REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Ettore CIRILLO Presidente
Dott. Andreina GIUDICEPIETRO Consigliere
Dott. Valentino LENOCI Consigliere Rel.
Dott. Marcello Maria FRACANZANI Consigliere
Dott. Federico LUME Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi riuniti iscritti ai nn. 9005/2018 e 2361/2022 R.G., proposti da:
A) ricorso 9005/2018 R.G.:
(omissis) (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) (omissis) elettivamente domiciliati in (omissis) dal quale sono rappresentati e difesi in proprio ex art. 86 cod. proc. civ. il primo, ed in virtù di procura speciale a margine del ricorso il secondo,
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro- tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale e rappresentata e difesa ex lege,
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 5418/2017, depositata il 21 settembre 2017;
B) ricorso 2361/2022 R.G.:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro- tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale e rappresentata e difesa ex lege,
– ricorrente –
contro
(omissis) (omissis) (omissis), elettivamente domiciliato in (omissis) (omissis) presso lo studio del prof. avv. (omissis) (omissis) (omissis) al quale e rappresentato e difeso in virtù di procura speciale allegata al controricorso,
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 1794/2021, depositata l’8 giugno 2021;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza 15 giugno 2023 dal Consigliere dott. Valentino Lenoci;
dato atto che il Pubblico Ministero, in persona del sost. proc. gen. dott. Giuseppe Locatelli, ha chiesto il rigetto del ricorso 9005/2018 R.G., e l’accoglimento del secondo e terzo motivo del ricorso n. 2362/2022 R.G.
FATTI DI CAUSA
1. (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (omissis) presentavano all’Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di Roma 1, a mezzo racc. a/r inviate il (omissis) e ricevute il 10 aprile 2013, distinte istanze di rimborso delle ritenute IRPEF (per l’importo di € 66.666,67 ciascuno) operate, ai sensi dell’art. 81, comma 1, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi) e dell’art. 11, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, dal Comune di (omissis) (omissis) in relazione all’indennità di esproprio liquidata in data 18 giugno 2012, relativamente ad un decreto di esproprio emesso in data 17 dicembre 2012 riguardante un terreno sito nel suddetto comune, identificato in catasto al fg. 69, p.lla 194, del quale i suddetti (omissis) (omissis) erano comproprietari, per la quota di 1/3 ciascuno.
1.1. Formatosi il silenzio-diniego sulle suddette istanze, i contribuenti proponevano separati ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma la quale, con sentenza 25865/2015, depositata in data 9 dicembre 2015, previa riunione degli stessi, li accoglieva, ordinando il rimborso richiesto.
1.2. Interposto gravame dall’Ufficio, la Commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza 5418/2017, pronunciata il 9 maggio 2017 e depositata in segreteria il 21 settembre 2017, accoglieva l’appello, compensando le spese di lite.
1.3. Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione (iscritto al n. 9005/2018 R.G. (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (omissis) sulla base di otto motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
2. Con separata istanza presentata sempre in data 5 aprile 2013 (omissis) (omissis) (omissis) presentava all’Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di Taranto analoga istanza di rimborso delle ritenute effettuate dal Comune di (omissis) (omissis) sulla somma corrispostagli a titolo di indennità di esproprio per il medesimo terreno sito in agro di (omissis) (omissis) del quale era comproprietario anch’egli per la quota di 1/3.
2.1. Formatosi anche in tal caso il silenzio-rifiuto, il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Taranto la quale, con sentenza 1997/2015 del 30 giugno 2015, lo accoglieva, ordinando il rimborso richiesto.
2.2. Interposto gravame dall’Ufficio, la Commissione tributaria provinciale della Puglia, con sentenza 1794/2021, pronunciata il 3 maggio 2021 e depositata in segreteria l’8 giugno 2021, rigettava l’appello, confermando la sentenza impugnata e condannando l’Agenzia delle Entrate alla rifusione delle spese di lite.
2.3. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione (rubricato al 2361/2022 R.G.) l’Agenzia delle Entrate, sulla base di tre motivi.
Resiste con controricorso (omissis) (omissis) (omissis)
3. All’udienza pubblica del 14 giugno 2023 il consigliere relatore ha svolto la relazione per entrambi i ricorsi e – a seguito di richiesta ex 23, comma 8-bis, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 – il P.M. e le parti hanno rassegnato le proprie conclusioni a seguito di discussione orale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, deve essere disposta la riunione dei ricorsi 9005/2018 e n. 2361/2022 R.G., per evidenti ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva, in quanto, pur trattandosi di ricorsi proposti avverso diverse sentenze, in ogni caso il thema decidendum attiene alla sussistenza del diritto al rimborso, con riferimento alla medesima indennità di espropriazione e sulla base del medesimo decreto di esproprio emesso nei confronti dei germani (omissis) (omissis) comproprietari per 1/3 ciascuno del terreno oggetto di procedura espropriativa.
2. (ricorso 9005/2018 R.G.) – Il ricorso in oggetto é affidato, come si e detto, ad otto motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione degli 11, commi 5, 6, e 7, della legge n. 413/1991, in combinato disposto con gli artt. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e 1 Prot. Add. CEDU, nonché in riferimento agli artt. 3, 97, 111 e 117 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Rilevano, in particolare, i ricorrenti che erroneamente la C.T.R. avrebbe affermato l’imponibilità dell’indennità di esproprio in questione, ricevuta nell’anno 2012, in quanto la stessa traeva in realtà origine in una occupazione d’urgenza, risalente al 1982, pacificamente divenuta illegittima per superamento del relativo termine di efficacia, ed il decreto di esproprio era eziologicamente collegato a tale occupazione d’urgenza, ragion per cui tale somma non avrebbe potuto essere assoggettata a tassazione ex art. 11, comma 7, legge 413/1991, in quanto corrisposta nel 2012 (e quindi successivamente all’entrata in vigore di tale legge) solo per responsabilità esclusiva della pubblica Amministrazione, in quanto l’occupazione era divenuta sine titulo sin dal 1988.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (omissis) sollevano eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 11, commi 5 e 7, della legge n. 413/1991, in relazione agli artt. 4, 97, 111 e 117 Cost., sostenendo che, laddove le suddette disposizioni non fossero interpretate nel senso della inapplicabilità alle fattispecie di occupazione acquisitiva perfezionatesi prima della loro entrata in vigore, esse dovrebbero essere considerate irrazionali e non giustificate, essendo indifferente il materiale passaggio della proprietà prima o dopo l’entrata in vigore del regime di imponibilità ai fini fiscali, consentendo allo Stato di avvantaggiarsi del proprio inadempimento, e costringendo il contribuente, già danneggiato dal comportamento dilatorio, ad ad1re gli organi giurisdizionali, con violazione dei principi del giusto processo e della ragionevole durata del processo.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso i ricorrenti eccepiscono violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11, commi 5, 6 e 7, della legge 413/1991, in combinato disposto con gli artt. 43 e 42-bis del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Deducono, in particolare, i contribuenti che la Corte di secondo grado avrebbe erroneamente ritenuto che la “transazione” sulle indennità di esproprio fosse un atto privatistico a chiusura del contenzioso amministrativo, anziché considerare tale accordo sulla quantificazione dell’indennità quale componente dell’autonoma e separata azione amministrativa di esproprio, esercitata dalla p.A., indipendentemente dall’esito giudiziale, cos, da escluderne la natura di atto autonomo generatore della plusvalenza ex art. 11, commi 5 e 7, della legge n. 413/1991, venendo invece in rilievo una fattispecie espropriative ex art. 42-bis del d.P.R. 327/2001, divenuta sine titulo prima dell’entrata in vigore del regime di imponibilità.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 11, commi 5, 6 e 7, della legge 413/1991, in combinato disposto con l’art. 194 cod. civ. e con gli artt. 43 e 42-bis del d.P.R. n. 327/2001, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Sostengono, in particolare, i ricorrenti che la Corte regionale avrebbe errato, nel ritenere che la transazione potesse avere posto nel nulla l’accertamento giudiziale condotto dal T.A.R. della Puglia, con la sentenza del 2010; infatti, fermo restando che l’indennità di esproprio atteneva alla vicenda espropriativa che aveva superato, per via autonoma e parallela, il giudicato restitutorio, nella specie avrebbe dovuto darsi risalto esclusivamente all’autonoma azione pubblica espropriativa derivante dall’occupazione d’urgenza del 1982.
2.5. Con il quinto motivo di ricorso i germani (omissis) (omissis) deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché dell’art. 11, commi 5, 6 e 7, della legge n. 413/1991, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Rilevano, in particolare, i ricorrenti che la C.T.R. avrebbe comunque errato nel ritenere che la transazione sulla mera quantificazione dell’indennità di esproprio potesse cancellare il dovere del giudice tributario di accertare, ai sensi dell’art. 2, comma 3, cit., se la plusvalenza fosse ancorata ad un momento antecedente all’entrata in vigore della legge n. 413/1991.
2.6. Con il sesto motivo di ricorso i ricorrenti eccepiscono violazione e falsa applicazione dell’art. 11, commi 5, 6 e 7, della legge 413/1991, in combinato disposto con gli artt. 43 e 42-bis del d.P.R. n. 327/2001, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Deducono, in particolare, i contribuenti che la C.T.R. avrebbe errato nel ritenere che l’accordo sulla indennità di esproprio fosse idoneo a coprire qualsivoglia effetto pregiudizievole dell’illecita occupazione, cos, rendendo imponibile la plusvalenza in questione, in quanto, al contrario, tale plusvalenza derivava, in ogni caso, dal comportamento illecito della p.A.
2.7. Con il settimo motivo di ricorso i ricorrenti sollevano nuovamente questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, commi 5, 6 e 7, della legge 413/1991, con riferimento agli artt. 24, 97 e 117 Cost., per contrasto con i principi di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione, degli obblighi internazionali come limite generale di validità della legislazione statale e regionale, nonché del giusto processo e della ragionevole durata del processo.
2.8. Con l’ottavo motivo di ricorso si deduce, ancora una volta, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11, commi 5, 6 e 7, della legge n. 413/1991, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Sostengono i ricorrenti che la C.T.R. avrebbe errato nell’escludere la rilevanza dell’illecito permanete perpetrato dalla p.A. con l’occupazione prima d’urgenza e poi sine titulo, nel mentre vi era un evidente ritardo della p.A. nel corrispondere l’indennità di esproprio, e tale ritardo non avrebbe potuto essere imputato ai ricorrenti.
3. (ricorso 2361/2022 R.G.) – Il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate e affidato a tre motivi.
3.1. Con il primo motivo l’Ufficio eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 11, commi 5 e 6, della legge 413/1991, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Rileva l’Agenzia delle Entrate che erroneamente la C.T.R. avrebbe ritenuto la somma erogata in favore del contribuente non assoggettata ad imposizione, a causa del ritardo nel pagamento, da parte della pubblica Amministrazione, dell’indennità di esproprio, in quanto ciò che rileva, in questi casi, e che la corresponsione della somma in dipendenza di procedimenti espropriativi, generatrice della plusvalenza, sia avvenuta dopo l’entrata in vigore della normativa suddetta, a nulla rilevando la circostanza che il decreto di esproprio sia stato adottato e posto in esecuzione in epoca anteriore.
3.2. Con il secondo motivo di ricorso si eccepisce violazione e falsa applicazione degli 11, commi 5 e 6, della legge n. 413/1991, nonché 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Osserva in particolare l’Ufficio che, trattandosi di istanza di rimborso, era onere del richiedente provare che il ritardo nella corresponsione dell’indennità di esproprio da parte del Comune di (omissis) fosse dipeso esclusivamente da un atteggiamento di colpevole inerzia dell’ente locale, prova che, nella specie, non era stata fornita, non potendosi ritenere sussistente tale prova unicamente sulla base del puro e semplice ritardo temporale nel pagamento.
3.3. Con il terzo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria eccepisce nullità della sentenza e/o del procedimento ex 111 Cost., 1, 2 e 36 del d.lgs. n. 546/1992, 132 e 274 cod. proc. civ. e 118 disp att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4), cod. proc. civ.
Rileva, in particolare, l’Ufficio che la C.T.R. non avrebbe delineato il percorso logico-giuridico posto a fondamento della propria decisione, per non avere precisato quale fossero i documenti che avrebbero determinato le sollecitazioni nei confronti dell’ente locale per il pagamento dell’indennità di esproprio.
4. Così delineati i motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.
4.1. Con riferimento al ricorso proposto da (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) motivi in questione possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tutti attinenti, sotto diverse sfumature, alla questione dell’applicazione del principio dell’imponibilità dell’indennità di esproprio, previsto dall’art. 11, commi 5, 6 e 7, della legge n. 413/1991, alla fattispecie in esame.
I motivi sono, nel loro complesso, fondati.
Ed invero, la sentenza impugnata ha ritenuto assoggettabile ad imposizione l’indennità di esproprio ricevuta dai contribuenti nell’anno 2012, in considerazione del fatto che sia l’accordo transattivo intercorso inter partes, che l’effettivo decreto di esproprio ed il pagamento dell’indennità, risalgono allo stesso anno, e quindi sono ampiamente successivi all’entrata in vigore della legge n. 413/1991.
Orbene, se indubbiamente e vero che solo per effetto della transazione, e quindi dal momento della conclusione di tale accordo, poteva dirsi realizzato il diritto alla percezione delle indennità, e anche vero che l’occupazione del terreno in questione e iniziata nel lontano 1982, e si e protratta sine titulo per molti anni.
Sul punto, e noto il principio giurisprudenziale secondo il quale «in tema d’imposte dirette sui redditi, la plusvalenza derivante da risarcimento per occupazione usurpativa di un bene immobile e assoggettata a tassazione, ai sensi dell’art. 11 della l. n. 413 del 1991, ove percepita dopo l’entrata in vigore della legge anzidetta, anche se il bene sia stato trasferito prima del gennaio 1989, mentre non e imponibile se gli atti di trasferimento, quali decreto di esproprio, cessione volontaria o occupazione acquisitiva, siano intervenuti prima del 31 dicembre 1988, ma il pagamento sia intervenuto dopo l’entrata in vigore della l. n. 413 del 1991, a seguito di un ingiustificato ritardo della p.A.» (Cass. 11 luglio 2023, n. 19875; Cass. 4 agosto 2020, n. 16629; Cass. 23 novembre 2018, n. 30400; Cass. 9 febbraio 2017, n. 3503; Cass. 12 gennaio 2016, n. 265).
Tale orientamento si e formato a seguito della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 16 marzo 2010 (Di Belmonte c. Italia), riguardante una fattispecie analoga a quella in esame. Nel caso sottoposto all’attenzione della CEDU, trattavasi del ritardato pagamento di una indennità di espropriazione anteriore all’entrata in vigore della legge n. 413/1991.
La Corte di cassazione, nella fattispecie esaminata dalla CEDU, aveva accolto il ricorso dell’Amministrazione ritenendo applicabile il principio di cassa con riferimento al versamento dell’indennità di espropriazione.
La Corte Europea rilevava tuttavia che, anche se una eventuale applicazione retroattiva della legge n. 413/1991 al caso del ricorrente non avrebbe costituito di per se una violazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1, poiché questa disposizione non vieta, come tale, l’applicazione retroattiva di una legge fiscale, tuttavia assume rilevanza il ritardo da parte della pubblica Amministrazione nel dare esecuzione al rimborso, con un’influenza determinante sull’applicazione del nuovo regime fiscale.
La Corte EDU ha quindi ritenuto la responsabilità dello Stato italiano per non aver dato esecuzione ad una sentenza della Corte di appello di Catania (definitiva in data 8 maggio 1991) nel termine di sette mesi dall’entrata in vigore della legge n. 413/1991, che introduceva la tassabilità dell’indennità di espropriazione.
Rilevava, al riguardo, la CEDU che il ritardo da parte della pubblica Amministrazione nel dare esecuzione alla sentenza aveva avuto un’influenza determinante sull’applicazione del nuovo regime fiscale, in quanto l’indennità concessa al ricorrente non sarebbe stata assoggettata all’imposta prevista dalla nuova legislazione fiscale se l’esecuzione della sentenza fosse stata regolare e tempestiva.
La Corte Europea ha quindi ritenuto che l’applicazione della legge n. 413/1991 ha infranto il “giusto equilibrio” che deve sussistere tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo, ritenendo sussistere la violazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1, e condannando quindi lo Stato italiano alla restituzione della somma “prelevata” a titolo d’imposta, oltre al risarcimento del danno morale per la sensazione di impotenza e di frustrazione di fronte al ritardo nel versamento dell’indennità di espropriazione.
Orbene, tutto ciò chiarito, deve rilevarsi tuttavia che, nel caso di specie, nel corso dell’occupazione abusiva e intervenuta, su ricorso dei contribuenti, la sentenza del T.A.R. della Puglia n. 3463 depositata il 14 settembre 2010, con la quale il Comune di (omissis) e stato condannato alla restituzione dei terreni, stante l’illegittimità dell’occupazione degli stessi, nonché al risarcimento dei danni per il mancato godimento del terreno illegittimamente occupato e trasformato; successivamente a tale sentenza e quindi intervenuta una transazione tra i ricorrenti ed il Comune di (omissis) per effetto della quale le parti concordavano, quale importo dell’indennità di esproprio, la somma di € 1.000.000,00, liquidata nell’anno 2012 in forza di decreto di esproprio intervenuto, infine, in data 17 dicembre 2012.
Orbene, la C.T.R. ha ritenuto che, nel caso di specie, poiché la determinazione dell’importo e la corresponsione dell’indennità di esproprio sono avvenuti in epoca successiva all’entrata in vigore della legge n. 413/1991, tale somma era comunque assoggettabile all’imposizione prevista dall’art. 11, comma 5, della citata legge.
In realtà, la transazione intervenuta tra le parti e l’emanazione del decreto di esproprio nel dicembre 2012 possono ritenersi una nuova vicenda espropriativa solo se, al momento della conclusione della transazione, la sentenza del T.A.R. Puglia n. 3463, depositata il 14 settembre 2010, fosse passata in cosa giudicata, perché solo in tal modo si sarebbe effettivamente verificata una cesura tra la precedente vicenda espropriativa, iniziata nel 1982, e quella poi posta in essere con la transazione e l’emanazione del decreto di esproprio del 17 dicembre 2012.
In sostanza, se la sentenza del T.A.R. fosse passata in giudicato prima della conclusione della transazione, la vicenda iniziata nel 1982 si sarebbe conclusa definitivamente con la restituzione dei terreni, e quindi la vicenda successiva (consistente nella transazione, nel pagamento dell’indennità concordata e nell’emanazione del decreto di esproprio) sarebbe una nuova vicenda espropriativa, svoltasi integralmente sotto la vigenza della legge n. 413/1991. Se, invece, al momento della conclusione della transazione la decisione del T.A.R. non era passata in giudicato, allora quella transazione, ed il successivo decreto di esproprio, si andavano ad inserire in un’unica vicenda espropriativa, ancora in essere e risalente al 1982, con la conseguenza che la conclusione verificatasi con il decreto di esproprio del 2012 doveva essere comunque oggetto di valutazione, ai fini della verifica delle responsabilità della p.A. per il ritardo nella corresponsione, e quindi per l’eventuale esclusione dell’imposizione, secondo i principi di cui alla sentenza CEDU del 16 marzo 2010, e della successiva giurisprudenza di questa Corte.
Il ricorso, quindi, sotto questo profilo appare meritevole di accoglimento, ragion per cui la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, la quale procederà alle verifiche indicate in precedenza, nonché alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
4.2. Venendo invece ora ad esaminare il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di (omissis) (omissis) (omissis) la Corte osserva quanto segue.
4.2.1. Il primo motivo é infondato.
Come già rilevato in precedenza, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che, ai fini del prelievo fiscale di cui all’art. 11, comma 5, legge n. 413/1991, e sufficiente che la percezione della plusvalenza derivante dall’espropriazione di beni sia avvenuta dopo l’entrata in vigore della legge anzidetta; tuttavia, qualora il decreto di esproprio, la cessione volontaria o l’occupazione acquisitiva siano intervenuti prima del 31 dicembre 1988, ma il pagamento sia intervenuto dopo l’entrata in vigore della legge n. 413 cit., la plusvalenza non e imponibile nel caso di ingiustificato ritardo della p.A. nel pagamento dell’indennizzo.
4.2.2. Il secondo ed il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente, e sono invece fondati.
Ed invero, in applicazione dell’art. 2697 cod. civ., vertendosi in materia di rimborso spetta al soggetto che agisce per la restituzione di somme versate provare la fondatezza del diritto vantato, che include, tra i requisiti costitutivi, la dimostrazione della natura ingiustificata del ritardo.
Con riferimento, invece, alla censura di mancanza di motivazione, la C.T.R. ha ritenuto che il ritardo nella corresponsione dell’indennità sarebbe in re ipsa, ed altresì comprovato da «atti di sollecito, invito e diffida rimasti senza esito».
La corte territoriale, tuttavia, ha omesso di esaminare fatti decisivi, quali la circostanza che l’importo dell’indennizzo da esproprio e da occupazione acquisitiva era stato definito consensualmente dalle parti poco prima dell’adozione del decreto di esproprio, ed il già evidenziato rapporto tra la transazione intervenuta e la sentenza del TAR Puglia del settembre 2010, con particolare riferimento all’eventuale passaggio in giudicato di quest’ultima al momento della transazione.
La motivazione della decisione, pertanto, in parte qua appare carente, con conseguente nullità della sentenza.
Ne consegue che anche la sentenza della C.T.R. Puglia impugnata deve essere cassata, con riferimento ai motivi accolti, con rinvio per nuovo giudizio sempre alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, la quale procederà alle verifiche suindicate, nonché alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte dispone la riunione dei ricorsi n. 9005/2018 R.G. e 2361/2022 R.G.
Accoglie il ricorso proposto da (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (omissis). 9005/2018 R.G.).
Accoglie il secondo e terzo motivo del ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate (n. 2361/2022 R.G.), e rigetta il primo motivo dello stesso ricorso.
Cassa le sentenze impugnate in relazione ai motivi accolti e rinvia per nuovo giudizio, per entrambi i ricorsi, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 15 giugno 2023.
Il Consigliere est. Il Presidente
(Dott. Valentino Lenoci) (Dott. Ettore Cirillo)
Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2023.