REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONI:
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da:
Dott. Salvatore Dovere -Presidente-
Dott. Vincenzo Pezzella
Dott. Alessandro Ranaldi
Dott. Maria Rosaria Bruno
Dott. Gennaro Sessa -Relatore-
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza in data 24/01/2023 del Tribunale di Bari;
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Gennaro Sessa;
lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.ssa Olga Mignolo, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni scritte del difensore della parte civile (omissis) (omissis) che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 24/01/2023 il Tribunale di Bari ha confermato la sentenza del giudice di pace di Bari del precedente 09/03/2022, con cui (omissis) (omissis) era stato dichiarato penalmente responsabile del delitto di lesioni colpose e condannato, per l’effetto, alla pena ritenuta di giustizia.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia del che ha articolato due motivi di ricorso, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, e), cod. proc. pen., vizio di motivazione per carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità, sub specie di omessa valutazione di prove rilevanti ai fini della decisione e di travisamento del fatto.
Sostiene, in specie, che il Tribunale, ancorché espressamente investito della disamina della questione dalla proposizione dei motivi aggiunti, sarebbe pervenuto alla conferma della decisione di condanna resa in primo grado pretermettendo la valutazione degli apporti probatori offerti dalla difesa, a termini dei quali l’animale che aveva determinato il verificarsi del sinistro era di proprietà della figlia dell’imputato, (omissis) (omissis).
2.2. Con il secondo motivo si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, b), cod. proc. pen., di erronea applicazione della legge penale in relazione a quanto previsto dall’art. 40, comma 2, cod. pen.
Assume al riguardo che l’affermazione di responsabilità dell’imputato, che si vorrebbe persona diversa dal proprietario dell’animale, sarebbe avvenuta in difetto dell’esistenza, in capo al predetto, di una posizione di garanzia e senza che fosse accertata, per un verso, la violazione di una regola cautelare e, per altro verso, la prevedibilità e l’evitabilità dell’evento.
3. Il procedimento è stato trattato in udienza camerale con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del l. n. 137/2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020, i cui effetti sono stati prorogati dall’art. 7 del d.l. n. 105 del 2021, convertito dalla legge n. 126 del 2021 e, ancora, dall’art. 16 del d.l. n. 228 del 2021, convertito dalla legge n. 15 del 2022.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso presentato nell’interesse di (omissis) (omissis) é manifestamente infondato per le ragioni che di seguito si espongono.
2. Destituito di fondamento è il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta vizio di motivazione per carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità, sub specie di omessa valutazione di prove rilevanti ai fini decisori e di travisamento del fatto, sostenendo che il giudice di seconde cure sarebbe pervenuto alla conferma della decisione di condanna resa in primo grado senza tener conto delle prove dichiarative offerte dalla difesa, dalle quali emergerebbe che il cane che aveva causato il verificarsi del sinistro apparteneva alla figlia dell’imputato, (omissis) (omissis).
Ritiene il Collegio che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, non sussistano i dedotti vizi motivazionali, posto che il Tribunale e, in precedenza, il giudice di pace hanno concordemente affermato la penale responsabilità del in ordine al delitto contestatogli sulla base delle convergenti risultanze istruttorie, avendo riferito, in sede dibattimentale, dell’appartenenza al predetto del cane che, con il proprio improvviso attraversamento della sede stradale, ebbe a causare il sinistro sia la trasportate (omissis) sia l’appartenente alle forze dell’ordine (omissis) sia l’altro teste (omissis) e desumendosi, inoltre, tale circostanza da quanto attestato dagli operanti nei verbali redatti nell’immediatezza, descrittivi della dinamica dell’incidente.
Non è, pertanto, riscontrabile nel caso di specie la prospettata omessa valutazione di prove rilevanti ai fini decisori, essendosi ritenuto, piuttosto, maggiormente attendibile – con ordito motivazionale lineare e coerente – il compendio probatorio offerto dalla pubblica accusa, al cospetto del quale, per converso, sono state implicitamente giudicate! strumentali le i:;olate dichiarazioni autoaccusatorie provenienti della teste della difese (omissis).
Né può attribuirsi rilievo in questa sede al dedotto travisamento del fatto, costituendo consolidato insegnamento della Suprema Corte quello secondo cui «Anche a seguito della modifica apportata all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. dalla legge n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito» (in tal senso, da ultimo, Sez. 3, n. 18521 dell’ll/01/2018, Ferri, Rv. 273217-01).
Ad ogni buon conto, deve anche evidenziarsi che il motivo di ricorso in disamina risulta viziato da un’assoluta aspecificità o genericità estrinseca, in quanto la difesa, nell’articolarlo, ha omesso di confrontarsi con l’impianto motivazionale a fondamento della decisione gravata, limitandosi, di fatto, a riproporre lamentazioni in precedenza prospettate con i primi due motivi di appello, che il Tribunale di Bari aveva illo tempore accuratamente vagliato e disatteso con un percorso decisionale – come detto – immune da censure.
Costituisce, infatti, pacifica acquisizione della giurisprudenza di legittimità che con i motivi di ricorso non possono essere riprodotte le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi, ove ciò accada, ritenere aspecifici i motivi stessi.
La mancanza di specificità del motivo devie essere, infatti, valutata e ritenuta non solo per la genericità di esso, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, in conformità al disposto dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilità dell’impugnazione (così, ex multis, Sez. 2, 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710-01, Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425-01, Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568-01 e Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849-01).
3. Privo di pregio è anche il secondo motivo di ricorso, con cui ci si duole dell’erronea applicazione della legge penale in relazione a quanto previsto dall’art. 40, comma 2, cod. pen., assumendo che l’affermazione di responsabilità dell’imputato, soggetto in tesi diverso dal proprietario dell’animale, sarebbe avvenuta in difetto dell’esistenza, in capo al predetto, di una posizione di garanzia e senza che fosse accertata la violazione di una reqola cautelare e la prevedibilità e l’evitabilità dell’evento.
Osserva al riguardo il Collegio che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, ciò che è necessario accertare in vicende come quella che ci occupa non è la proprietà dell’animale, ma, piuttosto, l’esistenza di una relazione di fatto tra lo stesso e l’imputato, tale da far sorgere in capo a quest’ultimo un obbligo di custodia e di vigilanza sul primo.
Appare quindi evidente che, nel caso concreto, i giudici del merito hanno fatto corretta applicazione del dato normativo cristallizzato nell’art. 40, comma 2, cod. pen., avendo recepito l’orientamento, formatosi relativamente alla contravvenzione di “omessa custodia e mal governo di animali” di cui all’art. 672 cod. pen., ma utilizzabile, all’evidenza, anche nella subiecta materia, secondo cui l’obbligo di custodia sorge ogni qualvolta sussista una relazione, anche di mera detenzione, tra l’animale e una data persona,, posto che la norma incriminatrice di parte speciale collega il dovere di non lasciare libero l’animale e di custodirlo con le debite cautele al possesso dello stesso, da intendersi come comprensivo anche della mera detenzione di fatto, non essendo necessario un rapporto di proprietà in senso civilistico (così Sez. 4, n. 34813 del 02/07/2010, Vallone, Rv. 248090-01 e, in precedenza, Sez. 4, n. 599 del 16/12/1998, dep. 18/01/1999, La Rosa, Rv. 212404-01).
Acclarata la conformità a legge della decisione gravata in punto di ritenuta sussistenza di una posizione di garanzia in capo al (omissis) è d’uopo rilevare che essa risulta legittima anche nella parte in cui ha affermato l’esistenza di profili di colpa, essendo di palese evidenza, per un agente medio, tanto la violazione di una regola cautelare quanto la prevedibilità dell’evento, a fronte di una condotta consistita nel legare, con una corda, un cane ad un albero, nell’immediate vicinanze di una strada di regola percorsa da veicoli a motore.
4. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v’è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», si dispone che il ricorrente versi, in favore della Cassa delle ammende, la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila.
5. Il predetto deve essere, inoltre, condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado di giudizio dalla costituita parte civile (omissis) (omissis) che si liquidano in euro tremila, oltre accessori come per legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità in favore della parte civile (omissis) (omissis) liquidate in euro tremila, oltre accessori come per legge.
Così deciso il 20/06/2023.
Depositato in Cancelleria, oggi 2 agosto 2023.