La Corte fa il punto sulla bigenitorialità affermando che le difficoltà di natura pratica non sono idonee a impedirla (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 18 dicembre 2023, n. 35253).

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

FRANCESCO ANTONIO GENOVESE -Presidente

LAURA TRICOMI                                 -Consigliere

GIULIA IOFRIDA                                  -Consigliere

ROSARIO CAIAZZO                             -Consigliere

RITA E. A. RUSSO                                -Consigliere – Rel.

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9954/2023 R.G. proposto da:

(omissis) (omissis) domiciliato in (omissis);

-ricorrente-

Contro

(omissis) (omissis);

-intimata-

avverso il DECRETO di CORTE D’APPELLO di TORINO n. 1078/2022 depositata il 24/10/2022;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/11/2023 dal Consigliere, dott.ssa RITA E. A. RUSSO.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Alessandria, con provvedimento reso in data 18 maggio 2021 nel procedimento per l’affidamento di figli nati fuori dal matrimonio, ha disposto l’affidamento esclusivo della minore (omissis) nata nel (omissis) alla madre e un contributo paterno di euro 200,00 oltre al 50% delle spese straordinarie.

(omissis) (omissis) ha proposto reclamo chiedendo l’affidamento condiviso della minore, mantenendo la collocazione presso la madre e la riduzione ad euro 100,00 del contributo mensile con revoca dell’ordine diretto al terzo di pagamento.

La Corte ha acquisito una relazione sociale per verificare se possono essere ripristinati i rapporti tra padre e figlia e in esito ha respinto il reclamo osservando che dall’istruttoria é emerso che non c’è alcun intento del padre di riavvicinarsi alla figlia, avendo egli dichiarato che non poteva rispettare il calendario di incontri per ragioni di lavoro con conseguente delusione della ragazzina.

La Corte d’appello non ha accolto l’istanza di riduzione  del contributo rilevando che il padre percepisce uno stipendio mensile di euro 800,00 e come già accertato dal primo giudice e possiede una capacità lavorativa che gli consentirebbe di svolgere anche ulteriori lavori per incrementare il reddito.

Infine, la Corte ha accolto anche la domanda di condanna  del (omissis) ai sensi dell’art 96 comma III c.p.c. considerando che il contraddittorio comportamento verso la figlia ha comportato uno stato di delusione e sofferenza della stessa.

Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il (omissis) affidandosi a cinque motivi.

Non si e costituita la madre.

La causa e stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 15 novembre 2023.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la nullità del provvedimento per violazione dell’art. 337 ter comma IV c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per violazione del diritto alla bigenitorialità.

Il ricorrente deduce che dall’esame delle relazioni degli assistenti sociali su cui si fonda la decisione della Corte di merito, emerge come sia stato considerato solo marginalmente il principio basilare in tema di affidamento di figli minori vale a dire il diritto alla bigenitorialità.

Il ricorrente osserva che sebbene egli abbia manifestato dei problemi agli incontri con la figlia per ragioni di lavoro, non si é trattato di una chiusura assoluta e definitiva poiché la scelta é dipesa da motivi contingenti attuali che si spera possano essere superati nel più breve tempo possibile e i servizi sociali si sono invece basati sull’apparente rifiuto del padre di incontrare la figlia senza tenere in considerazione la travagliata vicenda della famiglia; i servizi sociali non si sono attivati per proporre incontri in luogo neutro oppure con altre modalità per far avvicinare il padre alla figlia.

Osserva inoltre che i servizi non hanno tenuto in conto le vicende pregresse, che hanno reso problematico il rapporto tra il padre e la figlia e cioè che inizialmente la bambina era stata affidata al nonno paterno, falsamente accusato dalla madre di violenza sessuale, denuncia poi archiviata.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce la  nullità del provvedimento per violazione dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. per avere la Corte d’appello motivato in maniera apparente sulla richiesta di riduzione del contributo mensile per la figlia.

Il ricorrente deduce che la  Corte ha violato l’art. 337 ter c.c. comma 4 per avere posto a carico del ricorrente obblighi economici sproporzionati al reddito.

Non risponde a verità che egli potrebbe trovarsi un altro lavoro perché é dipendente presso un’agenzia di pompe funebri come necroforo e quindi deve essere sempre disponibile anche per chiamate notturne. Inoltre la Corte non ha tenuto conto degli oneri gravanti sul reddito (400 € per canone di locazione e altri oneri) e quindi che egli non é in condizioni economiche di pagare l’assegno di euro 200,00 mensili.

3.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la nullità del provvedimento per violazione dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. per non avere disposto consulenza tecnica d’ufficio sulla minore.

Il ricorrente lamenta che la Corte non ha disposto consulenza sulla minore nonostante la richiesta fondata sulla problematica situazione vissuta da (omissis) (omissis) sin dalla prima infanzia. La relazione dei servizi sociali denota aspetti contradditori di cui la Corte non ha tenuto conto.

4.- Con il quarto motivo del ricorso si lamenta la nullità del provvedimento per violazione art. 96 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 4 c.p.c.

Il ricorrente deduce che nella condanna al pagamento di € 600,00, ex art. 96 III comma c.p.c. in favore della (omissis), si legge un intento punitivo nei suoi confronti per il solo fatto di nutrire perplessità, per il momento, a sostenere viaggi con i costi per le trasferte, per incontrare la figlia.

5.- Con il quarto motivo del ricorso si lamenta la nullità del provvedimento per violazione art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 4 per avere erroneamente applicato il principio della soccombenza.

Il ricorrente deduce che la Corte ha erroneamente applicato il principio della soccombenza perché dovrà trovare accoglimento il ricorso avverso la condanna di esso ricorrente.

6.- I primi quattro motivi del ricorso possono esaminarsi congiuntamente e vanno dichiarati fondati nei termini di cui appresso.

Costituisce principio consolidato che in tema di affidamento dei figli minori, la scelta dell’affidamento ad uno solo dei genitori, da effettuarsi in base all’interesse prevalente morale e materiale della prole, deve essere sostenuta non solo dalla verifica della idoneità o inidoneità genitoriale di entrambi i genitori, ma anche e, soprattutto, dalla considerazione delle ricadute che la decisione sull’affidamento avrà nei tempi brevi e medio lunghi, sulla vita dei figli (ex multis Cass. n. 21425 del 06/07/2022 e Cass. n. 4056 del 09/02/2023)

Le limitazioni all’esercizio della responsabilità genitoriale si pongono come deroghe alla regola generale della pariteticità dei compiti parentali e quindi devono essere giustificate da una ragione forte e specificamente individuata. Il figlio, salvi i casi nei quali sia accertato un suo interesse di segno contrario, di regola fa riferimento ad entrambe le figure genitoriali, investite congiuntamente nei suoi confronti della responsabilità.

Costituisce inoltre principio consolidato, anche nella giurisprudenza della Corte EDU, che deve essere tutelata la relazione familiare, ai sensi dell’art. 8 della Convenzione, tenendo conto che l’interesse del minore comprende tanto l’interesse a mantenere regolari rapporti con entrambi i genitori, quanto l’interesse a crescere in un ambiente sano, stabile e affidabile (sound enviroment).

La Corte di Strasburgo ha più volte rimarcato che – salvo casi eccezionali in cui i genitori siano inadeguati – e interesse dei figli mantenere rapporti con i propri genitori, che sussiste il diritto alla frequentazione tra il minore e il genitore non coabitante e che, in conseguenza di ciò, occorre che lo Stato predisponga strumenti idonei per promuovere l’esercizio del diritto di visita anche nel caso di rifiuto, da parte del figlio minorenne, di incontrare il genitore; nonché per garantire il rispetto del diritto del genitore e del figlio non coabitante alla reciproca frequentazione, e che a tal fine le misure devono essere rapide ed effettive e non stereotipate ed automatiche ed il giudice deve esercitare un adeguato controllo sull’operato dei servizio sociali; ha affermato inoltre che gli obblighi positivi non implicano solo che si vigili affinché il minore possa raggiungere il genitore o mantenere un contatto con lui, ma comprendono anche tutte le misure propedeutiche che consentono di pervenire a tale risultato (CEDU:  Kosmopoulou c. Grecia, n. 60457/00, 5 febbraio 2004, Amanalachioai c. Romania, n. 4023/04, 26 maggio 2009, Grande Camera, 6/7/2010, Neulinger e Shuruk contro Svizzera; Lombardo c. Italia 29/1/2013; Piazzi c. Italia, 2/11/2010; Santilli c. Italia, 7 dicembre 2013).

Inoltre, il diritto del figlio a intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con entrambi i genitori dopo la scissione della coppia genitoriale, nella Carta europea dei diritti fondamentali, e espressamente declinato come applicazione del principio del miglior interesse del minore, come dimostra la sua espressa previsione nel comma 3 dell’art 24, immediatamente successivo al comma 2 ove si ripete il principio stabilito dall’art. 3 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo (art. 24, comma 3: “Il minore ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse“.

Nello stesso senso dispone peraltro l’art. 1 della legge 4 maggio 1983, n. 184 laddove enuncia che “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia. Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la responsabilità genitoriale non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto”.

6.1.- Nel caso di specie, la Corte di merito, tramite l’accertamento condotto dai servizi sociali, ha rilevato che gli ostacoli al mantenimento della relazione familiare tra padre e figlia sono legati  anche a  questioni di natura pratica, dovute alla distanza tra le abitazioni in due citta diverse (omissis) al fatto che il padre svolge un lavoro che prevede turni di reperibilità e a problematiche di tipo economico; a fronte di ciò ha rilevato anche che la minore desidera riallacciare e mantenere i rapporti con il padre, ma richiede affidabilità e serietà di intenti.

Era quindi compito del giudice di merito e dei servizi sociali, una volta rilevati alcuni ostacoli materiali che si frapponevano ad un adeguato mantenimento della relazione familiare del padre con la figlia, attivarsi per rimuovere tali ostacoli, mentre non risulta che siano state adottate misure adeguate perché il servizio sociale si é limitato ad organizzare incontri in (omissis) senza tenere in conto delle difficolta logistiche ed economiche espresse dal padre.

Ugualmente sul veramente delle misure di sostegno morale, poiché non risulta che sia stato offerto al padre e alla figlia un adeguato e mirato supporto psicologico – propedeutico al ripristino degli incontri – a fronte di pregresse vicende familiari idonee a generare sofferenza, che sono narrate dal padre (l’inziale affidamento ai nonni paterni, la denuncia della madre contro il nonno per violenza sessuale, la archiviazione della denuncia, la madre condannata per calunnia), ma che la Corte non ha preso in considerazione.

6.2.- Sul veramente economico, la Corte di merito afferma che il ricorrente, pur avendo uno stipendio molto modesto, “potrebbe svolgere ulteriori lavori per incrementare il proprio reddito”; la valutazione e formulata in termini ipotetici senza concreti riscontri e senza tenere conto di quelle che sono le effettive modalità di svolgimento del lavoro del ricorrente.

Ulteriormente censurabile é la decisione che il giudice d’appello abbia ritenuto sussistente una forma di abuso processuale – condannando il ricorrente ex art 96 c.p.c. – in quanto avrebbe introdotto il ricorso generando aspettative nella minore a fronte poi di un diniego motivato da “mere esigenze logistico-lavorative”, senza approfondire se dette esigenze logistiche o lavorative fossero serie ed effettive oppure pretestuose.

7. Ne consegue, pertanto, in accoglimento dei primi quattro motivi del ricorso, assorbito il quinto, la cassazione del provvedimento impugnato e il rinvio della causa alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione per un nuovo esame della controversia e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie i primi quattro motivi del ricorso, nei termini indicati in parte motiva, assorbito il quinto, cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione per un nuovo esame della controversia e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi della parte riportati nella ordinanza.

Così deciso in Roma, il 15/11/2023.

Il Presidente

Francesco Antonio Genovese

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.