Danneggia diverse auto in un parcheggio condominiale: riconosciuta l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 12 luglio 2023, n. 30243).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. Elisabetta Rosi -Presidente-

Dott. Pierluigi Cianfrocca -Consigliere –

Dott. Lucia Aielli -Consigliere-

Dott. Francesco Florit -Consigliere-

Dott. Alessandro Leopizzi -Consigliere Rel.-

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di

(omissis) (omissis) nato a PALERMO il 26/11/19xx;

avverso la sentenza del 06/05/2021 della CORTE APPELLO di PALERMO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO LEOPIZZI;

sentite le richieste del PG, Dott.ssa PAOLA MASTROBERARDINO, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile;

sentite le conclusioni dell’avv. (omissis) (omissis), per il ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della decisione emessa dal Tribunale di Palermo il 26 gennaio 2018 nei confronti di (omissis) (omissis) in relazione al reato di danneggiamento aggravato e continuato, ha escluso la circostanza aggravante del fatto commesso con minaccia alle persone offese e, concessa l’attenuante del risarcimento del danno, ha rideterminato la pena in tre mesi di reclusione.

2. Ha proposto ricorso per cassazione (omissis) (omissis), a mezzo del proprio difensore, formulando un unico motivo di ricorso, con cui si duole – sotto il profilo della mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione – della ritenuta sussistenza dell’aggravante del bene esposto alla pubblica fede, nonostante specifico motivo di gravame diretto ad evidenziare la presenza delle persone offese (che avevano assistito alla condotta dell’imputato) e il controllo sull’area condominiale dove era parcheggiato il veicolo danneggiato per mezzo di un sistema di videosorveglianza.

3. All’odierna udienza pubblica, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile, perché proposto con motivi manifestamente infondati, generici e non consentiti.

1. Secondo il ricorrente, l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede non sussisterebbe, sulla base di tre distinte circostanze emerse nell’istruttoria dibattimentale:

– la vettura era parcheggiata in un’area condominiale e non sulla pubblica via;

– il parcheggio era controllato da un sistema di videosorveglianza;

– le condotte si sarebbero svolte alla presenza delle persone offese.

2. La giurisprudenza di legittimità afferma, in via generale, che l’aggravante in questione consegue alla impossibilità per il titolare del diritto di proprietà sulla cosa oggetto dell’azione delittuosa di esercitare una vigilanza continua sul bene. (Sez. 2, n. 42023 del 19/06/2019, Martino, Rv. 277046, che ne ha riconosciuto la sussistenza in un caso di danneggiamento di un’autovettura parcheggiata sulla pubblica via, mentre il proprietario si trovava all’interno di un cortile antistante alla stessa).

Non rilevano, pertanto, né l’accidentale presenza del suddetto titolare al momento della commissione del fatto, ogni qualvolta l’agente abbia fatto affidamento sulla sua ordinaria impossibilità di sorvegliare in modo costante la cosa propria (Sez. 2, n. 15604 del 25/03/2021, Berolo, Rv. 281120), né l’esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videosorveglianza, mero strumento di ausilio per la successiva individuazione degli autori del reato non idoneo a garantire l’interruzione immediata dell’azione criminosa (Sez. 5, n. 1509 del 26/10/2020, dep. 2021, Saja, Rv. 280157, secondo cui solo una sorveglianza specificamente efficace nell’impedire l’aggressione del bene consente di escludere l’aggravante).

3. La Corte palermitana ha fatto buon governo di questi principi di diritto, rilevando come l’area esterna fosse agevolmente accessibile a soggetti esterni, come emerge pacificamente dalle denunce-querele presentate dalle persone offese e dalla stessa circostanza che (omissis) vi avesse fatto ingresso per due volte di seguito durante la medesima serata.

Quanto alla presenza di riprese di sicurezza, i giudici di appello ne affermano l’irrilevanza ai fini dell’esclusione dell’aggravante di cui trattasi, in quanto il congegno di monitoraggio non costituiva una difesa assoluta contro la sottrazione o il danneggiamento.

4. I giudici di appello non hanno preso espressa posizione sull’eventuale venire meno dell’aggravante in ragione della presenza sul posto delle persone offese.

Questa omissione, d’altronde, deriva dalla mancanza di uno specifico punto di gravame: nell’atto di appello, infatti, le censure si incentrano esclusivamente sulla collocazione delle automobili all’interno degli spazi condominiali, coperti dalle telecamere di videosorveglianza.

Ai sensi degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen., a pena di inammissibilità, non possono essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado d’appello.

La doglianza riguarda dunque un punto della sentenza non investito dal controllo della Corte di appello, nella pienezza valutativa della giurisdizione di merito (cfr. Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316).

Ad ogni buon conto, nel suddetto atto di gravame, ben si evidenzia, citando ampi stralci delle dichiarazioni rese dalle persone offese, come queste ultime abbiano assistito dalla finestra o dalla terrazza delle proprie abitazioni alle condotte di danneggiamento delle proprie vetture (pp. 6-7).

Resta così esclusa alla radice la possibilità di affermare fondatamente che i beni erano sotto la diretta e fattiva sorveglianza delle proprietarie, mere spettatrici dall’alto del taglio degli pneumatici e della rottura degli specchietti e dei tergicristalli.

5. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 30/05/2023.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.