Pochi euro e generi alimentari dagli ambulanti abusivi per continuare a vendere: condannato il capo della Polizia municipale (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 28 settembre 2022, n. 36769).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente –

Dott. RICCIARELLI Massimo – Consigliere –

Dott. APRILE Ercole – Consigliere –

Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere –

Dott. DI GERONIMO Paolo – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da

(OMISSIS) Antonio, nato a Rosarno l’11/3/19xx;

avverso la sentenza emessa il 19/10/2021 dalla Corte di appello di Reggio Calabria;

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

udita la relazione del consigliere Dott. Paolo Di Geronimo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Piergiorgio Morosini, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza limitatamente alla mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 323-bis, comma secondo, cod. pen.;

udito l’avvocato Laura (OMISSIS), sostituto processuale dell’avvocato Valimir (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Reggio Calabria confermava la sentenza di condanna emessa nei confronti del ricorrente in ordine a plurime condotte di induzione indebita, commesse abusando della qualità di Capo della Polizia Municipale di Rosarno, pretendendo la consegna di modesti importi (nell’ordine di 2 o 3 euro), dai commercianti ambulanti che non avevano presentato richiesta di occupazione del suolo pubblico.

In particolare, le sentenze di merito accertavano che l’imputato richiedeva agli ambulanti la consegna delle suddette somme di denaro, prospettando che, altrimenti, non avrebbero potuto continuato a vendere la loro merce nell’area di svolgimento del mercato comunale.

2. Avverso la suddetta sentenza, il ricorrente ha proposto un unico motivo di ricorso, per vizio di motivazione, con il quale si duole del mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 323-bis, comma secondo, cod. pen.

Sostiene il ricorrente, infatti, che i giudici di merito avevano erroneamente escluso la rilevanza del suo contributo collaborativo, ritenendo che i fatti fossero stati integralmente monitorati dagli inquirenti nel momento stesso in cui venivano effettuate le richieste di denaro, sicché alcun concreto apporto probatorio sarebbe stato offerto dall’imputato.

A supporto di tale impostazione, nel ricorso si richiama la deposizione resa dal Tenente dei Carabinieri Jessica (OMISSIS), la quale aveva riferito che l’imputato non era stato visto nell’atto di riscuotere denaro, se non in un’occasione (descritta al capo 1), sicché le ulteriori condotte illecite erano emerse solo a seguito delle dichiarazioni rese dall’imputato, il quale aveva indicato i restanti soggetti cui aveva richiesto denaro.

Sulla scorta di tale deposizione, si sostiene che i giudici di merito sarebbero incorsi nel vizio di travisamento della prova, lì dove si è ritenuto che i Carabinieri avevano monitorato tutte le condotte illecite poste in essere dall’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Nella sentenza di appello è stata compiutamente ricostruita l’attività di indagine che ha condotto all’arresto in flagranza dell’imputato, dandosi atto di come i militari assistevano alla consegna della somma di € 2 da parte di (OMISSIS) (capo 1).

Dal successivo pedinamento emergeva che l’imputato si avvicinava a vari venditori ambulanti per farsi consegnare beni di diversa natura e, nel momento in cui si accingeva ad allontanarsi a bordo dell’autovettura di servizio, veniva fermato e sottoposto a perquisizione, risultando in possesso della somma complessiva di € 43,10.

I Carabinieri provvedevano alla identificazione dei venditori cui l’imputato aveva richiesto denaro, ottenendo la conferma del modus operandi già accertato in precedenza.

La Corte di appello non è affatto incorsa nel travisamento della prova denunciato dal ricorrente, infatti, dà espressamente atto che l’imputato, dopo la perquisizione, ammetteva di aver ricevuto del denaro da alcuni ambulanti.

Tuttavia, tale circostanza non è stata ritenuta idonea a riconoscere l’attenuante della collaborazione, in quanto al momento dell’arresto e delle successive spontanee dichiarazioni erano stati già acquisiti elementi gravemente indizianti, a fronte dei quali il contributo dell’imputato non è stato ritenuto determinante.

Nel ragionamento probatorio seguito dalla Corte non emerge il travisamento della prova denunciato dal ricorrente, in quanto si dà puntualmente conto di come la consegna del denaro sia stata percepita de visu nella sola ipotesi descritta al capo 1; la successiva attività di individuazione degli altri ambulanti può ritenersi che sia stata al più agevolata dal comportamento collaborativo dell’imputato, salvo restando che una volta individuato il modus agendi e stante l’ambito circoscritto nel quale la condotta veniva realizzata, gli inquirenti sarebbero ugualmente giunti alla ricostruzione completa dei fatti.

2.1. A ciò occorre aggiungere che il motivo di ricorso, limitandosi ad esaminare la sola deposizione del Tenente (OMISSIS), non assolve a tutti i requisiti per l’utile proposizione del vizio di travisamento della prova.

Per consolidata giurisprudenza, infatti, ai fini della deducibilità del vizio di “travisamento della prova”, che si risolve nell’utilizzazione di un’informazione inesistente o nella omessa valutazione della prova esistente agli atti, è necessario che il ricorrente prospetti la decisività del travisamento o dell’omissione nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica (Sez. 6, n. 36512 del 16/10/2020, Villari, Rv. 280117; Sez. 6, n. 10795 del 16/2/2021, Rv. 281085).

Nel caso di specie, la Corte di appello ha chiaramente ritenuto che il contributo dichiarativo dell’imputato, intervenuto quanto questi era stato già sottoposto a perquisizione, si è risolto in una sostanziale ammissione di fatti già sufficientemente accertati, tant’è che si è proceduto all’arresto in flagranza.

Ne consegue che l’enfatizzazione della deposizione resa dal teste (OMISSIS) risulta inidonea a configurare il travisamento della prova.

3. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 14 settembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.