REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSI Elisabetta – Presidente
Dott. MINUTILLO Marzia – Consigliere
Dott. CERSOSIMO Emanuele – Consigliere
Dott. SARACO Antonio – Consigliere
Dott. LEOPIZZI Alessandro – Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;
(OMISSIS) (OMISSIS), nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza del 05/05/2022 della CORTE APPELLO di TORINO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ALESSANDRO LEOPIZZI;
lette le richieste del PG, Dr. MASTROBERARDINO PAOLA, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso di (OMISSIS) (OMISSIS) e di annullare con rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla confisca dei beni in sequestro diversi da quelli oggetto della contestazione di cui al capo 2 dell’imputazione, in accoglimento del IV motivo del ricorso di (OMISSIS) (OMISSIS), dichiarandolo inammissibile nel resto;
letta la memoria dell’avv. (OMISSIS) (OMISSIS), per il ricorrente (OMISSIS) (OMISSIS), che ha insistito nei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, per quanto qui rileva, la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della pronuncia emessa in data 23 gennaio 2018 dal Tribunale di Torino, ha riqualificato il delitto di furto in abitazione in concorso di cui al capo 1 come tentativo, rideterminando la pena per (OMISSIS) (OMISSIS) in dieci mesi di reclusione ed Euro trecento di multa e per (OMISSIS) (OMISSIS), a cui era contestato anche il delitto di ricettazione di cui al capo 2, in due anni di reclusione ed Euro 720 di multa.
2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i suddetti imputati, a mezzo dei rispettivi difensori.
2.1. (OMISSIS) (OMISSIS) ha articolato un unico motivo di ricorso, con cui, sotto il profilo della mancanza e manifesta illogicità della motivazione, si contesta la qualificazione giuridica del fatto e la sussistenza delle circostanze aggravanti.
In primo luogo, difetterebbe nel luogo di commissione del delitto, il giardino di pertinenza di un castello abbandonato, la qualità di privata dimora (e in ogni caso la refurtiva, costituita da sei statue alte circa un metro, poggiava sul muro di recinzione esterna, di modo che non é stato necessario introdursi all’interno dell’immobile).
Non risulterebbe poi provata la violenza sulle cose, dal momento che con ogni verosimiglianza i manufatti erano semplicemente poggiati sul muro, se non addirittura già smobilizzati e poggiati all’esterno, apparendone in caso contrario implausibile l’avulsione con le sole forze fisiche degli imputati.
Non apparirebbe, infine, configurabile neppure l’aggravante dell’aver profittato di circostanze di tempo e di luogo tali da ostacolare la pubblica e privata difesa, avuto riguardo alle condizioni soggettive della vittima, residente altrove.
2.2. (OMISSIS) (OMISSIS) formula quattro motivi di censura, che qui si riassumono nei termini di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.2.1. Con il primo motivo, si deduce l’erronea applicazione della legge penale (in relazione all’articolo 625 p., n. 2) e il vizio di motivazione.
Il gravame della difesa aveva rilevato l’insussistenza dell’effrazione, dato che gli operanti, che avevano seguito ogni fase dell’azione criminosa, non hanno assistito ad azioni violente degli imputati al fine di separare le statue dai basamenti, né hanno rinvenuto strumenti idonei all’avulsione.
La sentenza di appello, sul punto, si limita ad osservare che la violenza discende dall’aver divelto le statue dai basamenti, con rottura di alcune di esse.
2.2.2. Con il secondo motivo, la difesa censura, sotto il profilo dell’erronea applicazione della legge penale (in relazione agli articoli 43 e 648 c.p.) e del vizio di motivazione, la ritenuta sussistenza del dolo di ricettazione, pur se l’imputato aveva offerto idonea giustificazione per il possesso dei beni di provenienza delittuosa, in quanto rivenditore di merce acquistata nei mercatini.
2.2.3. Il terzo motivo ha per oggetto il trattamento sanzionatorio, dolendosi dell’erronea applicazione della legge penale (in relazione all’articolo 62-bis, 69 e 133 p.) e del vizio di motivazione, laddove i giudici di appello, nel rideterminare la pena in relazione al tentativo, hanno confermato il giudizio di mera equivalenza delle circostanze attenuanti generiche – apoditticamente, secondo la difesa senza offrire adeguata risposta a specifici motivi di gravame che evidenziavano l’avvenuto risarcimento del danno e il modesto valore della refurtiva.
2.2.4. Con il quarto motivo, si lamenta l’erronea applicazione della legge penale (in relazione all’articolo 240-bis c.p.) e il vizio di motivazione, per quanto attiene alla confisca di oltre duecento oggetti rinvenuti nell’abitazione e nel magazzino del ricorrente.
L’ablazione é stata ritenuta legittima dalla Corte di appello, sul presupposto che si trattasse di beni provento di furto, laddove invece solo i sei manufatti oggetto della ricettazione di cui al capo 2) risultano di provenienza
3. Si é proceduto mediante trattazione scritta, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, convertito nella L. 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dal Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, articolo 94, comma 2, come modificato dal Decreto Legge 31 ottobre 2022, 162, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di (OMISSIS) (OMISSIS) é fondato, limitatamente alla doglianza concernente la disposta confisca per sproporzione.
Per il resto, entrambi i ricorsi sono inammissibili, perché proposti con motivi manifestamente infondati, generici e non consentiti.
1. Ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) (OMISSIS).
1.1. La motivazione di primo grado chiarisce in maniera inequivoca come, secondo quanto emerso dagli atti di polizia giudiziaria, la villa era occupata da inquilini in quel momento assenti, dovendosi escludere lo stato di abbandono, e il verbale di arresto evidenzia poi come le statue si trovassero all’interno del perimetro recintato (p. 7). La Corte subalpina conferma appieno questa conclusione (p. 9).
Nell’impossibilità di nuova valutazione della piattaforma istruttoria sul punto in esame, resta del tutto irrilevante l’assenza dei titolari al momento dei fatti e risulta incensurabile la valutazione di pertinenza di un luogo di privata dimora in merito al focus commissi delicti.
1.2. Analogamente, la violenza sulle cose e’ desunta ritualmente dalle modalità della sottrazione delle res: asportazione mediante distacco dai basamenti a cui erano saldamente ancorate, in taluni casi con evidenti segni della energica separazione (p. 7-8, sentenza di primo grado; 9, sentenza di appello).
La circostanza aggravante della violenza sulle cose si realizza tutte le volte in cui l’agente faccia uso di energia fisica, provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione, il mutamento di destinazione della cosa altrui o il distacco di una componente essenziale ai fini della funzionalità, tali da rendere necessaria un’attività di ripristino per restituire alla res la propria funzionalità (Sez. 5, n. 13431 del 25/02/2022, Pirroncello, Rv. 282974-02, relativa al furto degli pneumatici di un’auto). I giudici di merito hanno dunque evidentemente fatto buona applicazione di questo principio di diritto e le censure del ricorrente risultano manifestamente infondate e reiterative di motivi già argomentatamente disattesi.
1.3. La contestazione concerne anche l’aggravante della minorata difesa, essendo stato commesso in circostanze di tempo (l’orario notturno) e di luogo (data l’assenza dei proprietari) tali da ostacolare la pubblica e privata difesa.
La circostanza prevista dall’articolo 61 c.p., comma 1, n. 5, risulta integrata quando l’agente abbia profittato di circostanze che si traducano, in concreto, in una particolare situazione di vulnerabilità del soggetto passivo del reato (Sez. U, n. 40275 del 15/07/2021, Cardellini, Rv. 282095 -02, che ha precisato come la commissione del reato in tempo di notte sia idonea a integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo odi persona, la suddetta aggravante, ogni qualvolta la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare tale effetto negativo).
In ordine al luogo di commissione del reato, secondo Sez. 2, n. 3560 del 14/10/2020, dep. 2021, Sacchi, Rv. 280521, l’aggravante sussiste quando, sempre secondo una valutazione in concreto, ricorrono situazioni oggettive idonee ad abbattere o affievolire le capacità reattive della vittima in relazione al tipo di reato cui si correla l’evento circostanziale.
I giudici di merito, coerentemente con la giurisprudenza di legittimità, hanno ricollegato la posizione di inferiorità delle persone offese all’ora notturna, alla località fuori dal centro abitato e all’assenza degli inquilini, eventi circostanziali tali da renderne di fatto impossibile e comunque da ostacolarne in maniera più che significativa la capacità di reazione.
Risulta pertanto manifestamente infondata la specifica doglianza del ricorrente, che valuta l’assenza dei titolari del domicilio come totalmente neutro ai fini che qui rilevano.
1.4. Il ricorso di (OMISSIS) (OMISSIS) deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., il suddetto ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte Cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
2. Ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) (OMISSIS).
2.1. Per quel che concerne il primo motivo, relativo all’insussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 625 p., n. 2, si richiamano le riflessioni esposte sub 1.2.
2.2. In ordine alla doglianza relativa alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di cui all’articolo 648 p., giova osservare preliminarmente come risponda del reato di ricettazione l’imputato, che, trovato nella disponibilità di refurtiva di qualsiasi natura, in assenza di elementi probatori indicativi della riconducibilità del possesso alla commissione del furto, non fornisca una spiegazione attendibile dell’origine del possesso (Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, Kebe, Rv. 270120).
É ipotizzabile il dolo nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza (Sez. 2, n. 25439 del 21/04/2017, Sarr, Rv. 270179).
La Corte di merito ha fatto esatta applicazione di questi principi, ricordando come la generica giustificazione di effettuare compravendite di articoli usati presso i mercatini locali, in assenza di più specifici elementi a discarico, comporti, al più, un maggior onere di controllo su quanto acquistato, vertendosi in caso contrario in un caso di piena accettazione del rischio di acquisire beni rubati.
Questa argomentazione, congrua e non affetta da illogicità, é incensurabile in questa sede.
2.3. La mancata prevalenza delle circostanze attenuanti generiche é, del pari, adeguatamente argomentata nella doppia conforme motivazione dei due gradi di giudizio.
Invero, il giudice, nell’esercizio del suo potere discrezionale, deve motivare/ nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione1 circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo.
Il giudizio di bilanciamento tra circostanze postula una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito ed é pertanto inammissibile ogni censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione.
Il Tribunale aveva, infatti, dato ampiamente conto del percorso logico-giuridico posto a fondamento della valutazione di equivalenza, evidenziando la gravità dei fatti per le modalità organizzate del furto, i plurimi precedenti anche specifici e i periodi di detenzione già sofferti con successiva perpetrazione di fatti della stessa indole.
La Corte di appello, modificando pro reo la sanzione derivante dalla riqualificazione dei fatti come delitto tentato, chiarisce che, oltre agli elementi già valutati dal primo giudice, non emergono ulteriori tali da attenuare la pena o modificare l’esito del bilanciamento.
Questa motivazione, adeguata e non illogica, non é suscettibile di rivalutazione in sede di legittimità.
2.4. In merito alla confisca dei beni sequestrati a (OMISSIS) e diversi da quelli ricompresi nell’imputazione ex articolo 648 p., il Tribunale ha affermato che la disposizione di cui al Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12-sexies, (ora confluita nell’articolo 240-bis c.p.) risultava applicabile in ragione della mancanza di giustificazione valida per il possesso di tanti beni di valore complessivamente rilevante, del tutto sproporzionati rispetto alla situazione finanziaria dell’imputato, privo di fonti di reddito lecite (avendo dichiarato di essere impossidente e dedito ad attività in nero, che gli procuravano circa duecento Euro alla settimana).
Con l’ottavo motivo di gravame, l’odierno ricorrente aveva a suo tempo censurato la decisione di primo grado, che, a suo dire, non teneva in adeguata considerazione la qualità di “restauratore e hobbysta”, operante da decenni nei mercatini dell’antiquariato, come comprovato da documentazione manoscritta agli atti da cui emerge l’acquisto e l’alienazione di oggetti da collezionismo, con transazioni economiche operate su carte PostePay.
La Corte di Torino, sul punto, si limita ad osservare – erroneamente – come la ragione del vincolo sulle cose in sequestro debba individuarsi nella loro provenienza furtiva, equivocando con ogni evidenza la fattispecie applicata in primo grado e comunque omettendo di offrire una risposta allo specifico motivo di appello.
Il Tribunale aveva infatti accuratamente distinto, con esplicita indicazione in riferimento ai corposi elenchi contenuti nei due verbali di sequestro, gli oggetti sui quali il vincolo reale derivava dalla provenienza delittuosa (per i quali é stata disposta la restituzione agli aventi diritto) e quelli invece la cui disponibilità, pur in assenza di indicazioni circa la loro ricezione, non era giustificata da comprovate fonti di reddito in ragione del loro valore complessivamente rilevante.
Questa lacuna motivazionale deve essere colmata mediante nuovo esame della questione da parte della Corte di merito.
2.5. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere in parte annullata con rinvio per nuovo giudizio, per la fondatezza del quarto motivo del ricorso di (OMISSIS), con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino che, nel procedere ad un nuovo esame della istanza difensiva, terrà conto dei rilievi sopra indicati.
2.6. Le restanti censure proposte dal medesimo ricorrente debbono essere dichiarate inammissibili.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) (OMISSIS) limitatamente alla confisca ai sensi dell’articolo 240-bis c.p. e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Torino. Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS) (OMISSIS) nel resto.
Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS) (OMISSIS) e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 30/05/2023.
Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2023.