Divorzio. Opposizione all’esecuzione – accordo di separazione (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 21 marzo 2023, n. 8131).

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE TERZA CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere

Dott. FANTICINI Giovanni – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 30080/2020 R.G. proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS) (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (OMISSIS) rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS) (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 884 della CORTE D’APPELLO DI MILANO, depo­sitata il 10/04/2020;

udita la relazione della causa  svolta nella camera di consiglio del 24/1/2023 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FANTICINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.ssa ANNA MARIA SOLDI, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

letta la memoria del controricorrente.

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), in qualità di coniugi e genitori della figlia (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS), si separavano consensualmente e il relativo verbale veniva omologato dal Tribunale di Milano con decreto del 29/3/2011.

2. La controversia in esame scaturisce da un contrasto tra le parti riguardante l’interpretazione delle clausole del verbale di separazione consensuale: gli accordi tra i coniugi prevedevano, per il periodo della separazione e fino alla data della sentenza di divorzio, diversi regimi di contribuzione da parte del (OMISSIS) il primo relativo al lasso temporale occorrente per l’alienazione della casa coniugale e il secondo successivo alla vendita del predetto immobile.

3. Con precetto del 12/8/2016, Ia (OMISSIS) intimava al (OMISSIS) il pagamento della somma di Euro 833,12; in seguito, la medesima pro­cedeva ad esecuzione forzata, notificando pignoramento di crediti presso il datore di lavoro (OMISSIS).

4. (OMISSIS) (OMISSIS) proponeva Opposizione ex art, 615, comma 1, cod. proc. civ. (causa n. 47620/2016 R.G. del Tribunale di Milano), affermando l’insussistenza dei crediti azionati e di aver corrisposto all’intimante somme superiori a quelle dovute; per le stesse ragioni promuoveva altresì opposizione  all’esecuzione presso terzi (procedura n. 9726/2016 R.G.).

5. Successivamente, era disposta la riunione delle cause di merito, nelle more, il 30/3/2018 Ia (OMISSIS) rinunciava agli atti della procedura di espropriazione presso terzi che, conseguentemente, veniva dichiarata estinta in data 20/04/2018.

6. In esito a consulenza tecnica d’ufficio tesa a ricostruire i rapporti dare/avere (dalla quale risultavano crediti del (OMISSIS)) per Euro 180.713,68), il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 8258 del 23/7/2018, accoglieva l’opposizione ex 615 cod; proc. civ. e dichiarava non dovute le somme intimate dalla (OMISSIS).

7. Quest’ultima proponeva appello chiedendo il rigetto dell’opposizione avversaria; il (OMISSIS) avanzava impugnazione incidentale della decisione per ottenere condanna della (OMISSIS) al pagamento delle somme riconosciute come dovute, nonché al rimborso delle spese di lite.

8. Con la sentenza n. 884 del 10/04/2020, la Corte d’appello di Mi­lano respingeva l’appello principale di (OMISSIS) (OMISSIS), accoglieva l’appello incidentale di (OMISSIS) (OMISSIS) in particolare, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava l’odierna ricorrente a pagare la somma di Euro 115.131,68 (oltre agli interessi legali maturati fino al saldo) e anche, dichiarata cessata la materia del contendere nell’opposizione ex art. 615, comma 2, cod. proc. civ. (stante la rinuncia della procedente), a rifondere le spese per la predetta opposizione, per il re­clamo ex art. 624, comma 2, cod. proc civ., per la consulenza svolta in primo grado e ai costi del giudizio d’appello.

9. Avverso la predetta decisione (OMISSIS) (OMISSIS) proponeva ricorso per cassazione, affidato a tredici motivi; resisteva con controricorso (OMISSIS) (OMISSIS) il quale depositava memoria ex art. 378 cod. proc. civ.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare, si rileva che il ricorso introduttivo non è stato formulato secondo i canoni di chiarezza e sinteticità oggi espressamente prescritti dall’art. 121 proc. civ., ma già considerati indefettibili per l’impugnazione di legittimità; ciononostante, e fatto salvo quanto sarà esposto nel prosieguo, l’atto, pur se prolisso, non è “assemblato” e illustra in maniera adeguata (e cioè sufficiente, benché eccessiva) i fatti processuali.

2. In via generale e preliminare, si rileva altresì l’inammissibilità o comunque l’infondatezza di tutti i motivi che denunciano la carenza o l’insufficienza della motivazione della sentenza impugnata oltre i limiti consentiti dal vigente testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come interpretato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità (fin da Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830-0l; tra le più recenti, cass., Sez. U, Sentenza n. 42090 del 31/12/2021, Rv. 663581-01): la pronuncia, infatti, è ampiamente argomentata e la motivazione è tutt’altro che mancante, apparente, incomprensibile o intrinsecamente illogica.

3. Venendo all’esame delle singole censure, col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, 4, cod. prnc. civ., la ricorrente denunzia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 158 e 350, comma 1, 4, cod. proc. civ., degli artt. 3, 25, 106, 111 Cost., per essere stata la decisione emessa da un collegio giudicante costituito anche da un giudice ausiliario.

4. La censura è infondata per le ragioni compiutamente esposte nella sentenza della Corte costituzionale n. 41 del 17/03/2021; con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 62, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71 e 72 del d.l. 21/6/2013 n. 69, convertito, con modifica­zioni, dalla Legge 9/8/2013, n. 98, ma soltanto nella parte in cui non prevedono che essi si applichino fino a quando non sarà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dall’art. 32 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116.

A seguito della menzionata sentenza e in forza delle disposizioni del d.l. n. 69 del 2013, che conferiscono al giudice ausiliario di appello lo status di componente dei collegi nelle sezioni delle Corti d’appello, que­ste ultime potranno legittimamente continuare ad avvalersi dei giudici ausiliari, fino a quando, entro la data del 31/10/2025, si perverrà ad una riforma complessiva della magistratura onoraria; fino a quel mo­mento, infatti, la temporanea tollerabilità costituzionale dell’attuale assetto è volta ad evitare l’annullamento delle decisioni pronunciate con la partecipazione dei giudici ausiliari e a non privare immediatamente le Corti d’appello dei giudici onorari al fine di ridurre l’arretrato nelle cause civili (in proposito anche Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 32065 del 05/11/2021, Rv. 662813-01).

Essendo già intervenuta la decisione della Corte costituzionale, deve ritenersi manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzio­nale sollevata dalla ricorrente (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 15045 del 28/05/2021, Rv. 661401-01).

5. Col secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. , la ricorrente denuncia la nullità della decisione impugnata per violazione e falsa applicazione degli art. 158 e 174 cod. proc. civ., 25, comma 1, e 111, comma 2, Cast., nonché vizio di costituzione del giu­dice, in ragione della sostituzione – intervenuta prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni e senza che ne ricorressero i presupposti di legge – del relatore originariamente designato con un giudice ausilia­rio.

6. La censura è infondata.

Oltre a quanto già esposto in relazione al primo motivo in riferimento alla partecipazione al collegio di un giudice ausiliario, va qui ribadito quanto già statuito, in una fattispecie analoga a quella in esame, da Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 14554 del 09/05/2022, Rv. 664841-01: «Nel giudizio d’appello, non integra vizio di costituzione del giudice la sostituzione del relatore senza l’osservanza delle modalità di cui agli artt. 174 c.p.c. e 79 disp. att. c.p.c.; costituendo tale violazione una mera irregolarità di carattere interno che non incide sulla validità del procedimento o della sentenza (La S.C. ha affermato detto principio in una fattispecie in cui, all’udienza in cui il collegio aveva trattenuto la causa in decisione, il giudice relatore era stato definitivamente sostituito da un giudice ausiliario, in forza di un provvedimento apposto a margine del verbale di udienza, privo della sottoscrizione del presidente, del nu­mero cronologico e della data e senza preventiva comunicazione alle parti).

7. Col terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per violazione del principio del contraddittorio e del principio di difesa, in riferimento agli artt. 101 e 132, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., e agli artt. 3, 24 e 111 Cast., per avere il giudice di appello, violando il diritto della (OMISSIS) al giusto processo, omesso di esaminare le deduzioni difensive della parte appellante di c:ui alla comparsa conclusionale del 24/2/2020, in accogli­ mento deU1avversaria eccezione riguardante la novità delle prospetta­ zioni ivi contenute.

8. La censura è infondata nella parte in cui imputa al giudice d’ap­pello una lesione del diritto di difesa per aver affermato che le deduzioni difensive della comparsa conclusionale erano in realtà doglianze tardivamente introdotte; il rilievo della Corte territoriale sull’inammissibilità del motivo tardivamente proposto è, anzi, conforme alla richiamata re­gola dell’art. 345 cod. proc. civ.

La doglianza è poi inammissibile nella parte in cui si afferma che le questioni riportate nella conclusionale corrispondevano a quelle indicate nell’atto d’impugnazione: in primis, la (OMISSIS) non ha soddisfatto l’onere di confutare, nel ricorso introduttivo, le asserzioni della Corte territoriale e, quindi, di riportare e confrontare i motivi di appello originari con le difese esposte nella comparsa; in ogni caso, se davvero le censure fos­sero state coincidenti, il motivo sarebbe. comunque inconcludente, perché l’eventuale erroneità dell’affermazione del giudice di merito non comporta alcun concreto pregiudizio per l’odierna ricorrente, la quale non lamenta una minuspetizione sul merito di quelle originarie.

9. Col quarto motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, cod. proc, civ., la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per «motivazione apparente e/o perplessa e incomprensibile ed inconsistente e/o sua manifesta e irriducibile contraddittorietà», nonché violazione e/o falsa applicazione di legge ed omesso esame di fatti decisivi, per avere il giudice statuito che, in base al comportamento concludente di entrambi i coniugi, i reciproci rapporti economici continuavano ad essere regolati dall’art. 11 del verbale di separazione, così confermando la de­cisione del Tribunale di ritenere ancora vigente, al momento della noti­fica del precetto e del pignoramento, il regime transitorio dettato dal citato art. 11.

10. La censura è inammissibile nella parte in cui dissimula la sottoposizione alla Corte di legittimità di una istanza di riesame, sempre vietato in questa sede, della documentazione al fine di addivenire ad una diversa interpretazione dell’accordo di separazione.

Come già anticipato, è infondata la denuncia inerente alla motiva­ zione per perplessità o incomprensibilità delle argomentazioni della sentenza, posto che; al contrario, la Corte di merito ha spiegato le ragioni in base alle quali ha ritenuto di confermare la decisione del primo giudice e la lettura dell’accordo data da quest’ultimo

Il motivo è poi inammissibile laddove richiede a questa Corte di ad­ divenire ad una diversa interpretazione del verbale di separazione: l’interpretazione di tale atto, avente natura negoziale, è un’operazione di accertamento della volontà dei contraenti e si risolve in un’indagine di fatto riservata al giudice di merito; per far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 é ss. cod. civ., il ricorrente deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpre­tazione (mediante specifica indicazione delle norme asseritamente vio­late ed ai principi in esse contenuti) ed è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia disco­ stato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpreta­zione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (tra le più recenti, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021, Rv. 661265-01).

11. Col quinto motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn; 3 e 4, cod. proc. civ., la ricorrente insiste nella denuncia di nullità della sen­tenza per vizio di motivazione e deduce, altresì, la violazione e falsa applicazione dell’art. 710 cod. proc. çiv., per avere il giudice statuito che quanto stabilito dai coniugi, in sede di separazione, con riguardo della casa coniugale era stato superato per concorde e tacita volontà delle part.

12. La censura è eccentrica rispetto alla motivazione della decisione impugnata e, come tale, inammissibile.

La ricorrente estrapola una frase da un più ampio contesto per arri­ vare ad imputare alla Corte di merito di avere ammesso una modifica per facta concludentia delle condizioni di separazione in assenza di un provvedimento giudiziale, indispensabile per la salvaguardia dell’interesse della minore.

In realtà, dalla lettura integrale della sentenza si evince che il comportamento successivo dei coniugi è stato assunto quale elemento (insieme con altri, specificamente indicati) per l’interpretazione dell’accordo di separazione (e, in particolare, per escludere che il (OMISSIS) avesse in qualche modo impedito la vendita della casa coniugale e, così, ostacolato l’applicazione di un regime di contribuzione più favorevole alla (OMISSIS).

Costituisce dimostrazione di quanto ora osservato l’affermazione della Corte d’appello che, nell’escludere l’esigenza di una revisione delle condizioni ex art. 710 cod. proc. civ., ha esplicitamente ritenuto che queste fossero «già sufficientemente regolate e perfettamente idonee per disciplinare le reciproche pretese esistenti al momento, della notifica del precetto e del pignoramento pressò terzi per cui è causa»; in sostanza, il giudice d’appello non ha affatto sostenuto che le condizioni di separazione potessero essere modificate da comportamenti concludenti dei coniugi, ma, al contrario, che quelle clausole, se correttamente in­terpretate (anche in base alle condotte successivamente adottate), fossero idonee alla ricostruzione dei rapporti di dare/avere.

13. Col sesto motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente ripropone la denuncia di nullità della sentenza per vizio di motivazione e deduce altresì la violazione e falsa applica­ zione degli artt. l 175, 1176, 1355, 1358, 1359, 13.62i 1366 e 1375 cod. civ., per avere la Corte di merito escluso sia la prospettata fictio di av­veramento della condizione prevista dal verbale di separazione circa il mutamento qel regime economico, sia la l’eccezione riguardante la natura meramente potestativa della condizione sospensiva apposta al predetto verbale.

14. La censura è infondata.

Richiamate qui le precedenti considerazioni in ordine alla (inconsistente) denuncia di un vizio di motivazione, si osserva che la Corte di merito ha correttamente escluso la fictio di avveramento della condi­zione ex art. 1359 cod. civ. anche a voler riconoscere nella vendita della casa coniugale una condizione sospensiva, il giudice d’appello ha adeguatamente illustrato le ragioni per le quali non è configurabile una violazione degli obblighi di buona fede da parte del (OMISSIS) tra le quali, segnatamente, la circostanza che il contratto di locazione dell’im­mobile, ostativo alla sua alienazione, era stato stipulato anche dalla (OMISSIS) e, pertanto, anche da lei voluto e determinato.

Del tutto inammissibile è il tentativo di conseguire dalla Corte di legittimità un riesame delle circostanze fattuali per addivenire ad una diversa decisione.

15. Col settimo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc civ., oltre a denunciare la nullità della sentenza per vizio di motivazione, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli 115,116, 711 cod. proc. civ., 156, 447, 1193, 1988, 2033, 2034, 2697 cod. civ., perché – a suo avviso – l’adempimento volontario del (OMISSIS) protrattosi dal 2011 al 2014, doveva essere considerato alla stregua di un riconoscimento di debito e, comunque, integrando l’adempimento di un’obbligazione naturale, non poteva dar luogo a condictio indebiti, dovendosi così escludere il diritto dell’odierno controricorrente alla ripetizione di quanto spontaneamente pagato.

16. Oltre a denunciare infondatamente carenze nella motivazione della sentenza, la ricorrente sottopone – inammissibilmente – a questa Corte gli elementi probatori per una loro rivalutazione.

In ogni caso, deve reputarsi infondata la censura nella parte in cui pretende, in contrasto con le statuizioni della Corte d’appello, che da una condotta spontaneamente tenuta dal controricorrente (peraltro, basata su una certa interpretazione degli accordi tra le parti) derivi inelu­dibilmente un riconoscimento di debito, essendo invece rimasta esclusa qualsivoglia univoca manifestazione di volontà del (OMISSIS) in tal senso.

La pretesa qualificazione dei pagamenti dell’odierno controricorrente quali atti di adempimento di un’obbligazione naturale (come tali non soggetti a ripetizione) risulta prospettata, per la prima volta, in appello (e, dunque, inammissibilmente); ad ogni buon conto, la correttezza di tale qualificazione va esclusa proprio in base alle affermazioni della la quale ha più volte asserito che il pagamento è stato eseguito in adempimento delle clausole del verbale, senza che assumano rilievo eventuali diverse indicazioni (peraltro, neppure precisamente riportate nel ricorso) negli atti difensivi del controricorrente.

17. Con l’ottavo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, 4, cod. proc. civ., oltre a denunciare nuovamente la nullità della sentenza per vizio di motivazione, la ricorrente deduce la violazione degli artt, 1175, 1176, 1355, 1358, 1359, 1362, 1366 e 1375 cod. civ., per avere il giudice di merito statuito che l’assunzione, da parte di (OMISSIS) dell’obbligo di pagare il mutuo ed le spese condominiali non attribuiva alcun titolo esecutivo alla (OMISSIS).

18. Anche in questo caso la censura è inammissibile, siccome eccentrica rispetto alla motivazione della decisione impugnata.

La Corte di merito non ha affatto negato l’assunzione, da parte del (OMISSIS) dell’obbligazione di pagare il mutuo e il condominio, ma ha escluso che la relativa pattuizione del verbale costituisse titolo esecutivo.

La (OMISSIS) non coglie la ratio decidendi e insiste sulla sussistenza del predetto obbligo – e cioè sull’oggetto della stessa – senza scalfire la decisione con riguardo all’idoneità della clausola dell’accordo a fondare un’esecuzione forzata (e cioè sulla sussistenza dei requisiti perché sia integrato un titolo esecutivo).

19. Col nono motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, 3, 4 e 5, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per vizio di motivazione e deduce la violazione degli artt. 2697 cod. civ. e 112, 155, 116, cod. proc. civ., nonché omesso esame di fatti decisivi, per avere il giudice d’appello, con parziale lettura degli atti di causa, affermato che il (OMISSIS) (OMISSIS) aveva consegnato garanzie bancarie a mezzo di fideiussioni senza fare alcuna menzione degli artt. 8 e 9 del verbale omologato, ma rinviando, genericamente, al solo accordo di separa;. zione, mancando così di considerare che, viceversa, il rilascio della fi­deiussione costituiva atto di adempimento dell’art. 10 del citato verbale.

20. La censura è inammissibile.

Il motivo è formulato in maniera lacunosa e incomprensibile e, inoltre, sottopone – ancora una volta eccedendo i confini morfologici e strut­turali del giudizio di legittimità – al vaglio di questa Corte il materiale probatorio, genericamente affermando che lo stesso è carente e/o male interpretato dai giudici di merito.

Infatti, la (OMISSIS) riporta un passaggio della sentenza impugnata e sostiene, per giunta in modo sostanzialmente apodittico, che le circo­ stanze di fatto sarebbero state travisate, senza in alcun modo spiegare quale sarebbe la loro rilevanza ai fini della statuizione, con ciò mo­strando, tra l’altro, l’inconcludenza della censura.

Peraltro, deve reputarsi inammissibile la mescolanza e la sovrappo­sizione di motivi contenenti eterogenee censure di diritto, sostanziale e processuale, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, cod. proc. civ. (Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 36881 del 26/11/2021, Rv. 662938-01; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 26874 del 23/10/2018, Rv. 651324-01; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011, Rv. 619790-Ql}.

21. Col decimo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. dv., la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per vizio di motivazione, e deduce la violazione degli artt. 2697 civ. e 112, 155, 116; 194 ss. cod. proc. civ,; nonché omesso esame di fatti decisivi, per avere il giudice d’appello statuito che la consulenza tecnica d’ufficio era <<analitica, esauriente e ben argomentata>>, uniformandosi così alle sue conclusioni.

22. La censura investe il giudizio della Corte di merito sulla C.T.U, tuttavia, il motivo (che opera un non consentito indistinto riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, cod. proc. civ.; v. Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 36881 del 26/11/2021, Rv. 662938-0lm Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 26874 del 23/10/2018; Rv. 651324-01, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011, Rv. 619790-01) esprime perplessità soltanto generiche (rimandando, peral­tro, al confronto con la documentazione e con le diverse conclusioni del consulente di parte) senza identificare specifiche critiche che siano state tempestivamente svolte nei precedenti gradi e, soprattutto, senza spie­gare analiticamente quali sarebbero i difetti e le illogicità dell’elaborato peritale.

La censura è, dunque, inammissibile,

23. Con l’undicesimo motivo; ai sensi dell’art. 360, comma 1, 3 e 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per vizio di motivazione e deduce altresì la violazione degli artt. 115, 116, 711 cod. proc.  civ.,156, 447, .1193, 1988, 2033, 2034, 2697 cod. civ., per avere il giudice d’appello ritenuto destituita di fondamento l’eccezione riguardante l’illegittimità della compensazione, invocata dal Ce­faliello, tra gli importi versati e quelli pretesi dalla (OMISSIS).

24. Il motivo non rispetta il disposto dell’art. 366 proc. civ., perché riporta dati e numeri senza alcuna indicazione degli atti e dei documenti dai quali le asserzioni della ricorrente sono tratte e, peraltro, omettendo di specificare se e quando le questioni siano state sottoposte ai giudici di merito; inoltre, la censura cumula eterogenei istituti (ripe­tizione di indebito, obbligazioni alimentari, compensazione, ecc.) senza formulare una ragionata e comprensibile critica alla motivazione addotta dalla Corte d’appello e, anzi, inammissibilmente, fa riferimento alle di­ verse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, cod. proc. civ. (Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 36881 del 26/11/2021, Rv. 662938-01; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 26874dél 23/10/2018, Rv. 651324-01; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011, Rv. 619790-01).

Ad abundantiam, poi, questa Corte ha, anche recentemente, statuito che con l’opposizione ex art. 615 c.p.c. il debitore esecutato può opporre in compensazione al creditore procedente un contro credito certo (cioè, definitivamente verificato giudizialmente o incontestato) op­pure un credito in liquido di importo certamente superiore (la cui entità possa essere accertata, senza dilazioni nella procedura esecutiva, nel merito del giudizio di opposizione) anche nell’ipotesi di espropriazione forzata promossa per il credito inerente ai mantenimento del coniuge separato, non trovando applicazione, in difetto di un “credito alimen­tare”, l’art. 447, comma 2, c.c. (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9686 del 26/05/2020, Rv. 657716-01).

25. Col dodicesimo motivo, ai sensi 360, comma 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per vizio di motivazione e deduce altresì la violazione degli artt. 115, 116 cod. proc. civ., 1945, 1950, 2041, 2697 cod. civ., per avere il giudice d’appello erroneamente quantificato l’importo del credito del (OMISSIS) omettendo di considerare la legittimità dell’escussione della garanzia bancaria da parte della (OMISSIS) la carenza di legittimazione dell’odierno ricorrente a pretendere la restituzione di somme non dallo stesso pagate.

26. Il motivo (che, come i precedenti, cumula la denuncia di vizi eterogenei, riconducibili alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, cod. proc. civ.) è incomprensibile, dato che – sovrapponendo alle statuizioni della decisione impugnata le considerazioni della ricorrente e molteplici riferimenti a circostanze fattuali (delle quali non è spiegata la rilevanza, né è chiarito se si tratti di fatti accertati o di mere asserzioni) – agita confusamente una questione di legittimazione del (OMISSIS) che, in tesi, non sarebbe legittimato a ripetere dalla (OMISSIS) le somme versatele dalla banca garante dello stesso controricorrente: e, per di più, nemmeno si precisa se la questione sia mai stata sottoposta ai giudici di merito.

27. Col tredicesimo motivo, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 91 cod. proc. e del d.m. n. 55 del 2014, per avere la Corte territoriale, in accoglimento dell’appello, condannato la (OMISSIS) a rifondere al (OMISSIS) le spese della C.T.U. svolta in primo grado (nonostante l’annullamento del decreto di liquidazione in seguito ad opposizione della medesima (OMISSIS) di quelle del reclamo ex art. 624, comma 2, cod. proc. civ..

28. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.

È inammissibile nella parte in cui si contesta l’ammontare delle spese liquidate, poiché la ricorrente ha genericamente asserito che erano stati superati i massimi tariffari: <<Il superamento, da parte del giudice, dei limiti minimi e massimi della tariffa forense nella liquida­ zione delle spese giudiziali configura un vizio in iudicando e, pertanto, per l’ammissibilità della censura, è necessario che nel ricorso per cassazione siano specificati i singoli conteggi contestati e le corrispondenti voci della tariffa professionale violate, al fine di consentire alla Corte il controllo di legittimità, senza dover espletare un’ammissibile indagine sugli atti di causa>> (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 22983 del 29/10/2014, Rv. 632686-01).

È infondata, poi, poiché la decisione con cui la Corte d’appello ha posto a carico della (OMISSIS) le spese per la C.T.U, espletata in primo grado non risente dell’annullamento del decreto di liquidazione del com­penso del consulente, trattandosi della mera individuazione del soggetto sul quale devono gravare i costi della consulenza; indipendentemente da quando e quanto sia in concreto e legittimamente determinato.

29. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che sono liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo.

30. Va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ri­corso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 5.800,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge;

ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, qualora dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 24 gennaio 2023.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.