Le telecamere della vicina autoscuola, inchiodano l’imputato nel commettere un furto aggravato in abitazione (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 16 marzo 2023, n. 11247).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZAZA Carlo – Presidente –

Dott. PASTORELLI Luca – Consigliere –

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Rel. Consigliere –

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere –

Dott. CUOCO Michele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) Antonio, nato a (OMISSIS), il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 16/07/2021 della CORTE di APPELLO di PALERMO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Maria Teresa BELMONTE;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale, Nicola LETTIERI, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Palermo ha confermato la decisione del Tribunale di Trapani che, nel giudizio abbreviato, aveva dichiarato (OMISSIS) Antonio, colpevole, in concorso con altri due soggetti non identificati, di furto aggravato in abitazione, ai sensi degli artt. 624 comma 1 bis – 625 n. 5 c.p., condannandolo alla pena di giustizia.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato con il ministero del difensore di fiducia, avvocato (OMISSIS) Aristide, che si affida a un unico motivo con il quale denuncia erronea applicazione della regola di giudizio di cui all’art. 192 c.p.p., comma 2, lamentando che la Corte di appello, replicando l’errore di valutazione del giudice di primo grado, sarebbe giunta ad affermare la responsabilità dell’imputato sulla base di un unico indizio, costituito dalla accertata e ammessa presenza del ricorrente nella zona in cui si verificò il furto, circostanza costituente una mera prova indiretta, insufficiente a integrare la prova indiziaria declinata dal codice di rito.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato, oltre che inammissibilmente rivalutativo.

1. Invero, la condanna si fonda sulla circostanza che, dalle videoriprese acquisite dalla telecamera di una vicina autoscuola, si ha contezza dell’intera dinamica dell’azione delittuosa, con tre malviventi giunti sul posto alle 10.58 a bordo dell’autovettura risultata intestata all’odierno ricorrente; dalle immagini registrate emerge che i tre si portavano, quindi, dinanzi alla porta di ingresso dell’abitazione delle vittime, in pochi minuti la aprivano, in pieno giorno e nel traffico cittadino; ne uscivano alle 12.30 portando sacchi di supermercato presi in casa della vittima, colmi dei beni razziati, risultati sottratti nell’abitazione per un valore dichiarato di 6000 Euro.

Quindi, il sistema delle videocamere autostradali ha accertato l’uscita dell’autovettura da Palermo alle 10.19 e il rientro alle 13.01, orari compatibili con la dinamica dei fatti risultante dalla registrazione suddetta. Ancora, dai tabulati emerge una conversazione dall’utenza del prevenuto alla moglie, con cui ha agganciato una cella compatibile con il luogo del furto, alle 12.28.

A tanto deve aggiungersi che non risultano altre attivazioni telefoniche nel luogo e nel lasso temporale del fatto, circostanza che porta ad escludere la presenza di altre persone, al di fuori del ricorrente e dei suoi complici rimasti sconosciuti, e che, dal canto suo, il ricorrente non ha dimostrato la sua presenza sul posto per altri eventuali scopi leciti, essendo stata solo vagamente prospettata una diversa ipotesi ricostruttiva del fatto.

2. Gli indizi sono, pertanto, plurimi e convergenti nel senso della presenza del ricorrente sul luogo e al momento dei fatti, risultando il patrimonio conoscitivo formato da indizi che risultano gravi (dotati cioè di elevata persuasività), precisi (nel senso che portano ad una sola conclusione ed escludono interpretazioni alternative), e concordanti (per la loro capacità di riscontrarsi vicendevolmente) mentre resta relegata a mera deduzione, generica e non supportata da alcun elemento scardinante, la denunciata ambiguità e insufficienza del quadro probatorio.

3. Ne deriva che lo scrupoloso scrutinio dei giudici di merito, oltre a essere rispettoso della regola di giudizio declinata dall’art. 192 c.p.p. per la prova c.d. indiziaria, ha condotto al verdetto di condanna “al di là di ogni ragionevole dubbio”, con esclusione soltanto delle eventualità più remote ed inverosimili.

4. In realtà – e in questo sta l’inammissibilità – il ricorso si risolve in doglianze non consentite dalla legge in questa sede, in quanto relative, non già alla motivazione, perché mancante o contraddittoria o illogica, bensì alla valutazione probatoria (Sez. U. n. 2110 del 23.11.1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U. n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U. n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).

In particolare, con le censure proposte il ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica – unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente errata in merito alla riconducibilità della condotta illecita all’imputato.

Il controllo di legittimità, tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione; sicché il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cessazione.

5. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge (art. 616 c.p.p.), la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in Euro 3000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 02 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.