Non credibile lo straniero che si dichiara gay, ma non fa chiarezza su quando ha preso coscienza della propria omosessualità (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 8 aprile 2022, n. 11518).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MELONI Marina – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10373-2021 proposto da:

(OMISSIS) ANTHONY, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1007/2020 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 05/10/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA FIDANZIA.

RILEVATO

– che viene proposto, affidandolo a due motivi, ricorso avverso la sentenza n. 1007/2020, depositata il 5.10.2020, della Corte d’Appello di Ancona, la quale ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS) Anthony, cittadino della Nigeria, avverso il provvedimento del 21.9.2016 con cui il Tribunale di Ancona ha rigettato le domande per il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria;

– che il Ministero si è tardivamente costituito in giudizio ai soli fin idi un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis;

CONSIDERATO

1. – che con il primo motivo ed il secondo motivo, illustrati congiuntamente, il ricorrente ha dedotto rispettivamente la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 112 cod. proc., 9 comma 2° d.lgs n. 25/2008, 132 comma 2° n. e 429 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. , 111 comma 6° Cost (primo motivo), e la violazione degli artt. 3 e 5 d.lgs n. 251/07, 8,9,13 comma 1° bis, 27 comma 1 e 1 bis d.lgs dlgs n. 25/08, 16 dir. N. 2012/32/UE (secondo motivo).

– che il ricorrente lamenta che la Corte d’Appello ha eluso i principi di diritto enunciati da questa Corte nell’ordinanza n. 26822/2019 con cui, nell’annullare la precedente sentenza della Corte d’Appello n. 57/2018, aveva qualificato come apparente e perplessa, secondo i parametri stabiliti nella sentenza delle S.U. n. 8053/2014, la motivazione resa precedentemente dalla Corte territoriale;

– che, in particolare, il ricorrente assume l’intrinseca illogicità delle argomentazioni con cui la Corte d’Appello, nella sentenza ora impugnata, ha evidenziato le contraddizioni in cui lo stesso sarebbe incorso nel proprio racconto, avendo il giudice di merito soffermato la propria analisi su elementi marginali in relazione alla complessa vicenda vissuta dal richiedente e riproponendo i medesimi vizi già censurati dal giudice di legittimità;

2. – che il ricorso è inammissibile;

– che va preliminarmente osservato che la valutazione con cui il giudice di merito valuta la credibilità del racconto del richiedente costituisce apprezzamento di fatto che è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019);

– che, nel caso di specie, la Corte d’Appello, nella ricostruzione della vicenda del richiedente, e nella valutazione della sua attendibilità, non è affatto incorsa in una grave anomalia motivazionale;

– che, in particolare, se la prima sentenza n. 57/2018 della Corte d’Appello di Ancona era stata annullata da questa Corte sul rilievo che “il giudizio espresso dal giudice di gravame sulla genericità del narrato non risulta fondato su argomentazioni intellegibili”, “La Corte ha poi assunto la contraddittorietà di alcune circostanze descritte, ma senza spiegare le ragioni che avrebbero dovuto fondare la valutazione espressa: difatti, la motivazione del provvedimento non contiene alcuna puntuale indicazione di vere e proprie antinomie logiche della narrazione”, la sentenza ora impugnata ha, invece fondato la valutazione di non credibilità del richiedente su argomentazioni che soddisfano “il minimo costituzionale” secondo i parametri delle S.U. n. 8053/2014 e che sono immuni da vizi logici;

– che, infatti, le palesi contraddizioni logiche del racconto del richiedente, evidenziate dalla Corte, e relative alla modalità di scoperta da parte di terzi della sua relazione omosessuale con un suo amico ed alla presa di coscienza del suo orientamento sessuale, non riguardano affatto aspetti marginali, come dedotto dal ricorrente;

– che, infatti, non è marginale che il richiedente, persona istruita (avendo frequentato l’Università) di 35 anni, sia caduto in contraddizione proprio sulla narrazione dei fatti riguardanti il momento topico in cui (in un paese, peraltro, in cui l’omosessualità costituisce reato) la sua relazione intima con un suo amico sarebbe diventata di pubblico dominio o quando avrebbe scoperto il proprio reale orientamento sessuale (su quest’ultimo punto aveva riferito alla Commissione che tale scoperta era avvenuta all’età di 31 anni, mentre, in sede giurisdizionale, ha dichiarato di essersene accorto quando frequentava le scuole superiori nella fascia di età tra i 16 e 18 anni);

– che con i precisi rilievi della Corte d’Appello (vedi pagg. 4 e 5 sentenza impugnata) il ricorrente non si è seriamente confrontato, di talchè le censure dallo stesso svolte si appalesano come di merito;

– che la soccombenza del ricorrente non comporta la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali in considerazione dell’inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero;

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto.

Così deciso in Roma il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria, Roma 8 aprile 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.