REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio – Consigliere –
Dott. LENOCI Valentino – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Paolo – Rel. Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello – Consigliere –
ha pronunciato, ai sensi dell’art. 23, comma 8 bis, del Dl. n. 137 del 2020, come conv., la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS) rappresentato e difeso, giusta procura speciale stesa a margine del ricorso, dall’Avv.to (OMISSIS) (OMISSIS) del (OMISSIS) che ha indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’ (OMISSIS), al corso (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 102, pronunciata dalla Commissione Tributaria di secondo grado di Bolzano il 28.10.2016, e pubblicata il 14.11.2016;
ascoltata la relazione svolta, in camera di consiglio, dal Consigliere dott. Paolo Di Marzio;
la Corte osserva:
Fatti di causa
1. Sul fondamento di verifiche svolte dalla Guardia di Finanza, e conclusesi con la consegna al contribuente di Processo Verbale di Costatazione il 6.2012, l’Agenzia delle Entrate notificava il 18.6.2013 (OMISSIS) (OMISSIS) titolare di una ditta individuale esercente l’affitto di aziende, l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) avente ad oggetto maggiori Irpef (Euro 1.854,00), Iva (Euro 8.187,00), ed Irap (Euro 1.596,00), oltre accessori, con riferimento all’anno 2008, affermando la ricorrenza di “violazioni in ambito dichiarativo e di adempimenti contabili, di cui al D.Lgs. 471/1997” (sent. Comm. II grado, p. 2), anche in relazione a contributi previdenziali. In particolare al (omissis) era contestato che, a fronte della cifra di 24.000,00 Euro annui, pattuiti nel contratto registrato di affitto di azienda stipulato con (OMISSIS) (OMISSIS) dal padre, cui l’odierno ricorrente era succeduto quale locatore, utilizzandosi i beni affittati per lo svolgimento dell’attività della “(OMISSIS) (OMISSIS) cittadino serbo gli aveva corrisposto somme molto superiori, ed il (OMISSIS) non aveva dichiarato queste eccedenze, con la conseguenza di aver evaso l’imposizione che su di lui gravava in relazione ai diversi tributi.
2. Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria di primo grado di Bolzano contestando, in particolare, che la pretesa prova principale dell’evasione addotta dall’Amministrazione finanziaria, la trascrizione di una comunicazione telefonica effettuata dall’affittuario (OMISSIS) (OMISSIS) non poteva affatto qualificarsi come un’intercettazione, perciò non poteva utilizzarsi ai fini del decidere, e comunque il dialogo raccolto aveva significato non univoco.
La Commissione di primo grado, ritenuto effettivamente che l’Ente impositore non fosse riuscito a raccogliere indizi di evasione fiscale: gravi, precisi e concordanti, annullava l’avviso di accertamento, segnalando che, in relazione a quanto richiesto in conseguenza dell’omesso versamento di contributi previdenziali, doveva riscontrarsi il difetto di giurisdizione del giudice tributario.
3. L’Agenzia delle Entrate spiegava appello, avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano che, invece, riteneva la pluralità di elementi indiziari raccolti dall’Ente impositore, valutati nel loro complesso, idonei ad assicurare la prova presuntiva dell’evasione fiscale commessa dal (OMISSIS) e conseguente alla dichiarazione di aver percepito un reddito molto inferiore a quello effettivamente pertanto riformava la decisione di primo grado e riaffermava la piena validità ed efficacia dell’avviso di accertamento impugnato.
4. Avverso la decisione assunta dal giudice dell’appello ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, affidandosi a cinque strumenti di impugnazione, resiste mediante controricorso l’Agenzia delle Entrate. depositato memoria. (OMISSIS) (OMISSIS) ha quindi anche depositato memorie.
4.1. Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il Pubblico Ministero, nella persona del Procuratore Generale, dott. Alessandro Pepe, ed ha domandato di accogliere il quinto motivo di impugnazione e respingere il ricorso nel resto.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, 4, cod. proc. civ., il contribuente contesta la nullità della sentenza pronunciata dalla Commissione Tributaria di secondo grado, in conseguenza della violazione dell’art. 62 del D.Lgs. n. 546 del 1992, degli artt. 114 e 116, cod. proc. civ., dell’art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 547 del 1992, degli artt. 268 e 270, cod. proc. pen., nonché dell’art. 15 della Costituzione, “per avere i giudici dell’appello fondato il proprio convincimento su un documento inutilizzabile e comunque inidoneo ad assurgere a prova della pretesa impositiva” (ric., p. 4), e consistente nella trascrizione di una conversazione telefonica captata dall’affittuario dell’azienda, (OMISSIS) (OMISSIS).
2. Mediante il secondo mezzo d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ., il ricorrente censura la “omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio rilevante ex art. 62, d.lgs. 546/1992 . Nessuna intercettazione telefonica è stata mai acquisita” (ric., p. 7).
3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, 4, cod. proc. civ., il contribuente critica nuovamente la nullità della impugnata sentenza, per avere i giudici dell’appello violato l’art. 62 del D.Lgs. n. 546 del 1992, l’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., e l’art. 111 della Costituzione, adottando una motivazione della decisione soltanto apparente.
4. Mediante il quarto strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2697, 2717 e 2729, comma primo, cod. civ., “per avere il giudice dell’appello dato ingresso ad una prova presuntiva, priva dei requisiti di gravità, precisione e concordanza” (ric., p. 11).
5. Con il quinto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, 4, cod. proc. civ., il contribuente contesta ancora la nullità della decisione pronunciata dalla Commissione di secondo grado, con la quale il giudice dell’appello ha confermato per intero l’atto impositivo, violando l’art. 62 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 132 cod. proc. civ., per non aver affatto motivato la sua decisione sul punto relativo ai contributi previdenziali, dovendo ricordarsi che il giudice di primo grado aveva ritenuto che, in ipotesi di cessione d’azienda, il cedente perde la qualifica di imprenditore a favore del concessionario, e non era quindi il cedente ad essere obbligato a trattenere e versare all’erario i contributi previdenziali.
6. Con il primo strumento d’impugnazione il ricorrente lamenta la nullità della decisione assunta dalla Commissione di secondo grado per aver posto a fondamento della sua decisione una captazione di conversazione che ha indebitamente fatto assurgere al rango di intercettazione mediante il secondo motivo di ricorso, poi, (OMISSIS) (OMISSIS) contesta, in relazione al profilo del vizio di motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, che, come espressamente censurato e non valutato dal giudicante, “nessuna intercettazione telefonica è stata mai acquisita” (ric., p. 7.).
In sostanza, il ricorrente critica, in relazione ai profili della nullità della sentenza e del vizio di omessa motivazione, la decisione assunta dalla Commissione di secondo grado per aver deciso sul fondamento di una pretesa intercettazione telefonica che non è però tale e pertanto non sarebbe utilizzabile.
I primi due strumenti di impugnazione introdotti dal contribuente presentano elementi di connessione, e possono essere trattati congiuntamente, per ragioni di sintesi e chiarezza espositiva.
6.1. Invero la Commissione Tributaria di secondo grado risulta sufficientemente chiara nel non considerare la captazione delle conversazioni con il (OMISSIS) effettuata dall’affittuario (OMISSIS) come una “intercettazione” nel senso penalistico del termine.
Il giudice impugnato scrive che “dalle conversazioni registrate, avvenute tra (OMISSIS) (OMISSIS) deduce che il rapporto di locazione, nonostante l’intervenuta risoluzione giudiziale del contratto … di fatto sia proseguito”, e quindi, nella parte motivazionale conclusiva, scrive che uno, tra i diversi elementi indiziari raccolti i quali, riuniti insieme, assicurano fondamento alla valutazione che induce ad affermare la responsabilità dell’odierno ricorrente, è costituito dalle “registrazioni telefoniche intercorse tra l’odierno imputato e l’affittuario della struttura” (sent. Comm. II grado, p. 8).
6.2. Deve allora innanzitutto ricordarsi come questa Corte di legittimità abbia già avuto modo di chiarire che “in materia tributaria, gli elementi raccolti a carico del contribuente dai militari della Guardia di Finanza senza il rispetto delle formalità di garanzia difensiva prescritte per il procedimento penale, non sono inutilizzabili nel procedimento di accertamento fiscale, stante l’autonomia del procedimento penale rispetto a quello di accertamento tributario, secondo un principio oltre che sancito dalle norme sui reati tributari (art. 12 del l. 10 luglio 1982, n. 429 successivamente confermato dall’art. 20 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74), desumibile anche dalle disposizioni generali dettate dagli artt. 2 e 654 cod. proc. pen., ed espressamente previsto dall’art. 220 disp. att. cod. proc. pen., che impone l’obbligo del rispetto delle disposizioni del codice di procedura penale, quando nel corso di attività ispettive emergano indizi di reato, ma soltanto ai fini della “applicazione della legge penale”. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto legittimo un avviso di accertamento fondato su elementi acquisiti in violazione degli artt. 63, 64, 65 e 369 cod. proc. pen.)”, Cass. sez. V, 12.11.2010, n. 22984.
6.2.1. Inoltre, erra il ricorrente a ritenere che il giudice dell’appello abbia attribuito alle conversazioni telefoniche trascritte il valore di piena prova, qualificandole come “intercettazioni telefoniche”.
Il giudice impugnato ha considerato le conversazioni trascritte come un elemento indiziario che, insieme a diversi altri, lo ha condotto ad esprimere un giudizio di fondatezza della pretesa
I primi due motivi di ricorso proposti dal contribuente devono quindi essere respinti.
7. Con il terzo strumento di impugnazione il ricorrente censura la nullità della decisione adottata dalla Commissione di secondo grado per avere proposto una motivazione meramente mediante il quarto motivo di ricorso, poi, il contribuente contesta che il giudice dell’appello ha ritenuto decisiva una prova, meramente presuntiva, che però risulta essere priva dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
I due motivi di ricorso, che criticano la mancata ricorrenza dei gravi indizi di responsabilità fiscale, nonché la mera apparenza della motivazione adottata dal giudice dell’appello, presentano profili di connessione, e possono essere trattati congiuntamente, per ragioni di chiarezza e sintesi espositiva.
7.1. In realtà la motivazione adottata dalla Commissione di secondo grado risulta presente ed è agevolmente Il giudice dell’appello ha ritenuto che sussistessero una pluralità di elementi indiziari, tutti convergenti nell’indurre a valutare sussistente la responsabilità fiscale del contribuente.
7.1.1. In particolare, il giudice dell’appello ha richiamato: “la mancata dichiarazione, ai fini del calcolo delle imposte dovute, dell’importo effettivo corrisposto dall’affittuario della struttura considerando, appunto, il processo verbale di costatazione redatto dalla Guardia di Finanza, le dichiarazioni rese da terzi, le registrazioni telefoniche intercorse tra l’odierno appellante e l’affittuario della struttura, il proseguimento del rapporto di gestione della struttura nonostante l’intervenuta risoluzione giudiziale del contratto pronunciata dal Tribunale Civile di Bergamo, il rinvenimento di denaro in contante nella cassaforte del contribuente; circostanze meglio spiegate nell’epigrafe di questa sentenza” (sent. II grado, p. 8).
7.1.2. Nella parte precedente della decisione invero, il giudice dell’appello illustra con maggiore ampiezza alcune delle proprie valutazioni, condividendo le affermazioni contenute nel PVC, secondo cui “a seguito dell’attività di verifica è emerso, in base alla documentazione contabile rinvenuta, agli atti di indagine penale acquisiti dalla Guardia di Finanza, nonché in base alle mancate giustificazioni di parte, che il sig. (OMISSIS) (OMISSIS) non ha sottoposto a tassazione, per complessivi € 40.934,00 i canoni derivanti dall’affitto dell’azienda costituita da bar, (OMISSIS) e ristorante sita in (OMISSIS) già negli anni in cui il titolare dell’azienda era stato (OMISSIS) (OMISSIS), padre dell’odierno appellato, era stata contestata da parte della Guardia di Finanza l’omessa fatturazione di parte dei canoni di locazione.
Agli atti del PVC sono state inoltre acquisite la denuncia del sig. (OMISSIS) nei confronti del sig. (OMISSIS) raccolta dalla PG, nonché l’informativa della Procura della Repubblica, dalle quali si evincono le modalità con le quali il sig. (OMISSIS) affermava di effettuare il pagamento dell’affitto, nonché il quantum dello stesso (‘normalmente gli pago 2.400,00 il 15 del mese ed € 3.000,00 a fine mese’)” (sent. Comm. II grado, p. 3 ss.).
Dalle conversazioni trascritte emerge pure che il contratto d’affitto d’azienda è proseguito tra le parti anche dopo che il Tribunale di Bolzano ne aveva sentenziato la risoluzione.
Circa le somme in contanti rinvenute nella sua cassaforte, poi, il giudice dell’appello rileva che (OMISSIS) non ha fornito argomentazioni convincenti.
7.2. Non si confronta con la decisione adottata dal giudice dell’appello il contribuente, non ne confuta il Insiste nel riproporre le proprie tesi e soprattutto nell’affermare che la decisione di secondo grado sarebbe basata sull’erronea attribuzione della qualifica di intercettazione ad una captazione operata da parte interessata, che costituirebbe il fondamento della decisione che contesta, ma questo argomento, come si è visto, è infondato.
Anche il terzo ed il quarto strumento di impugnazione devono pertanto essere rigettati.
8. Mediante il quinto strumento di impugnazione, il ricorrente censura la decisione del giudice dell’appello in materia di contributi previdenziali, nella parte in cui essi sono stati richiesti mediante l’avviso di accertamento.
8.1. Osserva il ricorrente che la Commissione Tributaria di primo grado aveva annullato l’atto impositivo a causa del difetto di giurisdizione del giudice tributario, proponendo anche rilievi di merito.
La Commissione di secondo grado, invece, annullando integralmente la decisione dei primi giudici, ha di fatto riaffermato la validità ed efficacia dell’avviso di accertamento anche in relazione ai contributi previdenziali.
8.2. Invero non si rinviene una motivazione sul punto nella decisione adottata dal giudice dell’appello, e la critica proposta dal ricorrente appare Trattandosi di questione di puro diritto, questa Corte regolatrice deve pronunciarsi sul punto.
Invero si è già avuto occasione di statuire che “rientra nella giurisdizione del giudice ordinario e non di quello tributario la controversia avente ad oggetto diritti ed obblighi attinenti ad un rapporto previdenziale obbligatorio anche se originata da pretesa azionata dall’ente previdenziale a mezzo di cartella esattoriale, non solo per l’intrinseca natura del rapporto, ma anche perché l’art. 24 del d.lgs. 26 febbraio 1999 n. 46, sul riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, nell’estendere tale procedura anche ai contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali, espressamente prevede che il contribuente in presenza di richiesta di contributi previdenziali può proporre opposizione contro l’iscrizione a ruolo avanti al giudice del lavoro”, Cass. SS.UU., 27.3.2007, n. 7399 (cfr. anche, tra le altre, Cass. SS.UU., 23.6.2010, n. 15168).
8.2.1. Il quinto motivo di ricorso deve essere pertanto accolto, cassandosi senza rinvio la decisione impugnata, ai sensi dell’art. 382, terzo comma, cod. proc. civ., perché la giurisdizione in materia di contributi previdenziali non appartiene al giudice tributario, bensì al giudice ordinario.
9. In definitiva, deve essere accolto il quinto motivo di impugnazione proposto da (OMISSIS) (OMISSIS) mentre il ricorso deve essere respinto nel resto.
10. Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della prevalente soccombenza, e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni affrontate e del valore della
10.1. Risultano integrati i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, del c.d. doppio contributo.
La Corte,
P.Q.M.
accoglie il quinto motivo di ricorso introdotto da (OMISSIS) (OMISSIS) e, sul punto, cassa la decisione impugnata senza rinvio, non sussistendo la giurisdizione del giudice tributario in materia di contributi previdenziali, che appartiene invece al giudice ordinario.
Rigetta il ricorso nel resto.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della costituita Agenzia delle Entrate, e le liquida in complessivi Euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 28.4.2023.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2023.