REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE PENALE
Composta da
Dott. Orlando Villoni – Presidente –
Dott. Riccardo Amoroso – Consigliere –
Sott. Giuseppina A.R. Pacilli – Consigliere –
Dott. Benedetto Paterno Raddusa – Consigliere –
Dott. Paola Di Nicola Travaglini – Relatore –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
1. (omissis) (omissis), nato a Teramo il xx/xx/19xx;
2. (omissis) (omissis), nato a Lecco il xx/xx/19xx;
3. Salis Ilaria, nata a Milano il 17/06/1984;
4. (omissis) (omissis), nata a Monza il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza del 25/10/2022 emessa dalla Corte di appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dalla Consigliera Dott.ssa Paola Di Nicola Travaglini;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Raffaele Gargiulo che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Milano del 22 dicembre 2021, appellata anche dagli odierni ricorrenti, ha dichiarato (per quanto rileva in questa sede) non doversi procedere nei confronti di (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) per il reato di occupazione abusiva dello stabile ubicato in via Ravenna numero 30 di proprietà comunale (capo 5) perché estinto per prescrizione, rideterminando la pena in relazione al reato di resistenza a pubblico ufficiale aggravata (capo 1) in mesi otto di reclusione; mentre ha confermato la sentenza di condanna nei confronti di Ilaria Salis e (omissis) (omissis) per il reato di resistenza a pubblico ufficiale aggravata (capo 3).
2. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso gli imputati, tramite i loro difensori, deducendo i motivi di seguito indicati.
3. Ricorso di (omissis) (omissis).
3.1. Con il primo motivo censura l’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità e la violazione dell’art. 191 cod. proc. pen. in relazione all’utilizzo del verbale di arresto in quanto, seppur acquisito al fascicolo del dibattimento perché atto irripetibile, ex art. 431, comma 2, lett. c) cod. proc. pen., era servito per la ricostruzione dei fatti, nonostante l’eccezione difensiva.
Infatti, la sentenza impugnata si era limitata a richiamare le testimonianze degli operanti senza indicarne il contenuto, così non epurando la ricostruzione della prova inutilizzabile.
3.2. Con il secondo motivo censura la violazione della legge penale in relazione al riconoscimento della circostanza aggravante di cui all’art. 339, terzo comma, cod. pen. sia perché il concetto di persone va interpretato escludendo le Forze dell’ordine, in quanto la norma intende tutelare soggetti diversi da queste; sia perché non è stato accertato il pericolo concreto. Una volta esclusa l’aggravante il ricorrente ha chiesto dichiararsi la prescrizione del reato.
4. Ilaria Salis, (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis), con un unico atto, sottoscritto dal comune difensore, hanno dedotto i seguenti motivi.
4.1. Per Ilaria Salis ed (omissis) (omissis) è stata censurata la contraddittorietà e la mancanza di motivazione, ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. per la ritenuta responsabilità a titolo di concorso morale nel reato di resistenza a pubblico ufficiale aggravata.
Infatti, sebbene il Tribunale avesse escluso il contributo concorsuale delle due imputate nel reato di resistenza commesso da altri (capo 3), rispettivamente nell’ultima e nella terza barricata, avvenute nel corso della prima fase di contrapposizione con le Forze dell’ordine nell’assembramento fra via Ravenna e via dei Cinquecento, la Corte d’appello le aveva ritenute responsabili proprio con riferimento a dette condotte, come dimostrato dai fotogrammi indicati dalla sentenza.
4.2. Per (omissis) (omissis) è stata censurata la contraddittorietà della motivazione nella determinazione della pena rispetto a quella inflitta alla coimputata (omissis) per il capo 3 b) sebbene questa avesse commesso una condotta più grave.
5. Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi proposti sono inammissibili.
2. Il primo motivo proposto nell’interesse di (omissis) (omissis) è generico.
Premesso che i verbali degli atti irripetibili redatti dalla polizia giudiziaria (verbali di arresto e di sequestro) sono inseriti nel fascicolo per il dibattimento, ai sensi dell’art. 431 lett. b) cod. proc. pen., e sono suscettibili di lettura ex art. 511, comma 1, cod. proc. pen., risulta che la sentenza ha fondato la declaratoria di responsabilità dei ricorrenti sulla base delle dichiarazioni testimoniali degli operanti che avevano preso parte allo sgombero ((omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis)) e della relazione di servizio in data 19 novembre 2014 redatta dall’operante (omissis) (omissis), acquisita con il consenso delle parti ex art. 493, comma 3, cod. proc. pen.
Alla luce di questi elementi, il ricorso non argomenta in quali termini il verbale di arresto del 18 novembre 2014, non oggetto di specifica valutazione da parte dei giudici di merito, sia inutilizzabile e come abbia inciso sul giudizio di colpevolezza ai fini della cosiddetta «prova di resistenza».
Nel caso oggetto di esame le prove a carico del ricorrente derivano da una pluralità di elementi rispetto ai quali il ricorso non fa nessuno cenno tanto da rendere generico, e perciò inammissibile, il motivo.
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Dato atto della non contestazione, da parte del ricorrente, della materialità del fatto, di cui al capo 1), consistito nel fitto lancio di oggetti contundenti come pietre, sedie, bancali, tegole, vasi e bottiglie all’indirizzo del personale della polizia di Stato che tentava di accedere nell’immobile di via Ravenna numero 30 Milano, occupato abusivamente, al fine di sgomberarlo, la circostanza aggravante di cui all’art. 339, terzo comma, cod. pen. è stata correttamente applicata in quanto sono stati diversi gli operanti colpiti e messi in pericolo.
A fronte di una norma secondo la quale «Le disposizioni di cui al secondo comma si applicano anche, salvo che il fatto costituisca più grave reato, nel caso in cui la violenza o la minaccia sia commessa mediante il lancio o l’utilizzo di corpi contundenti o altri oggetti atti ad offendere, compresi gli artifici pirotecnici, in modo da creare pericolo alle persone» appare incongrua, irragionevole e contrastante con il dettato testuale, l’interpretazione proposta del ricorso secondo la quale nella nozione di persone non vanno ricompresi proprio gli agenti operanti.
Invero, la circostanza aggravante in esame si riferisce innanzitutto a detti soggetti, vista la sua collocazione nel Titolo II, Capo II, Dei delitti dei privati contro la pubblica amministrazione, immediatamente dopo i delitti di violenza o minaccia a pubblico ufficiale (art. 336 cod. pen.), resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 cod. pen.) e violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti (art. 338 cod. pen.), e visto che al secondo comma l’art. 339 cod. pen. richiama proprio dette disposizioni, qualificate di particolare gravità, tanto da meritare un irrigidimento sanzionatorio, proprio in ragione della specifica posizione, qualità e funzione assunta dalla persona offesa nel momento in cui opera il proprio intervento istituzionale in servizi di ordine pubblico.
Quindi, l’espressione «pericolo alle persone» riguardano innanzitutto la vita e/o l’incolumità individuale dei pubblici agenti, direttamente riconosciuti e tutelati dall’aggravante, ma anche di tutte le persone che in diverso modo sono coinvolte o rischiano di essere coinvolte nel corso delle manifestazioni indicate dall’art. 339 cod. pen.
Non vi è dubbio, infine, che sia del tutto apodittico il motivo di ricorso che contesta il mancato accertamento del pericolo concreto nel lancio di un termosifone elettrico da parte di (omissis) (omissis) dal primo piano dello stabile, all’indirizzo di due operanti, in quanto questo va ritenuto immanente alle modalità dell’azione e all’oggetto utilizzato.
3. Il comune ed unico motivo dei ricorsi, proposti nell’interesse di Ilaria Salis ed (omissis) (omissis), è manifestamente infondato.
La sentenza impugnata, con argomenti coerenti ed immuni da vizi, facendo propri gli argomenti del Tribunale, ha ritenuto le due ricorrenti responsabili, a titolo di concorso morale, del reato di resistenza a pubblico ufficiale aggravata in forza delle risultanze probatorie da cui era risultato che Salis e (omissis), insieme ad altre ((omissis), (omissis) e (omissis)), avevano intonato cori ostili, posizionato per la strada sacchi di spazzatura e bidoni, insultato i poliziotti, lanciato al loro indirizzo l’immondizia con frasi oltraggiose («mangiate» o «giusto nella monnezza potete stare») così rafforzando il proposito criminoso degli autori materiali della resistenza e apportando un proprio personale e significativo contributo.
A questa prima condotta ne erano seguite altre, con la realizzazione di diverse barricate che, via via, venivano costituite, proprio con l’avanzare delle forze dell’ordine, ed in cui i manifestanti lanciavano oggetti vari verso gli operanti e davano fuoco a spazzatura e cassonetti.
Alla luce di questo complessivo sviluppo dei fatti, non contestato dai ricorsi, è di tutta evidenza che il comportamento tenuto da Salis e (omissis), a prescindere dall’individuazione della specifica barricata a cui avevano partecipato e dai singoli fotogrammi menzionati dai giudici di merito, è stato correttamente qualificato come concorso morale rispetto alla violenza e resistenza attiva posta in essere da altri soggetti nell’ambito della manifestazione collettiva volta ad opporsi all’intervento degli agenti operanti tenuti a sgombrare un immobile abusivamente occupato.
La sentenza impugnata, con passaggi argomentativi esenti da carenze o lacune con riguardo alla posizione delle odierne ricorrenti, ha fatto corretta applicazione del costante orientamento di questa Corte secondo cui costituisce concorso morale nel delitto di cui all’art. 337 cod. pen. la condotta di chi, assistendo ad una resistenza attiva posta in essere con violenza nei confronti di un pubblico ufficiale da altra persona, con la quale partecipa ad una comune manifestazione collettiva, rafforzi l’altrui azione offensiva, o ne aggravi gli effetti, pronunciando espressioni minacciose all’indirizzo del pubblico ufficiale e dei suoi collaboratori (da ultimo Sez. 6, n. 13160 del 05/03/2020, Mirabile, Rv. 279030).
4. Il ricorso proposto nell’interesse di (omissis) (omissis) è generico.
Il ricorrente è stato condannato per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale aggravata (capo 1), per avere lanciato oggetti contundenti come lampade, pezzi di intonaco e contenitori in latta, contro gli operanti che tentavano di eseguire lo sgombero dello stabile occupato in via Ravenna 30, e censura la disparità di trattamento sanzionatorio riservato ad altra imputata, (omissis) (omissis) (omissis), condannata per avere appiccato il fuoco ad alcuni cassonetti dell’immondizia provocando un principio di incendio (capo 3).
Questa Corte ha già sostenuto che non costituisce vizio di motivazione la diversa pena applicata, nel medesimo procedimento, ai coimputati, anche se correi, salvo che vi sia una piena identità tra le condotte contestate e gli argomenti utilizzati dai giudici di merito siano irragionevoli o paradossali (Sez. 3, n. 27115 del 19/02/2015, La Penna, Rv. 264020), condizioni non sussistenti nella specie in cui i fatti sono diversi e privi di qualsiasi sovrapponibilità in termini sia sostanziali che giuridici.
4. In conclusione, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, in ragione della natura delle questioni dedotte, si stima di quantificare nella misura di euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 luglio 2023.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2023.