Con la sentenza di condanna, il Questore gli impedisce di utilizzare il cellulare, ma la Cassazione annulla il provvedimento (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 6 marzo 2024, n. 9653).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE PENALE

Composta da:

STEFANO MOGINI -Presidente-

TERESA LIUNI -Consigliere-

FRANCESCO ALIFFI -Consigliere-

EVA TOSCANI -Relatore-

CARMINE RUSSO -Consigliere-

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 14/06/2022 della CORTE APPELLO di BARI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott.ssa EVA TOSCANI;

udito il Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa OLGA MIGNOLO, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in preambolo, la Corte di appello di Bari ha confermato quella con cui il Tribunale di Trani, il 14 novembre 2018, giudicava di (omissis) (omissis) colpevole del reato di cui agli artt. 3, comma e 76, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, condannando l’imputato a pena di giustizia.

2. I fatti di reato per cui si procede, nella loro consistenza materiale, sono incontroversi, riguardando la detenzione da parte dell’imputato di un telefono cellulare, avvenuta in violazione dell’avviso orale emesso nei confronti dell’imputato dal Questore di Bari il 30 settembre 2014, ex art. 3 d.lgs. 159 del 2011; detta violazione era accertata nel corso di un controllo di polizia eseguito il 14 gennaio 2017.

3. Ricorre (omissis) per cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia avv. (omissis), articolando due motivi.

3.1. Con il primo lamenta la violazione dell’art. 131-bis cod. pen. ed il vizio di motivazione in punto di mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità.

La Corte territoriale avrebbe negato la particolare tenuità del fatto sulla sola scorta delle precedenti condanne, senza verificare se esse fossero sintomatiche di un comportamento abituale, nel senso chiarito dalla giurisprudenza di legittimità.

3.2. Con il seconda motivo censura l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche. Anche in tale scrutinio, il Giudice di appello si sarebbe limitato a svolgere un generico riferimento ai precedenti penali, senza alcuna compiuta indicazione e valutazione degli stessi.

4. Il Sostituto Procuratore generale, dott.ssa Olga Mignolo, con requisitoria scritta depositata in data 19 settembre 2023, ha prospettato l’annullamento senza rinvio della sentenza perché il fatto non sussiste.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Osserva il Collegio che l’esame del ricorso per cassazione proposto nell’interesse di (omissis) (omissis) postula il vaglio preliminare della legittimità della condotta che gli viene contestata, ex art. 76, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, da effettuarsi alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 2 del 20 dicembre 2022(1).

2. Con tale pronuncia la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale «dell’art. 3, comma 4, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 […], nella parte in cui include i telefoni cellulari tra gli apparati di comunicazione radiotrasmittente di cui il questore può vietare, in tutto o in parte, il possesso o l’utilizzo».

2.1. La declaratoria d’incostituzionalità è intervenuta sul primo periodo dell’art. 3, comma 4, d.lgs. 159 del 2011, che così disponeva: «Con l’avviso orale il questore, quando ricorrono le condizioni di cui al comma 3, può imporre alle persone che risultino definitivamente condannate per delitti non colposi il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, radar e visori notturni […]».

2.2. Il Giudice delle leggi muove dall’assunto che la tutela della libertà e della segretezza della corrispondenza individuale, garantita dall’art. 15 Cost., vada estesa a ogni forma di comunicazione, aprendo il testo della norma costituzionale alle esigenze di tutela delle forme di comunicazione riservata più avanzata.

Osserva, al tempo stesso, che «le regole attinenti al mezzo che, per comunicare, venga di volta in volta utilizzato sono cosa in sé diversa dalla disciplina relativa al diritto fondamentale in esame e, anzi, sempre in termini generali, ben può dirsi che limitazioni relative all’uso di un determinato mezzo o strumento non necessariamente si convertono in restrizioni al diritto fondamentale che l’impiego di quel mezzo o strumento consenta di soddisfare» (Corte cost., sent. n. 2 del 2023, citata).

La Corte costituzionale ha, dunque, chiarito che laddove la disciplina del mezzo finisce per penetrare all’interno del nucleo essenziale del diritto, determina inevitabili ricadute restrittive sulla libertà di comunicazione tutelata dalla Costituzione, sottolineando che queste ricadute appaiono evidenti soprattutto nella materia delle misure di prevenzione, che sono finalizzate a consentire forme di controllo, rilevanti per il futuro, sulla pericolosità sociale di un determinato soggetto, ma non sono deputate alla punizione per le sue condotte pregresse (tra le altre, Corte cost., sent. n. 180 del 2022; Corte cost., sent. n. 100 del 1968).

Al contempo – ha osservato – la qualificazione della libertà di comunicazione come inviolabile implica che il suo contenuto essenziale non può subire restrizioni, se non in ragione della necessità di soddisfare un interesse pubblico costituzionalmente rilevante, a condizione che l’intervento limitativo posto in essere sia strettamente necessario alla tutela di quell’interesse e sia rispettata la duplice garanzia che la disciplina prevista risponda ai requisiti propri della riserva assoluta di legge e la misura limitativa sia disposta con atto motivato dell’autorità giudiziaria (tra le altre, Corte cost., sent. n. 24 del 2019; Corte cost., sent. n. 81 del 1993; Corte cost., n. 366 del 1991; Corte cost., sent. n. 2 del 156).

E’ giunta così alla conclusione che, in presenza di misure di prevenzione che comportino restrizioni rispetto a diritti fondamentali della persona assistiti da una riserva assoluta di legge, l’intervento dell’autorità giudiziaria presenta connotazioni sostanziali e non meramente formali.

Il vaglio giurisdizionale, infatti, risulta associato alla garanzia del contraddittorio e alla possibile contestazione dei presupposti applicativi della misura di prevenzione, consentendo, in questo modo, il pieno dispiegarsi del diritto di difesa del prevenuto, che non è altrimenti comprimibile (tra le altre, Corte cost., sent. n. 177 del 1980; Corte cost., n. 53 del 1968).

Ulteriore corollario è che la legittimità costituzionale delle misure di prevenzione limitative della libertà di comunicazione dell’individuo, protetta dall’art. 15 Cost., è necessariamente subordinata all’osservanza del principio di legalità e alla tutela delle garanzie giurisdizionali, che costituiscono due requisiti essenziali e, tra loro, intimamente connessi, essendo evidente che la mancanza dell’uno vanifica le esigenze di tutela dell’altro, la cui protezione, diversamente, finisce per assumere connotazioni meramente apparenti (tra le altre, Corte cost., n. 177 del 1980; Corte cost., sent. n. 177 del 1980; Corte cost., sent. n. 11 del 1956).

Il divieto di possedere e di utilizzare un telefono mobile o cellulare, da parte del soggetto destinatario avviso orale ex art. 3, comma 4, d.lgs. 159 del 2011, si traduce in un limite alla libertà di comunicare e allo spazio vitale che circonda la persona, tenuto conto dell’universale diffusione di questo strumento di comunicazione, che investe ogni ambito dell’esistenza umana, riguardando la vita lavorativa, familiare e personale.

2.3. In questa cornice ermeneutica, questa Corte (Sez. 1, n. 368 del 04/07/2023, Barraco, Rv. 285269) ha già avuto modo di chiarire che la declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 3, comma 4, d.lgs. n. 159 del 2011 – nella parte in cui include i telefoni mobili o cellulari tra gli apparati di comunicazione radiotrasmittente di cui il questore può vietare, in tutto o in parte, il possesso o l’utilizzo – comporta che l’eventuale misura limitativa deve essere disposta con provvedimento dell’autorità giudiziaria, atteso che il possesso e l’utilizzo di telefoni mobili o cellulari è assistito dalla garanzia costituzionale dell’art. 15 Cost.

Il questore, dunque, non può incidere con un atto amministrativo su una tale libertà, che, essendo espressione di un potere di natura discrezionale, non può ingerirsi in un ambito individuale tutelato da una riserva di legge assoluta, che impone l’adozione di un provvedimento adottato dall’autorità giudiziaria (Corte cost., sent. n. 2 del 2023, cit.).

3. Conclusivamente, la violazione del divieto di possedere o utilizzare telefoni cellulari imposto dal questore, quale prescrizione dell’avviso orale, non costituisce una condotta illecita sanzionabile ai sensi dell’art. 76 d.lgs. n. 159 del 2011, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 2 del 2023, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 4, dello stesso decreto legislativo, nella parte in cui include i telefoni cellulari tra gli apparati di comunicazione di cui può essere vietato, in tutto o in parte, il possesso o l’utilizzo.

4. Le considerazioni sin qui esposte impongono l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Così deciso il 5 ottobre 2023.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.

(1) Corte Costituzionale, Sentenza 12 gennaio 2023, n. 2