Reati a querela, l’aggravante contestata a cavallo della riforma Cartabia radica la procedibilità d’ufficio (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 20 giugno 2024, n. 24370).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUINTA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. GERARDO SABEONE – Presidente –

Dott. LUCA PISTORELLI – Relatore –

Dott. ANGELO CAPUTO – Consigliere –

Dott. PAOLA BORRELLI – Consigliere –

Dott. MATILDE BRANCACCIO – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI CATANIA

nel procedimento a carico di:

(OMISSIS) (OMISSIS) nato a NOTO il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 29/11/2023 del TRIBUNALE di SIRACUSA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. LUCA PISTORELLI;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Tomaso Epidendio, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata il Tribunale di Siracusa ha dichiarato non doversi procedere per difetto di querela nei confronti di (OMISSIS) (OMISSIS) per il reato di furto di energia elettrica aggravato dalla violenza sulle cose.

2. Avverso la sentenza ricorre per saltum il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Catania deducendo violazione di legge.

Lamenta in particolare il ricorrente che illegittimamente il Tribunale avrebbe ritenuto tardiva, in quanto effettuata successivamente alla scadenza del termine fissato dall’art. 85 d.lgs. n. 150 del 2022 senza che la persona offesa avesse presentato querela, la contestazione supplettiva svolta dal pubblico ministero all’udienza del 29 novembre 2023 ai sensi dell’art. 517 c.p.p. e ad oggetto l’aggravante di cui all’art. 625 n. 7) c.p. in riferimento alla destinazione al pubblico servizio dell’energia elettrica sottratta dall’imputato, circostanza dalla cui contestazione discendeva la procedibilità d’ufficio del reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Va anzitutto ribadito che, in tema di furto, non può considerarsi legittimamente contestata in fatto la circostanza aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, c.p., configurata dall’essere i beni oggetto di sottrazione destinati a pubblico servizio, qualora nell’imputazione tale natura non sia esposta in modo esplicito, direttamente o mediante l’impiego di formule equivalenti atteso che la suddetta aggravante ha natura valutativa, in quanto impone una verifica di ordine giuridico sulla natura della res oggetto di sottrazione, sulla sua specifica destinazione e sul concetto di pubblico servizio, la cui nozione è variabile in quanto condizionata dalle mutevoli scelte del legislatore (Sez. 5, n. 3741 del 22/01/2024, Mascali, Rv. 285878).

Correttamente, dunque, il Tribunale ha rilevato che il reato per cui si procede era divenuto procedibile esclusivamente a querela della persona offesa in ragione della modifica dell’art. 624 comma 3 c.p. in tal senso operata dal d.lgs. n. 150 del 2022 e che questa non era stata proposta nemmeno entro il termine assegnato dall’art. 85 dello stesso decreto, atteso che l’imputazione originaria non comprendeva la contestazione in fatto – nei termini sopra precisati – dell’aggravante della destinazione della cosa oggetto di sottrazione al pubblico servizio, la cui eventuale sussistenza, per quanto parimenti stabilito dalla novella menzionata, avrebbe conservato il regime di procedibilità officiosa del delitto di furto così aggravato.

3. Il P.G. ricorrente non contesta tale conclusione, ma lamenta invece la violazione dell’art. 517 c.p.p. per avere il giudice procedente ritenuto prevalente la virtuale operatività della sopravvenuta causa di improcedibilità per mancanza di querela, rispetto alla efficacia che avrebbe dovuto invece riconoscersi alla previa contestazione suppletiva della aggravante della destinazione del bene al pubblico servizio effettuata nel corso del giudizio.

Come accennato, la doglianza deve ritenersi fondata.

Infatti risulta dagli atti che il processo a carico dell’imputato, con decreto del 10 ottobre 2022, era stato fissato per l’udienza del 29 novembre 2023.

Nel corso di tale udienza il pubblico ministero ha proceduto ai sensi del citato art. 517 c.p.p. alla contestazione dell’aggravante idonea, come detto, a determinare la procedibilità di ufficio del reato imputato al (OMISSIS).

È dunque escluso che il titolare dell’azione penale abbia avuto modo di procedere alla contestazione tempestiva nella pendenza del termine assegnato dall’art. 85 d.lgs. n. 150 del 2022 per proporre la querela in conseguenza del mutato regime di procedibilità del reato.

Negare dunque, come ha fatto il Tribunale ritenendo “tardiva” la contestazione supplettiva, gli effetti di tale legittimo atto propulsivo del pubblico ministero, in ragione dell’operatività della causa di improcedibilità “ora per allora”, anche in casi, come quello in esame, nei quali – in ragione della assenza assoluta di attività processuale da un momento antecedente alla entrata in vigore della riforma Cartabia (30 dicembre 2022) ad un momento successivo a quello di maturazione effettiva della nuova causa di improcedibilità (30 marzo 2023), per rinvii disposti dal giudice – la pubblica accusa non aveva possibilità alcuna di assumere l’iniziativa necessaria per adeguare l’imputazione alle nuove regole, è frutto di una interpretazione irragionevolmente discriminatoria e in conflitto col dovere, costituzionalmente imposto, del titolare dell’azione penale di esercizio e proseguimento della stessa azione.

Infatti, nel caso di improcedibilità sopravvenuta, il rapporto con il potere di contestazione suppletiva torna ad essere il frutto di un’opportuna valorizzazione del principio costituzionale della obbligatorietà della azione penale, come già ritenuto da orientamento di questa Corte al quale il Collegio ritiene di aderire (Sez. 5, n. 14891 del 14/3/2024, Bonaurio; Sez. 5, n. 14890 del 14/3/2024, Bevacqua).

Va dunque ribadito il principio per cui è affetta da nullità assoluta di ordine generale, per violazione del principio del contraddittorio, la sentenza di proscioglimento ex art.129 c.p.p. per carenza della prescritta condizione di procedibilità del reato, nel caso in cui il giudice abbia consentito l’interlocuzione delle parti solo sulla questione della procedibilità, ritenendo irrilevante, poiché tardiva, la modifica dell’imputazione da parte del pubblico ministero, mediante la contestazione di un’aggravante idonea, in astratto, a rendere il reato procedibile d’ufficio, dovendo il giudice, ai fini della pronuncia di proscioglimento anche per ragioni di rito introdotte da modifiche normative intervenute nel corso del giudizio, tenere conto della contestazione suppletiva di un’aggravante che renda il reato procedibile di ufficio, nonché valutare le sopravvenienze istruttorie acquisite nel corso del giudizio, suscettibili di confortare la plausibilità della contestazione suppletiva medesima (Sez. 4, n. 14710 del 27/03/2024, Costantino, Rv. 286124; Sez. 4, n. 48347 del 04/10/2023, Scalora, Rv. 285682).

4. Conseguentemente la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Siracusa, atteso che, a seguito della validità della contestazione suppletiva operata ex art. 517 c.p.p. dal pubblico ministero, il giudice doveva disporre la notifica del verbale dell’udienza all’imputato non presente, notifica la cui omissione ha determinato una nullità che avrebbe comportato, in sede d’appello, l’annullamento della sentenza (ex multis Sez. 2, n. 21692 del 05/04/2019, Baiardo, Rv. 275820).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Siracusa.

Così deciso il 23/04/2024

Il Consigliere estensore                                                                                      Il Presidente

Luca Pistorelli                                                                                                  Gerardo Sabeone

Depositato in Cancelleria, oggi 20 giugno 2024.

Il Funzionario Giudiziario

Dr.ssa Carmela Lanzuise

SENTENZA