Raggiro dei risparmiatori, la Cassazione chiarisce i termini della truffa (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 6 novembre 2024, n. 40790).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. Luciano Imperiali – Presidente –

Dott. Maria Paola Borio – Consigliere –

Dott. Ignazio Pardo – Consigliere –

Dott. Michele Calvisi – Consigliere –

Dott. Massimo Perrotti – Relatore –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di:

(omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis), nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

(omissis) (omissis), nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 09/10/2023 della Corte d’appello di Milano,

visti gli atti, il provvedimento impugnato, i ricorsi degli imputati e le memorie delle parti civili;

udita la relazione svolta dal consigliere dott. Massimo Perrotti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. Marco Patarnello, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;

uditi i difensori delle parti civili avv. (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (per (omissis) (omissis), in proprio e quale legale rappresentante della (omissis) (omissis) s.r.I.), avv. (omissis) (omissis) (per (omissis) (omissis), quale erede universale di (omissis) (omissis)), avv. (omissis) (omissis) (per (omissis) (omissis)), i quali hanno depositato conclusioni scritte e note spese, chiedendo la inammissibilità o il rigetto dei ricorsi e in ogni caso la irrevocabilità, per mancata impugnazione, delle statuizioni civili disposte in loro favore per i delitti di cui al capo A, sub 1, 2, 3;

uditi i difensori degli imputati avv.ti (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (omissis) per (omissis), (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) per (omissis), che hanno insistito per l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 2526, emessa il 5 marzo 2021, il Tribunale di Milano, terza Sezione penale, all’esito del giudizio ordinario così decideva in ordine all’oggetto delle imputazioni: – dichiarava la penale responsabilità di (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) per i reati loro ascritti al capo A), quanto a (omissis) limitatamente alla truffa relativa al fondo (omissis) (omissis) ed esclusa l’aggravante di cui all’art. 61, n. 2 c.p., per entrambi esclusa raggravante di cui all’art. 61 n. 9 c.p., al capo B), quanto a (omissis) limitatamente all’ipotesi di cui all’art. 648 ter.1, comma secondo cod. pen., così qualificato il fatto contestato, quanto a (omissis) limitatamente all’ipotesi di cui all’art. 648 ter cod. pen., – unificati tali reati sotto il vincolo della continuazione, condannava (omissis) alla pena di 6 anni di reclusione ed euro 10.000 di multa, (omissis) alla pena di 4 anni e 6 mesi di reclusione ed euro 5.100 di multa.

– applicava ad entrambi gli imputati la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di 5 anni;

– ordinava, nei confronti di entrambi, ai sensi dell’art. 648 quater cod. pen., la confisca per equivalente del profitto dei reati di cui agli artt. 648 ter e 648 ter.1, comma secondo cod. pen., determinato in euro 4.400.000;

– pronunciandosi sulle domande delle parti civili (capo A, sub 1, 2, 3) condannava il (omissis), la società (omissis) (omissis) in qualità di responsabile civile e lo (omissis), al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite, come rispettivamente attribuiti e liquidati nel dispositivo, e manteneva il sequestro conservativo disposto sui beni di (omissis) e (omissis) con provvedimento in data 11 luglio 2019.

2. La Corte di appello di Milano, con sentenza emessa il 9 ottobre 2023, oggi impugnata, in parziale riforma della decisione di primo grado, dichiarava non doversi procedere per difetto di querela:

– nei confronti di (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) per la truffa realizzata con riferimento agli investimenti nelle obbligazioni TRE, ad eccezione del fatto commesso in danno di (omissis) (omissis);

– nei confronti di entrambi gli imputati per la truffa realizzata con riferimento agli investimenti nei titoli (omissis) (omissis), ad eccezione dei fatti commessi in danno di (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) quale legale rappresentante di (omissis) (omissis) S.r.l., (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) (omissis), (omissis) (omissis), (omissis) (omissis), (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) (omissis), (omissis) (omissis), (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) (omissis); dichiarava inoltre:

– non doversi procedere nei confronti di (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) per tutti i restanti reati loro rispettivamente ascritti al capo A) in quanto estinti per prescrizione; rideterminava la pena inflitta a (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) in anni 3 mesi 6 di reclusione ed euro cinquemila di multa e la pena inflitta a (omissis) (omissis) in anni 4 di reclusione ed euro cinquemila di multa, oltre le pene accessorie, la disposta confisca e la condanna al risarcimento dei danni ed al pagamento delle provvisionali disposte rispettivamente in favore di (omissis) (omissis), (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis); confermava infine le restanti statuizioni civili e il mantenimento del sequestro conservativo, condannando gli imputati e il responsabile civile alla rifusione alle parti civili delle spese processuali del grado di appello.

3. I FATTI CONTESTATI.

3.1. A) (omissis) (omissis) è indicato in imputazione e riconosciuto in sentenze conformi (sul punto non impugnate) come dominus (a vario titolo, legale e di fatto) della (omissis) (omissis) dal 29 marzo 2012 al 30 marzo 2018. In uno ad altri imputati, separatamente giudicati, in data 8 maggio 2013 costituiva il Fondo immobiliare chiuso, riservato e speculativo (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (SRRE), con oggetto immobili, crediti e partecipazioni in società tutte controllate dalla (omissis) 90 s.r.I..

Per la costituzione del Fondo SRRE era stata disposta l’emissione di 12 quote di classe A del valore nominale di euro 500.000 ciascuna (destinate a chi conferiva gli immobili, di fatto sottoscritte interamente dalla (omissis) 90 s.r.I., che conferiva immobili ritenuti sopravvalutati), 22 quote di classe B, sempre del valore nominale di euro 500.000 ciascuna (destinate solo ai clienti professionali che finanziavano il Fondo per gli acquisti speculativi e la successiva gestione degli immobili).

Le azioni di classe B erano sottoscritte, in minima parte da altre gestioni patrimoniali e da alcuni clienti di (omissis) (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis), ma per la maggior parte (12 quote), da (omissis) fiduciaria della TRE (omissis).

In particolare, in data 14 giugno 2013 TRE (omissis) s.a. era autorizzata all’emissione di obbligazioni; di poi si impegnava ad acquistare n 16 quote del Fondo SRRE, per un importo pari a 8 milioni di euro, ovvero ad investire nel fondo almeno 1’80% delle risorse raccolte con la campagna obbligazionaria; l’acquisto avveniva per euro 6 milioni attraverso la fiduciaria (omissis) s.r.l. (omissis) SGR si impegnava a corrispondere annualmente a TRE (omissis) un importo pari al 3% del valore nominale iniziale delle quote del Fondo SRRE acquistate da TRE (omissis); somma corrispondete alla cedola riconosciuta dal prestito obbligazionario ed effettivamente versata per euro 570mila.

(omissis) SGR si impegnava a garantire interamente a TRE (omissis). il valore della sottoscrizione (6 milioni) delle quote del Fondo SRRE. I 117 clienti (retail) della (omissis) SGR (tra i quali l’unico querelante (omissis) (omissis)), ignari del palese conflitto di interessi che caratterizzava l’agire finanziario delle società coinvolte dal patto di concambio e del rischio della complessiva operazione, acquistavano le obbligazioni (prive di quotazione di borsa) emesse dalla TRE (omissis) per un valore complessivo di euro 6.400.000 euro (che veniva tuttavia interamente restituito, con aggiunta della cedola di interessi del 3%).

Attraverso tale meccanismo di concambio si veniva a creare la liquidità minima necessaria e indispensabile per l’avvio del Fondo SRRE.

Così operando si produceva un vantaggio patrimoniale pari al valore delle obbligazioni TRE (omissis) fatte confluire sui 117 mandati di gestione patrimoniale e su altri fondi, con un corrispondente danno per gli investitori consistito nell’esporre i portafogli gestiti dalla (omissis) SGR a significativi fattori di rischio ed a rilevanti perdite quantificate in euro 6.500.000, pari al valore dell’intero investimento successivo nel Fondo (omissis) (omissis) (omissis).

Erano altresì indotti in errore i clienti (omissis) SGR (omissis) (nelle more deceduta), (omissis) (anche nella qualità di amministratore di (omissis) COSTRUZIONI srl) e (omissis) (omissis), cui gli agenti facevano acquistare le quote del FONDO SRRE, che subivano poi un decremento di oltre il 70% del valore nominale di sottoscrizione.

Tutte tali fattispecie sono state già dichiarate estinte per intervenuta prescrizione ed erano già state dichiarate tutte improcedibili, fatta eccezione (limitatamente a quanto rileva in questa sede) per le condotte commesse in danno di (omissis) (madre di (omissis) oggi deceduta) (omissis) (nella triplice qualità) e (omissis), che tuttavia non rivendica danni derivati dalla operazione relativa alle obbligazioni TRE (omissis).

3.2. (omissis) e (omissis) sono stati chiamati a giudizio per rispondere altresì di due distinte ipotesi di delitti derivati, capo B): autoriciclaggio il (omissis) (che è concorrente nel presupposto delitto di truffa commesso in danno dei 117 obbligazionisti TRE (omissis)) e reimpiego finanziario (omissis) (estraneo alla consumazione del reato di truffa presupposto).

4. Al capo A la Corte territoriale, in sintonia con il tribunale, ha ritenuto di poter enucleare la contestazione di cinque autonome condotte di truffa poste in continuazione tra loro, così descrivibili per sintesi telegrafica:

– condotte nn. 1, 2 e 3, contestate al solo (omissis), costituite dagli investimenti indotti in quote (del valore di euro 500.000,00 ciascuna) del FONDO SRRE ((omissis) (omissis) (omissis) (omissis)), costituito anche con il valore di altri immobili (conferente (omissis)) già sopravvalutati all’origine;

– condotta n. 4, contestata ancora al (omissis), costituita dall’inserimento nel portafogli di 117 investitori della (omissis) SGR delle obbligazioni TRE (omissis)., società che aveva acquistato, tramite una fiduciaria, 16 quote del fondo (omissis) SRRE;

– condotta n. 5, contestata ad entrambi i ricorrenti, costituita dall’inserimento nei portafogli clienti della (omissis) SRRE di quote del Fondo (omissis) (omissis), acquistate con il ricavato della vendita ad altri fondi in titolarità a (omissis) (omissis) delle obbligazioni (omissis), successivamente alla segnalazione dell’anomalia delle operazioni descritte al punto 4) da parte della Banca d’Italia.

La condotta da ultimo descritta integrava, nella prospettazione accusatoria, gli ulteriori reati contestati al capo B) (reimpiego per (omissis) ed autoriciclaggio per (omissis)) in quanto i proventi della vendita delle obbligazioni TRE, illeciti poiché conseguiti attraverso la truffa sub 4 in danno dei 117 obbligazionisti, erano stati utilizzati per l’acquisto di quote del (omissis) (omissis) (omissis), finalizzato a occultarne la provenienza illecita.

Denominatore comune delle condotte fraudolente è che le truffe sono state realizzate tramite la gestione di strumenti finanziari, e gli artifici a raggiri sono consistiti nell’induzione a investire in quote del Fondo SRRE, nelle obbligazioni (omissis) e nelle quote del Fondo illiquido (omissis) (omissis), nel silenzio serbato dagli agenti in ordine a consistenza patrimoniale, solidità e origine degli investimenti proposti o inseriti nei portafogli clienti, così recando un danno agli investitori ignari del coefficiente di rischio e del reale valore delle quote acquistate.

5. La decisione impugnata.

Capo A, condotte sub 1, 2, 3: LA TRUFFA REALIZZATA CON LA CREAZIONE DEL FONDO SRRE E LA VENDITA DELLE QUOTE A (omissis), (omissis)/(omissis) COSTRUZIONI SRL E (omissis) (prime tre condotte autonome di truffa contestate a (omissis) in concorso con coimputati giudicati separatamente).

La Corte, in piena conformità verticale con la sentenza di primo grado, ha riconosciuto la responsabilità (ai soli fini risarcitori) del (omissis) in relazione alle condotte descritte sub 1, 2, 3 del capo A.

In particolare, la condotta decettiva contestata a (omissis) in concorso è consistita nella costituzione del Fondo immobiliare speculativo denominato (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (SRRE), mediante l’inserimento nel suo patrimonio di immobili sopravvalutati e società in conflitto di interessi con la stessa (omissis) SGR, nonché nella stipulazione di accordi con TRE (omissis) s.a., aventi ad oggetto l’acquisto di sedici quote del fondo (omissis) SRRE da parte della TRE (omissis), a fronte dell’emissione di un prestito obbligazionario da parte di TRE (omissis). s.a., finanziato da clienti della (omissis) SGR.

Venivano, quindi, indotti in errore (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) (in proprio e quale legale rappresentante della (omissis) Costruzioni s.r.I.) e (omissis) (omissis), i quali, pur non presentando i requisiti per poter essere definiti clientela professionale, acquistavano le quote del Fondo SRRE.

La sentenza impugnata (pag. 55, 56 e ss.) ha, pertanto, ritenuto dimostrato che il Fondo SRRE era stato costituito con beni immobili sopravvalutati, con corrispondente pregiudizio economico immediato per gli originari acquirenti delle quote (omissis), (omissis) e (omissis)/(omissis) Costruzioni S.r.l., ai quali neppure era stata offerta alcuna corretta descrizione del prodotto di investimento, almeno quanto a valutazione dei cespiti conferiti nel Fondo.

Tale condotta, ritiene la Corte territoriale, integra, di per sé sola, gli artifici e raggiri necessari per la truffa in ambito finanziario, configurabili anche in un comportamento omissivo (silenzio reticente o antidoveroso), che deve vertere, come in ogni caso di truffa c.d. contrattuale, su un elemento determinante il consenso, ovvero su un aspetto fondamentale dell’operazione economica in cui l’investitore sta impegnando il proprio capitale e deve essere posto in essere con lo scopo di alterare nel soggetto passivo la rappresentazione della realtà negoziale.

Capo A, condotta descritta sub 4 (contestata al solo (omissis)), induzione di 117 clienti retail della (omissis) SGR, non adeguatamente informati del contenuto e della rischiosità delle operazioni (tra i quali rileva la sola posizione del (omissis), unico costituitosi parte civile), che sottoscrivevano le obbligazioni (omissis) TRE per complessivi € 6.400.000, in violazione del Regolamento del Fondo e del c.d. Regolamento Consob, in assenza dei requisiti richiesti.

Anche in questo caso, la Corte territoriale, conformemente al primo giudice, ha ritenuto dimostrato il fatto produttivo del danno civile risarcibile giacché l’artificio, costituito dal silenzio fraudolento, ha prodotto l’effetto di raggirare il cliente, con la conseguenza che l’induzione in errore è eziologicamente legata all’omessa informazione, in quanto il cliente non informato acconsente, inizialmente in forza del mandato e successivamente in forza dell’omessa informazione, alle disposizioni patrimoniali che costituiscono le operazioni di investimento.

Nell’operazione di investimento concernente le obbligazioni TRE il danno va, evidentemente ravvisato, oltre che nella lesione del diritto all’autonomia negoziale dell’investitore, che non avrebbe effettuato l’operazione se fosse stato messo a conoscenza delle caratteristiche del prodotto, nella deminutio patrimonii”, rappresentata dal minor valore delle obbligazioni TRE conseguente all’investimento del 90% del ricavato della vendita delle obbligazioni nel Fondo (omissis) SRRE, che si è già visto essere sopravvalutato; segue la sopravvalutazione delle obbligazioni, connotate già di per sè dai fattori di rischio evidenziati dalla Banca d’Italia.

Pertanto, rispetto ad una regolare operazione di investimento ed al rischio connaturato all’andamento del mercato, nel caso in esame il rischio non era legato a fattori imprevisti ed imprevedibili propri del mercato, ma era connaturato alle stesse modalità di costituzione del Fondo Immobiliare e di emissione delle obbligazioni.

Capo A, condotta sub 5 contestata ad entrambi i ricorrenti, consistita nel collocare presso i clienti della (omissis) SGR le quote del (omissis) (omissis) (omissis).

La Corte territoriale, confermando anche in questo caso la sentenza di primo grado, ha ritenuto dimostrato il fatto produttivo del danno risarcibile sulla base delle seguenti argomentazioni: “Dalle risultanze istruttorie emerge che quest’operazione era stata gestita dal (omissis), con la collaborazione di (omissis) (omissis) (omissis), suo cognato, che dal novembre 2014 era stato nominato Direttore del Comitato Investimenti, e vedeva coinvolto (omissis) (omissis), al quale erano riferibili i fondi (omissis) e (omissis) ai quali (omissis) SGR aveva venduto gran parte delle obbligazioni TRE per un importo di euro 4.400.000,00, utilizzando verosimilmente il ricavato e/o comunque altre provviste, per l’acquisto di quote del Fondo (omissis) (omissis) fino all’importo di euro 6.500.000,00, riconducibile sempre allo (omissis), Presidente del board of director del fondo multi- comparto (omissis) (omissis).

L’operazione si perfezionava, per quanto di interesse nella fattispecie in esame, nel luglio 2015, con la sottoscrizione, da parte (omissis) SGR, delle quote del Fondo (omissis) (omissis) inserite così nei portafogli clienti della SGR, anche in questo caso, senza alcuna informazione circa la natura dell’investimento e, evidentemente, circa l’effettiva finalità dell’operazione, vale a dire la dismissione delle obbligazioni TRE”.

Gli autori degli artifizi e raggiri ottenevano quindi un ingiusto vantaggio patrimoniale, rappresentato da ingenti provviste finanziarie per realizzare la costituzione del Fondo, cagionando ai clienti un danno consistente nell’esposizione a plurimi fattori di rischio, nonché rilevanti perdite quantificate in € 6.500.000, pari all’intero investimento fatto nel fondo (omissis) (omissis), a seguito della dismissione del bond TRE (omissis) S.A.

In particolare, la Corte territoriale argomenta il proprio convincimento in ordine alla posizione di (omissis) (omissis) ed al danno provocato dalla silente condotta decettiva, nei seguenti termini: “La struttura del reato è analoga a quella della truffa avente ad oggetto l’investimento nelle obbligazioni TRE, e valgono le stesse considerazioni in ordine alla sussistenza degli artifici e raggiri, all’induzione in errore ed al danno.

Con riferimento specifico alla condotta dello (omissis) ed in relazione al motivo di gravame sul punto, deve rilevarsi che è irrilevante che l’imputato non abbia compiuto alcun comportamento decettivo né abbia avuto contatti con gli investitori, in quanto il comportamento decettivo integrante gli artifizi e raggiri è stato individuato essenzialmente nel silenzio serbato in ordine alle caratteristiche dell’investimento ed è quindi una condotta omissiva e lo (omissis), come il (omissis), risponde del reato anche qualora non gli sia riferibile la condotta tipica del reato, in quanto con il proprio operato ha fornito un contributo essenziale alla realizzazione della truffa in questione rappresentato dall’aver consentito, attraverso società a lui riconducibili, l’operazione fraudolenta consistita nella collocazione nei portafogli dei clienti di (omissis) SGR delle quote del FONDO (omissis) (omissis).

Nella sentenza appellata e negli atti di parte ci si è ampiamente confrontati sul profitto conseguito dagli imputati, individuandolo anche in vantaggi economici indirettamente conseguiti attraverso operazioni parallele alle truffe oggetto del processo, ma anche sotto questo profilo deve rilevarsi che il profitto, in forza delle efficacia estensiva delle norme sul concorso di persone del reato, non deve necessariamente essere conseguito da ciascuno dei concorrenti nel reato, essendo necessario e sufficiente che il reato abbia procurato un profitto ingiusto anche in capo ad uno solo dei concorrenti, profitto, che nella fattispecie in esame, in ragione della peculiarità della truffa, va ravvisato nell’aver conseguito il deceptor, attraverso la condotta fraudolenta – consistita, come già più volte ripetuto, nel/’omessa informazione in ordine alla natura dell’investimento, doverosa in ragione delle peculiarità del titolo-, l’operazione di investimento, indipendentemente dallo squilibrio oggettivo nelle rispettive controprestazioni, posto che il reato si realizza per il solo fatto che la parte abbia compiuto, anche in forza del mandato originario, l’atto dispositivo, che altrimenti non avrebbe posto in essere (ex plurimis Cass. Pen. Sez. 2, Sentenza n. 18778/2014, Rv. 259964 – 01).

Pertanto, anche questa quinta ipotesi di truffa è sussistente nei confronti di tutti gli investitori, clienti di (omissis) SGR che hanno acquistato quote del Fondo (omissis) (omissis), ed è procedibile con riferimento alle condotte poste in essere nei confronti delle persone offese costituite parti civili per l’ammontare dei rispettivi investimenti nelle suddette quote: (omissis) (omissis) per un ammontare di € 562.292,73, (omissis) (omissis) quale legale rappresentante di (omissis) Costruzioni S.r.l. per un ammontare di € 562.292,73, (omissis) (omissis) per un ammontare di € 25.162,50, (omissis) (omissis) per un ammontare di € 26.645,14, (omissis) (omissis) (omissis) per un ammontare di € 25.421,90, (omissis) (omissis) per un ammontare di € 25.206,64, (omissis) (omissis) per un ammontare di € 58.613,12, (omissis) (omissis) per un ammontare di € 5.389,19, (omissis) (omissis) per un ammontare di € 4.566,97, (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (omissis) per un ammontare di € 11.855,00 e (omissis) (omissis) (omissis) per un ammontare di € 19.894,87.”.

Capo B, REATI DI AUTORICICLAGGIO EX ART. 648 TER-1 cod. pen., contestato A (omissis) (omissis) e IMPIEGO DI DANARO BENI O UTILITÀ DI PROVENIENZA ILLECITA EX ART. 648 TER cod. pen. contestato a (omissis) (omissis).

La Corte territoriale così argomenta la decisione di conferma della responsabilità penale degli imputati: “Passando alla fattispecie concreta, il (omissis), con la vendita delle obbligazioni TRE ai fondi (omissis) e (omissis), riconducibili allo (omissis), per l’importo di euro 4.400.000,00, aveva apparentemente dato esecuzione all’invito contenuto nella relazione della Banca d’Italia di dismettere i titoli, titoli di provenienza illecita in quanto provenienti dalla quarta truffa, ascrivibile, nel presente giudizio, al solo (omissis), realizzata mediante rinserimento delle obbligazioni TRE nei portafogli dei clienti di (omissis) SGR, in pregiudizio degli stessi.

La condotta, ascritta ad entrambi gli imputati, integra, in conseguenza del concorso del (omissis) nel reato presupposto, i reati di autoriciclaggio per quest’ultimo ed il reato di cui all’alt. 648 ter nei confronti dello (omissis), il quale, non avendo partecipato al reato presupposto, ha concorso nel reimpiego in attività finanziarie dei titoli di provenienza illecita.

Nei motivi di appello si obietta in primo luogo, che le obbligazioni TRE fossero di provenienza illecita, ma la questione è superata dalle valutazioni formulate con riferimento al quarto episodio di truffa, contestato al (omissis), ed alla consapevolezza di entrambi della provenienza illecita delle obbligazioni TRE.

La consapevolezza della provenienza illecita dei titoli è evidente, con riferimento a (omissis), che aveva partecipato alla truffa avente ad oggetto i titoli stessi, e lo è anche per lo (omissis), come emerge da alcune battute già riportate nella telefonata con la (omissis) trascritta alla precedente pagina 62″.

Tale condotta integra il tipo, ad avviso dei giudici di merito, giacché l’idoneità della condotta a costituire un ostacolo alla identificazione della provenienza delittuosa della provvista sussiste anche qualora le operazioni siano state compiute da istituti finanziari, come nel caso in esame, in quanto la giurisprudenza di legittimità ravvisa il pericolo concreto richiesto dalla norma, anche nelle ipotesi in cui le operazioni risultino tracciabili.

Avverso tale decisione hanno proposto ricorso gli imputati (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis), a mezzo dei rispettivi difensori, chiedendo l’annullamento della sentenza per violazione della legge penale e/o processuale e vizio motivazionale in relazione a diversi profili della decisione, evidenziati con i contestuali motivi.

6. (omissis) (omissis) (capi A, sub 5 e B, reimpiego finanziario di provvista penalmente illecita, art. 648 ter cod. pen.):

6.1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 110 e 640 cod. pen. in ordine all’affermazione di responsabilità del ricorrente per il delitto di truffa sub 5, avuto riguardo alla ritenuta sussistenza di artifici e raggiri nella costituzione del Fondo SRRE.

La Corte avrebbe malinteso il contenuto ed il tipo dell’accordo sotteso alla sottoscrizione di quote del Fondo SRRE proposto alle parti civili, non trattandosi di consulenza nella proposta di investimenti, ma di acquisto di quote di un fondo di gestione patrimoniale, di tipo immobiliare e speculativo, per il quale non rileva alcuna induzione nel singolo investimento operato dal Fondo, ma solo la sottoscrizione delle quote del Fondo, poi libero di sviluppare gli investimenti di natura immobiliare o finanziaria secondo parametri dettati dalle condizioni contrattuali e dalle direttive e regolamenti CONSOB e Bankitalia.

I medesimi errori caratterizzerebbero la decisione impugnata, quanto all’an ed al quantum del danno patrimoniale provocato dalla condotta decettiva, giacché il Fondo presenta una data di scadenza nel 2023; solo a tale data, pertanto, il valore del NAV potrà considerarsi definitivo e si potrà quindi calcolare la perdita o l’utile dell’investimento.

Quanto al valore delle obbligazioni TRE (omissis), neppure i soli 23 clienti (omissis) SGR nei cui portafogli sono state riversate le quote del Fondo illiquido (omissis) (omissis) hanno ricevuto alcun danno, tanto in considerazione della cedola incassata, quanto per il rimborso integrale dell’investimento, dotato peraltro di garanzia AZIMUT.

La Corte territoriale avrebbe altresì omesso di motivare su punti decisivi della controversa decisione, sia nella identificazione del concreto danno provocato alle persone offese, in quanto tutti i bond erano stati infine venduti e la liquidità ricevuta riversata nei portafogli dei 117 investitori (nessuno dei quali, ad eccezione di (omissis) (omissis), ha poi sporto querela o si è costituito parte civile) che travisando il risultato probatorio, sia documentale che intercettivo.

Ancora, nessuna ulteriore perdita si era realizzata per i 117 obbligazionisti TRE (omissis), per effetto del successivo investimento nel fondo (omissis) (omissis), che ha riguardato solo 23 dei 117 clienti, per un valore di euro 902.000. In ogni caso, nessuno degli obbligazionisti ha subito perdite, per effetto del rimborso integrale del valore delle obbligazioni oltre la riscossione della cedola del 3%.

Sul punto la motivazione della Corte di merito è semplicemente assente.

Ancora, violazione e falsa applicazione degli artt. 110 e 640 cod. pen. in relazione all’affermazione di responsabilità del ricorrente per il delitto di truffa a titolo di concorso, in ragione del suo asserito apporto causale negli investimenti dei signori (omissis), (omissis) e (omissis) nelle quote del Fondo SRRE, in violazione della legge penale, previa motivazione omessa e/o illogica su punti decisivi della controversia e travisamento del risultato probatorio. La prova della partecipazione di (omissis) (omissis) all’attività di induzione all’investimento semplicemente manca, giacché questi non svolse alcun ruolo.

La Corte territoriale sarebbe incorsa in un vizio metodologico consistito nell’avere ascritto a (omissis) (omissis) un concreto contributo causale alle altrui decisioni di investire liquidità in virtù soltanto della sua consapevolezza delle iniziative assunte da altri soggetti.

6.2. Consegue che in assenza di delitto presupposto non può ritenersi integrato neppure il tipo del delitto di reimpiego, contestato al capo B), del quale difetta altresì il carattere dissimulatorio, trattandosi di operazioni finanziarie tutte tracciate.

Anche in riferimento a tale delitto difetta la prova della partecipazione di (omissis) (omissis), atteso che il contenuto dell’unica conversazione intercettata tra il ricorrente ed il coniuge è stato manifestamente equivocato dai giudici di merito, avendo in quella sede i coniugi conversato in riferimento alla decisione del Fondo di riconvertire (a seguito delle indicazioni date da Bankitalia) le obbligazioni TRE (omissis).

7. (omissis) (omissis) (capi A e B, sub specie autoreimpiego).

7.1. Motivazione omessa o apparente, violazione e falsa applicazione della legge penale quanto al danno patrimoniale concretamente subito dalla parte civile (omissis) in riferimento alla collocazione delle obbligazioni emesse dalla TRE (omissis).

I risultati della gestione sono stati positivi per (omissis), difetta pertanto il danno patrimoniale suo, come quello degli altri 116 clienti di (omissis) SGR.

Il Fondo (omissis) RRE cedeva le obbligazioni TRE, per complessivo valore nominale 6.400.000, a 6.403.583, quindi con utile per la clientela.

E’ dedotto inoltre il travisamento della prova in relazione al riconoscimento da parte di Banca d’Italia del fatto che le obbligazioni TRE erano state vendute senza alcuna perdita per i clienti interessati, con smobilizzo condiviso da corrispondenza con Bankitalia. Quindi si sono confusi i rischi con il danno, e non si è tenuto conto nemmeno della relazione Ernest & Young secondo cui il rischio era limitato e “non risultano perdite a carico dei sottoscrittori”.

Del resto, la stessa Corte di cassazione, con sentenza n. 17358/2023, del 22 marzo 2023, pronunciata sul ricorso proposto nell’interesse di Luigi Capitani (concorrente del (omissis)) aveva messo in evidenza proprio il difetto assoluto della motivazione in ordine al detto aspetto del danno provocato ai 117 investitori.

7.2. Consegue che, difettando uno degli elementi integratori della truffa, viene meno il presupposto dei delitti derivati indicati al capo B. Del resto, neppure è stato dimostrato che i fondi per l’acquisto alle azioni (omissis) trovassero provvista nel ricavato della collocazione dei bond TRE (omissis), la provvista di acquisto era pertanto lecita, trattandosi di mero “switch finanziario”. In questi termini è dedotto il travisamento della prova decisiva.

7.3. Violazione e falsa applicazione della legge penale in ordine alla disposta confisca per equivalente dei proventi del delitto di autoriciclaggio, che non possono coincidere con i proventi (4.400.000,00) del delitto di truffa, presupposto dell’autoriciclaggio.

Sul punto, la motivazione della Corte territoriale, evidenzia solo una coincidenza cronologica (post hoc propter hoc), consegue la mera apparenza della motivazione.

8. Memorie delle parti civili.

8.1. (omissis) (omissis).

Il ricorso (omissis), incentrato sulle modalità degli artifici e raggiri e sul danno patrimoniale concretamente provocato con la condotta relativa ai bond TRE (omissis) è manifestamente infondato, non tiene conto delle motivazioni della sentenza di appello e della indicazione della concreta deminutio patrimonii realizzatasi per (omissis) (omissis) e le altre parti civili che hanno visto pesantemente svalutato il valore delle quote del Fondo SRRE da loro acquistate.

8.2. (omissis) (omissis) nella triplice qualità.

Il ricorso di (omissis) non contesta l’affermazione di responsabilità (civile, le truffe sono in parte improcedibili, in parte prescritte) per il capo A, sub 1, 2 e 3.

Mentre per le truffe descritte al capo A, sub 4 e 5 la sentenza impugnata è chiarissima nella indicazione del danno (oltre quello all’autonomia contrattuale) patrimoniale provocato alle costituitesi parti civili (diminuzione del valore delle quote del Fondo SRRE acquistate, nel quale sono confluiti sia immobili sopravvalutati che le obbligazioni TRE (omissis)).

CONSIDERATO IN DIRITTO

Deve preliminarmente rilevarsi che i motivi di ricorso proposti da entrambi i ricorrenti non impingono aspetti relativi alla riconosciuta responsabilità (civile) per le truffe identificate dalla Corte territoriale, nell’ambito del capo A, ai numeri 1, 2 e 3.

Gli acquisti delle quote del Fondo SRRE da parte delle tre parti civili, indotte dagli artifizi provocati dal (omissis) (in concorso con altri, separatamente giudicati) hanno certamente (così argomentano i giudici di merito nella duplice conformità verticale di valutazione dei fatti) provocato una deminutio patrimonii consistente nella svalutazione delle dette quote (ciascuna acquistata al prezzo di euro 500.000), per effetto della perdita di valore complessivo del Fondo SRRE (pag. da 53 a 56 della sentenza impugnata). Su tale aspetto, nella già dichiarata estinzione dei reati di truffa, riconosciuto il danno civile e liquidata la provvisionale, motivi di ricorso non sono stati proposti.

Deve pure preliminarmente rilevarsi che l’argomento relativo alla ritualità della querela sporta da (omissis) (omissis) per la vicenda concernente le obbligazioni TRE (omissis)., proposto solo nel corso della discussione orale dall’avv. (omissis) (omissis), in difesa di (omissis) (omissis), non ha formato oggetto dei motivi di ricorso e, pertanto, non può essere valutato, neppure quale motivo aggiunto nel corso della discussione, giacché intempestivamente prospettato.

La Corte di merito ha comunque ampiamente ed esaurientemente trattato il profilo della procedibilità dei reati contestati al capo A alle pagine 50 e 51 della sentenza impugnata, esaminando anche gli effetti (nulli, ex art. 170 cod. pen.) della estinzione dei reati presupposto (capo A) sui delitti derivati (capo B).

1. Occorre, pertanto, confrontarsi esclusivamente con la ritenuta e contestata consistenza ontologica del fatto che la Corte ha identificato come sub 4), nell’ambito del capo A, e cioè con l’acquisto delle obbligazioni TRE (omissis) da parte dei 117 clienti retail della (omissis) SGR.

Acquisto indotto con artifici consistiti nel tacere molteplici ed essenziali profili di rischio, oltre l’evidente conflitto di interessi tra società reciprocamente finanziatesi attraverso la raccolta del risparmio sul mercato dei risparmiatori individuali ed il difetto di profilatura dei clienti, che non erano investitori professionali.

1.1, Il vizio di motivazionale dedotto dai due ricorrenti, con riferimento alla condotta descritta al capo A, sub 4 (come numerato dalla Corte territoriale) rileva, oltre che in riferimento alla stessa sussistenza dell’illecito civile (il che non ha nella presente fattispecie rilievo dirimente, non avendo nessuna delle parti civili costituite, neppure (omissis), che è l’unico dei 117 obbligazionisti ad avere sporto querela per tale fatto, chiesto la liquidazione del danno relativamente a tale condotta), soprattutto per la natura di fattispecie presupposta dalla condotta dei due “delitti derivati” descritti al capo B, evidentemente insussistenti in assenza del presupposto legale costituito dal perfezionamento di una condotta costituente reato.

Non pare superfluo, in proposito, ricordare che il testo di tre dei quattro “delitti derivati” identificati nell’articolato codicistico dal medesimo numero arabo (648), si apre con quella che è nota in dottrina come clausola che sancisce il privilegio della produzione: “Fuori dei casi di concorso nel reato”.

Si tratta di una clausola di riserva espressa, mediante la quale il legislatore ha risolto, in favor rei, l’ipotesi di concorso materiale tra i due reati (par crimen est rapere et raptam rem serbare; non minus delinquunt receptores quam aggressores, così si riteneva in epoca classica), quello antecedente e quello pedissequo che ne presuppone perfezionamento e consumazione.

La condotta di acquisto, ricezione, trasformazione o reimpiego speculativo, compiuta dall’autore del delitto presupposto o dal suo concorrente è, perciò, un’ipotesi tipica secondo certa dottrina tradizionale di post factum non punibile, dogmaticamente riconducibile alla categoria dei cd. reati di profitto o utilizzazione Verwertungsdelikte.

Chi sfrutta o assicura con fatto successivo e distinto il prodotto del delitto già commesso con altri (messa a profitto del reato) non fa che rendere effettivo lo scopo immediato dell’azione delittuosa; la conseguente impunità è giustificata pertanto dal criterio di sussidiarietà.

La giurisprudenza di questa Corte si è più volte occupata della qualificazione dogmatica di una tale riserva; tuttavia, l’arresto ancor oggi più autorevole sul tema (Sez. U, n. 25191 del 27/02/2014, Iavarazzo, Rv. 259587) non ha preso parte nella tenzone accademica, ma prende atto della evidenza di una clausola di non punibilità espressa, che -per scelta di politica criminale- ha preferito non sanzionare due volte la condotta di chi produce nell’illecito e chi tale prodotto utilizza per suo personale profitto (il furtum conceptum di epoca classica).

Il nuovo “tipo” autoriciclaggio (art. 648 ter.1, cod. pen.) ha colmato, dal gennaio 2015, quella che taluni ritenevano (avversando gli argomenti brevemente illustrati nel precedente capoverso) una lacuna sanzionatoria, incriminando anche la condotta di chi trasforma, investe, reimpiega l’illecito già personalmente (o in concorso con altri) prodotto, ma soltanto ove ciò accada per finalità latu senso speculative, in quanto ancor oggi il disvalore penale del mero godimento personale del profitto generato dalla commissione del reato presupposto resta assorbito da quello del reato produttore.

La definitiva autonomia del delitto derivato dalla sua precedente traccia illecita (conquista illuministica definitivamente codificata in Europa solo nella seconda metà dell’800) non significa, tuttavia, che sia stata cancellata la necessaria derivazione meccanica o finanziaria dalla fattispecie di produzione, con la conseguenza che ove il fatto presupposto costituisca mero illecito civile certamente non può sostenere l’incriminazione del delitto derivato.

Di qui la rilevanza essenziale della consistenza ontologica del reato presupposto o produttore, che nella presente fattispecie processuale è costituito in imputazione e ritenuto in sentenza dalla truffa descritta al capo A, sub 4: il reimpiego finanziario e speculativo dei valori conseguiti per effetto dell’acquisto da parte dei 117 clienti della Sofia SGR delle obbligazioni TRE (omissis)..

2. Si è già detto che in relazione alla sussistenza di artifici e raggiri nella costituzione del Fondo (omissis) SRRE e nella conseguente induzione in errore delle persone offese nell’acquisto delle quote del suddetto fondo, nonché nella emissione obbligazionaria da parte di TRE (omissis) e nell’apporto causale del ricorrente nell’acquisto delle quote e delle obbligazioni, l’imputato è stato condannato nei due gradi di giudizio con conforme decisione.

E’ opportuno ricordare, allora, che la sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, quando le due decisioni di merito – come nel caso di specie -concordano nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni e, a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate e ampiamente chiarite nella sentenza di primo grado (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, Musumeci, Rv. 191229; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615; più di recente v. Sez. 2, n. 22066 del 02/03/2021, Bonfirraro, non mass. sul punto).

Nella ricostruzione dei giudici di merito, la vicenda della costituzione del Fondo Immobiliare speculativo denominato (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (SRRE) e del successivo acquisto di sedici quote da parte di (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (in proprio e quale legale rappresentante della (omissis) Costruzioni s.r.I.) vide (omissis) (omissis) svolgere un ruolo attivo essenziale di principale interessato.

2.1. Una diversa valutazione in punto di fatto è stata pure inammissibilmente sollecitata anche in ordine ad altro elemento determinante ai fini della ritenuta sussistenza degli artifici e raggiri e della conseguente induzione in errore delle persone offese, costituitesi parti civili: si tratta della vicenda relativa alla delibera della emissione obbligazionaria da parte di (omissis) TRE, cui fece seguito la sottoscrizione di obbligazioni da parte di 117 clienti della (omissis) SGR, le sentenze di merito hanno richiamato gli esiti delle relazioni ispettive della Banca d’Italia, che avevano evidenziato un conflitto d’interessi in relazione all’affidamento dell’incarico di consulenza per la realizzazione di detta emissione, nonché l’assenza di adeguate comunicazioni agli stessi clienti, i cui portafogli erano stati investiti nei bond TRE (omissis).

3. Proprio in relazione a tale ultima vicenda (identificata dai giudici di merito nella truffa consumata sub 4 del capo A, che racchiude dunque più autonome ipotesi di truffa, numerate da 1 a 5, poste in continuazione tra loro per l’evidente medesimezza del disegno criminoso affasciante), a fronte di articolati motivi di appello con i quali si era sostenuto che nessun danno patrimoniale era stato causato ai 117 mandati di gestione patrimoniale investiti in dette obbligazioni (la successiva vendita delle stesse obbligazioni, peraltro dotate di garanzia integrale, era avvenuta al medesimo o più alto prezzo di acquisto e dopo l’incasso delle cedole del 3%), la Corte di appello ha ritenuto di colmare la lacuna motivazionale della prima sentenza sul punto (v. pag. 60, primo capoverso, della sentenza qui impugnata) valorizzando il “… minor valore delle obbligazioni TRE determinato, sostanzialmente, dall’investimento del 90% del ricavato della vendita delle obbligazioni nel Fondo SRRE, che si è visto essere sopravvalutato, con conseguente sopravvalutazione delle obbligazioni, connotate di per sè, per altro, dai fattori di rischio evidenziati dalla Banca d’Italia.

Pertanto, rispetto ad una regolare operazione di investimento ed al rischio connaturato all’andamento del mercato, nel caso in esame il rischio non era legato a fattori imprevisti ed imprevedibili propri del Mercato ma era connaturato alle stesse modalità di costituzione del Fondo Immobiliare e di emissione delle obbligazioni.”.

A ben vedere, dunque, la Corte di merito identifica (oltre ai profili di rischio connessi all’operazione finanziaria ed alla conseguente lesione dell’autonomia negoziale) il danno patrimoniale subito dai 117 obbligazionisti (tra i quali (omissis) (omissis)) con la svalutazione delle quote del Fondo SRRE, che si è già visto costituire invece il diverso danno indicato per le fattispecie di truffa descritte al capo A, sub 1, 2 e 3.

Detta argomentazione, atta ad identificare uno degli elementi essenziali del delitto di truffa (che è reato istantaneo di danno), appare manifestamente illogica, atteso che, una volta trattata come autonoma l’ipotesi di reato sub 4 (calata nel coacervo del capo A), questa, per corrispondere al tipo, ne deve possedere tutti gli elementi strutturali, tra i quali certamente il danno patrimoniale cagionato in via diretta al soggetto ingannato.

Orbene, l’acquisto delle obbligazioni TRE (omissis). non ha provocato alcun danno diretto ai 117 acquirenti, ne è ulteriore dimostrazione il totale vuoto di “lamentele giudiziarie” da parte dei soggetti in ipotesi ingannati (ivi compreso (omissis) (omissis) che in riferimento alla ipotesi sub 4 non ha neppure avanzato una richiesta risarcitoria).

Ed allora, la deminutio patrimonii indicata dalla Corte territoriale non è altro che il profilo di danno delle truffe numerate sub 1, 2, 3. Consegue che o si ritiene che l’ipotesi di truffa contestata sia unitaria (tutto il capo A), con il danno di un suo segmento di condotta che ne copre anche uno diverso, oppure, se (come sembrano aver inteso i giudici di merito) le ipotesi di truffa enumerate al capo A sono autonome e diverse, ciascuna di esse deve presentare un autonomo profilo di danno.

3.1. Con una risalente pronunzia le Sezioni Unite di questa Corte statuirono infatti che la truffa è reato istantaneo e di danno, che si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell’autore abbia fatto seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo; pertanto, nella ipotesi di truffa contrattuale il reato si consuma non già quando il soggetto passivo assume, per effetto di artifici o raggiri, l’obbligazione della ratio di un bene economico, ma nel momento in cui si realizza l’effettivo conseguimento del bene da parte dell’agente e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato (Sez. U, n. 1 del 16/12/1998, dep. 1999, Cellammare, Rv. 212079).

Richiamando anche la posizione all’epoca già condivisa da larga parte della dottrina e della giurisprudenza di legittimità, le Sezioni Unite ribadirono che, «oltre alla realizzazione della condotta tipica da parte dell’autore, è necessario, ai fini dell’integrazione del reato di truffa, che si verifichi anche un’effettiva deminutio patrimonii, intesa in senso strettamente economico, del soggetto passivo», escludendo radicalmente che la truffa potesse configurare un «reato di pericolo, poiché, a differenza di altre ipotesi criminose che pure offendono il patrimonio per le quali basta una situazione di pericolo, l’evento consumativo risulta esplicitamente tipizzato in forma di conseguimento del profitto con il danno altrui, elementi questi dell’arricchimento e del depauperamento che sono collegati tra loro in modo da costituire concettualmente due aspetti di un’unica realtà».

Rimarcarono le Sezioni Unite che «l’opportunità di agganciare in modo rigoroso al verificarsi di un danno economico-patrimoniale la repressione penale di comportamenti che ledono la libertà negoziale consente di limitare l’area dell’intervento penale rispetto a quella del diritto civile.

L’opposta opinione, tendendo a trasformare il delitto di truffa, contro la lettera e la chiara voluntas legis, in reato di attentato alla sola libertà di consenso della vittima nei negozi patrimoniali e di mero pericolo per l’integrità del patrimonio di questa, opera in realtà un’inammissibile dilatazione dell’ambito di applicazione della norma incriminatrice, la quale, invece, espressamente richiede uno specifico ed effettivo danno di indole patrimoniale, ovvero un reale depauperamento economico del soggetto passivo del reato, nella forma del danno emergente o del lucro cessante».

La successiva giurisprudenza ha recepito questo orientamento, divenuto dunque consolidato, precisando altresì che, al fine di accertare quando si è prodotto l’effettivo pregiudizio del raggirato in correlazione al conseguimento dell’ingiusto profitto da parte dell’agente, occorre considerare le peculiarità del singolo accordo valutando le modalità e i tempi delle condotte (cfr., ad es., Sez. U, n. 18 del 21/06/2000, Franzo, Rv. 216429; Sez. 2, n. 22957 del 03/03/2021, Bellini, Rv. 281455; Sez. 2, n. 12791 del 25/02/2021, Artico, Rv. 281000; Sez. 2, n. 27833 del 07/05/2019, De Marco, Rv. 276665; Sez. 2, n. 17322 del 18/01/2019, Creo, Rv. 276420; Sez. 2, n. 23080 del 09/05/2018, Di Battista, Rv. 272946; Sez. 2, n. 11102 del 14/02/2017, Giannelli, Rv. 269688; in questa medesima vicenda processuale v. Sez. 2, n. 17358 del 22/03/2023, Capitani, più volte richiamata sia dagli imputati ricorrenti, che nelle memorie delle parti civili).

3.2. Alla luce di questi principi è chiaramente rilevabile il denunciato vizio motivazionale -per manifesta illogicità- nella indicazione del danno patrimoniale subito dai 117 clienti della SOFIA SGR.

4. In difetto di uno degli elementi strutturali oggettivi del reato di truffa (capo A sub 4), indicato in imputazione ed in sentenza quale presupposto dei due delitti derivati descritti al capo B, viene meno, come si è visto poco sopra, anche la motivazione che sorregge la consistenza giuridica di detti delitti.

4.1. Sul detto capo deve altresì rilevarsi che la motivazione spesa dalla Corte alle pagine 60 e ss. della sentenza impugnata articola il proprio convincimento confermativo valorizzando in proposito, ma in termini solo probabilistici, con l’uso dell’avverbio “verosimilmente”, la provenienza delle somme dalla traccia putribonda (ricavato della vendita delle obbligazioni TRE (omissis) alle società (omissis) e (omissis) riconducibili a (omissis) (omissis)) per l’acquisto di quote del Fondo “illiquido” (omissis) (omissis), pure riconducibile allo (omissis).

Il che, se rappresenta con efficacia euristica compiuta la condotta di truffa (rilevante ai fini della responsabilità civile) numerata sub 5 del capo A, non sembra poter produrre efficacia altrettale per identificare con certezza la provvista usata per il reimpiego finanziario illecito descritto al capo B.

L’accertamento della responsabilità penale (capo B) richiede necessariamente il superamento del ragionevole dubbio ed il relativo convincimento del giudice di merito non può pertanto essere espresso, come avvenuto con la sentenza impugnata, in termini solo probabilistici.

5. Quanto al terzo motivo di ricorso speso nell’interesse di (omissis) (omissis), deve in primo luogo rilevarsene la dubbia ammissibilità, per l’avvenuta interruzione della catena devolutiva (art. 606 comma 3, cod. proc. pen.), giacché la consistenza valoriale della disposta confisca (art. 648 quater cod. pen.) non è stata esplicitamente censurata con i motivi di gravame spesi nel merito (pag. 278 e ss. dei motivi di appello), con i quali l’imputato si è limitato a chiedere la restituzione di quanto in sequestro.

Tuttavia, l’intervenuto annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente ai delitti indicati al capo B (artt. 648 ter e 648 ter.1 cod. pen.), spiega certamente effetti sulla disposta confisca.

L’annullamento con rinvio della sentenza di condanna che abbia, altresì, disposto la confisca dei beni in sequestro, non determina infatti il passaggio in giudicato delle relative statuizioni, che simul stabunt simul cadunt, presupponendo la confisca ex art.648 quater cod. pen. l’accertamento della responsabilità penale dell’imputato (Sez. 4, n. 40783 del 18/7/2018, Rv. 274421; Sez. F. n. 44878 del 6/8/2019, Bossi ed altri).

6. La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano, limitatamente all’accertamento della responsabilità (ai soli fini delle restituzioni e del risarcimento) per l’episodio di truffa relativo alla collocazione delle obbligazioni TRE (omissis) nei portafogli dei 117 clienti della (omissis) SGR e per i due distinti delitti derivati descritti al capo B.

Il giudice del rinvio dovrà attenersi ai principi di diritto espressi da questa Corte (punto 3 del considerato in diritto) in tema di identificazione del danno patrimoniale nel delitto di truffa (che non può coincidere con quello provocato da altra, autonoma e diversa condotta) e di prova certa della provenienza da delitto delle somme illecitamente reimpiegate in altra iniziativa finanziaria (punto 4.1. del considerato in diritto).

7. Il regolamento delle spese processuali sostenute dalle parti in questo grado deve essere rimesso alla pronuncia che definisce il giudizio a seguito del disposto annullamento con rinvio, potendo le parti civili far valere la relativa pretesa nel corso ulteriore del processo, in cui il giudice di merito dovrà accertare la sussistenza, a carico dell’imputato, dell’obbligo della rifusione delle spese giudiziali in base all’ordinario criterio della soccombenza (Se., 1, n. 34032 del 1/7/2022, Rv. 283986).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla truffa relativa alla collocazione delle obbligazioni (omissis) ed ai reati di cui al capo B) con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano. Spese al definitivo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 1° ottobre 2024

Il Consigliere estensore                                                                                                   Il Presidente

Massimo Perrotti                                                                                                          Luciano Imperiali

Depositato in Cancelleria della Seconda Sezione Penale il 6 novembre 2024.

SENTENZA