’esame del teste (OMISSIS) e assumendo l’esame degli imputati, proprio per elidere il lamentato pregiudizio dei diritti della difesa che sarebbe in tesi derivato dall’assenza del (OMISSIS) ai relativi incombenti nel giudizio di primo grado.

Nella misura in cui il motivo di ricorso omette di confrontarsi criticamente col percorso argomentativo della sentenza gravata, limitandosi a una pedissequa riedizione dell’originario motivo d’appello già ritenuto infondato, la doglianza si rivela perciò generica e, come tale, inammissibile, alla stregua dell’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui la natura aspecifica della censura, che discende dall’assenza di correlazione tra le ragioni argomentative della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, integra una causa tipica di inammissibilità del ricorso per cassazione (Sez. 6 n. 8700 del 21/01/2013, Rv. 254584; Sez. 2 n. 36406 del 27/06/2012, Rv. 253893; Sez. 4 n. 18826 del 9/02/2012, Rv. 253849).

3. La doglianza dedotta nel secondo motivo del ricorso dell’avv. (OMISSIS) e nel primo motivo del ricorso dell’avv. (OMISSIS) è inammissibile perché, oltre a non confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata, si limita a sollecitare una rivalutazione del fatto e delle risultanze istruttorie in termini che sono preclusi alla Corte di legittimità.

La Corte territoriale ha dato conto, in modo congruo e adeguato, delle ragioni per cui ha ritenuto idonee a fondare la prova della violata consegna le dichiarazioni rese, in modo conforme in entrambi i gradi del giudizio, dal comandante della stazione maresciallo (OMISSIS), frutto dell’esperienza diretta e personale del teste, che aveva percorso nell’orario del servizio comandato agli imputati la via (Nazionale) in cui esso doveva essere svolto, in entrambi i sensi di marcia, constatando l’assenza in loco della pattuglia; quanto dichiarato dal teste è stato ritenuto pienamente attendibile anche perché trovante oggettivo riscontro, circa la congruità dei tempi dell’eseguito controllo, nella cartografia stradale acquisita sull’ubicazione e sulla lunghezza di via Nazionale, attestante la sua percorribilità in entrambe le direzioni nell’arco di 5-10 minuti, corrispondenti a quelli indicati dal teste.

La Corte d’appello ha spiegato altresì in modo logico perché le risultanze della prova testimoniale non siano inficiate dal rapporto di servizio redatto dagli imputati indicante l’esecuzione di tre controlli, nell’arco temporale interessato, nei confronti di altrettanti automobilisti in transito, trattandosi di atto formato dagli stessi prevenuti, interessati a contrastare per tale via la fondatezza dell’accusa a loro carico.

La sentenza impugnata non ha dunque ispirato la valutazione del compendio probatorio a una non consentita gerarchia delle fonti dimostrative, recependo acriticamente le risultanze della prova testimoniale a scapito di quella documentale, come sostenuto dalla difesa, ma ha fondato il suo giudizio su un ragionato esercizio del principio del libero (e prudente) convincimento del giudice, dando conto in modo puntuale – e senza incorrere in alcuna illogicità – dei criteri seguiti nell’apprezzamento delle complessive emergenze istruttorie.

La diversa lettura prospettata dai ricorrenti, funzionale a svalutare la deposizione del maresciallo (OMISSIS), non può trovare ingresso nel giudizio di legittimità, non potendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione sulla motivazione del giudice di merito estendersi alla ricostruzione del fatto e al relativo apprezzamento probatorio, ma dovendo limitarsi al riscontro dell’esistenza di un logico e coerente apparato argomentativo (Sez. Un. n. 47289 del24/09/2003-, 0 Rv. 226074, Petrella), nella fattispecie puntualmente verificato.

Né i ricorrenti sono legittimati a dolersi, non avendovi alcun concreto interesse, della mancata pronuncia, da parte della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 537 cod.proc.pen., della falsità (ideologica) del rapporto di servizio redatto dagli imputati, o del fatto che i giudici di merito non abbiano trasmesso al pubblico ministero la relativa notitia criminis ex art. 207 comma 2 del codice di rito, che trovano logica spiegazione nell’assenza di contestazione del reato di cui all’art. 479 cod.pen. nel presente processo e nella già avvenuta archiviazione di tale ipotesi d’accusa in data 15.12.2017 per difetto dell’elemento soggettivo.

4. La ragione di censura dedotta nel terzo e nel quarto motivo dei ricorsi proposti nell’interesse rispettivamente del (OMISSIS) e dello (OMISSIS), riguardante la pretesa genericità della consegna e dell’ordine di servizio impartito agli imputati, introduce un tema parzialmente nuovo, sotto il profilo delle denunciate violazioni dell’art. 120 cod.pen.mil. pace e del principio di legalità sancito dall’art. 25 Cost., che non risultano riportate nel riepilogo dei motivi d’appello contenuto nella sentenza di secondo grado e non hanno costituito oggetto del giudizio d’appello, e non possono perciò essere proposte per la prima volta nel giudizio di legittimità a pena di inammissibilità ex art. 606 comma 3 cod.proc.pen.

Costituisce principio consolidato, nell’elaborazione giurisprudenziale di questa Corte, quello secondo cui è inammissibile, per difetto di specificità del motivo, il ricorso per cassazione con cui si deducano violazioni di legge verificatesi nel giudizio di primo grado, se il ricorso non procede alla specifica contestazione del riepilogo dei motivi di appello contenuto nella sentenza impugnata, qualora questa abbia omesso di indicare che l’atto di appello aveva già denunciato le medesime violazioni di legge, in quanto, in assenza della predetta contestazione, il motivo deve ritenersi tardivo (Sez. 2 n. 31650 del 3/04/2017, Rv. 270627; Sez. 2 n. 9028 del 5/11/2013, dep. 2014, Rv. 259066).

Nel resto, il motivo si risolve in un’inammissibile richiesta di rivalutazione degli elementi del fatto rappresentati dalla lunghezza di via Nazionale (che la sentenza gravata ha ricostruito in 3 km sulla base della cartografia stradale acquisita) e dal luogo in cui doveva essere effettuato il posto di controllo comandato agli imputati, che l’ordine di servizio aveva stabilito nella suddetta via, omettendo di confrontarsi col dato – ritenuto decisivo e assorbente dalla Corte territoriale – che il maresciallo (OMISSIS) non aveva riscontrato la presenza della pattuglia composta dai prevenuti lungo l’intero tratto della sede stradale da lui percorsa in concomitanza con l’orario del servizio; le deduzioni difensive circa i margini di discrezionalità riconoscibili agli imputati nella concreta dislocazione del posto di blocco, alla stregua del regolamento di disciplina militare, si rivelano dunque inconferenti e manifestamente infondate a fronte della condotta omissiva della consegna (che prevedeva la presenza della pattuglia lungo ‘via Nazionale, e non in altra località) accertata nei loro confronti.

5. Il secondo motivo del ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) Antonio è manifestamente infondato, perché genericamente reiterativo degli argomenti fattuali dedotti a sostegno dell’insussistenza di un concorso dell’imputato nella violata consegna che sono già stati puntualmente valutati e ritenuti infondati, con motivazione incensurabile, dalla sentenza impugnata, così da articolarsi secondo lo schema tipico di un gravame di merito che esula dalle funzioni dello scrutinio di legittimità (Sez. 6 n. 13442 dell’8/03/2016, Rv. 266924; Sez. 6 n. 43963 del 30/09/2013, Rv. 258153).

La Corte territoriale ha congruamente argomentato la consapevole partecipazione di (OMISSIS) alla condotta elusiva della consegna, sostanziatasi nella sua presenza – insieme al (OMISSIS) – in una località diversa da quella (via Nazionale) in cui doveva essere effettuato il posto di controllo, senza che risulti, o sia mai stata allegata, alcuna opposizione o diversa determinazione del ricorrente, rivestente un grado appena inferiore a quello del coimputato (rispettivamente, appuntato e appuntato scelto), discendente dalla differente anzianità di servizio; la doglianza è dunque inammissibile.

6. La violazione di legge denunciata nel terzo motivo del ricorso dell’avv. (OMISSIS) deduce un tema dichiaratamente nuovo, prospettante – in termini ipotetici – l’applicabilità dell’esimente di cui all’art. 51 cod.pen. nei riguardi dello (OMISSIS), per essersi egli limitato ad eseguite le direttive impartite dal superiore gerarchico (OMISSIS) circa l’ubicazione del posto di blocco.

Anche a prescindere dal rilievo dirimente che la causa di giustificazione dell’adempimento di un dovere non è applicabile nel caso in cui l’agente abbia eseguito un ordine, impartito dal superiore gerarchico, avente ad oggetto la commissione di un reato, che nel caso di specie è quello di violata consegna (Sez. 5 n. 38085 del 5/07/2012, Rv. 253546), va osservato che il dato relativo alla differenza di grado esistente tra gli imputati emergeva evidente fin dalla contestazione originaria (tanto da indurre il giudice di primo grado a graduare diversamente la pena per i due soggetti), così da contraddire la tesi difensiva secondo cui l’interesse a invocare l’esimente sarebbe sorto solo a seguito delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) nel giudizio d’appello; del resto, il difensore di (OMISSIS) si era limitato testualmente a chiedere, nelle conclusioni finali del processo di merito, l’accoglimento degli (originari) motivi di appello, senza richiamare il tema della scriminante introdotto per la prima volta solo nel giudizio di cassazione, così da non generare alcun dovere della Corte territoriale di rispondere sul punto e da radicare la tardività del motivo, che deve essere dichiarato inammissibile ex art. 606 comma 3 del codice di rito.

Il motivo risulta peraltro formulato in termini del tutto generici, congetturali e perplessi, non superando anche sotto questo profilo la soglia dell’ammissibilità (Sez. 2 n. 31811 dell’8/05/2012, Rv. 254329).

7. All’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e (in assenza di elementi in grado di escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità: Corte Cost. n. 186 del 2000) al versamento alla cassa delle ammende della sanzione pecuniaria che si stima equo quantificare in 3.000 euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.