La scelta del figlio maggiorenne di interrompere i rapporti con il padre per i dissapori non esclude il dovere di quest’ultimo di continuare a mantenerlo (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 22 giugno 2023, n. 17947).

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE     Presidente

Dott. CLOTILDE PARISE                                  Consigliere

Dott. MARCO MARULLI                                  Consigliere

Dott. LAURA TRICOMI                                    Consigliere

Dott. MAURA CAPRIOLI                                 Consigliere-Rel.

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 245/2022 R.G. proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS)  rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS);

-ricorrente-

contro

(OMISSIS) (OMISSIS) elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS);

-controricorrente-

avverso SENTENZA della CORTE D’APPELLO REGGIO CALABRIA n. 591/2021 depositata il 15/10/2021.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/06/2023 dal Consigliere dott.ssa MAURA CAPRIOLI.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Considerato che:

Con sentenza nr. 591/2021 la Corte di appello di Reggio Calabria accoglieva l’appello proposto da (omissis) nei confronti di  (omissis) avverso la pronuncia n. 757 del 10.04.2018 del Tribunale con cui l’appellante era stato condannato a corrispondere in favore del figlio (omissis) somma di euro 800,00, entro il 5 di ogni mese, a titolo di contributo al mantenimento, oltre il 100% delle spese straordinarie.

La Corte di appello ha premesso in iure che il dovere del genitore di provvedere al mantenimento dei figli è direttamente connesso allo status, come codificato dall’art. 147 c.c. e 315 bis c.c., indipendentemente dalle vicende che afferiscono al rapporto di coniugio dei genitori, e che tale dovere si estende anche oltre il raggiungimento della maggiore età dei figli e sino a quando questi non siano divenuti in grado di provvedere direttamente alle proprie esigenze e va conciliato con il principio di autoresponsabilità, cui deve essere improntata la condotta di vita dei figli allorquando siano divenuti adulti.

La Corte distrettuale ha rilevato tuttavia che l’indagine giudiziale, che era chiamata a svolgere, afferiva all’esistenza o meno di un obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne a carico del padre, pur a fronte dell’esplicita volontà di quest’ultimo di avviare un autonomo progetto esistenziale, con l’estromissione del padre dalla propria vita.

Riteneva in primo luogo che gli addebiti che (omissis) ascriveva al padre e che avrebbero determinato il suo allontanamento dalla casa familiare, avuto riguardo alle risultanze in atti (la relazione dei servizi sociali; la relazione psicologica; il provvedimento del Tribunale per i Minorenni del 28.01.2011), non erano stati provati sicché non poteva dirsi che il suo allontanamento dalla casa paterna fosse stato determinato da comportamenti del padre in violazione dei doveri che presiedono la genitorialità.

Rilevava al riguardo che doveva prendersi atto che il Tribunale aveva rigettato la domanda, proposta da (omissis) di risarcimento del danno non patrimoniale consequenziale al comportamento del padre.

Osservava quindi la Corte che, esclusa la sussistenza di una condotta del genitore in pregiudizio dei diritti del figlio ai sensi dell’art. 333 c.c., la scelta volontaria dello stesso di lasciare la casa paterna, in attuazione del preciso intendimento di avviare un percorso di vita basato sull’esplicitata volontà di recidere ogni contatto con il genitore , non dava attuazione al precetto del i rispetto paterno, e anzi la scelta di estromettere il padre dalla propria vita si pone in conflitto con esso sottolineando che tale situazione comprometteva l’equilibrio nei doveri di solidarietà familiare ed il rapporto di collaborazione tra i componenti della famiglia che l’art. 315 bis c.c. richiama.

La Corte distrettuale chiariva che, se è vero che sono incoercibili i rapporti affettivi e ciascun individuo è libero di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, è correlativamente vero che siffatte scelte vanno coniugate con il principio dell’autoresponsabilità e le relative conseguenze.

Il giudice del gravame riteneva che la scelta di avviare un percorso di vita da cui era stato escluso il padre ed eliso la comunione familiare in tutti i suoi aspetti, non consentiva più d’invocare il diritto alla persistenza dell’obbligo del mantenimento a carico del genitore, sia in applicazione del principio di autoresponsabilità, sia perché oramai egli era un soggetto in possesso di capacità lavorativa, intesa quale adeguatezza allo svolgimento di attività lavorativa remunerata.

Su queste basi escludeva la sussistenza del diritto del figlio maggiorenne, (omissis) economicamente non autosufficiente, al mantenimento a carico del padre.

Avverso tale pronuncia (omissis) a proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi cui ha resistito con controricorso il padre, (omissis).

Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative in prossimità dell’udienza camerale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

Con il primo motivo si denuncia ex art. 360 comma 1 n. 3 e 5 c.p.c. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 30 Cost., artt. 147, 315 bis e 337 septies c.c.; la motivazione illogica e/o meramente apparente e/o incomprensibile; l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione idonei a determinare un diverso esito del giudizio.

Si lamenta in particolare che la Corte di appello non avrebbe dato alcun rilievo alla condizione richiesta dalla legge di non autosufficienza economica del figlio maggiorenne, riconoscendo invece carattere assorbente e prioritario alla asserita “scelta” del  figlio, ritenuto ormai dotato di raggiunta capacità lavorativa di collocarsi al di fuori del nucleo familiare.

E ciò, si sostiene, in contrasto con i principi di diritto di cui ai precetti normativi, di rango costituzionale (art.30) e di legge ordinaria (art. 147, 315 bis e 337 septies c.c.) e con l’orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui la capacità lavorativa si presume con il raggiungimento della maggiore età, salvo prova del contrario che spetta al giudice valutare nel concreto.

Si afferma infatti che, nel caso di specie, vi sarebbero stati elementi concreti che avrebbero consentito di affermare che (omissis) non poteva ancora avere raggiunto una capacità lavorativa “concreta”, essendo – all’epoca della decisione – ancora in corso (sebbene giunto verso la conclusione) il percorso degli studi per il conseguimento della specializzazione.

Si duole che l’affermazione circa la riconosciuta capacità lavorativa non sia stata supportata da una adeguata motivazione.

Sotto altro profilo si censura la decisione nella parte in cui ha individuato quale pre-condizione necessaria o elemento costitutivo del diritto di mantenimento del figlio maggiorenne la necessità che sussista tra questi e il genitore obbligato una relazione personale funzionale che, nel caso concreto, ha ritenuto assente, addebitandola ad una libera ed esclusiva scelta del solo figlio.

Si afferma infatti che tale percorso motivazionale oltre ad essere viziato per illogicità ed apparente e omessa motivazione viola l’art. 30 della Costituzione e gli artt. 147, 335 bis e 337 septies del cod. civile.

Sotto altro aspetto si critica la decisione impugnata perché resa sulla base di una motivazione illogica e meramente apparente con omissione dell’esame di fatti decisivi, presenti in processo e che sono stati oggetto di discussione tra le parti, e che hanno assunto carattere decisivo nella determinazione adottata.

Nel caso concreto, la Corte di Appello sarebbe incorsa in violazione di legge nella misura in cui ha rigettato la domanda del figlio, affermando che il suo allontanamento dal nucleo familiare di origine era da intendersi come l’espressione di una libera scelta dello stesso, consapevole e libera volontà di realizzare un progetto di vita autonomo che non includeva il padre, senza però offrire una motivazione reale idonea a far comprendere le fonti e gli elementi sui quali ha fondato detta valutazione e conclusione, rendendo difficile la comprensione e la valutazione del proprio ragionamento, dimostrando anche di avere omesso la valutazione di fatti e dati storici presenti nel processo, che hanno formato oggetto di discussione tra le parti – tema controverso per stessa ammissione del giudice di secondo grado – che ha assunto carattere decisivo.

I profili che possono essere esaminati congiuntamente per l’intima connessione sono fondati nei termini di seguito esposti.

La Corte di appello ha ritenuto non più sussistente in capo al padre l’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne e non indipendente economicamente, considerando prioritaria ed assorbente la scelta volontaria del figlio” di avviare un percorso di vita da cui ha escluso il padre, elidendo così la comunione familiare in tutti i suoi aspetti”.

Scelta che si era mantenuta salda anche dopo la maggiore età, in ragione dell’avversione nutrita nei confronti di lui e del rifiuto di intrattenere rapporti con questi.

La mancanza di una relazione personale funzionale, assente nella specie, è stata pertanto considerata condizione sufficiente a elidere l’obbligo di mantenimento invocato con atto notificato il 13.1.2015 e relativo al periodo successivo al raggiungimento della maggiore età del richiedente (26.7.1993).

Tale ragionamento non persuade.

In primo luogo, occorre premettere che l’art 318 c.c. impone al minore unicamente il divieto di abbandonare la casa del genitore che esercita su di lui la responsabilità genitoriale.

Analogo obbligo non è invece configurabile per il figlio maggiorenne, che è libero di fissare la sua dimora anche in luogo diverso dall’abitazione dei genitori.

La scelta del figlio maggiorenne di optare per una residenza diversa dal proprio nucleo familiare può essere legata a molteplici ragioni e non è quindi di per sé sufficiente a disvelare una organizzazione di vita autonoma rispetto ai genitori, tale da far ritenere reciso il legame con la casa familiare.

Relativamente al tema del pagamento dell’assegno di mantenimento al figlio maggiorenne ma non autosufficiente questa Corte, con ordinanza resa da Cass. n. 17183 del 2020, muovendo dalla disamina dell’art. 337-septies c.c. assunta a norma centrale nel regolamento dei rapporti economici tra genitori e figli maggiorenni e rivedendo il proprio precedente orientamento, ha statuito che l’obbligo di mantenimento permane a carico dei genitori fino al momento in cui il figlio raggiunge la maggiore età, subentrando la diversa disposizione di cui all’art. 337-septies c.c., che non prevede alcun automatismo circa l’attribuzione del diritto al mantenimento, ma rimette la decisione al giudice alla stregua di tutte le “circostanze” del caso concreto.

Raggiunta la maggiore età, dunque, si presume l’idoneità al conseguimento del reddito, che, per essere vinta, necessita della prova del diritto al mantenimento ulteriore.

In conseguenza di tale meditata nuova impostazione, questa Corte ha chiarito che l’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne è a carico del richiedente.

ai fini dell’accoglimento della domanda, pertanto, è onere del figlio provare non solo la mancanza di indipendenza economica – che è la precondizione del diritto preteso – ma di avere curato, con ogni possibile, impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro.

Questa conclusione è peraltro coerente con il principio di prossimità o vicinanza della prova, in base al quale la ripartizione dell’onere probatorio deve tenere conto, oltre che della fattispecie sostanziale tra fatti costitutivi e fatti estintivi o impeditivi del diritto, anche del principio riconducibile all’art. 24 cost., e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’azione in giudizio della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova (Cass.  n. 17108 del 2016; n. 486 del 2016;  n. 13533 del 2001).

Non si deve, comunque, dimenticare che, se è vero che il diritto del figlio al mantenimento, dopo il raggiungimento della maggiore età, non esclude il suo dovere di adoperarsi per rendersi quanto prima economicamente autonomo, è anche vero che è compito dei genitori di assecondare, per quanto possibile, le inclinazioni naturali e le aspirazioni del figlio, consentendogli di orientare la sua istruzione in conformità dei suoi interessi e delle sue aspirazioni e di cercare un’occupazione appropriata, anche mediante la somministrazione dei mezzi economici a tal fine necessari senza che sia forzato ad accettare soluzioni degradanti o comunque non desiderate (così Cass., Sez. Ordinanza n. 23318 del 23/08/2021).

In tale bilanciamento, assume fondamentale rilievo il decorso del tempo, poiché con tale passaggio il figlio deve realisticamente rendersi conto che le proprie aspettative occupazionali non sono adeguate rispetto alla realtà del mercato del lavoro.

Si tratta di effettuare un accertamento di fatto che, considerata l’età del figlio, abbia riguardo all’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale o tecnica, all’impegno rivolto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa e, in generale, alla complessiva condotta personale dallo stesso tenuta dal raggiungimento della maggiore età in avanti (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 5088 del 05/03/2018).

La situazione soggettiva del figlio che, rifiutando ingiustificatamente in età avanzata di acquisire l’autonomia economica tramite l’impegno lavorativo e negli studi, comporti il prolungamento del diritto al mantenimento da parte dei genitori, o di uno di essi, non è tutelabile perché contrastante con il principio di autoresponsabilità che è legato alla libertà delle scelte esistenziali della persona, anche tenuto conto dei doveri gravanti sui figli adulti (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 27904 del 13/10/2021 e Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 17183 del 14/08/2020). Il diritto al mantenimento è, comunque, funzionale alla tutela di un soggetto che, per quanto maggiorenne, deve considerarsi ancora vulnerabile poiché non autosufficiente, e dunque, pur capace di agire ma non è pienamente tale dal punto di vista delle possibilità di realizzazione della persona.

Orbene, detta valutazione, pur dovendo riguardare senz’altro la complessiva condotta tenuta da parte dell’avente diritto dal momento del raggiungimento della maggiore età in poi, non può prescindere dal pregiudiziale accertamento dell’assolvimento, da parte del genitore gravato, dell’obbligo di mantenimento.

Ciò in quando l’adempimento di tale dovere costituisce la condizione imprescindibile per lo sviluppo personale e professionale del figlio maggiorenne.

Il giudice a quo ha omesso di accertare, come richiede la giurisprudenza di questa Corte, se il ricorrente, pacificamente non indipendente economicamente, fosse stato posto nelle concrete condizioni per potere essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta  (Cass.  07/11/2022,  n.  32727),  fermo  restando  che tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori (Cass. 26/05/2022, n.17075).

Detto accertamento è mancato perché la Corte territoriale ha dato esclusivo rilievo alla scelta ritenuta volontaria del figlio di lasciare l’abitazione paterna per recarsi presso gli zii e realizzare, a suo avviso, un progetto di vita autonomo.

Tale conclusione poggia su di una motivazione meramente assertiva.

Il Giudice del gravame non fornisce una precisa indicazione degli elementi su cui ha fondato il suo convincimento limitandosi ad un generico richiamo ad uno stralcio di quattro righe della relazione psicologica della dott. (omissis) far riferimento alla relazione dei Sevizi sociali della quale nulla è dato conoscere neppure per sintesi. Nessun cenno viene fatto al provvedimento del Tribunale per i minori adottato in data 28.01.2011 all’esito di una approfondita fase istruttoria.

In esso l’ organo adito “prendeva atto del gravoso clima familiare in atto e della relazione tra padre e minore, in un crescendo alternato di aggressività, incomprensioni, irrigidimenti, risentimenti a lungo repressi, mancanza di dialogo e di reciproca comprensione”, e non disponeva il rientro del minore presso il padre ritenendo necessario prescrivere al padre un percorso sulla genitorialità al fine di affrontare consapevolmente le sue criticità personali e familiari e, a cura del Consultorio, anche un percorso di mediazione tra il minore e le due sorelle maggiorenni (omissis) (omissis) e

La misura adottata dal Tribunale per i minorenni assume una valenza significativa ai fini del comprendere il contesto in cui è maturata la decisione del ragazzo ancora minorenne di lasciare l’abitazione paterna e di ribadire tale volontà non appena divenuto maggiorenne e quindi perfettamente libero di fissare il suo luogo di residenza in una abitazione diversa da quella del genitore verso il quale invoca il mantenimento.

Né a tali fini può attribuirsi un qualche rilievo alla decisione di non impugnare il mancato accoglimento della domanda risarcitoria correlata alla violazione dei doveri di assistenza morale e materiale, trattandosi di una strategia difensiva che come tale non incide sulle ragioni che hanno determinato l’odierno ricorrente ad allontanarsi dalla casa del genitore.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte, il ricorso va accolto e la decisione impugnata va cassata e la causa rinviata (anche per le spese di questa fase) alla corte di appello di Reggio Calabria, in diversa composizione che, alla luce dei principi sopra enunciati, dovrà accertare, con riferimento al periodo temporale intercorso dall’allontanamento dalla casa familiare di (omissis) fino all’attualità, la sussistenza di un obbligo di mantenimento del figlio (dapprima minore e poi maggiorenne non autosufficiente) a carico del padre, “tenendo conto” (e, a norma dei novellati art. 147 c.c. e art. 315-bis c.c., comma 1, “nel rispetto…”) delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni nonché dell’impegno profuso dal richiedente – sul quale ricade il relativo onere probatorio – nella ricerca effettiva di un’occupazione nonché dell’età, delle condizioni del mercato del lavoro e del percorso di studi intrapreso e delle opportunità ricercate (o meno).

p.q.m.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la decisione impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Reggio Calabria in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma il 6.6.2023.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.