REPUBBLICA ITALIANA
in nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente –
Dott. GIORDANO Bruno – Consigliere –
Dott. CAPPELLO Gabriella – Relatore –
Dott. D’ANDREA Alessandro – Consigliere –
Dott. RICCI Anna Luisa Angela – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(omissis) (omissis) nato a ANCONA il xx/xx/19xx;
(omissis) (omissis) (omissis) nato a CERIGNOLA il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza del 16/12/2022 della CORTE APPELLO di ANCONA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
svolta la relazione dal Consigliere Dott.ssa GABRIELLA CAPPELLO;
lette le conclusioni del sostituto, Dott.ssa Kate TASSONE, con le quali si è chiesta la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi;
letta, altresì, la memoria dell’avv. (omissis) (omissis) per TELECOM Italia SpA, il quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi o, comunque, il loro rigetto;
letta la memoria di replica dell’avv. (omissis) (omissis) per (omissis) (omissis) (omissis), il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. La Corte d’appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Macerata, con la quale (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (omissis) erano stati condannati, quali dipendenti di società che svolgevano incarichi per conto di TELECOM Italia S.p.A., per concorso in più furti pluriaggravati ai danni della predetta società, tra il gennaio e l’aprile 2013, ha escluso l’aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 2, cod. pen., rideterminando la pena e confermato nel resto la sentenza appellata.
Nella specie, le azioni predatorie contestate agli imputati hanno avuto ad oggetto materiale elettronico (schede magnetiche (omissis), nel caso della centrale di Bologna per un valore di euro 26.666 circa, nonché moduli ottici) beni asportati da centrali TELECOM, site in comuni diversi.
In particolare, in occasione di ogni episodio, era partito un alert che aveva segnalato un malfunzionamento alla sede centrale e a quelle regionali di competenza ed era stato al contempo registrato l’accesso degli imputati presso le sedi, mediante utilizzo del badge personale (in un caso essendo risultato l’impiego di quello intestato a altro dipendente della (omissis) (omissis) che lo aveva ceduto al (omissis)).
2. La Corte del gravame, esaminando le doglianze degli appellanti qui rilevanti in relazione alle questioni devolute con i ricorsi, ha intanto rigettato le eccezioni processuali formulate nell’interesse del (omissis) e riproposte in ricorso, specificamente inerenti alla nomina del difensore di ufficio ai sensi dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen., in sostituzione di precedente cancellato dall’albo e la notifica dell’avviso ai sensi dell’art. 415 bis, cod. proc. pen. e della vocatio in ius.
Quanto alla prima questione, la Corte territoriale ha ritenuto che, nella specie, del tutto correttamente il primo giudice avesse proceduto ai sensi dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen., in ragione dell’assenza del primo difensore d’ufficio, laddove, con riferimento alle notifiche dell’avviso e del decreto di citazione a giudizio, ha precisato che le stesse erano state effettuate nel luogo di residenza del (omissis), mediante consegna alla madre qualificatasi come convivente.
Quanto alla valutazione degli elementi fondanti l’accusa, poi, i giudici d’appello hanno accolto unicamente le doglianze inerenti alla aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 2, cod. pen., ritenendo nel resto infondate le impugnazioni.
In particolare, hanno richiamato il compendio probatorio [plurime dichiarazioni testimoniali; esiti della perquisizione del garage in uso al (omissis) (omissis), ove erano state rinvenute schede appena sottratte alla centrale di Ancona (oltre a una moto del (omissis), dimostrativa dell’esistenza di un sodalizio tra i due imputati); immagini dei sistemi di videosorveglianza relativi alle centrali teatro dei furti e, per il (omissis), anche la condanna definitiva per fatti analoghi successivi], per affermare come gli stessi si fossero resi responsabili di tutte le azioni predatorie, quanto alle uniche due per le quali non era stato rilevato il tracciamento del badge, né rinvenuta la refurtiva o acquisite immagini attestanti la presenza presso le centrali nelle quali erano avvenuti i furti (quelle poste in essere presso la centrale di Cagli del 27/3/2013 e di Recanati del 25/1/2013), essendo stata ritenuta la sussistenza di indizi gravi, precisi e concordanti.
Nello specifico, anche in quelle due occasioni, le schede sottratte erano dello stesso genere di quelle asportate in occasione degli altri episodi; analogo era stato il modus operandi; infine, il contesto spazio-temporale era prossimo rispetto agli altri fatti.
Quanto, poi, agli elementi circostanziali, i giudici del gravame hanno ritenuto che i beni sottratti inerissero allo svolgimento di un’attività di utilità collettiva, siccome intesi a far funzionare le reti di trasmissione telefonica; hanno, poi, valutato il danno come economicamente rilevante, essendo emerso che il valore di ciascuna scheda era pari o superiore ai 30.000 euro, dovendo altresì considerarsi quello correlato alla sospensione dei servizi; infine, hanno ritenuto che le condotte fossero state poste in essere mediante abuso della posizione di soggetti dipendenti di società che agivano per conto della TELECOM.
Il (omissis), infine, è stato ritenuto non meritevole del riconoscimento delle generiche, alla stregua dell’elevato danno patrimoniale e dell’intensità del dolo testimoniato dalle modalità dell’azione, non avendo egli esitato a servirsi anche del badge di un collega, tenuto anche conto dei precedenti penali annoverati.
3. La difesa del (omissis) ha proposto ricorso, formulando sei motivi.
Con il primo, ha dedotto violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità, con riferimento alla notifica dell’avviso di cui all’art. 415 bis, cod. proc. pen. e del decreto di citazione a giudizio, avvenute a mano della madre dichiaratasi convivente, con invio di semplice raccomandata, rilevando che detti atti non sarebbero mai stati ricevuti dall’imputato, con conseguente vulnus al diritto di difesa.
Con il secondo, ha dedotto analogo vizio, oltre a vizio della motivazione, quanto alla nomina del difensore d’ufficio in sostituzione di precedente che non era più tale siccome cancellato dall’albo, senza che il difensore nominato in sostituzione si fosse mai messo in contatto con l’assistito e senza che il giudice avesse provveduto alla nomina di un difensore “in pianta stabile” ai sensi dell’art. 97, comma 1, cod. proc. pen., con conseguente vulnus del diritto di difesa, non avendo potuto il (omissis) indicare propri testi, produrre documenti, rendere esame, partecipare al controesame e, in genere, attivamente al processo.
Con il terzo motivo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza di un idoneo quadro probatorio a sostegno dell’affermazione della penale responsabilità, ritenendo il difetto, rispetto a ciascun episodio, di qualche elemento indispensabile, mancanza che i giudici territoriali avrebbero superato alla stregua della prova indiziaria, in violazione dei parametri di cui all’art. 192, cod. proc. pen., con specifico riferimento agli episodi di Recanati e Cagli, tenuto anche conto della circostanza che i dipendenti erano soliti scambiarsi i tesserini.
Con il quarto motivo, ha dedotto erronea applicazione dell’art. 625 n. 7, cod. pen., contestando l’assunto secondo il quale le schede fossero destinate ad un’utilità collettiva, difettando la prova della loro effettiva funzione, rilevando altresì che la TELECOM è ormai ente privato.
Con il quinto, ha dedotto analogo vizio, oltre a vizio della motivazione, anche con riferimento all’aggravante di cui all’art. 61 n. 11, cod. pen., contestando che nei fatti di cui all’imputazione vi fosse stato un abuso in senso proprio, essendosi semmai trattato di approfittamento di una situazione di vantaggio, avendo i giudici territoriali analizzato tutte le contestazioni allo stesso modo.
Infine, con il sesto motivo, ha dedotto vizio della motivazione quanto alla dosimetria della pena, rilevando la modesta entità della diminuzione conseguita alla esclusione dell’aggravante di cui all’art. 625, n. 2, cod. pen.
4. La difesa di (omissis) (omissis) ha proposto ricorso, formulando due motivi.
Con il primo, ha dedotto vizio motivazionale anche sub specie travisamento probatorio, rilevando il difetto di elementi ai quali ricollegare una effettiva identificazione dell’imputato, in atti non essendovi un suo documento d’identità, né un suo badge personale, nessuno dei testimoni avendo dichiarato di conoscerlo, l’identificazione essendo stata dunque frutto di ragionamento presuntivo.
Con il secondo, ha dedotto analogo vizio oltre a violazione di legge anche con riferimento all’aggravante di cui all’art. 625, n. 7, cod. pen., rilevando che non era stato accertato a quale tipo di schede appartenessero quelle sottratte, ben potendo esse ricondursi al genere da collaudare, come tali, quindi, non montate e neppure in funzione.
5. L’udienza del 9 gennaio 2024, già fissata per la trattazione del ricorso, è stata rinviata per omessa notifica al responsabile civile.
6. Il Procuratore generale, in persona del sostituto, Dott.ssa Kate TASSONE, ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
7. La difesa della persona offesa TELECOM S.p.A. ha depositato memoria scritta, con la quale ha esaminato i motivi dei ricorsi e rassegnato conclusioni nel senso della declaratoria di inammissibilità degli stessi o, comunque, del loro rigetto, senza formulare domanda di condanna degli imputati alle spese di questo grado di giudizio.
8. La difesa del (omissis) (omissis) ha depositato memoria di replica, con la quale ha concluso per l’integrale accoglimento del ricorso.
9. Il difensore di (omissis) ha inviato dichiarazione di adesione alla astensione dalle udienze proclamata dagli organismi di categoria per il giorno 20 marzo 2024.
Considerato in diritto
1. In via preliminare, deve rilevarsi che la dichiarazione datata 6 marzo 2024 del difensore del (omissis) di adesione alla astensione dalle udienze proclamata dagli organismi di categoria è improduttiva di effetti, non consentendo di adottare un provvedimento di rinvio collegato a tale impedimento, essendosi proceduto con le forme dell’udienza “cartolare” (sez. 5, n. 26764 del 20/4/2023, Dalla Tomba, Rv. 284786-01; n. 38899 del 24/6/2021, B., Rv. 282029-01).
2. I ricorsi sono inammissibili.
3. Il primo e il secondo motivo, dedotti nell’interesse dell’imputato (omissis), sono manifestamente infondati, oltre che formulati in maniera del tutto generica.
Entrambi i temi ineriscono a questione devoluta al giudice d’appello sub specie di violazione della legge processuale, cosicché, essendo rispetto ad esso incontroverso il fatto, il requisito della specificità del ricorso risulta soddisfatto anche in caso di riproposizione della medesima questione interpretativa – anche senza elementi di novità – sempre che risulti pertinente ai contenuti della decisione impugnata e miri a una rivalutazione della “quaestio iuris” da parte del giudice di grado superiore (sez. 1, n. 20272 del 16/6/2020, Bellocco, Rv. 279369, con riferimento al giudizio di appello).
Nella specie, però, la Corte del merito ha disatteso entrambe doglianze in termini perfettamente coerenti con i principi più volti ribaditi in sede di legittimità, parte ricorrente avendole riproposte unicamente opponendo un vulnus ai diritti difensivi, neppure indicati nel concreto (a tal fine non essendo sufficiente la loro astratta ipotizzabilità), nonostante l’osservanza da parte del giudice del merito delle pertinenti disposizioni processuali.
Sembra, dunque, sufficiente ricordare, al fine di giustificare il giudizio di manifesta infondatezza e genericità delle doglianze, che la notifica di plurimi atti del procedimento e del processo a mani di familiare capace e convivente regolarmente eseguita presso il domicilio dell’imputato, ai sensi dell’art. 157, comma 1, cod. proc. pen., è idonea a dimostrare, con certezza, la conoscenza del procedimento e del processo (sez. 5, n. 40495 del 1/7/2019, Ammendola, Rv. 277320-01; sez. 3, n. 3959 del 12/11/2021, dep. 2022, Bibbiani, Rv. 282711-01; sez. 2, n. 47691 del 16/9/2014, Andriani, Rv. 260679-01).
Nella specie, peraltro, la difesa si è limitata a rilevare che la notifica, così come effettuata, non sarebbe conforme al tipo legale, pur dando atto che la stessa era stata seguita dalla spedizione della raccomandata, allegando in maniera del tutto assertiva una mancata conoscenza effettiva degli atti notificati.
Quanto, poi, alla questione inerente alla regolarità della nomina del difensore d’ufficio, questa Corte di legittimità ha già chiarito quale è la funzione dell’art. 97, cod. proc. pen.: al primo comma, la norma prevede la designazione del difensore d’ufficio solo in via residuale, qualora l’imputato, cioè, non abbia nominato un difensore di fiducia o ne sia rimasto privo.
Il ricorso al difensore d’ufficio interviene, quindi, in maniera sussidiaria, subordinatamente all’assenza di un’opzione fiduciaria o al suo venir meno e la difesa d’ufficio cessa quando la parte nomina un professionista di sua scelta. In coerenza con questa impostazione sistematica, l’art. 97, comma 4, nel pieno rispetto del principio di immutabilità della difesa, limita la possibilità di designare come sostituto un difensore immediatamente reperibile ai soli casi – specificamente indicati e insuscettibili di interpretazione estensiva – in cui il legale dell’imputato non è stato reperito, non è comparso o ha abbandonato la difesa o a fattispecie che presuppongo un avviso regolarmente dato.
La ratio dell’art. 97 cod. proc. pen. non risiede soltanto nell’esigenza di adempiere ad un presupposto “formale” previsto dal legislatore per la regolarità di molti passaggi procedurali, ma nella necessità di assicurare l’effettività del diritto di difesa (Sez. U, n. 24630 del 26/3/2015, Maritan, in motivazione, ove si richiama anche Corte cost., ord. n. 219 del 2004 e sent. n. 148 del 2005).
Orbene, nella specie, il giudice, constatata l’assenza del difensore d’ufficio già nominato ai sensi dell’art. 97, comma 1, cod. proc. pen., ha correttamente proceduto a norma dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen., il difensore così nominato essendo poi rimasto immutato, in difetto della nomina fiduciaria e in virtù dell’obbligo di prestare il patrocinio.
La difesa, dal canto suo, non ha neppure spiegato in che modo tale procedere avrebbe compromesso il diritto di difesa e le sue estrinsecazioni nel caso all’esame, limitandosi, ancora una volta, a ipotizzare possibili strategie difensive, ricollegandole alla mancanza originaria del difensore fiduciario e alla nomina del primo difensore d’ufficio, senza però spiegare perché la nomina del secondo difensore d’ufficio abbia costituito un vulnus per i diritti della difesa, dal momento che lo stesso è rimasto a rappresentare l’assistito per tutto il processo di primo grado, come la stessa difesa afferma alla pag. 7 del ricorso.
4. Il terzo motivo formulato nell’interesse del (omissis) e il primo formulato nell’interesse del (omissis) (omissis) sono manifestamente infondati.
Va premesso, intanto, in base all’insegnamento consolidato di questa Corte di legittimità, che in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, n. 29541/2020, Filardo, Rv. 280027-04).
In ogni caso, le difese hanno inteso rassegnare al vaglio di legittimità questioni di puro merito, sulle quali consta un articolato, logico e non contraddittorio percorso argomentativo della Corte territoriale, la cui decisione si salda con quella appellata, stante la conformità dei giudizi, eccezion fatta per l’aggravante di cui all’art. 625, n. 2, cod. pen., esclusa in quello di gravame.
Ciò ha evidenti ricadute sulla natura del sindacato di legittimità per quanto riguarda la verifica dell’adeguatezza e congruità del ragionamento giustificativo in ordine alle doglianze formulate in punto accertamento della responsabilità degli imputati e loro individuazione quali autori delle condotte predatorie, ma anche sulla tipologia di vizio deducibile che non può in ogni caso consistere nella reiterazione della tesi difensiva esaminata dai giudici d’appello (sez. 3 n. 13926 del 1/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615; sez. 3 n. 44418 del 16/7/2013, Argentieri, Rv, 257595; sez. 2, n. 37295 del 12/6/2019, Rv. 277218), essendo del tutto estranei al giudizio di legittimità la valutazione e l’apprezzamento del significato degli elementi probatori che attengono interamente al merito, con la conseguente inammissibilità di censure che siano sostanzialmente intese a sollecitare una rivalutazione del risultato probatorio (nella specie sollecitato anche graficamente mediante la trascrizione di parte delle prove orali acquisite, come nel caso del ricorso (omissis) (omissis)), secondo diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati come maggiormente plausibili o dotati di migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Rv. 265482; sez. 6 n. 25255 del 14/2/2012, Rv. 253099; quanto ai limiti di deducibilità del travisamento probatorio in caso di doppia conforme, sez. 3 n. 38341 del 31/01/2018, Ndoja, Rv. 273911; sez. 3 n. 18521 del 11/1/2018, Ferri, Rv. 273217; sez. 6 n. 25255 del 14/2/2012, Minervini).
Nel caso in esame, peraltro, le difese hanno anche omesso un effettivo confronto con i motivi a sostegno della decisione, sorretta da elementi di valutazione ulteriori e rispetto a quelli attinti dalle censure, nulla essendo stato dedotto circa le immagini, per esempio, o gli esiti della perquisizione presso il garage del (omissis) (omissis).
5. Sono manifestamente infondati anche il quarto motivo formulato nell’interesse del (omissis) e il secondo formulato nell’interesse del (omissis) (omissis): l’aggravante di cui all’art. 625, n. 7, cod. pen., nella specie, è stata contestata anche con riferimento alla destinazione del bene a pubblico servizio.
Sul punto, le difese sembrano essersi riportate, ciascuna con i propri argomenti, ad un indirizzo da tempo superato, essendosi ormai chiarito che il maggior disvalore del fatto di reato sta, nel caso di beni destinati a pubblica utilità, nella natura del bene, piuttosto che nella qualità di chi offre servizi a detto bene ricollegati.
Infatti, possono richiamarsi, nel caso all’esame, i principi più volte affermati con riferimento al bene energia elettrica, stante l’identità di ratio tra le due situazioni: la ragione del maggior disvalore risiede proprio nella maggior tutela che deve essere offerta a determinate cose, in ragione della loro destinazione e la sussistenza di tale presupposto determina l’operatività dell’aggravante a prescindere dagli effetti provocati dall’azione delittuosa (sez. 4, n. 21456 del 17/4/2002, Tirone, Rv. 226117-01; n. 1850 del 7/1/2016, Cagnassone, Rv. 266229-01).
In altri termini, le cose destinate al pubblico servizio non si identificano perché la loro funzione é pubblica, ma perché sono destinate alla resa di un servizio fruibile dal pubblico (sez. 6, n. 698 del 3/12/2013, dep. 2014, n.m.; sez. 5, n. 1094 del 3/11/2021, dep. 2022, Mondino, Rv. 282543; sez. 5, n. 42373 del 27/6/2023, n.m.).
L’aggravante, pertanto, sussiste per il fatto stesso che la cosa sottratta sia oggettivamente caratterizzata da un nesso funzionale all’erogazione di un pubblico servizio, essendo arbitrario sostenere che la nozione di «pubblico servizio», in rapporto alla destinazione di beni strumentali, si incentri sull’accessibilità di essi ad opera della generalità dei consociati, rilevando invece la qualità del servizio che viene organizzato anche attraverso la destinazione di risorse umane e materiali (in motivazione, sez. 5, n. 698/2014, cit.; sez. 5, n. 40989 del 8/9/2023, n.m.; n. 33824 del 5/6/2023, n.m.).
Alla stregua di tali condivisi principi, è del tutto irrilevante l’attivazione o meno delle schede sottratte, posto che le stesse sarebbero state, in ogni caso, destinate al funzionamento del servizio a favore della generalità dei consociati.
6. È manifestamente infondato il quinto motivo formulato per il (omissis).
A parte la genericità della doglianza, del tutto evidente ove raffrontata alla ricostruzione dei giudici del merito, operata alla stregua della piattaforma probatoria acquisita, deve rilevarsi che, nella specie, la decisione censurata è del tutto coerente con l’orientamento consolidato del giudice di legittimità, per il quale, in linea generale, agli effetti dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 11 cod. pen., la relazione di prestazione d’opera corrisponde ad un concetto più ampio di quello di locazione d’opera a norma della legge civile e comprende ogni specie di attività, materiale ed intellettuale, che abbia dato luogo a quell’affidamento nel corso del quale si è verificata la condotta criminosa (sez. 2, n., 39396 del 30/5/2019, Chatbi, Rv. 277048-02), essendo addirittura irrilevante che l’imputato non sia più alle dipendenze della persona offesa, qualora sia stato agevolato per la commissione del reato dalle condizioni favorevoli create dal preesistente rapporto di lavoro (sez. 5, n. 7317 del 17/12/2014, dep. 2015, Herrera, Rv. 262766-01) e non essendo neppure richiesto che il rapporto intercorra direttamente tra l’autore del fatto e la persona offesa, essendo sufficiente che l’agente si sia avvalso dell’esistenza di tale relazione che gli ha fornito l’occasione di commettere il reato in danno di altri soggetti, agevolandone l’esecuzione (sez. 1, n. 47633 del 15/5/2019, Bernardini, Rv. 277456-01; sez. 2, n. 44343 del 15/10/2013, Cavallo, RV. 257503-01).
Pertanto, del tutto correttamente i giudici del merito hanno ritenuto l’aggravante in questione anche con riferimento all’azione predatoria commessa mediante impiego del badge ricevuto da un collega, stante la persistente relazione tra l’attività lavorativa e la persona offesa.
7. Infine, è del tutto generica, oltre che manifestamente infondata, l’ultima doglianza, specificamente inerente al trattamento sanzionatorio, formulata nell’interesse del (omissis): i giudici d’appello hanno motivato la decisione di contenere la riduzione della pena e limitarla a quella pecuniaria, per effetto dell’esclusione di uno degli elementi circostanziali, avuto riguardo alla sistematicità delle condotte e alla rilevanza del pregiudizio economico arrecato alla persona offesa, tali da configurare un quadro di disvalore solo lievemente inciso da siffatta esclusione.
Trattasi, invero, di motivazione tutt’altro che apparente, rispetto alla quale la difesa non ha allegato alcun elemento disatteso dai giudici del merito, ma opposto unicamente il proprio dissenso rispetto ad una valutazione discrezionale, congruamente giustificata.
8. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000), ma non anche quella alla rifusione delle spese in favore della parte civile che non ne ha fatto domanda in calce alle rassegnate conclusioni (ex multis, sez. 6, n. 19271 del 5/4/2022, Palmieri, Rv. 283379-01; sez. 4, n. 2311 del 5/12/2018, dep. 2019, Grasso, Rv. 274957-01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 20 marzo 2024.
Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2024.