REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sig.ri Magistrati
FRANCESCO ANTONIO GENOVESE Presidente
MARINA MELONI Consigliere
LAURA TRICOMI Consigliere
ROSARIO CAIAZZO Consigliere – Rel.
ALBERTO PAZZI Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 14271/2023 proposto da:
(omissis) (omissis) elett.te domic. in Roma, (omissis) presso l’avv. (omissis) (omissis) dal quale é rappres. e difeso, per procura speciale in atti;
-ricorrente-
-contro-
(omissis) (omissis) elett.te domic. presso l’avv. (omissis) (omissis) dalla quale é rappres. e difesa, per procura speciale in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 18946/2022 del Tribunale di Roma, pubblicata ii 23.06.2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/03/2024 dal Cons. rel., dott. ROSARIO CAIAZZO.
RILEVATO CHE
Con sentenza del 2020 il giudice di pace di Roma rigettava la domanda proposta da (omissis) (omissis) nei confronti di (omissis) (omissis) per il pagamento della somma di euro 2.557,87 a titolo di rimborso della quota delle spese sostenute nell’interesse della famiglia, suI presupposto che dovesse essere riconosciuta piena validità giuridica all’accordo di ripartizione di esse concluso tra i coniugi, anche anteriormente alla separazione.
Al riguardo, il giudice riteneva che le spese di cui ciascun coniuge si era fatto carico nel periodo di convivenza coniugale rientrassero tra quelle effettuate per i bisogni della famiglia.
II Tribunale, con sentenza del 2022, rigettava l’appello del (omissis) (omissis) osservando che: le spese in questione – relative alla gestione della casa familiare di sua esclusiva proprietà, nella quale aveva abitato fino alla separazione – erano state sostenute prima della separazione tra i coniugi, nell’ambito della convivenza coniugale per i bisogni della famiglia, ex art. 143 c.c., per cui esse non erano ripartibili pro-quota, anche considerando che si trattava di obbligazione assimilabile a quella naturale; a tal fine erano irrilevanti gli accordi tra coniugi in sede di separazione.
(omissis) (omissis) ricorre in cassazione con un unico motivo, illustrato da memoria.
(omissis) (omissis) resiste con controricorso, illustrato da memoria.
RITENUTO CHE
L’unico motivo denunzia violazione degli artt. 143, 1218, 1322, 1372, 1375, 2034 c.c., per aver il Tribunale ritenuto che lo scambio di e-mail tra le parti fosse funzionale a realizzare l’accordo diretto all’organizzazione delle spese quotidiane, non qualificandolo invece quale accordo vincolante sulla suddivisione delle spese, come sarebbe stato desumibile dal tenore delle dichiarazioni adottate dalle parti (la (omissis) (omissis) era gravata dal 40% di tali spese, ma aveva ricevuto la disponibilità della casa coniugale e dell’automobile di famiglia, entrambe di proprietà del ricorrente).
II ricorrente assume che tale accordo tra coniugi era del tutto legittimo e vincolante, in conformità della giurisprudenza di questa Corte.
II ricorso é fondato.
In caso di separazione consensuale o divorzio congiunto (o su conclusioni conformi), la sentenza incide suI vincolo matrimoniale ma, sull’accordo tra i coniugi, realizza – in funzione di tutela dei diritti indisponibili del soggetto più debole e dei figli – un controllo solo esterno attesa la natura negoziale dello stesso, da affermarsi in ragione dell’ormai avvenuto superamento della concezione che ritiene la preminenza di un interesse, superiore e trascendente, della famiglia rispetto alla somma di quelli, coordinati e collegati, dei singoli componenti.
Ne consegue che i coniugi possono concordare, con il limite del rispetto dei diritti indisponibili, non solo gli aspetti patrimoniali, ma anche quelli personali della vita familiare, quali, in particolare, l’affidamento dei figli e le modalità di visita dei genitori (Cass., n. 18066/14).
Nella specie, il Tribunale ha errato nel ritenere che l’accordo raggiunto tra i coniugi, finalizzato alla suddivisione delle spese familiari, non fosse vincolante, e che il pagamento integrale, da parte del marito, delle stesse, in quanto effettuate per i bisogni della famiglia ed espressione della solidarietà familiare, in adempimento dell’obbligo di contribuzione di cui all’art. 143 c.p.c., non fosse ripetibile.
Al riguardo, il Tribunale ha escluso che lo scambio di e-mail tra i coniugi potesse configurare un valido accordo negoziale relativo alla separazione, poiché mera organizzazione delie spese familiari quotidiane.
Tale interpretazione contrasta con le risultanze documentali che evidenziano l’esistenza dell’accordo tra i coniugi, raggiunto con le e-mail esaminate dai giudici di merito, e riguardante inequivocabilmente la ripartizione delie spese tra i detti coniugi, nel periodo da marzo a settembre 2018 (anteriormente alla separazione) prevedendo, in particolare, la suddivisione delie spese dell’abitazione e del mantenimento del figlio minore (nato nel 2016) nelle proporzioni del 60%, a carico del marito e del 40% a carico della moglie.
Al riguardo, é vero, come ha affermato il Tribunale, che durante il matrimonio ciascun coniuge é tenuto a contribuire alle esigenze della famiglia in misura proporzionale alle proprie sostanze, secondo quanto previsto dagli artt. 143 e 316-bis, primo comma, c.c., e che a seguito della separazione non sussiste il diritto al rimborso di un coniuge nei confronti dell’altro per le spese sostenute in modo indifferenziato per i bisogni della famiglia durante il matrimonio (v., in tal senso, Cass., n. 10927/18). Cio costituisce senza dubbio un principio generale in tema di doveri patrimoniali dei coniugi nella conduzione della vita familiare.
Tuttavia, il menzionato principio é suscettibile di deroga tramite un accordo negoziale tra le stesse parti (che può meglio rispecchiare le singole capacita economiche di ciascun coniuge o modulare forme di generosità spontanea tra i coniugi) che é comunque finalizzato al soddisfacimento delle primarie esigenze familiari e dei figli, nel rispetto dei doveri solidaristici che trovano la loro fonte nel rapporto matrimoniale.
Per quanto, esposto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa al Tribunale di Roma, anche in ordine alle spese del grado di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Roma, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Dispone che ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 196/03, in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delie parti.
Così deciso nella camera di consiglio del 21 marzo 2024
Il Presidente
Francesco Antonio Genovese
Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2024.