In caso di sottrazione internazionale di minori il concetto di residenza abituale del minore costituisce un requisito sostanziale in quanto mira a tutelarlo contro gli effetti nocivi del suo illecito trasferimento o mancato rientro (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 13 novembre 2023, n. 31470).

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

MARIA ACIERNO                          Presidente

LAURA TRICOMI                           Consigliere

GIULIA IOFRIDA                            Consigliere-Rel.

RITA ELVIRA ANNA RUSSO         Consigliere

ELEONORA REGGIANI                 Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2839/2023 R.G. proposto da:

(omissis) (omissis) (omissis) elettivamente domiciliato in (omissis);

-ricorrente-

contro

(omissis) (omissis) domiciliata ex lege in (omissis);

-controricorrente-

nonché contro

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI TORINO,

-intimato-

avverso DECRETO di TRIBUNALE PER I MINORENNI TORINO n. 328/2021 depositato il 17/11/2022.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/09/2023 dal Consigliere dr.ssa GIULIA IOFRIDA.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale per i Minorenni del Piemonte e Valle d’Aosta, con decreto n. cronol. 7864/2022 pubblicato il 17/11/2022, pronunciato a seguito di cassazione, con ordinanza 23631/2022, con rinvio, in accoglimento del primo motivo di ricorso (omissis) (omissis) (omissis) per mancata fissazione dell’udienza in camera di consiglio e del principio del contraddittorio, di un primo decreto del marzo 2021 del Tribunale per i minorenni di Torino, ha respinto, su difforme richiesta del P.M., l’istanza di (omissis) (omissis) (omissis) nei confronti della (omissis) (omissis) di rientro dei minori (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) nato a (omissis), e (omissis) (omissis) (omissis) nato (omissis) (omissis) nel Regno Unito, paese di asserita loro residenza abituale.

In particolare, i giudici di merito hanno affermato che al momento del trattenimento dei bambini in Italia, operato dalla madre, nell’ottobre 2020, i legami del nucleo famigliare e dei minori con l’Irlanda erano già «definitivamente» chiusi, «in vista del trasferimento imminente in Spagna», avendo i genitori, già in agosto 2020, dato disdetta dell’affitto dell’abitazione famigliare, «ritirati» i figli dalla scuola frequentata e collocato in deposito tutti i mobili e suppellettili, in vista della loro futura spedizione ed installazione in Spagna in un nuovo appartamento, tanto e vero che «in questi due anni (decorrenti da quando fa madre si e di fatto separata dal marito permanendo con i figli presso l’abitazione dei propri genitori), nessuno dei genitori ne i bambini hanno mantenuto alcun legame con l’Irlanda del Nord, ove per lungo tempo hanno abitato » ed anche il padre ha dimorato, in questo periodo, con i suoi genitori in provincia di Lecco, non facendo più ritorno nell’Irlanda del Nord, continuando a vedere i figli sulla base di accordi con la ex compagna, e la casa di sua proprietà nell’Irlanda del Nord e stata descritta dalla madre come «in stato di abbandono e pericolosa per fa salute», circostanza non smentita dal coniuge; di conseguenza, seppure i minori avevano avuto, fino a che i genitori decisero di abbandonare l’Irlanda, ivi la loro residenza abituale, intesa come centro dei loro interessi e della vita sociale e di relazione, tale dato non era più presente al momento in cui la madre ha deciso di fermarsi in Italia con i figli presso i propri genitori, essendo stati chiusi i legami con l’Irlanda del nucleo familiare, «senza fissa dimora, in trasferta verso fa Spagna che nei progetti dei coniugi. costituiva la destinazione finale per la collocazione della vita familiare».

Avverso la suddetta pronuncia (omissis) (omissis) (omissis) propone ricorso per cassazione, notificato il 16/1/2023, affidato a quattro motivi, nei confronti di (omissis)  (omissis) (che resiste con controricorso).

Il ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta:

a) con il primo motivo, violazione e falsa applicazione, ex 360 n. 3 c.p.c., dell’art. 4 della Convenzione dell’Aja del 1980 nonché degli artt. 8 e 10 Regolamento n. 2201/2033, in relazione al concetto di «residenza abituale», per averla interpretata sulla base di circostanze verificatesi successivamente all’evento sottrattivo e per avere erroneamente ritenuto che la mera partenza dei minori dallo Stato di loro residenza abituale per seguire il progetto genitoriale di trasferirsi altrove avesse automaticamente comportato la perdita di tale residenza, anche ne caso in cui tale progetto non si realizzi in concreto né i minori abbiano acquistato una nuova residenza in altro Stato;

b) con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell’art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali e dell’art.117 Cost., per non avere il giudice deciso la causa entro un termine ragionevole ne merito;

c) con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt.315 bis comma 3 c.c., 11 Reg. UE 2201/2003, 12 comma 2 Conv. NY del 20/11/1989, 3 e 6 conv. Strasburgo del 25/1/1996, nonché 117 Cost., per avere il Tribunale per i Minorenni omesso di procedere all’adempimento obbligatorio dell’ascolto dei minori, senza peraltro avere effettuato un reale giudizio relativo alla loro capacità / incapacità di discernimento;

d) con il quarto motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt.12 e 13 della Convenzione dell’Aja del 1980, sulla sottrazione internazionale dei minori, per avere il giudice del merito erroneamente sovrapposto il requisito costitutivo della sottrazione, costituito dalla previa residenza abituale dei minori, con la sanzione per tale condotta illecita e il ritorno a tale Stato come conseguenza necessaria dell’avvenuta sottrazione.

2. Deve rilevarsi che, nel presente giudizio, si discute di una richiesta presentata il 31/12/2020 (doc.to 1) di (omissis) (omissis) (omissis) cittadino tedesco ed italiano, residente nel Regno Unito, Irlanda del Nord, nei confronti di (omissis) (omissis) cittadina italiana residente in Italia, di rientro nel Regno Unito-Irlanda del Nord, dei minori (omissis) (omissis) nato nel (omissis) e (omissis) (omissis) nato nel (omissis) (omissis) ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1980, sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori.

Orbene, quando l’episodio di sottrazione internazionale rimanga circoscritto al territorio dell’Unione europea, troverà applicazione il procedimento per il rientro del minore previsto dalla convenzione dell’Aja del 1980, integrato dalle disposizioni del successivo reg. n. 2201/2003 (essendo il nuovo Regolamento UE, 2019/1111, c.d. Reg. Bruxelles II-ter, entrato in vigore solo il 1°/8/2022) , che prevale sulla convenzione nelle relazioni tra Stati membri dell’UE.

Va richiamata altresì la convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996, sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscendo, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, ratificata dal nostro Paese solo di recente, con la l. 18 giugno 2015, n. 101 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2016, che, nell’ambito della più ampia materia della responsabilità genitoriale, contiene alcune disposizioni di rilevanza processuale che riguardano la sottrazione internazionale dei minori.

Ora, il Regno Unito ha formalmente cessato di essere parte dell’Unione Europea il 31 gennaio 2020. Nonostante cio, il diritto dell’Unione ha continuato ad essere applicato nel Paese anche oltre tale data in forza delle disposizioni dell’Accordo di recesso del Regno Unito dall’Unione Europea, che (art. 126) ha previsto, infatti, l’introduzione di un periodo di transizione fino alla data del 31 dicembre 2020, per la durata del quale il Regno Unito si obbligava al rispetto del diritto dell’Unione.

L’art. 67 dell’Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (2019/C 384 1/01, cosiddetto Brexit Withdrawaf Agreement approvato il 17.10.2019 ed entrato in vigore l’1.2.2020) ha previsto che si continuino ad applicare le norme sulla competenza giurisdizionale dettate dal Reg. CE n. 2201/2003 (ivi inclusa litispendenza e connessione) e lo stesso dicasi per le decisioni emesse in materia di separazione e divorzio.

Invero, l’art. 67 dell’Accordo in questione, nel primo comma, dispone: «Nel Regno Unito, nonché negli Stati membri in situazioni che coinvolgano il Regno Unito, ai procedimenti avviati prima della fine del periodo di transizione e ai procedimenti o alle cause connesse ai sensi degli articoli 29, 30 e 31 del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (73), dell’articolo 19 del regolamento (CE) n. 2201/2003 o degli articoli 12 e 13 del regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio (74), si applicano gli atti o le disposizioni seguenti: .c) le disposizioni del regolamento (UE) 2201/2003 riguardanti fa competenza.».

Al secondo comma, si prevede poi che «Nel Regno Unito, nonché negli Stati membri in situazioni che coinvolgano il Regno Unito, al riconoscimento e all’esecuzione delle sentenze, delle decisioni, degli atti pubblici, delle transazioni e degli accordi giudiziari, gli atti o le disposizioni seguenti si applicano come segue:. b) le disposizioni del regolamento (UE) n. 2201/2003 riguardanti il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni si applicano alle decisioni emesse in procedimenti giudiziari avviati prima della fine del periodo di transizione, nonché agli atti pubblici formati e agli accordi conclusi prima della fine del periodo di transizione.».

L’applicazione ratione temporis del Regolamento n. 2201/2003, alla sottrazione internazionale di minore, che coinvolge un genitore residente nel Regno Unito, dipende quindi dalla data in cui e stata proposta l’azione (anteriore o posteriore alla fine del periodo di transizione, ossia al 31.12.2020 ex artt.126 e 127 dell’Accordo Brexit) (cfr. Cass. 12892/2023, in relazione all’applicazione del Reg.1215/2012).

Ne deriva che nella specie, essendo stata la richiesta di rientro avanzata prima della fine del periodo di transizione, é applicabile il Reg. CE n. 2201/2003.

Il periodo di transizione ha infatti consentito di continuare ad applicare le norme europee di diritto internazionale privato anche dopo la formale uscita del Regno Unito dall’Unione.

3. La prima, la terza e la quarta censura, da trattare unitariamente in quanto connesse, sono infondate.

3.1. In punto di mancato ascolto dei minori, pur essendo necessario, nella materia della sottrazione internazionale di minore, l’ascolto del minore, costituendo lo stesso un adempimento necessario ai fini della legittimità del decreto di rimpatrio ai sensi dell’art. 315 bis c.c. e degli artt. 3 e 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 (ratificata dalla legge n. 77 del 2003), essendo finalizzato ex art. 13, comma 2, della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 anche alla valutazione della sua eventuale opposizione al rimpatrio nella valutazione della integrazione del minore stesso nel suo nuovo ambiente, estremo ostativo all’accoglimento della domanda di rimpatrio che risulti esercitata ex art. 12, comma 2, della medesima Convenzione oltre l’anno (da ultimo Cass. 15254/2019), integrando il fondato rischio, per il medesimo, di essere esposto a pericoli fisici o psichici o, comunque, di trovarsi in una situazione intollerabile (art. 13, comma 1, lett. b), (Cass. 18846/2016), nella specie, non ricorre l’invocata nullità.

Ora, questa Corte, anche nel precedente del 2016, in tema, ha chiarito che, ai fini dell’accertamento dell’eventuale opposizione al rientro del minore che abbia raggiunto un età e un grado di maturità tali da tenere conto del suo parere, se la norma impone l’ascolto del minore e, ove questi sia capace di discernimento e dalle risposte date risulti una chiara determinazione di volontà ostativa al rientro, «il tribunale per i minorenni non può opporre una valutazione alternativa della redazione con il genitore con il quale il predetto minore dovrebbe vivere in esito al rientro, salvo procedere ad un approfondimento istruttorio autonomo (ad es. a mezzo consulenza tecnica d’ufficio e/o modelli di ascolto del minore più adeguati) in caso di permanenza del dubbio» (cfr. Cass. 10784/2019; Cass. 3319/2017; Cass. 7470/2014).

Di recente, questa Corte (Cass. 8229/2023) ha affermato che « In tema di sottrazione internazionale di minori, fa possibilità per il minore, capace di discernimento, di esprimere fa propria opinione nei procedimenti che fo riguardano integra un diritto che deve essere esercitato in modo effettivo e concreto: ne consegue che, ove il minore si opponga al rientro, l’autorità giudiziaria ha l’obbligo di tenere conto della sua opinione potendo anche, in applicazione del principio del “superiore interesse del minore” ed all’esito di un esame approfondito di tutti gli aspetti che vengono in rilievo, di cui deve essere data adeguata motivazione, discostarsi dalla contingente manifestazione di volontà del minore medesimo, al fine di salvaguardare il suo interesse a coltivare una relazione appagante con entrambi i genitori».

Nella materia, l’art. 11, comma 2, del Regolamento UE 2201/2003 prevede che «nell’applicare gli articoli 12 e 13 della convenzione dell’Aia del 1980, si assicurerà che il minore possa essere ascoltato durante il procedimento se ciò non appaia inopportuno in ragione della sua età o del suo grado di maturità».

Orbene, nella specie, i minori erano in tenera età (infradodicenni, tra 2 e i 5 anni) al momento dell’instaurazione del presente procedimento e quindi certamente al di fuori dell’ipotesi di raggiungimento di un età e di una maturità tali da giustificare il rispetto della loro opinione e la verifica di una loro eventuale opposizione al trasferimento.

3.2. In generale, la disciplina sulla sottrazione internazionale, di cui alla Convenzione dell’Aja del 1980, resa  esecutiva in Italia nel 1994, mira a tutelare il minore contro gli effetti nocivi del suo illecito trasferimento o mancato rientro nel luogo ove egli svolge la sua abituale vita quotidiana, sul presupposto della tutela del superiore interesse dello stesso alla conservazione delle relazioni interpersonali che fanno parte del suo mondo e costituiscono la sua identità (Corte 231/2001).

L’art. 12 della Convenzione prescrive: «Qualora un minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi dell’articolo 3, e sia trascorso un periodo inferiore ad un anno, a decorrere dal trasferimento o dal mancato ritorno del minore, fino alla presentazione dell’istanza presso l’autorità giudiziaria o amministrativa  dello Stato contraente dove si trova il minore, l’autorità adita ordina il suo ritorno immediato. L’Autorità giudiziaria o amministrativa, benché adita dopo fa scadenza del periodo di un anno di cui al capoverso precedente, deve ordinare il ritorno del minore, a meno che non sia dimostrato che il minore si e integrato nel suo nuovo ambiente.».

L’art. 13 stabilisce poi che l’Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non sia tenuta ad ordinare il ritorno del minore «qualora fa persona, istituzione o ente che si oppone al ritorno, dimostri: a) che fa persona, l’istituzione o l’ente cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro, o aveva consentito, anche successivamente, al trasferimento o al mancato ritorno; o b) che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, ai pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile».

L’Autorità giudiziaria o amministrativa può altres1, sempre secondo l’art.13, rifiutarsi di ordinare il ritorno del minore qualora essa accerti che il minore si oppone al ritorno, e che ha raggiunto un’età ed un grado di maturità tali che sia opportuno tener conto del suo parere.

Il luogo da cui il minore non deve essere arbitrariamente distolto ed in cui, se allontanato, deve essere immediatamente riaccompagnato e la «residenza abituale», da intendersi quale luogo in cui il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, anche di fatto, ha il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, ma anche scolastici, amicali ed altro, derivanti dallo svolgersi della sua quotidiana vita di relazione.

Una volta accertato, in capo al genitore richiedente il rimpatrio, l’effettivo esercizio del diritto di affidamento al momento del trasferimento nonché il luogo costituente residenza abituale del minore, costituiscono pertanto condizioni ostative al rientro il fondato rischio del minore di essere sottoposto a pericoli fisici o psichici o, comunque, di trovarsi in una situazione intollerabile (art. 13 comma 1 lett.b).

Come la Convenzione dell’Aja del 1980, il Regolamento UE 2201/2003(Reg. Bruxelles II bis), che continuerà ad applicarsi alle decisioni rese nelle azioni proposte anteriormente al 1° agosto 2022, non contiene alcuna definizione della nozione di «residenza abituale», analogamente alla convenzione dell’Aja del 1980. Neppure il Regolamento n. 1111 del 25 giugno 2019, applicabile alle azioni proposte il 1° agosto 2022 o posteriormente a tale data, sempre relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, nonché alla sottrazione internazionale di minori, contiene una definizione di residenza abituale.

Altro elemento che il Tribunale dovrà imprescindibilmente valutare e la volontà del minore, quando abbia raggiunto un’età ed un grado di maturazione tali da giustificare il rispetto della sua opinione (Cass. civ., sez. I, 8 febbraio 2017, n. 3319; Cass. civ., sez. I., 26 settembre 2016, n. 18846; Cass. civ., sez. I, 5 marzo 2014, n. 5237).

In definitiva, l’ascolto del minore, che costituisce indubbiamente adempimento necessario nel procedimento in oggetto, per consolidato orientamento di questa Corte di legittimità, può essere espletato anche da soggetti diversi dal giudice, secondo le modalità dal medesimo stabilite, anche in relazione al carattere urgente e meramente ripristinatorio della situazione di tale procedura.

Nella materia, l’art. 11, comma 2, del Regolamento UE 2201/2003 prevede che «nell’applicare gli articoli 12 e 13 della convenzione dell’Aia del 1980, si assicurerà che il minore possa essere ascoltato durante il procedimento se ciò non appaia inopportuno in ragione della sua età o del suo grado di maturità».

Deve altresì evidenziarsi che l’art.10 («Competenza nei casi di sottrazione dei minori») del Regolamento n. 2201/2003, applicabile ratione temporis, prevede : «In caso di trasferimento illecito o mancato rientro del minore, l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva fa residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro conserva fa competenza giurisdizionale fino a che il minore non abbia acquisito fa residenza in un altro Stato membro e: a) se ciascuna persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha acconsentito al trasferimento o mancato rientro; b) se il minore ha soggiornato in quell’altro Stato membro almeno per un anno da quando fa persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava e il minore si e integrato nel nuovo ambiente e se ricorre una qualsiasi delle seguenti condizioni:

i) entro un anno da quando il titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava non e stata presentata alcuna domanda di ritorno del minore dinanzi alle autorità competenti dello Stato membro nel quale il minore e stato trasferito o dal quale non ha fatto rientro;

ii) una domanda di ritorno presentata dal titolare del diritto di affidamento e stata ritirata e non e stata presentata una nuova domanda entro il termine di cui al punto i);

iii) un procedimento dinanzi all’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva fa residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro e stato definito a norma dell’articolo 11, paragrafo 7;

iv) l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva fa residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o del mancato ritorno ha emanato una decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore».

3.3. Questa Corte ha precisato (Cass. 8000/2004; 5236/2007; Cass. 20365/2011) che il giudizio sulla domanda di rimpatrio non  investe il merito della controversia relativa alla migliore sistemazione possibile del minore, cosicché tale domanda «può essere respinta, nel superiore interesse del minore, sofo in presenza di una delle circostanze ostative indicate dagli artt. 12, 13 e 20 della Convenzione, fra le quali non e compresa alcuna controindicazione di carattere comparativo che non assurga nella valutazione di esclusiva competenza del giudice di merito al rango di vero e proprio rischio, derivante dal rientro, di esposizione a pericoli fisici e psichici o ad una situazione intollerabile».

Il giudice, nella sostanza, deve attenersi ad un criterio di rigorosa interpretazione della portata della condizione ostativa al rientro, sicché egli non può dar peso al mero trauma psicologico o alla semplice sofferenza morale per il distacco dal genitore autore della sottrazione abusiva, a meno che tali inconvenienti non raggiungano il grado – richiesto dalla citata norma convenzionale – del pericolo psichico o della effettiva intollerabilità da parte del minore (Cass. 6081/2006).

Con riguardo specifico all’individuazione del concetto di «residenza abituale» recepito dalla convenzione dell’Aja e dal Regolamento UE 2003, esso non coincide con quello di «domicilio», quale sede principale degli affari ed interessi di una persona, accolto dal codice civile (articolo 43, primo comma, c.c.), dovendo intendersi, invero, il luogo in cui il minorenne, grazie anche ad una durevole e stabile permanenza ancorché di fatto, trova e riconosce il baricentro dei suoi legami affettivi, non solo parentali, originati dallo svolgersi della sua quotidiana vita di relazione, non rivestendo alcuna importanza invece – nel giudizio di accertamento della «residenza abituale», finalizzato all’adozione del provvedimento d’urgenza in questione – «l’alibi di presunte radici culturali, fa profondità e significatività del legare affettivo con l’adulto autore della sottrazione o l’avvenuto inserimento scolastico nella città di residenza di quest’ultimo».

Fattori idonei a dimostrare che la presenza fisica di un soggetto in uno Stato non sia in alcun modo temporanea o occasionale la residenza del soggetto denoti una certa integrazione in un ambiente sociale e familiare, con riferimento ai minori, sono in particolare la durata, la regolarità, le condizioni e le ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, la cittadinanza del minore, il luogo e le condizioni della frequenza scolastica, le conoscenze linguistiche nonché le relazioni familiari e sociali del minore nel detto Il Presidente Stato

Il concetto di residenza abituale, impiegato, oltre che nella materia della sottrazione internazionale anche come titolo di giurisdizione, in materia di responsabilità genitoriale, in relazione al Reg. Bruxelles II bis, rappresenta quindi un criterio di fatto, che prescinde dalle risultanze anagrafiche.

Con ordinanza 30123/2017, questa Corte ha chiarito che «in tema di sottrazione internazionale del minore da parte di uno dei genitori, fa nozione di residenza abituale posta dalla Convenzione de L’Aja del 25 ottobre 1980, ratificata con fa legge n. 64 del 1994, consiste nel luogo in cui il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza ha consolidato, consolida, ovvero, in caso di recente trasferimento, possa consolidare una rete di affetti e relazioni tali da assicurargli un armonico sviluppo psicofisico. Essa, pertanto, integra una situazione di fatto il cui accertamento e riservato all’apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente e logicamente motivato» (nella specie la Corte, confermando al pronuncia di merito, ha escluso che potesse ritenersi residenza abituale del minore il luogo (Londra) dove i genitori avevano programmato di vivere, senza, tuttavia, dare mai attuazione a tale intendimento, essendo sopravvenute circostanze che avevano portato il minore al trasferimento in Italia in forma stabile e senza soluzione di continuità).

Questa Corte con ordinanza 30671/2021 ha poi cassato il decreto impugnato con il quale si era « esclusa l’illecita sottrazione, senza vagliare, nel necessario modo rigoroso, quale fosse l’effettiva residenza abituale del minore, prima dell’episodio di sottrazione/trattenimento non autorizzato e contestato, esaminandola dal punto di vista di quest’ultimo. ... Si é pertanto proceduto alla indagine diretta all’accertamento della residenza abituale del minore secondo una visuale incentrata sui progetti futuri e incerti della coppia genitoriale piuttosto che sul reale vissuto del minore e sulla creazione in atto di una sua rete relazionale e affettiva».

3.4. La Corte di Giustizia, con la sentenza 2/4/2009, causa C- 523/2007, pronunciandosi sulla residenza abituale del minore con riferimento specifico alla responsabilità genitoriale, ex art. 8 del Reg. citato, l’ha ancorata al luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare, dovendosi tenere conto della durata, della regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato.

Il luogo di residenza abituale deve essere determinato dal giudice nazionale tenendo conto di tutte le circostanze di fatto specifiche di ciascuna fattispecie.

Nella causa C-497/10, sentenza 22/12/2010, la Corte UE ha precisato che l’eta del minore riveste un’importanza particolare e che, in generale, «l’ambiente di un minore in tenera eta e essenzialmente l’ambiente familiare, determinato dalla persona o dalle persone di riferimento con le quali il minore vive, da cui e effettivamente accudito e che si prendono cura di fui»; laddove si tratti della situazione di un neonato che soggiorna con la madre solo da pochi giorni in uno Stato membro – diverso da quello della sua residenza abituale – nel quale e stato portato, «devonDoataepsubsbelicraezio presi particolarmente in considerazione, da un lato, la durata, la regolarita, le condizioni e le ragioni del soggiorno nel territorio di tale Stato membro nonché del trasferimento della madre in detto Stato» e, d’altro lato, «l’eta del minore, l’origine geografica e familiare della madre nonché i rapporti familiari e sociali che fa madre e il minore intrattengono in quello stesso Stato membro».

Invero, poiché il neonato condivide necessariamente l’ambiente sociale e familiare della cerchia di persone da cui dipende, ove sia effettivamente accudito dalla madre, «occorre valutare l’integrazione di quest’ultima con il suo  ambiente sociale e familiare», potendo rilevare «le ragioni del trasferimento verso un altro Stato membro della madre del minore, le sue conoscenze linguistiche o ancora le sue origini geografiche e familiari».

La Corte di giustizia europea ha ribadito, di recente, che la residenza abituale del minore corrisponde «af fuogo che denota una certa integrazione di quest’ultimo in un ambiente sociale e famifiare» (Corte di Giustizia UE, 8-12 giugno 2017, C-111/17).

Sempre la Corte UE, nella sentenza del 28/6/2018, nella causa C- 512/2017 – citata dal Tribunale per i minorenni di Sassari nel decreto in questa sede impugnato del 2022 -, ha affermato:

«l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, dev’essere interpretato nel senso che fa residenza abituale del minore, ai sensi di tale regolamento, corrisponde al luogo in cui si trova di fatto il centro della sua vita. Spetta al giudice nazionale determinare il luogo in cui si trovava tale centro al momento della proposizione della domanda concernente fa responsabilita genitoriale nei confronti del minore, sulla base di un complesso di elementi di fatto concordanti.

Al riguardo, in un caso come quello di specie, alla luce dei fatti accertati da detto giudice, costituiscono, congiuntamente, circostanze determinanti:

– il fatto che il minore, dalla nascita fino alla separazione dei genitori, abbia generalmente abitato con questi ultimi in un determinato luogo;

fa circostanza che il genitore che esercita di fatto, dopo fa separazione della coppia, fa custodia del minore continui a vivere quotidianamente con quest’ultimo in tale luogo e ivi eserciti fa sua attività professionale, fa quale si inserisce nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, e il fatto che il minore, in questo luogo, abbia contatti regolari con l’altro genitore, che continua a risiedere nel medesimo luogo. Per contro, in un caso come quello di specie, non possono essere considerate circostanze determinanti:

– i soggiorni che, in passato, il genitore che esercita fa custodia effettiva del minore ha effettuato con quest’ultimo nel territorio dello Stato membro di cui detto genitore e originario nell’ambito dei suoi congedi o dei periodi festivi;

– le origini del genitore in questione, i conseguenti legami culturali del minore con questo Stato membro e i suoi rapporti con fa famiglia che risiede in detto Stato membro, e- l’eventuale intenzione di detto genitore di stabilirsi in futuro con il minore in questo stesso Stato membro».

In motivazione, chiarito che fattori utili per interpretare il concetto di residenza abituale del minore sono, oltre alla presenza fisica su territorio di uno Stato membro, altri fattori idonei a dimostrare che tale presenza non e in alcun modo temporanea ed occasionale e che essa denota «una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare», ai par. 44, 45 e 48, si e precisato (si discuteva dell’interpretazione del concetto di residenza abituale quale dettato dall’art. 8 del Reg. UE 2201/2003, in relazione all’esercizio della responsabilità genitoriale su un bambino di 18 mesi, al momento della proposizione della domanda giudiziale, nato dall’unione tra una cittadina polacca ed un cittadino belga, residenti originariamente in Bruxelles: la madre, dopo la fine della relazione, aveva manifestato la volontà di trasferirsi in Polonia ed aveva chiesto al giudice polacco che la residenza della minore venisse fissata nel luogo della propria residenza): «44. Inoltre, se il minore non e in età scolare, a fortiori quando si tratta di un neonato, le circostanze proprie della persona o delle persone di riferimento con cui esso vive, dalle quali e effettivamente accudito e che si prendono cura di fui quotidianamente di regola, i genitori hanno particolare importanza per determinare il luogo in cui si trova il centro della sua vita. Infatti, la Corte ha rilevato che l’ambiente di tale minore e essenzialmente familiare, determinato da detta persona o da dette persone, e che egli condivide necessariamente l’ambiente sociale e familiare della cerchia di persone da cui dipende (v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2010, Mercredi, C 497/10 PPU, EU:C:2010:829, punti da 53 a 55).45.Pertanto, nel caso in cui tale neonato viva quotidianamente con i genitori, si deve, in particolare, determinare il luogo in cui questi ultimi sono presenti stabilmente e sono integrati in un ambiente sociale e familiare. In proposito, occorre tener conto di fattori quali fa durata, fa regolarità, le condizioni e le ragioni del foro soggiorno nel territorio dei diversi Stati membri in questione, nonché i rapporti familiari e sociali che questi ultimi e il minore vi intrattengono (v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2010, Mercredi, C 497/10 PPU, EU:C:2010:829, punti 55 e 56). 48. l’ambiente familiare di un neonato e determinato in gran parte dal genitore con cui vive quotidianamente, anche l’altro genitore fa parte di tale ambiente se e in quanto il minore mantiene contatti regolari con quest’ultimo. Pertanto, nella misura in cui sussiste un rapporto del genere, occorre tenerne conto per determinare il luogo in cui si trova il centro della vita del minore».

La Corte UE, dopo avere ricordato (par. 46) che anche l’intenzione dei genitori di stabilirsi in un certo stato, «qualora sia manifestata attraverso misure concrete» può essere presa in considerazione, ai suddetti fini, pur costituendo essa (par. 62) sempre solo un indizio da integrare con elementi concordanti, ha osservato che, nella fattispecie in esame, la minore era nata e aveva abitato a Bruxelles con entrambi i genitori e che, alla data di proposizione della domanda di fissazione delle modalità della responsabilità genitoriale, in seguito alla separazione dei genitori, ella viveva sempre a Bruxelles presso la madre, la quale esercitava effettivamente la custodia nei suoi confronti e, inoltre, emergeva anche che la madre viveva «nella medesima citta da vari anni, vi svolgeva un’attività professionale che si inserisce nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato», il che tendeva così a dimostrare che « al momento in cui e stato adito il giudice del rinvio, fa madre e il minore, che dipende da quest’ultima, erano presenti stabilmente nel territorio belga.

Inoltre, in considerazione della sua durata, della sua regolarità, delle sue condizioni e delle sue ragioni, tale soggiorno denota, in linea di principio, una certa integrazione del genitore in questione in un ambiente sociale condiviso con il minore» (par.47); la Corte UE ha ritenuto rilevante, non potendosi trascurare, al fine di individuare l’ambiente familiare del neonato, anche il rapporto con l’altro con cui il minore mantenga contatti regolari, il fatto che la minore aveva «abitato inizialmente nella città in cui risiede abitualmente, anche con l’altro genitore» e che «questo genitore viveva ancora in quella città e aveva contatti settimanali con il minore», cosicché quest’ultimo poteva ritenersi «integrato nella città in questione in un ambiente familiare costituito da entrambi i genitori» (par.49), evidenziando (par.68) che la sola «volontà del genitore che esercita fa custodia effettiva del minore di stabilirsi in futuro con quest’ultimo nello Stato membro di cui detto genitore e originario, che sia o meno comprovata, non può di per se comportare che fa residenza abituale del minore si trovi in tale Stato membro».

E questa Corte ha, di recente, affermato il seguente principio di diritto (Cass. 32194/2022): « In materia di sottrazione internazionale di minore che, al momento della proposizione della domanda abbia pochi mesi di vita e che sia effettivamente custodito dalla madre in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede abitualmente il padre e dal quale fa madre si e affrontata con il bambino, ai fini dell’individuazione della sua “dimora abituale” occorre verificare tenuto conto della totale dipendenza del minore dalla madre delle ragioni, della durata e dell’effettivo radicamento di quest’ultima nel territorio del primo Stato, in particolare verificando se tale soggiorno denoti un’apprezzabile integrazione nell’ambiente sociale della madre, della quale partecipa anche il minore, pur non potendosi trascurare l’altro genitore con il quale il minore mantenga contatti regolari» (nella specie, questa Corte ha cassato la pronuncia del tribunale per i minorenni che, senza tenere in considerazione gli elementi indicati in massima, aveva ritenuto integrata la fattispecie sottrattiva per un minore che la giovane madre italiana aveva avuto da un uomo spagnolo, conosciuto durante la permanenza per ragioni di studio in Spagna ed ove, dopo la nascita del figlio, aveva convissuto per un solo mese in casa della madre di lui, per poi andare a vivere in un appartamento da sola con il bambino, fino alla decisione di far rientro in Italia con il figlio di otto mesi).

3.5. Venendo alla vicenda in esame, il Tribunale ha affermato che il trattenimento dei minori in Italia, ad ottobre 2020 , contro la volontà di uno dei genitori, non determinava il loro immediato rimpatrio nel luogo ultimo di residenza abituale, in Irlanda del Nord, in quanto tale legame con il territorio irlandese dei minori e della famiglia era stato perso definitivamente allorché entrambi i genitori avevano deciso, ad agosto 2020, di trasferirsi in Spagna, pur essendosi accertato che tale trasferimento non era poi mai avvenuto, essendo insorta la crisi della coppia; inoltre, ciò era confermato dalla condotta di entrambi i genitori successivamente al contestato trattenimento illecito in Italia, avendo il padre scelto di vivere presso i suoi genitori in provincia di Lecco, senza fare rientro in Irlanda.

Ora, alla luce di quanto sopra richiamato, considerato che, nel presente caso, non si discute di competenza/giurisdizione e di individuazione dell’autorità giurisdizionale competente, vale a dire di assicurare il rispetto del principio del giudice naturale, in funzione dell’interesse superiore del minore e del criterio di vicinanza, quanto di individuazione dei presupposti della tutela in caso di sottrazione internazionale di minori, vanno ribaditi i seguenti principi:

a) ai fini dell’accertamento della residenza abituale del minore, il momento rilevante da prendere in esame e quello dell’epoca della illecita sottrazione o dell’illecito trattenimento non anche quello successivo al di fuori peraltro di una effettiva, indimostrata, acquiescenza allo stato di fatto creato dal genitore sottraente (al più essendo dimostrata la volontà del padre di mantenere un rapporto con i figli);

b) il concetto di residenza abituale del minore nella materia della sottrazione internazionale, di cui alla Convenzione dell’Aja del 1980, resa esecutiva in Italia nel 1994, e al Reg. UE Bruxelles II bis, operante ratione temporis, costituisce un requisito sostanziale in quanto la suddetta protezione ha la funzione di ripristinare il diritto sostanziale del minore e mira a tutelare lo stesso contro gli effetti nocivi del suo illecito trasferimento o mancato rientro nel luogo ove egli svolge la sua abituale vita quotidiana, sul presupposto della tutela del superiore interesse dello stesso alla conservazione delle relazioni interpersonali che fanno parte del suo mondo e costituiscono la sua identità;

c) il dato di fatto che i genitori, nella fattispecie  in  esame,  avessero,  di  comune accordo, lasciato l’Irlanda del Nord (ove peraltro il padre continua ad avere immobile di proprietà) per attuare un progetto di trasferimento all’estero (in Spagna), poi non attuato, ha comportato la recisione del legame con l’Irlanda del Nord, nel Regno Unito (ove i minori con i genitori hanno vissuto sino all’età, rispettivamente, di cinque e due anni), in considerazione dell’esistenza di un progetto genitoriale di trasferimento in altro Stato, concretizzatosi in atti esteriori concordati e condivisi da entrambi i genitori, attuati mesi prima dell’asserita illecita sottrazione, quali descritti dal Tribunale (disdetta dell’affitto dell’abitazione famigliare, ritiro dei figli dalla scuola frequentata e collocazione in deposito tutti i mobili e suppellettili, in vista della loro futura spedizione ed installazione in appartamento sito in un terzo Stato;

c) l’ordine di rientro nello Stato di ultima residenza abituale dei minori non può essere disposto in favore del padre, che aveva agito per il rientro, in quanto non risulta integrata la fattispecie invocata della sottrazione internazionale di minore.

Il decreto impugnato va quindi confermato, avendo rispettato i richiamati principi di diritto.

4. La seconda censura é da ritenersi assorbita.

5. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Ricorrono giusti motivi, considerate tutte le peculiarità della concreta vicenda e la complessità/novità delle questioni di diritto involte, per compensare integralmente tra tutte le parti le spese processuali.

Essendo il procedimento esente, non si applica l’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Dichiara le spese del presente giudizio di legittimità integralmente compensate tra le parti.

Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso, in Roma nella camera di consiglio del 20 settembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.