La mancata corresponsione dell’assegno divorzile in favore dei figli maggiorenni è perseguibile d’ufficio (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 15 settembre 2023, n. 37977).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE PENALE

composta da:

– Angelo Costanzo                     – Presidente –

– Ercole Aprile                            – Relatore –

– Maria Sabina Vigna

– Paola Di Nicola Travaglini

– Stefania Riccio

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso presentato da

(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 15/12/2022 della Corte di appello di Milano;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Ercole Aprile;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Perla Lori, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla subordinazione della sospensione condizionale al pagamento della condizionale;

letta la memoria dell’avv. (omissis) (omissis) difensore del ricorrente, il quale ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Milano riformava parzialmente la pronuncia di primo grado, eliminando la pena pecuniaria inflitta all’imputato, e confermava nel resto la medesima pronuncia del 23 dicembre 2020 con la quale il Tribunale di Milano aveva condannato (omissis) (omissis) in relazione al reato di cui all’art. 570-bis cod. pen., per avere, dall’ottobre 2023 con permanenza, violato gli obblighi di natura economica stabiliti, dal giudice civile con la sentenza di divorzio, in favore delle due figlie maggiorenni ma non economicamente autosufficienti (omissis) (omissis) (omissis) omettendo di  corrispondere il contributo di mantenimento di 600 euro mensili, oltre rivalutazione, percentuale delle spese mediche e spese sportive concordate.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso l’imputato, con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale ha dedotto i seguenti motivi.

2.1 Violazione di legge, per avere la Corte territoriale disatteso l’eccezione difensiva di improcedibilità del reato, per essere stata presentata la querela dalle due persone offese solo nel 2018, ad oltre cinque anni dall’inizio dell’inadempimento, non potendo essere valorizzato il carattere permanente dell’illecito.

2.2. Violazione di legge e carenza di motivazione, per avere la Corte distrettuale disatteso la richiesta difensiva di assoluzione dell’imputato per difetto dell’elemento psicologico del reato, omettendo di considerare gli elementi di prova orale e documentale segnalati dall’interessato in ordine alla sua assoluta impossibilità di adempiere agli obblighi imposti: dati, in particolare, riguardanti il suo limitato reddito, il suo successivo stato di disoccupazione, la necessità di mantenimento dei componenti del nuovo nucleo familiare, nonché le maggiori capacità reddituali della madre e dei nonni materni delle due parti civili.

2.3. Violazione di legge, in relazione all’art. 163 cod. pen., e vizio di motivazione, per avere la Corte di merito ingiustificatamente confermato la statuizione concernente la subordinazione della sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale, omettendo ogni verifica sulle attuali condizioni economiche dell’imputato e sulle sue effettive possibilità di adempiere all’obbligo risarcitorio.

3. Il procedimento è stato trattato nell’odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati da numerose successive disposizioni, da ultimo dall’art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come introdotto dall’art. 5-duodecies del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Ritiene la Corte che il ricorso presentato nell’interesse di (omissis) (omissis) vada rigettato.

2. Il primo motivo del ricorso è manifestamente (in)fondato(1).

Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio per cui il reato di omessa corresponsione dell’assegno divorzile è procedibile d’ufficio e non a querela della persona offesa, in quanto il rinvio contenuto nell’art. 12- sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 all’art. 570 cod. pen. si riferisce esclusivamente al trattamento sanzionatorio previsto per il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare e non anche al relativo regime di procedibilità (Sez. U, n. 23866 del 31/01/2013, S., Rv. 255270-01; Sez. 6, n. 23794 del 27/04/2017, B., Rv. 270223).

Tale posizione è stata poi ribadita anche a seguito del fenomeno di successione di leggi penali nel tempo verificatosi con l’introduzione della nuova fattispecie di violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio, di cui all’art. 570-bis cod. pen., inserito nel codice dall’art. 2, comma 1, lett. e), d.lgs. 1° marzo 2018, n. 21: fattispecie che si pone in continuità normativa con le due precedenti ipotesi di reato di cui ai richiamati artt. 570 cod. pen. e 12-sexies d.lgs. cit. (in questo senso, tra le altre, Sez. 6, n. 20013 del 10/03/2022, B., Rv. 283303).

Va, perciò, confermato che, in tema di reati contro la famiglia, il delitto di omesso versamento dell’assegno periodico per il mantenimento dei figli di cui all’art. 570-bis cod. pen. è procedibile d’ufficio, in quanto è rimasto immutato il regime della procedibilità previsto per il delitto di cui all’art. 12-sexies legge n. 898 del 1970, richiamato dall’art. 3 legge 8 febbraio 2006, n. 54, la cui abrogazione è stata meramente formale, con trasposizione della relativa ipotesi criminosa nella nuova norma codicistica (così Sez. 6, n. 7277 del 30/01/2020, P., Rv. 278331; v. anche Sez. U, n. 21716 del 23/02/2023, P., non mass. sul punto).

3. Il secondo motivo è inammissibile perché presentato per fare valere ragioni diverse da quelle consentite dalla legge.

Il ricorrente ha sollecitato questa Corte a compiere una non consentita rivalutazione delle emergenze processuali: ciò a fronte di una motivazione, quale quella contenuta nella sentenza impugnata, nella quale non è riconoscibile alcuna lacuna o altro vizio di manifesta illogicità; avendo la Corte di appello spiegato in maniera dettagliata come l’imputato si fosse sistematicamente disinteressato delle esigenze delle due figlie del primo matrimonio, anche quando le stesse erano minorenni, e, pur tra alterne vicende economiche e reddituali, non si fosse mai trovato nell’assoluta impossibilità di adempiere, anche parzialmente, all’obbligo civile impostogli dal giudice della sentenza di divorzio; né a quel giudice si era mai rivolto, come pure avrebbe astrattamente potuto fare, per chiedere una riduzione del quantum dovuto o altro provvedimento per lui più favorevole.

4. Il terzo e ultimo motivo del ricorso è infondato.

Nella giurisprudenza di legittimità vi sono contrapposti indirizzi interpretativi in ordine all’onere motivazionale spettante al giudice che intenda sottoporre, ai sensi dell’art. 165, primo comma, cod. pen., l’efficacia del beneficio della sospensione condizionale della pena all’adempimento dell’obbligo della restituzione o del pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull’ammontare di esso: essendosi, per un verso, affermato che il giudice che intende subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena all’adempimento dell’obbligo risarcitorio è tenuto a valutare, motivando anche sommariamente sul punto, le reali condizioni economiche del condannato, onde verificare se lo stesso sia concretamente in grado di effettuare il pagamento entro il termine prefissato (così, da ultimo, Sez. 5, n. 46834 del 12/10/2022, V., Rv. 283902); e, per altro verso, sostenuto che, in tema di sospensione condizionale della pena, nel caso in cui il beneficio venga subordinato all’adempimento dell’obbligo risarcitorio, il giudice della cognizione non è tenuto a svolgere alcun accertamento sulle condizioni economiche dell’imputato, atteso che la verifica dell’eventuale impossibilità di adempiere del condannato rientra nella competenza del giudice dell’esecuzione (così, tra le tante, Sez. 4, n. 4626 del 08/11/2019, dep. 2020, Sgrò, Rv. 278290).

Questo Collegio reputa preferibile una soluzione esegetica intermedia.

Appare tendenzialmente da privilegiare il secondo degli indicati orientamenti, in quanto finalizzato ad evitare che l’accertamento sulla impossibilità ad adempiere venga svolto due volte, dal momento che in sede di esecuzione è comunque consentito al reo dimostrare l’eventuale modifica peggiorativa della sua situazione economica. Tuttavia, il giudice della cognizione non può esimersi di compiere la verifica dei presupposti fattuali di operatività della disciplina dell’art. 165, primo comma, cod. pen., laddove gli stessi risultino dimostrati inequivocabilmente dalle carte del processo oppure se la difesa dell’imputato abbia sollecitato una specifica verifica, ad esempio allegando documenti o altri elementi informativi specifici.

In tal senso va ribadito il principio, enunciato dalla più recente giurisprudenza di questa Corte di cassazione, per cui, n tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento del danno, il giudice, pur non essendo tenuto a svolgere un preventivo accertamento delle condizioni economiche dell’imputato, deve tuttavia effettuare un motivato apprezzamento di esse se dagli atti emergano elementi che consentano di dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta ovvero quando tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della decisione (così, da ultimo, Sez.. 6, n. 11142 del 07/02/2023, E., Rv. 284609).

Alla stregua di tale regula iuris è pienamente legittima la decisione della Corte di appello Milano che, in assenza di ulteriori, nuove e specifiche allegazioni offerte dalla difesa, aveva escluso che l’imputato si fosse trovato nell’impossibilità assoluta di adempimento dell’obbligo risarcitorio, in quanto – come già anticipato nel precedente punto – era stato già accertato che egli non era mai stato del tutto privo di entrate reddituali, dunque non si era mai trovato nella situazione dedotta in termini di incapacità a soddisfare la condizione alla operatività del riconosciuto beneficio della sospensione della pena.

5. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 26/06/2023

Dispone, a norma dell’art. 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che – a tutela dei diritti o della dignità degli interessati – sia apposta, a cura della cancelleria, sull’originale del provvedimento, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati sul a sentenza.

Depositato in Cancelleria, oggi 15 settembre 2023.

SENTENZA

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(1) Erroneamente é stato trascritto “fondato” anziché essere “infondato” (altrimenti la conclusione sarebbe stata ben diversa; vds sentenza originale allegata).