Nessun risarcimento per la mancata apertura dell’airbag perché, oltre a non essere dimostrato il difetto di fabbrica, i danni non sarebbero stata più lievi se il dispositivo avesse funzionato (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 23 agosto 2023, n. 25177).

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati

GIACOMO TRAVAGLINO                            Presidente

PASQUALE GIANNITI                                  Consigliere

STEFANIA TASSONE                                   Consigliere

GIUSEPPE CRICENTI                                   Consigliere – Rel.

CARMELO CARLO ROSSELLO                    Consigliere

ORDINANZA

sul ricorso 27558/2020 proposto da:

(omissis) (omissis) in proprio e nella sua qualità di erede di (omissis) (omissis) nonché quale coerede di  (omissis) (omissis) ved. (omissis) rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis) (omissis);

-ricorrente-

contro

(omissis) Spa (già (omissis) Spa, già (omissis) Spa), in persona del Procuratore speciale e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa unitamente dagli avvocati (omissis), (omissis) (omissis);

-controricorrente-

avverso la sentenza n. 3138/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 05/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/06/2023 dal dott. CRICENTI GIUSEPPE

RITENUTO CHE

1.- (omissis) (omissis) ha avuto un incidente mentre guidava una vettura (omissis) con la quale, a causa delle condizioni di maltempo, è uscito fuori strada precipitando nella scarpata. Nel veicolo era altresì trasportato il fratello, (omissis) (omissis) (omissis) entrambi hanno riportato gravi danni.

(omissis) (omissis) ha agito in giudizio contro (omissis) (omissis), sostenendo che la mancata apertura degli airbag è stata la ragione dei danni subiti, o del loro aggravamento, ed in particolare di quelli riportati all’anca.

Nel corso del giudizio è stata effettuata una ATP dalla quale è emerso il malfunzionamento degli airbag che ne ha impedito l’apertura.

Tuttavia, sempre nel corso del giudizio di primo grado, è stata espletata CTU, dalla quale è emerso che la mancata apertura degli airbag non ha causato né aggravato il danno e che, anzi, se gli airbag si fossero aperti, probabilmente il danno sarebbe stato maggiore.

2.- Di conseguenza, il Tribunale di Ravenna ha rigettato la domanda, ritenendo non provato, anzi escludendolo, che vi fosse un nesso di causa tra la mancata apertura degli airbag ed il danno subito dall’attore.

2.1.- Nel frattempo (omissis) (omissis) deceduto e gli sono subentrati la moglie (omissis) (omissis) ed il figlio (omissis) la moglie è deceduta nelle more del giudizio di appello, e dunque la causa è stata proseguita da (omissis) (omissis) in proprio e quale erede della (omissis).

2.2.- Anche la Corte di appello ha rigettato la domanda aderendo alle conclusioni del consulente tecnico e rigettando le critiche rivolte alla CTU dall’appellante.

3.- La decisione di appello è oggetto di ricorso per Cassazione da parte di (omissis) (omissis) con otto motivi e memoria. Ne chiede il rigetto la (omissis) (omissis) con controricorso.

CONSIDERATO CHE

4.- Il primo motivo prospetta violazione dell’articolo 112 c.p.c.

Secondo il ricorrente, in primo grado era stato accertato il difettoso funzionamento degli airbag, ma era stato escluso che tale difetto avesse potuto determinare il danno, o aggravarlo.

La Corte di appello sarebbe invece tornata sulla questione del funzionamento degli airbag senza che ve ne fosse domanda, in quanto (omissis) sul punto non aveva proposto appello incidentale.

Secondo il ricorrente, sulla questione del funzionamento degli airbag, in quanto questione autonoma, si è formato un giudicato, posto che la questione non è stata riproposta in appello da chi era legittimato a farlo, ossia la parte soccombente.

5.- Il secondo motivo prospetta violazione degli articoli 323 e 349 c.p.c.

Sempre in relazione alla questione del mancato funzionamento degli airbag, il ricorrente osserva come erroneamente la Corte di Appello abbia ravvisato nella comparsa di (omissis) la volontà di impugnare: invece non vi era dichiarazione di appello, né argomenti a suo supporto, ed era quindi impossibile ravvisare, sul punto, una impugnazione.

6.- Il terzo motivo prospetta violazione dell’articolo 347 c.p.c..

La Corte di Appello ha accolto eccezioni di (omissis)he andavano proposte nei termini dell’appello incidentale, e che però sono state proposte nella comparsa di costituzione tardivamente depositata:(omissis)avrebbe dovuto costituirsi entro venti giorni dalla prima udienza, non avendo rilievo la circostanza che quest’ultima era stata differita d’ufficio, posto che tale differimento non comporta affatto la decorrenza di un nuovo termine per la costituzione.

La prima udienza era fissata, in citazione, per il 7 maggio 2014, per cui la costituzione in giudizio sarebbe dovuto avvenire entro il 17 aprile 2014.

La prima udienza è stata poi differita al 13 maggio 2014, ed (omissis) si è costituita il 12 maggio 2014.

La costituzione era dunque tardiva, ed inammissibile deve ritenersi un eventuale appello incidentale in essa contenuto.

Questi tre motivi, per la loro connessione logica, possono valutarsi insieme e sono infondati.

Va fatta una premessa dirimente.

La decisione impugnata ha più rationes decidendi.

Una di queste, la prima ad essere esposta, è che i motivi di appello non erano specificamente volti a contestare gli esiti della CTU, poi fatti propri dal giudice. Piuttosto, secondo la decisione impugnata, quei motivi “si sostanziano in affermazioni apodittiche e generiche sulle funzioni dell’airbag, che sono perciò inidonee ad inficiare la valutazione peritale secondo cui  le lesioni riportate da (omissis) (omissis) rientrano nel traumatismo collegato all’uso della cintura di sicurezza e non sarebbero  verosimilmente state diverse anche in caso di funzionamento dell’airbag” (p.5).

La decisione impugnata in sostanza si basa anche sull’assunto di una non specifica contestazione delle conclusioni del CTU: ratio, questa, non censurata in questa sede.

Ad ogni modo, i tre motivi sono comunque infondati.

Intanto, a passare in giudicato è un capo di sentenza, ossia una decisione che può dirsi autonoma, o che da sola può giustificare il deciso. Nella fattispecie, il ricorrente ritiene che a passare in giudicato sia la questione del difettoso funzionamento degli airbag, che invece è solo un presupposto logico-giuridico della decisione, ossia un argomento su cui semmai si fonda la conclusione assunta dai giudici, e non un capo autonomo di sentenza.

Il ricorrente peraltro non dimostra che in primo grado è stato accertato che gli airbag erano difettosi, né riporta alcunché a dimostrazione che v’è stato un tale accertamento, ove mai suscettibile di passare in giudicato: che, anzi(omissis) riporta elementi per il contrario assunto, ossia che quell’accertamento è mancato, poiché nessuno hai mai asserito che gli airbag erano difettosi di (omissis)

Inoltre, non è fondato assumere che il giudice di appello si è posto la questione del funzionamento degli airbag d’ufficio, oltre quanto richiestogli, poiché l’appello del ricorrente verteva proprio su quella circostanza, ossia sul nesso di causa tra il mancato funzionamento degli airbag ed il danno da lui subito, e dunque la cognizione del giudice di appello è stata determinata proprio dalla impugnazione del ricorrente.

7.- Il quarto motivo prospetta violazione dell’articolo 292 c.p.c.

Il ricorrente sostiene che (omissis) proponendo appello incidentale, o comunque riproponendo una questione decisa in primo grado in maniera sfavorevole, avrebbe dovuto notificare la comparsa ai contumaci: l’appello era stato proposto dal solo ricorrente, uno degli eredi del danneggiato, ed era stato notificato agli altri coeredi (la moglie e gli altri figli del danneggiato), che però erano rimasti contumaci, ma avrebbero avuto interesse a comparire ove avessero saputo della volontà di (omissis) di ottenere un accertamento a sé favorevole su una questione (quella del funzionamento degli airbag) già decisa in primo grado sfavorevolmente.

Il motivo è inammissibile.

Suo presupposto è che (omissis) abbia proposto una domanda riconvenzionale che aveva obbligo di notificare alle altre parti, rimaste contumaci.

Non v’è alcuna prova di tale domanda, né il ricorrente la fornisce, ed anzi, quanto da lui esposto nei motivi precedenti concorre a smentire che il giudice abbia deciso sulla questione senza che vi fosse domanda di parte.

8.- Il quinto motivo prospetta una violazione degli articoli 2043 c.c. e degli articoli 5 ed 8 del DPR 224/ 1998.

La tesi è la seguente.

Il giudice di appello ha, da un lato, escluso il malfunzionamento degli airbag e, per altro verso, ha ritenuto che, se anche si fossero aperti, non avrebbero inciso sull’eziologia dell’evento, e che dunque la mancata apertura non ha né causato né aggravato il danno subito dalla vittima dell’ incidente.

La censura che il ricorrente muove a questa tesi è che il malfunzionamento degli airbag è, di per sé, ragione per credere che sia stato causa del danno.

Inoltre, secondo il ricorrente, i giudici di merito hanno tratto la conclusione che gli airbag non erano difettosi, ma che non si fossero correttamente aperti, atteso quel tipo di incidente, da elementi irrilevanti.

Sostiene, inoltre, che il difetto è da imputarsi, come da lui sin dall’inizio eccepito, alla intera vettura in questo senso: un prodotto destinato alla sicurezza è da considerarsi difettoso se non si apre nel momento del bisogno e dunque non garantisce la sicurezza.

Poiché la fattispecie di riferimento è la responsabilità del produttore, sarebbe spettato alla (omissis) dimostrare che il prodotto non era difettoso: prova non fornita.

9.- Il sesto motivo prospetta violazione dell’artico 2043 c.c.

Il ricorrente contesta l’accertamento in fatto dei giudici di merito: che cioè le lesioni si sono verificate soprattutto a causa dell’azione delle cinture di sicurezza, e che comunque l’apertura degli airbag non avrebbe influito nel ridurre le lesioni, perché il corpo è stato spostato in avanti dallo scivolamento nella scarpata e perché in quel momento, dopo essersi aperti, gli airbag avrebbero cominciato a sgonfiarsi, come normalmente accade.

Secondo il ricorrente questo accertamento è frutto di una valutazione sbagliata da parte del CTU, cui i giudici hanno prestato adesione, violando il canone del più probabile che no, in quanto hanno aderito ad una ricostruzione meramente probabilistica della dinamica del fatto.

Secondo il ricorrente la corte di merito avrebbe ritenuto che l’attore non ha provato il nesso di causa – tra la mancata apertura degli airbag e le lesioni- richiedendo la certezza della prova, anziché, come avrebbero dovuto, la maggiore probabilità.

10.- Il settimo motivo prospetta violazione dell’articolo 111 Costituzione.

Secondo il ricorrente, i giudici di merito si sarebbero discostati dalla CTU di primo grado, quanto alla circostanza del malfunzionamento degli airbag, ma senza dare adeguata motivazione di tale dissenso, ed in violazione della regola per cui il giudice può disattendere le risultanze della consulenza tecnica ma deve dare adeguata ragione del suo dissenso.

I motivi, legati da logica connessione, sono inammissibili.

Il ricorrente censura un accertamento in fatto, ossia la valutazione del giudice di merito, sulla base della CTU, secondo cui anche in caso di apertura degli airbag le lesioni non si sarebbero potute evitare (anzi, avrebbero potuto addirittura aggravarsi), e dunque la valutazione che porta il giudice di merito a negare il nesso di causa.

Né sussiste vizio di motivazione: il giudice di appello ha dato ragione della sua adesione alle conclusioni del CTU (in sede di rinnovazione), ed anzi, alcune le ha tratte proprio dalla descrizione dei fatti fornita dal ricorrente (p. 5 -6), ed ha altresì dato conto del perché ha disatteso le conclusioni dell’altro CTU quanto al funzionamento degli airbag (p. 6-7), sebbene quelle ragioni siano irrilevanti, essendo la ratio decidendi nel senso che, se anche avessero funzionato gli airbag, il danno si sarebbe verificato ugualmente in quei termini.

11.- L’ottavo motivo denuncia violazione dell’articolo 112 c.p.c.

Ritiene il ricorrente di avere proposto un motivo di appello quanto alla liquidazione delle spese di CTU, sostenendo che essa era errata nel merito, e quelle di CTP sul presupposto che alcuna documentazione circa le spese era stata allegata.

I giudici di merito hanno ritenuto oggetto di rinuncia questa domanda, perché non riproposta in conclusionale.

Ritiene il ricorrente che la Corte di Appello ha errato nel ritenere che egli avesse rinunciato alla domanda semplicemente non avendola riproposta in conclusionale e senza tenere conto delle complessive conclusioni prese.

Il motivo è inammissibile.

Non si dice in che termini le domande sulle spese sono state formulate, e perché soprattutto, a prescindere anche da ciò, il giudice di merito avrebbe dovuto ricavarle dal tenore complessivo dell’atto: quale era tale tenore, ed in che senso esso avrebbe dovuto indicare una domanda, non oggetto di rinuncia, non è illustrato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento della somma di 4000,00 euro, oltre 200,00 euro per rimborsi.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13.

Roma 22.6.2023.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.