Diffamazione, per il giornalismo d’inchiesta vale un criterio di “verità attenuata” (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 3 novembre 2023, n. 30522).

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

FRANCESCO ANTONIO GENOVESE   Presidente

CLOTILDE PARISE   Consigliere

LAURA TRICOMI     Consigliere

GIULIA IOFRIDA      Consigliere – Rel.

ALBERTO PAZZI      Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13295/2022 R.G. proposto da:

(omissis) (omissis) SPA, (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) elettivamente domiciliati in (omissis) (omissis) presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (omissis) (omissis);

-ricorrenti-

contro

(omissis) (omissis) elettivamente domiciliato in (omissis) presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (omissis) (omissis) (omissis);

-controricorrente-

avverso SENTENZA di  CORTE  D’APPELLO  ROMA  n.  7329/2021 depositata il 08/11/2021.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/10/2023 dal Consigliere, dott.ssa GIULIA IOFRIDA.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 7239/21, ha riformato la decisione di primo grado che aveva respinto la domanda risarcitoria proposta, con citazione del luglio 2013, dal Comandante (omissis) (omissis) nei confronti della (omissis) (omissis) spa, già (omissis) spa, (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) previo accertamento della natura illecita dell’articolo pubblicato sul settimanale (omissis) (omissis) del (omissis) uscito in edicola il (omissis) firma del giornalista (omissis) (omissis) dal titolo (omissis), con il sottotitolo «(omissis) (omissis) e dell’articolo pubblicato sulla testata online del medesimo periodico, dal titolo (omissis) sempre a firma del (omissis).

Il Tribunale, rilevato che gli articoli di stampa riferivano «(omissis) (omissis), ha ritenuto che essi rientrassero pienamente nel c.d. «(omissis) figura cui si ricollega una diversa applicazione dell’attendibilità della fonte, e che costituissero legittimo esercizio del diritto «(omissis) (omissis) sussistendo:

a) l’interesse pubblico alla diffusione della notizia, attenendo il settore dell’organizzazione dei voli di Stato ad ambito nel quale «(omissis) (omissis) anche in ragione di decisioni discrezionali dei vertici della politica di Governo e di «(omissis);

b) la verità putativa della notizia, emergendo che il (omissis) prima distaccato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e poi incardinato nell’attività di Governo e nei ruoli della Presidenza, disponesse di ampia discrezionalità nell’esercizio delle funzioni, non rivestendo un semplice ruolo limitato all’istruttoria tecnica sull’autorizzazione dei voli e sull’acquisto dei velivoli;

c) il rispetto del limite della continenza, essendo le espressioni utilizzate (omissis).

I giudici della Corte di appello, in riforma della decisione di primo grado, hanno condannato la (omissis)  (omissis) spa, già (omissis) (omissis) spa, (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) in solido tra loro, al  pagamento, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, di € 20.000,00, (omissis) (omissis) nonché  condannato il (omissis) al pagamento della pena pecuniaria di € 5.000,00 ex art. 12 l. 47/1948, disponendo la  pubblicazione della sentenza, a cura e spese degli appellati sul sito (omissis) in immediata consecuzione all’articolo oggetto di causa.

La Corte territoriale, richiamati i principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di scriminanti dell’offensività della notizia diffamatoria (l’interesse pubblico alla notizia, la rispondenza a verità dei fatti esposti e il limite della continenza) nonché di scriminante del c,d. giornalismo d’inchiesta, ha affermato che:

a) nella specie non si verteva in ipotesi di (omissis), non essendo emerso che il giornalista (omissis) avesse preceduto lo scritto con l’acquisizione autonoma di «tutti i fatti» menzionati nell’articolo stesso (omissis), emergendo, anzi, dall’articolo i molteplici richiami «ad altri filoni di inchiesta condotti da autorità giudiziarie o altre testate  giornalistiche che avrebbero quindi dovuto essere oggetto di sicura verifica»;

b) lo scritto era qualificabile come espressione di critica giornalistica e doveva rispondere a verità quantomeno putativa, laddove invece emergeva, dalle stesse difese dei convenuti, come il Comandante (omissis) (omissis) non potesse essere qualificato come il (omissis) dei voli di Stato, né essendovi prova che lo stesso non avesse «mai esercitato le proprie funzioni esattamente come previsto dalla normativa di settore ovvero come organo della Presidenza del Consiglio, responsabile dell’ufficio» o che avesse avuto un ruolo, non solo istruttorio ma, decisorio, essendovi anche diverse violazioni del principio di continenza;

c) il danno, considerata la diffusione del periodico sia in formato cartaceo che on line nonché la lesività dei toni utilizzati nell’articolo, incentrato sul ritenuto ingiustificato ricorso ai voli di Stato e sulla possibilità di politiche di maggior rigore e trasparenza, poteva ritenersi provato in via presuntiva e liquidato, nella misura di € 20.000,00;

d) doveva essere comminata all’autore dell’articolo diffamatorio (non anche alla società editrice ed al direttore responsabile) la pena pecuniaria di cui all’art. 12 l. n. 47/1948, sussistendo tutti gli elementi costitutivi del delitto di diffamazione;

e) doveva essere ordinata anche la pubblicazione della sentenza, ex art. 120 c.p.c., quale misura risarcimento in forma specifica.

Avverso la suddetta pronuncia, (omissis) (omissis) spa, già (omissis) (omissis) spa, (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) propongono ricorso per cassazione, notificato il 9/5/2022, affidato a sei motivi, nei confronti del Comandante (omissis) (omissis) (che resiste con controricorso, notificato il 20/6/2022).

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Ragioni della decisione

1. I ricorrenti lamentano:

a) con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 21 Cost., 2043 c.c., 51 e 595 c.p. e 11 l. n. 47/1948 e dei principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa, con particolare riferimento alla verifica dei principi elaborati in tema di inchiesta giornalistica e di sussistenza del parametro della verità dei fatti;

b) con il secondo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., degli artt. 21 Cost., 2043 c.c., 51 e 595 c.p. e 11 l. n. 47/1948, in relazione ai principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di legittimo esercizio del diritto di critica;

c) con il terzo motivo, sia la violazione e/o falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., degli artt. 21 Cost., 2043 c.c., 51 e 595 c.p. e 11 l. n. 47/1948, con riferimento alla giurisprudenza elaborata in tema di modalità di valutazione di uno scritto lamentato come diffamatorio, sia l’omesso esame di fatto decisivo, ex art. 360 n. 5 c.p.c., costituito dall’intero  contenuto e dal contesto dell’articolo a firma del giornalista (omissis));

d) con il quarto motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell’art. 12 l. n. 47/1948, in relazione alla pena pecuniaria disposta a carico del giornalista;

e) con il quinto motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 122, 2043 e 2059 c.c., per avere la Corte d’appello ritenuta provata la sussistenza di un danno non patrimoniale in via presuntiva, in carenza di ogni allegazione avversaria, senza verifica della sussistenza di un effettivo nesso di causalità tra le «marginali imprecisioni ravvisate negli articoli» e il danno lamentato;

f) con il sesto motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell’rt. 120 c.p.c., in punto di disposta pubblicazione della sentenza.

2. Le prime tre censure, da trattare unitariamente in quanto connesse, sono fondate, nei sensi di cui in motivazione.

2.1. Assumono i ricorrenti che la Corte d’appello avrebbe errato nell’interpretazione del concetto di «(omissis)», essendosi ritenuto che tale figura ricorra soltanto ove il giornalista acquisisca «tutti» i fatti menzionati nell’articolo senza la mediazione di altre fonti: invece, ricorre tale scriminante quando la ricerca della notizia integra «una indagine in fieri, in cui ampio spazio viene attribuito oltre alla fonte documentale, anche ad interviste a terzi che possano fornire notizie ma anche semplici opinioni su fatti di interesse».

Si deduce che, nella specie, le indagini del giornalista (omissis) sarebbero state svolte «sia in forma autonoma attraverso fonti riservate» sia muovendo da fonti ufficiali, «quali i riscontri incrociati dallo stesso effettuati in ordine alla carriera del Comandante (omissis) alle sue pregresse relazioni istituzionali e alla sua gestione ininterrotta per circa (omissis) che gestisce i servizi aerei riconducibili ai servizi segreti italiani oltre all’approfondita analisi della normativa che, egli anni, ha disciplinato il delicato settore dei voli di Stato».

In ogni caso, nella specie, la veridicità delle notizie pubblicate e la conferenza dell’appellativo del Gen. (omissis) come (omissis) dei (omissis) utilizzato negli articoli contestati, avrebbe trovato conferma in successivi procedimenti penali e contabili (allegati sin dal primo grado e depositati anche in questa sede) avviati dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Milano (in ordine al caso dell’ex Ministro (omissis) (omissis) per fatti risalenti al (omissis)) e trasfusi in un’ordinanza della Corte d’appello di Milano del 2013 con la quale sono stati trasmessi gli atti presso il Tribunale dei Ministri di Milano, per ulteriore trasmissione al presidente della Camera competente per la necessaria autorizzazione, ex art. 5 l. Cost. n. 1/89, e della Corte dei Conti (per danno erariale a carico del (omissis).

Al riguardo, in memoria, il controricorrente rileva che tali provvedimenti rappresentano fatti successivi alla pubblicazione degli articoli e che il provvedimento contabile e stato oggetto di riforma. In particolare, in appello, nel 2017, la Corte dei Conti, sul caso riguardante i voli di Stato dell’ex ministro (omissis) e sul ruolo rivestito sul merito delle richieste ministeriali dal (omissis) affermato la natura esclusivamente tecnica operativa delle competenze dell’Ufficio voli, che si limitava a formulare un parere motivato limitato agli aspetti tecnici ed amministrativi, competendo il potere decisorio esclusivamente al Sottosegretario della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

2.2. Orbene il giornalismo di inchiesta rappresenta una particolare forma di esercizio del diritto di cronaca, espressione della libertà di manifestazione del pensiero, di cui all’art. 21, caratterizzato proprio dal fatto che l’acquisizione della notizia avviene autonomamente, direttamente e attivamente da parte del professionista, senza la mediazione di fonti esterne; non e dunque mediata dalla ricezione «passiva» di informazioni fornite da un soggetto terzo, che si dichiara informato dei fatti.

Nella nota pronuncia n. 16236/2010, questa Corte ha rilevato che al cd. «giornalismo d’inchiesta», quale species più rilevante della attività di informazione, connotata (come riconosciuto anche dalla Corte di Strasburgo) dalla ricerca ed acquisizione autonoma, diretta ed attiva, della notizia da parte del professionista, va riconosciuta ampia tutela ordinamentale, tale da comportare, in relazione ai limiti regolatori dell’esercizio del diritto di cronaca e di critica già individuati dalla giurisprudenza di legittimità, una meno rigorosa, e comunque diversa, applicazione della condizione di attendibilità della fonte della notizia; venendo meno, in tal caso, l’esigenza di valutare la veridicità della provenienza della notizia, che non e mediata dalla ricezione «passiva» di informazioni esterne, ma ricercata, appunto, direttamente dal giornalista, il quale, nell’attingerla, deve ispirarsi ai criteri etici e deontologici della sua attività professionale, quali, tra l’altro, menzionati nella L. 3 febbraio 1963, n. 69 e nella Carta dei doveri del giornalista.

La Corte EDU nella sentenza Goodwin contro Regno Unito del 27 marzo 1996 si occupo della tutela della segretezza delle fonti quale elemento essenziale per lo svolgimento dell’attività giornalistica, nel caso di un reporter che, per informare su notizie di pubblico interesse, aveva dovuto ricorrere a informatori e fonti non ufficiali: la mancata protezione dell’anonimato potrebbe spingere il giornalista a non divulgare fatti danneggiando l’intera collettività che sarebbe privata di informazioni necessarie all’esercizio, non solo del diritto di ricevere informazioni, ma anche di altri diritti essenziali per la democrazia (il principio e stato confermato in diverse occasioni, anche dalla Grande Camera, con la sentenza del 14 settembre 2010, nel caso Sanoma Uitgevers B.V. contro Paesi Bassi, ricorso n. 38224/03).

Nella recente sentenza del 6 ottobre 2020 nella causa Jecker c. Svizzera (ricorso n. 35449/14), riguardante una giornalista che, interrogata perché fornisse il nome dell’informatore utilizzato in un articolo sulla vendita non autorizzata di droghe leggere, si era vista negare dalla autorità giurisdizionale svizzera il diritto alla segretezza delle fonti, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha accertato la violazione dell’art. 10 della CEDU da parte della Svizzera «considerata l’importanza che ha la protezione delle fonti giornalistiche per la libertà di stampa in una società democratica osserva la Corte europea l’obbligo imposto al giornalista di rivelare l’identità della sua fonte non si potrebbe conciliare con l’articolo 10 della Convenzione», salvo nei casi in cui non sussista un preponderante imperativo di interesse pubblico.

Questa e la «cornice europea» in cui si innesta la tutela del giornalismo investigativo o d’inchiesta, che differisce dal normale giornalismo d’informazione, in quanto il giornalista d’inchiesta spesso «crea il fatto, il caso, la notizia», svolgendo un lavoro proprio di ricerca della notizia.

Nella sentenza del 2010 di questa Corte, per l’appunto, si e rilevato che la tutela di tale forma di giornalismo si fonda sull’art. 21 Cost. (libertà di espressione del pensiero), sull’art. 2 della legge professionale n. 69/1963, sulla Convenzione di Strasburgo e sulla Carta dei diritti e dei doveri del giornalista del 1993.

Per il giornalista che svolge attività d’inchiesta viene meno, proprio per le caratteristiche di tale tipo di informazione, la necessita di valutare l’attendibilità e la veridicità della «provenienza della notizia», in quanto egli attinge «direttamente» l’informazione e per far ciò deve ispirarsi ai criteri etici e deontologici che sono alla base della sua professione. Il giornalismo d’inchiesta, come ogni altra forma di giornalismo, deve quindi rispettare la persona e la sua dignità e non deve ledere la riservatezza, in base a quanto statuito dalle regole deontologiche in tema di trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica (art. 25 L. 675/1996; art. 20 D.lgs. 467/2001; art. 12 D.lgs. 196/03).

Presupposti richiesti per la tutela sono dunque l’interesse pubblico a conoscere la notizia, la verità, anche solo putativa, dei fatti riportati e l’uso di un linguaggio non offensivo e rispettoso del limite della continenza e quindi in linea con i fatti narrati dal giornalista.

2.3. Questa Corte, successivamente alla pronuncia del 2010, in più occasioni, ha affermato che al giornalismo di inchiesta deve essere riconosciuta ampia tutela ordinamentale, tale da comportare, in relazione ai cennati limiti regolatori dell’esercizio del diritto di cronaca (e di critica), una meno rigorosa, e comunque diversa, applicazione della condizione di attendibilità della fonte della notizia; venendo meno, in tal caso, l’esigenza di valutare la veridicità della provenienza della notizia, che non e mediata dalla ricezione “passiva” di informazioni esterne, ma ricercata, appunto, direttamente dal giornalista, il quale, nell’attingerla, deve ispirarsi ai criteri etici e deontologici della sua attività professionale, quali, tra l’altro, menzionati nella n. 69 del 1963 e nella Carta dei doveri del giornalista (Cass. n. 4036/2021; Cass. n. 21855/2019).

Perché ricorra il presupposto del giornalismo d’inchiesta e necessario dunque che « tali sospetti – di illeciti –, secondo un apprezzamento caso per caso riservato al giudice di merito, non siano obiettivamente del tutto assurdi ma risultino espressi in modo motivato e argomentato sulla base di elementi obiettivi e rilevanti», e, ai fini del rispetto del requisito della continenza, comunque richiesto anche nell’ipotesi della scriminante in esame, non devono essere comune usati «toni allusivi, insinuanti, decettivi, ricorrendo al sottinteso sapiente, agli accostamenti suggestionanti, al tono sproporzionatamente scandalizzato e sdegnato» (Cass. n. 27592 del 2019).

L’attenuazione del canone di verità si giustifica quindi alla luce del principio costituzionale in materia di diritto alla libera manifestazione del pensiero, quando detto giornalismo indichi motivatamente un «sospetto di illeciti» con il suggerimento di una direzione di indagine agli organi inquirenti o una denuncia di situazioni oscure che richiedono interventi amministrativi o normativi per potere essere chiarite, sempre che riguardino temi sociali di interesse generale, alla condizione che «il sospetto e la denuncia» siano esternati sulla base di elementi obiettivi e rilevanti; infatti, nel giornalismo d’inchiesta il sospetto deve mantenere il proprio carattere «propulsivo e induttivo di approfondimento», essendo autonomo e, di per se, ontologicamente distinto dalla nozione di attribuzione di un fatto non vero (Cass. pen. sez. V, 27 febbraio 2013, n. 9337; Cass. civ. 21855/2019, cit.; v. anche Cass. pen. sez. V, 16 settembre 2021, n. 34477; Cass. 19611/2023: «In tema di diffamazione a mezzo stampa, nel cd. “giornalismo d’inchiesta” a rilevare e l’esigenza della valutazione, non tanto dell’attendibilità e veridicità della notizia, quanto piuttosto del rispetto dei doveri deontologici di lealtà e buona fede, oltre che della maggiore accuratezza possibile nella ricerca delle fonti e della loro attendibilità, dal che consegue che e scriminato il giornalista che eserciti la propria attività mediante la denuncia di sospetti di illeciti, allorché i medesimi, secondo un apprezzamento caso per caso riservato al giudice di merito, risultino espressi in modo motivato e argomentato sulla base di elementi obiettivi e rilevanti e mediante il ricorso, attraverso una ricerca attiva, a fonti di notizia attendibili»).

Grava (ex art. 2697 c.c.) sul giornalista l’onere della prova circa l’esistenza dei presupposti per ritenere integrata l’esimente del diritto di critica e, in particolare, l’onere di provare il rispetto dei requisiti della verità (sia pure non assoluta bens1 ragionevolmente putativa in quanto frutto di un serio lavoro di ricerca delle fonti da cui proviene), continenza e pertinenza.

Considerati i limiti del sindacato riservato al giudice di legittimità, in tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa, la valutazione del contenuto degli scritti e delle circostanze oggetto di provvedimenti giudiziali anche non costituenti cosa giudicata unitamente all’apprezzamento in concreto delle espressioni usate come lesive dell’altrui reputazione ed, infine, all’esclusione della esimente dell’esercizio del diritto di cronaca e di critica costituiscono oggetto di accertamenti in fatto, riservati al giudice di merito (Cass. 10427/2019; Cass. 6133/2018; Cass. 13520/2017; Cass. 15759/2015).

Il controllo affidato al giudice di legittimità e, quindi, limitato alla verifica dell’avvenuto corretto esame da parte del giudice del merito della sussistenza dei requisiti della continenza, della veridicità dei fatti narrati e dell’interesse pubblico alla diffusione della notizia, nonché al sindacato della congruità e logicità della motivazione, secondo la previsione dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, restando del tutto estraneo al giudizio di legittimità l’accertamento relativo alla capacita diffamatoria delle espressioni in contestazioni, riservato al giudice di merito.

2.4. In definitiva, il giornalista d’inchiesta non si limita alla divulgazione della notizia, come nel giornalismo ordinario di informazione, ma provvede egli stesso alla raccolta autonoma e diretta della notizia, attraverso, indagini e inchieste svolte in prima persona, anche con l’ausilio o l’utilizzo di fonti esterne, commentandola ed elaborandola, per poi trasmetterla, mediante i comuni mezzi di comunicazione, al fine di informare i cittadini su tematiche di interesse pubblico.

Si ha quindi giornalismo d’inchiesta in presenza di un’attività autonoma del giornalista rivolta alla ricerca, organizzazione, collegamento di notizie tratte da fonti riservate e non, anche documentali e ufficiali, dirette a sollecitare un’indagine su determinati fatti di generale interesse.

Richiamata qui la sentenza di questa Corte n. 5259/1984, sulla libertà di stampa e sul diritto di cronaca e di critica, con la quale sono state specificatamente individuati i tre presupposti in presenza dei quali si può parlare di legittimo esercizio del diritto di cronaca (la verità delle notizie pubblicate, la pertinenza delle stesse e la continenza espressiva), il giornalismo di inchiesta soggiace, secondo la prevalente giurisprudenza, per le sue peculiarità, ad una disciplina in parte diversa e meno rigorosa rispetto a quella dettata per la cronaca o la critica giornalistica che sia priva dell’elemento investigativo.

Invero, opera una meno rigorosa e, comunque, diversa applicazione del requisito dell’attendibilità della fonte, fermi restando i limiti dell’interesse pubblico alla notizia e del linguaggio continente, ispirato ad una correttezza formale dell’esposizione, occorrendo valutare non tanto l’attendibilità e la veridicità della notizia, che il giornalista investigativo ha direttamente acquisito, quanto piuttosto il rispetto dei doveri deontologici di lealtà e buona fede oltre che la maggiore accuratezza possibile posta dal giornalista nella ricerca delle fonti e della loro attendibilità.

Attraverso l’attenuazione del canone di verità, il giornalista d’inchiesta e tutelato dal principio costituzionale in materia di diritto alla libera manifestazione del pensiero, quando egli indichi motivatamente un mero «sospetto di illeciti, con il suggerimento di una direzione di indagine agli organi inquirenti o una denuncia di situazioni oscure che richiedono interventi amministrativi o normativi per potere essere chiarite», sempre che riguardino temi sociali di interesse generale, alla condizione che il sospetto e la denuncia siano esternati sulla base di elementi obiettivi e rilevanti; difatti, nel giornalismo d’inchiesta il sospetto, che non sia meramente congetturale o peggio ancora calunniatorio, deve mantenere il proprio carattere propulsivo e induttivo di approfondimento, essendo autonomo e, di per se, ontologicamente distinto dalla nozione di attribuzione di un fatto non vero ed essendo anche nel giornalismo d’indagine vietate le espressioni dubitative (di cui l’autore degli articoli ha fatto abbondante uso…), come quelle insinuanti, allusive, sottintese, ambigue, suggestionante.

2.5. Altra diversa scriminante e poi quella dell’esercizio del diritto di cronaca giudiziaria, per il quale, tuttavia, e richiesto un controllo da parte del giornalista della fondatezza della notizia più pregnante rispetto a quello che incombe sul giornalista investigativo o d’inchiesta, non essendo sufficiente far riferimento ad un generico affidamento in buona fede ad una «fonte informativa non meglio indicata», a nulla rilevando che essa sia stata utilizzata da altre fonti di informazione (cfr. pen. n. 7008 del 18/11/2019), ovvero ad una fonte «costituita da un’altra pubblicazione giornalistica», atteso che, in tal caso, l’agente si limita a confidare sulla correttezza e professionalità dei colleghi, chiudendosi in un circuito autoreferenziale (cfr. Cass. pen. n. 35702 del 19/05/2015) dovendosi ritenere in tali ipotesi violato il dovere del giornalista di esaminare e controllare attentamente la notizia in modo da superare ogni dubbio sulla sua veridicità.

2.6. Tanto premesso, le doglianze in esame sono fondate.

I ricorrenti hanno sempre precisato che l’attività del giornalista ha comportato una ricerca autonoma e diretta delle fonti, così da potere essere qualificata come giornalismo d’inchiesta, e si soffermano sulla prova della veridicità delle notizie diffuse e sulla correttezza e pertinenza dell’appellativo di (omissis) utilizzato nell’articolo per descrivere il ruolo effettivamente svolto dal (omissis) apicale e di gestione.

In particolare, viene dedotto specificamente di avere allegato, nel giudizio di merito, che il giornalista (omissis)aveva acquisito le notizie autonomamente e in completa libertà, «attraverso fonti riservate e fonti ufficiali», anche quindi riesaminando documenti pubblici o già noti, come nei riscontri incrociati dallo stesso effettuati in ordine alla carriera del  Comandante (omissis) alle sue pregresse relazioni istituzionali e alla sua gestione ininterrotta per molti anni a capo della (omissis) che gestisce i servizi aerei riconducibili ai servizi segreti italiani o nell’analisi della normativa che, negli anni, ha disciplinato il settore dei voli di Stato, anche oggetto di indagini penali (nel caso c.d. (omissis).

E l’indagine, sulla quale era incentrato l’articolo, e risultata comunque documentata come da provvedimenti giurisdizionali successivi (tanto che, dinanzi alla Corte dei Conti, nel 2015, in primo grado si era affermata la responsabilità del (omissis) con una sentenza poi riformata in appello, nel 2017, mentre e noto che la vicenda relativa all’ex ministro (omissis) per i reati di peculato e abuso d’ufficio, si e chiusa per non essere stata concessa dalla Camera dei Deputati la richiesta autorizzazione a procedere), cosicché il sospetto e la denuncia di illeciti, anche solo rivolti a sollecitare una direzione di indagini agli organi inquirenti, dovevano ritenersi esternati sulla base di elementi obiettivi e rilevanti.

Non possono, di contro, ritenersi fondate le argomentazioni del controricorrente, che propone una lettura restrittiva della inchiesta giornalistica, condivisa dalla Corte d’appello, limitata alle sole ipotesi in cui il giornalista ricerchi ed utilizzi documenti inediti e/o testimonianze di persone o assista di persona a conversazioni o corrispondenza, soltanto in tali casi potendo dirsi che egli abbia svolto un ruolo attivo nell’indagine «a monte» degli articoli.

Si deve, invece, affermare che si resta nell’ambito del giornalismo d’inchiesta quando il giornalista operi una valutazione complessiva ed autonoma anche di circostanze note e di pubblico dominio, sottoposte a sua autonoma valutazione critica (quali, nella specie, i bilanci della (omissis) a dotazione dei velivoli della (omissis) pubblicata sul sito dell’Aeronautica militare, gli incarichi del  (omissis) nell’ottica dell’indagine o dell’inchiesta giornalistica su fatti di rilievo pubblico. Tale erronea impostazione di fondo ha viziato il ragionamento della Corte territoriale, essendosi esclusa l’attenuazione del canone di verità della notizia, valutato, invece, in modo rigoroso.

Invero, la Corte d’appello, non riconosciuta la più ampia tutela prevista per il giornalismo d’inchiesta, ha escluso l’efficacia esimente del diritto di critica, ritenendo che il fatto presupposto ed oggetto della denuncia non corrispondesse a verità, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze soggettive (Cass. 21892/2023; Cass. 25420/2017), emergendo come il Comandante (omissis) non potesse essere qualificato effettivamente come il «dominus» o «boiardo» dei voli di Stato, ne essendovi prova che lo stesso non avesse «mai esercitato le proprie funzioni esattamente come previsto dalla normativa di settore ovvero come organo della Presidenza del Consiglio, responsabile dell’ufficio» o che avesse avuto un ruolo, non solo istruttorio ma, decisorio.

In punto di continenza, la Corte d’appello ha specificamente affermato che gli articoli contestati  contengono «allusioni, insinuazioni, dirette tutte a convincere il lettore della quasi esclusiva responsabilità del (omissis) nell’arbitraria gestione dei voli di Stato (invece con il ritorno del (omissis) (omissis) ha (omissis).

La Corte di merito ha dunque applicato il principio di diritto secondo cui l’esimente della verità putativa dei fatti narrati, non attenuata come nel caso del giornalismo d’inchiesta, idonea ad escludere la responsabilità dell’autore d’uno scritto offensivo dell’altrui reputazione, sussiste solo a condizione che l’autore abbia compiuto ogni diligente accertamento per verificare la verosimiglianza dei fatti riferiti, abbia dato conto con chiarezza e trasparenza della fonte da cui ha tratto le sue informazioni e del contesto in cui, in quella fonte, esse erano inserite e non abbia sottaciuto fatti collaterali idonei a privare di senso o modificare il senso dei fatti narrati (Cass., n. 27592/2019).

Ma tale valutazione e da porsi in diretta correlazione con la prima, erronea, affermazione circa l’insussistenza nella specie di un giornalismo d’inchiesta.

Infatti, il Tribunale, affermata, all’opposto, la ricorrenza dell’esimente del giornalismo d’inchiesta, aveva ritenuto rispettato il limite della continenza, osservando che i termini e le espressioni utilizzate ((omissis) (omissis).

E i ricorrenti evidenziano, nel secondo motivo, l’estrema rilevanza pubblica, etica e sociale, prima ancora che giudiziaria, delle vicende denunciate dal giornalista nell’articolo in questione, tratte da atti normativi e provvedimenti giudiziari, e, nel terzo motivo, il rispetto del limite della continenza, sottolineando, tra l’altro,  la non equivalenza dei termini «che, indicando proprio (omissis) (omissis) o», termine questo (omissis) (omissis) nel  contesto narrativo dell’articolo, indubbiamente di forte critica e censura degli episodi denunciati, voleva evidenziare l’ampiezza dell’autonomia di gestione del Comandante (omissis) sia sulla gestione ordinaria della flotta di Stato sia nelle scelte di ammodernamento della stessa.

2.7. La Corte d’appello dovrà quindi riesaminare la vicenda dell’illecito diffamatorio contestato, attenendosi al seguente principio di diritto:

«In tema di diffamazione a mezzo stampa, il c.d. giornalismo d’inchiesta ricorre anche quando il giornalista non si limiti alla divulgazione della notizia, come nel giornalismo ordinario di informazione, ma provveda egli stesso alla raccolta autonoma e diretta della notizia, tratta da fonti riservate e non, anche documentali e ufficiali, con un lavoro personale di organizzazione, collegamento e valutazione critica, al fine di informare i cittadini su tematiche di interesse pubblico. Esso, proprio per il suo ruolo civile e utile alla vita democratica di una collettività, implica la necessita di valutarne gli esiti, non tanto alla luce dell’attendibilità e della veridicità della notizia, quanto piuttosto dell’avvenuto rispetto da parte del suo autore dei doveri deontologici di lealtà e buona fede».

3. Gli ulteriori tre motivi sono assorbiti.

4. Per tutto quanto sopra esposto, vanno accolti i primi tre motivi, nei sensi di cui in motivazione, e va cassata la sentenza impugnata con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.

5. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 27 ottobre 2023.

Il Presidente

Dott. Francesco Antonio GENOVESE

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.