REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta da
Dott. Vincenzo Siani -Presidente-
Dott. Barbara Calaselice -Consigliere-
Dott. Gaetano Di Giuro -Consigliere-
Dott. Carlo Renoldi -Relatore-
Dott. Maria Elena Mele -Consigliere-
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto dal
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Palermo, nel procedimento a carico di:
(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza della Corte di assise di appello di Palermo in data 7/10/2022;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Carlo Renoldi;
letta la requisitoria scritta presentata ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Antonietta Picardi, ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla aggravante della premeditazione e dei motivi abietti, con rinvio ad altra sezione della Corte di assise di appello;
lette le conclusioni scritte presentate, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, dagli avv.ti rispettivamente, delle parti civili (omissis) (omissis) (omissis), i quali, nell’interesse, e (omissis) Onlus, hanno chiesto l’accoglimento del ricorso;
lette le conclusioni scritte presentate, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, dall’avv. (omissis) (omissis) il quale, nell’interesse di (omissis) (omissis) ha chiesto, invece, la declaratoria di inammissibilità del ricorso e, in via subordinata, il suo rigetto.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza della Corte di assise di Palermo in data 21/04/2021, emessa all’esito di giudizio abbreviato, (omissis) (omissis) fu condannato alla pena dell’ergastolo in quanta riconosciuto colpevole dei delitti, unificati dalla continuazione, previsti dagli artt. 575, 577, primo comma, nn. 3) e 4), con riferimento all’art. 61, nn. 1, 4 e 1-quinquies, cod. pen., per avere cagionato la morte di (omissis) (omissis) (omissis) con la quale intratteneva una relazione extraconiugale, colpendola con dieci coltellate, nonché con un bastone sulla regione parieto-occipitale sinistra, con le aggravanti di avere commesso con premeditazione, per motivi abietti e futili e di avere agito con crudeltà in danno di una persona in stato di gravidanza (capo 1); dagli artt. 412 e 61, n. 2, cod. pen., per avere, al fine di assicurarsi l’impunita del delitto di omicidio, occultato ii cadavere della vittima, nascondendolo in un terreno di campagna dopa averlo ricoperto di sterpaglie (capo 2); dall’art. 593-ter, commi primo, secondo e quarto, cod. pen., per avere, con la condotta di omicidio, provocato l’interruzione della gravidanza della donna (capo 3); nonché del reato previsto dall’art. 4, legge n. 110 del 1975, per avere, senza giustificato motivo, portato fuori dalla propria abitazione due coltelli da cucina con lama a seghetto (capo 4); fatti commessi in (omissis) il (omissis) i primi tre con la recidiva reiterata infraquinquennale.
2. Con sentenza in data 7/10/2022, la Corte di assise di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha assolto (omissis) dal reato contestato al capo 4), ha escluso le aggravanti della premeditazione, dei motivi abietti e futili e dell’avere agito con crudeltà contestate in relazione al delitto di cui al capo 1), nonché la recidiva contestata per i delitti di cui ai capi 1), 2) e 3) e, riconosciuta la diminuente prevista dall’art. 442, comma 2, cod. proc. pen., ha rideterminato la pena finale in 19 anni e 4 mesi di reclusione, confermando, nel resto, le precedenti statuizioni di condanna.
3. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Palermo, deducendo quattro distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Con ii primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 577, primo comma, n. 3, cod. pen., 125, comma 3, 192 e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta insussistenza della circostanza aggravante della premeditazione in ordine al delitto di omicidio, escluso dalla Corte di merito sul presupposto che l’azione omicidiaria di (omissis) fosse scaturita da un raptus improvviso, occasionato da un acceso litigio insorto nel corso di una discussione con la vittima, avente ad oggetto lo stato di gravidanza di quest’ultima.
Secondo ii ricorrente, ii ragionamento svolto dalla sentenza impugnata sarebbe in palese contrasto con una pluralità di elementi indiziari c:he, congiuntamente considerati, renderebbero la motivazione del tutto illogica e contraddittoria. Nella specie, infatti, ricorrerebbero una serie di sintomi del radicamento e della persistenza costante, per un apprezzabile lasso di tempo, del proposito omicida.
A) La “causale omicidiaria”.
Seppure non sia necessario, alla luce della giurisprudenza di legittimità, stabilire con assoluta esattezza il momento in cui e insorto ii proposito criminoso, dal processo emergerebbe che I(omissis)lo abbia maturato una volta appreso che la giovane non poteva più abortire a causa del suo stato avanzato di gravidanza, secondo quanto si evince dalle dichiarazioni del ginecologo (omissis) (omissis) al quale (omissis) si era rivolto e che gli aveva rappresentato, dopo avere consultato alcuni colleghi, che erano ormai spirati i termini di legge per l’interruzione della gravidanza; notizia dinnanzi alla quale (omissis) si era mostrato «disperato», come confermato dal racconto fatto ai genitori nel colloquio intercettato in carcere il (omissis) in cui aveva affermato di «essere (omissis) di non ragionare più», percependo di essere «bloccato» in quella situazione e di essere stato «consumato» dalla ragazza, che lo avrebbe avuto «in pugno».
B) II tranello in danno della vittima.
In sede di interrogatorio, (omissis) avrebbe riferito di aver portato con se la donna, quella mattina, presso l’abitazione estiva di un suo cliente, (omissis) (omissis) il quale avrebbe dovuto portargli un anticipo per dei lavori, che gli sarebbe servito, in parte, per consentire alla ragazza di praticare, quello stesso giorno, un aborto clandestino.
Tuttavia, (omissis) avrebbe escluso che fosse stato fissato un incontro alle (omissis) antimeridiane di quel giorno presso la propria abitazione, in quel periodo disabitata. E che la consegna del denaro alla giovane fosse un pretesto, sarebbe stato ammesso dallo stesso (omissis) durante il colloquia in carcere con i familiari. Dunque, egli avrebbe attirato la ragazza in un tranello, che la giurisprudenza considererebbe come uno degli indicatori della premeditazione.
C) La scelta del luogo appartato che facilitasse l’uccisione della vittima.
L’avere attirato la ragazza, nelle prime ore del mattino, in una zona appartata, abitata prevalentemente nella stagione estiva, poco frequentata nel mese di novembre, situata in una strada chiusa al transito di autovetture, sarebbe indicativa di una «sedimentata azione omicidiaria».
Né potrebbe essere condivisa la considerazione della Corte territoriale, secondo cui se l’intento di (omissis) fosse stato quello di uccidere la ragazza, l’avrebbe condotta nella sua casa di campagna, in località più isolata, posto che egli l’avrebbe portata presso l’abitazione di (omissis) con ii pretesto del pagamento di un debito per non farla insospettire. Anche la scelta di un luogo appartato, inoltre, rientrerebbe tra gli indicatori ritenuti significativi della premeditazione da parte della giurisprudenza.
D) L‘organizzazione dei mezzi per attuare il proposito.
La mattina dell’omicidio (omissis) avrebbe utilizzato ii furgone in uso alla ditta familiare, perché era un mezzo in cui era più agevole occultare il cadavere. Nel furgone, inoltre, vi erano due coltelli che egli utilizzava per ragioni lavorative e della cui presenza era a conoscenza, come ammesso nel colloquio con i familiari, allorché aveva riferito di avere portato a termine l’omicidio con un altro coltello che si trovava all’interno del furgone.
Le due armi bianche, dunque, sarebbero risultate perfettamente idonee allo scopo, con ciò smentendo l’osservazione della Corte secondo cui, se (omissis) avesse agito con premeditazione, si sarebbe procurato armi più efficaci.
Dunque, l’azione sarebbe stata preordinata e pur non potendosi la premeditazione confondersi con la preordinazione, essa costituirebbe uno degli elementi da cui desumere la ricorrenza della circostanza de qua.
E) Le fasi successive alla commissione del delitto.
Quanto alle modalità di occultamento del cadavere, avvolto con delle lenzuola e ricoperto da fogliame, la Corte di secondo grado, secondo cui esse mal si concilierebbero con un’azione pianificata, non valuterebbe che nei colloqui intercettati (omissis) avrebbe ammesso di aver programmato di bruciare il corpo della ragazza in campagna, ma di non averlo potuto fare a causa della presenza di una persona (tale” (omissis) intenta a «combattere con il cancello».
Dopa l’uccisione della giovane, I'(omissis) avrebbe continuato la propria vita normale, manifestando un totale controllo delle proprie emozioni, indicativo di un risultato programmato e difficilmente compatibile con un’azione improvvisata.
Inoltre, egli si sarebbe recato presso il commissariato di (omissis) per presentare i documenti necessari al rilascio del passaporto, avendo manifestato alla moglie la volontà di andare a vivere negli Stati Uniti o in Canada.
Dunque, tali elementi priverebbero di qualunque credibilità la versione offerta dall’imputato, ii quale, davanti alle rimostranze della ragazza per il mancato arrivo di (omissis) sarebbe stato colto da un raptus e, afferrato un coltello che teneva nello sportello del furgone, l’avrebbe colpita a un fianco. Versione smentita dalla registrazione audio-video del sistema di videosorveglianza dell’abitazione di (omissis) da cui emergerebbe che la giovane aveva compreso di essere stata aggredita a causa del bambino che portava in grembo.
3.2. Con ii secondo motivo, il ricorso censura, ex 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 61, n. 1, cod. pen., 125, comma 3, 192, 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza della aggravante dell’avere commesso il fatto per motivi abietti, dalla Corte esclusa in quanto il movente dell’omicidio sarebbe stato riconducibile alla volontà dell’imputato di eliminare un vulnus alla sua immagine sociale di imprenditore e di uomo sposato a causa della gravidanza della giovane amante, divenuta ingombrante anche per le sue rivendicazioni economiche.
Secondo il ricorrente, tale causale integrerebbe l’aggravante in esame, atteso che «l’ignobile motivo» che ebbe a ispirare l’imputato sarebbe idoneo a provocare un sentimento di totale ribrezzo in ragione del fine di sottrarsi ai suoi doveri di padre e alle conseguenze della propria infedeltà.
3.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 61, n. 4, cod. pen., 125, comma 3, 192 e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla insussistenza della circostanza aggravante dell’avere commesso il fatto con crudeltà.
La sentenza avrebbe omesso di considerare le dichiarazioni confessorie dell’imputato, il quale, pur giustificando il gesto con un sentimento di pieta verso la vittima, avrebbe ammesso di averla colpita più volte, ormai agonizzante, con un bastone alla testa, per porre fine alle sue sofferenze.
Circostanza, questa, confermata dagli esiti dell’autopsia, attestanti la presenza di ecchimosi al volto e al capo, conseguenti all’utilizzo di un oggetto contundente.
Dunque, le modalità dell’azione criminosa evidenzierebbero come i colpi fossero espressione di un feroce accanimento non più funzionale al delitto ed espressione di una particolare malvagità, tale da accrescere il biasimo rispetto alla efferata azione omicidiaria e tale da rendere più complessa l’opera rieducativa.
3.4. Con il quarto motive, ii ricorso deduce, ex 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 4, legge n. 110 del 1975, 125, comma 3, 192 e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’assoluzione dell’imputato per il porto ingiustificato di due coltelli da cucina con la formula «perché il fatto non costituisce reato».
Benché la Corte abbia ritenuto che ii porto dei due coltelli fosse giustificato da ragioni di lavoro, la deviazione dei due strumenti dal loro uso proprio escluderebbe il giustificato motivo, tanto più che l’imputato ne aveva programmato l’utilizzo, essendo ben consapevole della loro presenza all’interno del furgone.
4. In data (omissis), é pervenuta in Cancelleria una memoria a firma dell’avv. (omissis) quale, nell’interesse di (omissis) (omissis) (omissis) Onlus, ha chiesto, allo scopo di ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali patiti in conseguenza delle condotte dell’imputato, l’accoglimento del ricorso del Procuratore generale e il conseguente annullamento della sentenza della Corte di assise di (omissis) con vittoria di spese del grado, la liquidarsi a carico dell’Erario, vista l’ammissione dell’Associazione al patrocinio a spese dello Stato.
4.1. In pari data e pervenuta una ulteriore memoria, stavolta a firma dell’avv. (omissis), la quale, nell’interesse dell’altra parte civile, (omissis) (omissis) ha chiesto l’accoglimento del ricorso per cassazione del Procuratore generale presso la Corte di appello di Palermo.
4.2. In data 10/08/2023 é pervenuta in Cancelleria ancora una memoria, a firma dell’avv. (omissis) il quale, nell’interesse di (omissis) (omissis) ha chiesto la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione proposta dal Procuratore generale, evidenziando che le asserite incongruenze argomentative esposte nel ricorso atterrebbero a elementi di fatto già valutati dal Giudice di merito, di tal che le doglianze del ricorrente non inciderebbero su aspetti essenziali della decisione.
In particolare, il ricorso realizzerebbe una diversa prospettazione di merito delle risultanze processuali, senza tenere conto della ricostruzione dei fatti operata dalla Corte di assise di appello, sicché esso sarebbe inammissibile e, comunque, infondato.
In particolare, quanto all’aggravante della premeditazione, la Corte di assise di appello di Palermo smentirebbe la ricostruzione di merito operata in primo grado, indicando compiutamente le ragioni per le quali dette fonte di prova andavano interpretate diversamente, valutando ii compendia probatorio con estremo rigore logico, senza incorrere nei vizi denunciati dal ricorso.
Quanta all’aggravante dei motivi abietti, la Corte di assise di appello di Palermo avrebbe operato una valutazione di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché il motivo di ricorso sarebbe inammissibile, in quanto tendente a ottenere una diversa valutazione di merito della condotta dell’imputato.
Analogamente, con riferimento all’aggravante della crudeltà, la sua esclusione avrebbe trovato ampia motivazione nella sentenza, essendo state le lesioni da coltello patite adeguatamente spiegate con la dinamica dell’omicidio e non con l’intento di determinare per la vittima sofferenze aggiuntive. Infine, in relazione alla contravvenzione di cui all’art. 4, legge n. 110 del 1975, la Corte di assise di appello avrebbe motivato la pronuncia assolutoria con il fatto che i coltelli venivano conservati dall’imputato nel proprio furgone di lavoro al fine dell’apertura delle confezioni contenenti materiale edile, mentre il motivo di ricorso non indicherebbe in cosa consista l’eventuale travisamento della prova.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. II ricorso é parzialmente fondato e, pertanto, deve essere accolto per quanto di ragione.
2. Muovendo dal primo motivo di doglianza, relativo al mancato riconoscimento della premeditazione, va premesso che secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità (Sez. U, 337 def 18/12/2008, dep. 2009, Antonucci, Rv. 241575 – 01; Sez. 5, n. 34016 def 9/04/2013, F., Rv. 256528 – 01), gli elementi costitutivi della circostanza aggravante della premeditazione vanno individuati in un apprezzabile intervallo temporale tra l’insorgenza del proposito criminoso e l’attuazione di esso, tale da consentire una ponderata riflessione circa l’opportunità del recesso (elemento di natura cronologica) e nella ferma risoluzione criminosa perdurante senza soluzione di continuità nell’animo dell’agente fine alla commissione del crimine (elemento di natura ideologica), dovendosi escludere la suddetta aggravante solo quando l’occasionalità del memento di consumazione del reato appaia preponderante, tale cioè da neutralizzare la sintomaticità della causale e della scelta del tempo, del luogo e dei mezzi di esecuzione del reato (Sez. 5, n. 42576 del 3/06/2015, Procacci, Rv. 265149 – 01).
Sempre in premessa, osserva il Collegio che l’esistenza dell’aggravante può essere dimostrata anche con il ricorso alla prova logica, sulla scorta degli indizi ricavabili dalle modalità del fatto, dalle circostanze di tempo e luogo, dal concorso di più persone con ripartizione dei ruoli e dalla natura del movente (Sez. 5, n. 3542 del 17/12/2018, dep. 2019, Esposito, Rv. 275415 — 01); indizi per la ricostruzione della prova logica che devono essere tutti valutati e valorizzati sia per l’eventuale riconoscimento dell’aggravante, sia per l’esclusione della stessa.
2.1. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha ritenuto che: il luogo ove era avvenuta la prima aggressione, per la presenza di edifici abitati, non sarebbe state ii più adatto per commettere un omicidio e che l’imputato, ove avesse inteso porre in essere fin dal principio ii delitto, avrebbe condotto la vittima in un luogo più appartato; se (omissis) avesse agito con premeditazione, si sarebbe procurato strumenti ben più efficaci dei due coltelli da cucina utilizzati per colpire la persona offesa, custoditi all’interno del furgone ed avrebbe portato a compimento, sul posto, il proposito omicida, che egli avrebbe realizzato in altro luogo in assenza di una plausibile ragione; lo stato di disperazione dell’imputato, derivante dall’impossibilita di fare abortire la giovane, che si trovava in state avanzato di gravidanza, individuerebbe ii movente dell’omicidio, ma non risolverebbe i dubbi su una sua deliberata programmazione, non essendovi elementi decisivi in grade di dimostrare l’insorgenza del proposito omicidiario con consistente anticipo rispetto all’esecuzione del delitto; le modalità dell’occultamento del cadavere, con un improvvisato nascondiglio coperto da un cumulo di foglie secche, sarebbero incompatibili con una accurata preparazione dell’azione; la plausibilità della versione offerta da (omissis) non smentita da (omissis) secondo cui egli aveva portato la vittima sul posto presso l’abitazione del suo cliente al fine di ricevere da lui il denaro da elargire alla giovane per tacitarne ogni pretesa.
2.2. Con tale incedere argomentativo, tuttavia, la Corte di assise di appello non si é fatta carico dei numerosi altri elementi che orientano, secondo la comune esperienza e la pratica giudiziaria, verso la sussistenza della premeditazione e che, del resto, sono stati valorizzati, a tal fine, dal Giudice di primo grado, come ben messo in rilievo dal ricorrente.
In relazione al movente del delitto, che la giurisprudenza di legittimità individua quale elemento da solo insufficiente a dimostrare la premeditazione o a escluderla, ma che può e deve essere tenuto presente come elemento indiziante (Sez. 1, n. 5147 del 14/07/2015, dep. 2016, Scanni, Rv. 266206 – 01; Sez. 1, n. 345 del 03/12/1990, dep. 1991, Paviola, Rv. 186156 – 01), la prima sentenza ha evidenziato come l’imputato avesse significativamente taciuto agli inquirenti lo stato di disperazione nel quale egli si era trovato dopo la comunicazione, da parte del ginecologo (omissis) (omissis) che non vi erano le condizioni per praticare un aborto legale.
Inoltre, essa ha rilevato la totale inverosimiglianza della versione dell’accaduto offerta dall’imputato circa la genesi del primo colpo di coltello, vibrato, secondo il suo racconto, perché la ragazza aveva inveito contro di lui in quanto temeva di essere stata presa in giro visto che non arrivava.
Un’inverosimiglianza motivata con ii fatto che all’imputato sarebbe bastato contattare telefonicamente ii cliente per rabbonirla e, soprattutto, con ii fatto che tale racconto non spiega affatto la ragione per cui, nelle fasi successive, egli abbia continuato a colpire la ragazza, anche quando ella era ormai a terra, e proseguendo nella sua azione, nonostante il dichiarato intento di aiutarla, anche dopo che i due erano risaliti sul furgone e sino al tragico epilogo, con gli ultimi colpi, inferti, incredibilmente, a suo dire per non farla soffrire.
A ciò si aggiunga che l’interpretazione offerta dalla Corte di secondo grado di taluni degli aspetti posti in luce dalla sentenza impugnata per negare la configurabilità dell’aggravante, manifestano, se rapportati con altri profili della concreta vicenda fattuale, connotati di manifesta illogicità.
Ciò é a dirsi, ad esempio, con riferimento all’avere condotto la ragazza in un luogo non frequentato dissimulando la vera ragione per cui ciò era avvenuto.
Correttamente il ricorso ha rilevato che l’avere portato la vittima in un luogo appartato, celando il reale motivo dell’azione, sia idoneo a configurare, sul piano logico, un vero e proprio tranello, il quale può certamente costituire un indicatore della premeditazione, in quanto finalizzato, come nel caso della c.d. imboscata, ad elidere o comunque ad attenuare deliberatamente le possibilità di reazione della vittima designata.
Secondo la Corte di appello, nondimeno, sarebbe plausibile la versione dell’imputato secondo cui egli si sarebbe recato con la ragazza presso l’abitazione di (omissis) per ricevere il denaro dovuto, da destinare all’interruzione della gravidanza. Tuttavia, tale interpretazione non si confronta con le dichiarazioni dello stesso (omissis) secondo cui l’ora in cui (omissis) era sopraggiunto, ovvero le 6.45 del mattino, non corrispondeva affatto a uno specifico appuntamento. E, soprattutto, con quella che, a ragione, può essere definita come una confessione extraprocessuale, nella parte in cui l’imputato ha riconosciuto, in occasione dei colloqui intercettati in carcere, che «aveva fatto la parte» per portare la ragazza «in un posto sicuro» e che aveva «cercato di ammazzarla con calma».
Secondo la Corte territoriale, inoltre, non si comprenderebbe per quale ragione (omissis) non abbia portato a termine ii suo proposito presso l’abitazione del suo cliente.
Anche in questo caso, tuttavia, il ragionamento non sembra considerare come la modifica del luogo di commissione del delitto originariamente stabilito sia stata la conseguenza della reazione della persona offesa, che dopo essere stata ferita, nei pressi dell’abitazione di (omissis) era riuscita a fuggire, urlando e chiedendo aiuto, come documentato dalle telecamere presenti in loco, la cui presenza era ignota all’imputato («… Non sapevo che c’erano le telecamere, mi é sfuggito» ), a ulteriore riprova di una evidente preordinazione delle modalità esecutive, confermata dalla presenza dei due coltelli e dall’uso del furgone per disfarsi del corpo.
Quante, poi, alla questione dell’occultamento di cadavere, la sentenza impugnata ha ritenuto che esso sarebbe avvenuto con modalità improvvisate, a riprova dell’assenza di premeditazione. Ancora una volta, pero, i Giudici di secondo grado non sembrano avere considerate che tali modalità avevano costituito un forzato adattamento del programma criminoso alla imprevista presenza di un terzo, tale, (omissis) (omissis) che aveva ostacolato l’originario disegno, che prevedeva la distruzione del cadavere con il fuoco o con l’acido e il seppellimento dei resti in una isolata zona di campagna, come “confessato”, ancora una volta, da (omissis) in occasione del colloquio in carcere con i familiari (v. quanto riportato alle pagine 92 e 93 della sentenza di primo grado, «la prendevo, la infilavo dentro un fusto, prendevo tre bidoni di acido cloridrico, avrei squagliato anche il fusto … la mettevo sotto terra con il fusto … »).
Dunque, la ricostruzione compiuta dalla sentenza presenta una valutazione della prova solo parziale, dinnanzi alla valorizzazione di alcuni elementi del fatto e la illogica pretermissione di altri, senza offrire alcun adeguato tentativo di spiegazione di essi.
Ciò che, pertanto, rende necessario un ulteriore sforzo motivazionale da parte della Corte di merito, la quale, pur dinnanzi alla difficolta di individuare, con assoluta precisione, il memento in cui sia sorto il proposito criminoso, dovrà comunque verificare, alla stregua di una globale valutazione degli elementi indiziari raccolti, se sia possibile risalire al requisite di natura cronologica e a quello di natura ideologica, tenuto conto di quando (omissis) aveva dato appuntamento alla ragazza per le prime ore della mattina dell’omicidio e, dunque, della possibilità di soprassedere alla relativa deliberazione in ragione del tempo occorso.
3. Venendo, quindi, al secondo motivo di doglianza, relativo alla configurabilità dell’aggravante della crudeltà, ritiene il Collegio che, diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, non vi siano elementi per affermare una volontà ulteriore di creare sofferenza alla vittima.
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, la circostanza aggravante dell’avere agito con crudeltà, deve determinare sofferenze aggiuntive e esprimere un atteggiamento interiore specialmente riprovevole (Sez. 1, n. 20185 del 20/12/2017, dep. 2018, Q., Rv. 272827 -· 01; Sez. 1, n. 8163 del 10/02/2015, P., Rv. 262595 – 01; Sez. 1, n. 2489 del 14/10/2014, dep. 2015, Bruzzone, Rv. 262179 – 01).
Nel caso di specie, tuttavia, l’istruttoria svolta ha restituito una situazione nella quale l’imputato intendeva eliminare quella che individuava come la fonte di tutti i suoi problemi, l’ostacolo alla riaffermazione della sua immagine pubblica di cittadino per bene, di marito e padre esemplare, ma non anche di cagionare alla ragazza una sofferenza aggiuntiva rispetto a quella che avrebbe provato venendo uccisa.
I Giudici di appello, infatti, a pag. 22 della sentenza impugnata hanno evidenziato come gli accertamenti medico legali abbiano fatto emergere la presenza, sul cadavere della donna, di dieci ferite da arma bianca, inferte per attuare l’intento omicidiario e non per cagionare alla vittima sofferenze eccedenti rispetto alla normalità causale.
In proposito, va ricordato che ii giudizio d«: la Corte di cassazione deve limitarsi alla verifica della complessiva tenuta logica delle argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata, senza sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, ma valutando solta noto se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convivicene risposta alle deduzioni delle parti.
II motivo deve, pertanto, ritenersi inammissibile, in quanto sostanzialmente rivalutativo.
4. Quanto, poi, alla circostanza prevista all’art. 61, primo comma, n. 1, cod. pen., va premesso che già la sentenza di primo grado aveva escluso la sussistenza dei motivi futili, senza che la relativa statuizione fosse oggetto di impugnazione da parte del Pubblico ministero, sicché occorre soffermarsi unicamente sui motivi abbietti.
In relazione a questi ultimi, la giurisprudenza di legittimità ritiene tali quelli qualificabili come ignobili, rivelatori di un tale grado di perversità da destare un profondo senso di ripugnanza in ogni persona di media moralità (Sez. 5, n. 33250 del 2/02/2017, Barone, Rv. 271214 – 01), nonché quelli spregevoli o viii, che provocano ripulsione e si palesano ingiustificabili per la loro abnormità di fronte al sentimento umano (Sez. 1, n. 32851 del 6/05/2008, Sapone, Rv. 241230 – 01).
Nel caso in esame, la Corte di assise di appello, nel riformare la prima decisione, ha affermato, a pag. 20, che ii movente dell’omicidio andasse individuato nel timore dell’imputato che la scoperta, da parte della moglie, del tradimento e dell’esistenza di un figlio illegittimo; e che esso non potesse ritenersi un motivo turpe, ignobile o comunque rivelatore nell’agente di un grado tale di perversità da destare un profondo senso cli ripugnanza, essendo tale causale connessa al tentativo dell’imputato di salvaguardare se stesso e l’integrità della propria famiglia.
Tale motivazione, tuttavia, non appare adeguata alla luce del principio, condiviso dal Collegio, secondo cui, in caso di riforma nel giudizio di appello di una sentenza assolutoria o di condanna di primo grado, e necessario che la sentenza contenga un apparato giustificativo che dia conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degli istituti di diritto sostanziale o processuale, in modo da conferire alla decisione una forza persuasiva superiore (Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, P., Rv. 278056 – 01).
Nel caso in esame, infatti, la motivazione contenuta nella sentenza impugnata ha assunto, essenzialmente, una valenza confutativa di quella di primo grado, sostanzialmente limitandosi ad affermare l’inesistenza di un motivo qualificabile come turpe, ignobile o comunque tale da destare un profondo senso di ripugnanza in quanto connesso al tentativo dell’imputato di proteggere il proprio equilibrio familiare e, con esso, la propria immagine sociale.
Una valutazione che, tuttavia, non è stato compiuto bilanciando, con adeguato corredo di motivazione del relativo apprezzamento, tale ragione soggettiva con quella, concorrente, di eliminare una giovane donna unicamente a causa del feto che portava in grembo. Anche su tale punto, dunque, si rende necessario addivenire a una nuova motivazione da parte della Corte di merito.
5. Fondate, alla luce dei rilievi compiuti con il primo motivo, sono, infine, le censure svolte con il quarto motivo in relazione alla esclusione del reato di porto ingiustificato di strumenti atti ad offendere, previsto dall’art. 4, comma 2, legge 110 del 1975.
Invero, se si ritiene che ii delitto di omicidio possa essere stato commesso con premeditazione e che, dunque, le armi bianche presenti sul veicolo fossero destinate all’uccisione della ragazza, appare evidente che ii porto in luogo pubblico di tali strumenti non possa definirsi giustificato, in quanto finalizzato alla realizzazione di attività illecite e, dunque, non riconducibile alle ragioni di lavoro per le quali i coltelli venivano ordinariamente portati con se dall’imputato (si veda, al riguardo, Sez. 1, n. 18189 del 8/04/2009, Perri, Rv. 243549 – 01, relativa al porto di un coltello, fuori dall’abitazione, per «tagliare» una modica quantità di hashish).
L’annullamento relativo alla predeterminazione comporta, quindi, la logica conseguenza dell’annullamento per nuovo, corrispondente reato, della statuizione al reato sub 4).
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto limitatamente alle circostanze aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti inerenti al delitto di cui al capo 1) e al reato di cui al capo 4), sicché la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio su tali capi, sul trattamento sanzionatorio nonché sul regolamento delle spese per le parti civili, ad altra Sezione della Corte di assise di appello di Palermo.
Nel resto, il ricorso deve essere, invece, rigettato.
PER QUESTI MOTIVI
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alle circostanze aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti inerenti al delitto di cui al capo 1) e al reato di cui al capo 4), con rinvio per nuovo giudizio su tali capi, sul trattamento sanzionatorio e sul regolamento delle spese per le parti civili ad altra Sezione della Corte di assise di appello di Palermo. Rigetta ii ricorso nel resto.
Così deciso in data 15/09/2023.
Depositato in Cancelleria, Prima Sezione Penale, Roma, oggi 10 novembre 2023.