Per la Cassazione, la notifica della cartella di pagamento, la si intende valida con la ricevuta dell’avviso di avvenuta notifica (Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, Sentenza 12 dicembre 2023, n. 34765).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Ettore CIRILLO                          Presidente

Dott. Andreina GIUDICEPIETRO      Consigliere

Dott. Andreina GIUDICEPIETRO      Consigliere Rel.

Dott. Marcello Maria FRACANZANI Consigliere

Dott. Federico LUME                         Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso n. 24930/2015 R.G. proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS) (OMISSIS), presso cui è elettivamente domiciliato in Roma al viale (OMISSIS) (OMISSIS) n. 262.

–ricorrente–

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, e Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del ministro pro tempore, domiciliati ope legis in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che li rappresenta e difende;

-controricorrenti-

avverso la sentenza n. 1607/09/2015 della Commissione tributaria regionale del Lazio, pronunciata il 19 febbraio 205, depositata il 18 marzo 2015 e non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2 8 novembre2023 dal consigliere, dott.ssa Andreina Giudicepietro.

RILEVATO CHE:

1. (omissis) (omissis) (omissis) ricorre con un unico motivo contro l’Agenzia delle entrate ed il Ministero dell’economia e delle finanze, che resistono con controricorso, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, indicata in epigrafe, che ha accolto l’appello del l’ufficio, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa della cartella di pagamento per maggiore Irpef relativa all’anno di imposta 2005.

2. Con la sentenza impugnata, la C.t.r. riteneva che la notifica dell’atto di appello fosse valida e che l’Agenzia delle entrate avesse provato anche la regolarità della notifica dell’avviso di accertamento; pertanto, la C.t.r. rilevava l’inammissibilità delle doglianze relative all’atto impositivo, poiché la cartella poteva essere impugnata solo per vizi propri.

Quanto all’eccezione relativa all’omessa indicazione del funzionario responsabile dell’emissione della cartella di pagamento, la C.t.r. ne riteneva la palese infondatezza, essendo indicato il responsabile del procedimento di emissione e notificazione della stessa, tale (omissis) (omissis).

3. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 28 novembre 2023, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 – bis1 cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n. 168, conv. dalla legge 25 ottobre 2016, n.197.

CONSIDERATO CHE:

1. Con l’unico motivo, il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. degli artt. 4 ed 8 l. 20 novembre 1982, n.980, nonché dell’art. 60 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.

Deduce il ricorrente di aver contestato la notifica dell’avviso di accertamento propedeutico all’emissione della cartella di pagamento sia in primo, sia in secondo grado.

Il contribuente sostiene, infatti, l’invalidità della notifica, in quanto la stessa non era riconducibile all’avviso di accertamento propedeutico alla cartella impugnata.

In particolare, il ricorrente aveva rilevato la non coincidenza del numero identificativo dell’avviso di accertamento con quello indicato nell’avviso di ricevimento della raccomandata postale, nonché la mancata produzione, da parte dell’ufficio, di copia conforme dell’avviso insieme con la documentazione attestante la notifica.

Dunque, secondo il ricorrente, erroneamente la C.t.r. aveva ritenuto che la non coincidenza del numero identificativo fosse un mero errore materiale e che dalla documentazione prodotta emergesse la prova dell’avvenuta notificazione dell’avviso di accertamento in questione.

2.1. Preliminarmente deve rilevarsi l’inammissibilità del ricorso nei confronti del Ministero dell’economia e finanze.

In tema di contenzioso tributario, a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle entrate, divenuta operativa dal 1° gennaio 2001, si è verificata una successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per effetto della quale deve ritenersi che la legittimazione ad causam e ad processum nei procedimenti introdotti successivamente alla predetta data spetti esclusivamente all’Agenzia (Cass. S.U. n. 3116/2006).

2.2. Ancora preliminarmente, deve darsi atto che l’Agenzia delle entrate ha emesso provvedimento di diniego di condono sull’istanza presentata dal contribuente ai sensi dell’art. 6 d.l. n. 119/2018, alla quale, secondo quanto rilevato dall’Agenzia delle entrate, non erano seguiti i versamenti dovuti per il perfezionamento della definizione.

Con la nota di deposito del diniego di condono, l’ufficio ha precisato che, se nessuna delle parti avesse richiesto la trattazione della causa entro il 31/12/2020, si sarebbe dovuta dichiarare l’estinzione del giudizio.

Tuttavia, deve rilevarsi che la vicenda condonistica non ha avuto alcuna emersione dal punto di vista processuale, la parte contribuente non ha mai fatto valere in giudizio alcuna domanda di condono, neppure in termini di sospensione, e in atti non abbiamo altro che il diniego di un condono; dunque nel caso di specie, in cui non vi è stata la sospensione del giudizio ed il condono non si è perfezionato, non può dichiararsi l’estinzione dello stesso per inattività delle parti ed il ricorso va esaminato.

2.3. L’unico motivo di ricorso è infondato e va rigettato.

Invero, la prova del perfezionamento del procedimento d ella notificazione a mezzo posta è assolta dal notificante mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, poiché, una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, l’atto deve ritenersi a lui ritualmente consegnato, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 cod. civ., fondata sulle univoche e concludenti circostanze (integranti i requisiti di cui all’art. 2729 cod. civ.) della spedizione e dell’ordinaria regolarità del servizio postale, e superabile solo ove il destinatario medesimo dimostri di essersi trovato, senza colpa, nell’impossibilità di prenderne cognizione, come nel caso in cui sia fornita la prova che il plico in realtà non conteneva alcun atto al suo interno (ovvero conteneva un atto diverso da quello che si assume spedito) (cfr. Cass.n.16528/2018, in tema di notifica a mezzo posta della cartella esattoriale).

Più di recente, questa Corte, in tema di notifica della cartella esattoriale ex art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, ha affermato che la prova del relativo perfezionamento è assolta mediante la produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata, la cui riferibilità alla specifica cartella è oggetto di un accertamento di fatto da parte del giudice ed è suscettibile di prova contraria da parte del destinatario, non essendo altresì necessario che sull’avviso di ricevimento venga indicato il numero della cartella medesima (Cass. n.17841/2023).

Dunque, anche in tema di prova del perfezionamento del la notifica a mezzo posta dell’atto impositivo, deve ribadirsi che non è necessaria la produzione in giudizio dell’originale o della copia autentica dell’avviso di accertamento, essendo invece sufficiente la produzione dell’avviso di ricevimento.

Nel caso di specie, il giudice di appello, con accertamento di fatto insuscettibile di sindacato in questa sede, ha ritenuto la riconducibilità della notifica all’atto impugnato, sostenendo che l’indicazione di un numero identificativo diverso (per la non corrispondenza di un’unica cifra –TK5054P08085 e non TK5014P08085) fosse attribuibile a mero errore materiale, risultando dalla documentazione in atti l’avvenuta notifica al contribuente dell’atto impositivo in data 17/12/2010 ed essendo inverosimile che nello stesso giorno al contribuente venissero notificati due avvisi di accertamento il cui numero identificativo era diverso per un sola cifra.

Per quanto fin qui detto, pertanto il ricorso va rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente a pagare all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5800,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 28 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.