Le pene sostitutive di quelle detentive brevi sono applicate dal giudice in base a una valutazione squisitamente di merito che s’incentra sul contenimento o l’annullamento del rischio di recidiva da parte del condannato (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 27 ottobre 2023, n. 43622).

REPUBBUCA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUINTA SEZIONE PENALE

Composta da:

GERARDO SABEONE -Presidente

MARIA TERESA BELMONTE -Consigliere

RENATA SESSA -Relatore

FRANCESCO CANANZI -Consigliere

ROSARIA GIORDANO -Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(omissis) (omissis), nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 17/03/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;

visti gli atti, ii provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa RENATA SESSA;

udito ii Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. LUIGI GIORDANO che ha concluso chiedendo

udito il difensore

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 3.2023 la Corte di Appello di Bologna, in parziale riforma della pronuncia emessa in primo grado nei confronti di (omissis) (omissis) che lo aveva dichiarato colpevole del reato di furto aggravato, ha rideterminato la pena in mesi quattro di reclusione ed euro 120,00 di multa, riducendola in virtù della doverosa applicazione della riduzione per la scelta del rito omessa dal primo giudice, confermando nel resto la decisione del primo giudice.

2. Avverso la suindicata sentenza, ricorre per cassazione l’imputato, tramite ii difensore di fiducia, deducendo con l’unico motivo articolato – di seguito enunciato nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. cod. proc. pen. – inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 53 e 58 della legge n. 689/81 in relazione all’art. 133 cod. pen. nonché la manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione.

La Corte d’appello di Bologna, dopa aver accolto il motivo di appello concernente l’omessa applicazione della riduzione della pena conseguente alla trattazione del processo con giudizio abbreviato, ha rigettato la richiesta di sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità avanzata a seguito delle novità legislative di cui al decreto legislativo 150/22 (c.d. Riforma Cartabia) e, segnatamente, dei novellati artt. 53 e 58 della legge 689/81 in tema di sanzioni sostitutive.

La Corte territoriale ha motivato il diniego “considerata la presenza di numerosi precedenti penali molti dei quali per i delitti contra ii patrimonio.

Tale data – prosegue la Corte – testimonierebbe la inaffidabilità del condannato che risulterebbe ribadito anche nel presente procedimento penale attesa l’applicazione di misura cautelare nei suoi confronti.

Conclude la Corte territoriale affermando contraddittoriamente che allo stato ‘non’ sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato.

Ebbene, la decisione della Corte non sembra basata su una corretta e puntuale applicazione/interpretazione dei novellati artt. 53 e 58 che hanno radicalmente modificato l’ambito e le prospettive di applicazione delle sanzioni sostitutive.

La ratio ispiratrice della riforma – come evidenziato anche dall’Ufficio del massimario della Corte di Cassazione – deve essere individuata nella considerazione, da tempo diffusa anche nel contesto internazionale, secondo cui una detenzione di breve durata comporta costi individuali e sociali maggiori rispetto ai possibili risultati attesi in termini di risocializzazione del condannato e di riduzione dei tassi di recidiva e nell’altrettanto radicata convinzione che nei casi di pena detentiva di breve durata, la finalità, imposta dall’art. 27 Cost., di rieducazione e di risocializzazione del condannato può raggiungersi con maggiori probabilità attraverso pene da eseguirsi nella comunità delle persone libere, in modo da escludere o ridurre l’effetto di desocializzazione della detenzione in istituti di pena, relegando questa al ruolo di estrema ratio.

Tale premessa di sistema deve guidare ii potere discrezionale del giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive. L’articolo 58 stabilisce ii richiamo ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen. e pone altresì al giudice il compito di effettuare la necessaria valutazione circa la maggiore idoneità della pena sostitutiva alla rieducazione del condannato rispetto alla pena detentiva, nonché di valutare il soddisfacimento delle esigenze di prevenzione di ulteriori reati, oltre al giudizio – di carattere ostativo alla concessione – circa la sussistenza di fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato.

Quindi il giudice dovrà ora aprirsi a una rinnovata visione dell’istituto proprio nell’ottica perseguita dal legislatore in cui la pena detentiva pura costituisce l’ultima scelta e la pena sostitutiva rappresenta l’opzione primaria essendo in grado di meglio realizzare il fine rieducativo previsto in costituzione.

3. II ricorso e stato trattato, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d. n. 137 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, che continua ad applicarsi in virtù de! comma 2 dell’art. 94 del d.lgs. n. 150/22 per tutti i ricorsi proposti fino al 30 giugno 2023, senza l’intervento delle parti che hanno cosi concluso per iscritto:

il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. II ricorso é infondato.

Occorre preliminarmente soffermarsi, innanzitutto, su quella che e la ratio della rinnovata disciplina delle sanzioni sostitutive brevi, ora denominate espressamente pene, tema che ii ricorso in scrutinio, attraverso ii motive articolato, ha devoluto a questa Corte di legittimità.

Occorre, in particolare, stabilire, ai fini che occupano, se la ‘rinnovata’ prospettiva della rieducazione e del reinserimento sociale, come si assume in ricorso, permei le nuove disposizioni al punto da lasciare in secondo piano l’esigenza special preventiva – sempre – presente nell’ambito del processo sanzionatorio, e da incidere – e in che termini – anche sull’impronta di tipo discrezionale del potere sanzionatorio del giudice.

Va subito detto che ii nuovo art. 20-bis c.p. – introdotto dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, attuativo dei principi enunciati con l’art. 1, comma 17 della L. 27 settembre 2021 n. 134, legge delega delta c.d. Riforma Cartabia – segna ii formale ingresso nel Cadice penale della categoria delle ‘pene detentive brevi’ – in ottemperanza alla riserva di codice – e che l’art. 71 del medesimo d.lgs. 150/22 ha introdotto una riforma organica della legge 24 novembre 281 n.689, ridisegnato anche il quadro generale delle c.d. sanzioni sostitutive di pene detentive  brevi (sanzioni sostitutive che già all’epoca furono dettate dall’intento di deflazionare la carcerazione breve, ritenuta inefficace, de-socializzante e persino criminogena, a fronte di pene detentive di breve durata, intento perseguito appunto sostituendole con una risposta sanzionatoria che, accanto alla portata special preventiva, avesse anche un intrinseco effetto risocializzante e riparativo in generale, come d’altronde impone l’articolo 27 della Costituzione).

Vi e stata innanzitutto un’estensione della nozione di pena detentiva “breve” che prima della riforma comprendeva le pene detentive di durata non superiore ai due anni, mentre adesso le pene sostitutive si applicano alle pene di durata fino a quattro anni (il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna o di applicazione pena ex art. 444 c.p.p., quando ritiene di determinare la durata della pena detentiva entro il limite di quattro anni, può sostituire tale pena con quella della semilibertà o della detenzione domiciliare; quando ritiene di doverla determinare entro ii limite di tre anni, può sostituirla anche con il lavoro di pubblica utilità – sicché nel caso di specie sussiste (va) il presupposto quantitative della pena sostituibile; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di un anno, può sostituirla altresì con la pena pecuniaria della specie corrispondente, determinata ai sensi dell’articolo 56-quater).

Prima della riforma la durata della pena detentiva breve era sostanzialmente pari a quella della pena suscettibile di essere condizionalmente sospesa e comunque i due benefici, la sospensione condizionale e la sostituzione della pena, erano cumulabili.

Con la riforma, invece, i due istituti non possono trovare applicazione congiunta in quanto il beneficio della sospensione condizionale della pena esclude la possibilità di sostituire la pena detentiva, secondo quanto previsto dall’art. 61-bis della legge n. 689 del 1981, introdotto dall’art. 71, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 150 del 2022.

Anche da tale divieto di cumulo si evince che la riforma mira ad arginare ii pericolo di recidiva soprattutto attraverso la finalità rieducativa e risocializzante cui devono tendere le pene sostitutive, corredate dal programma stilato dall’UEPE sulla base della situazione specifica del condannato e dalle prescrizioni imposte dal giudice, finalità che ii beneficio delta sospensione condizionale della pena non consente invece di realizzare nella sua pregnanza, fondandosi esso sul un mero obbligo di astensione incentivato dalla perdita del beneficio in caso di commissione di un nuovo reato (non essendo esso necessariamente ancorato – in special modo quando si versa nell’ipotesi della prima concessione – a prestazioni accessorie idonee ad incidere efficacemente sul processo di rieducazione).

La semilibertà, la detenzione domiciliare e il lavoro di pubblica utilità costituiscono, invece, delle vere e proprie pene-programma, imperniate non solo su obblighi di astensione e divieti, ma anche sul programma redatto da U.E.P.E. e sulle prescrizioni positive che il giudice, all’esito del contraddittorio e basandosi anche sul progetto di trattamento dell’U.E.P.E., andrà ad individuare (art. 56-ter I. n. 689/1981).

Venendo quindi ai poteri discrezionali che ii legislatore ha voluto attribuire al giudice in sede di applicazione e scelta delle pene sostitutive, si deve osservare che essi sono significativi e pienamente coerenti con la ratio generale di questa parte della riforma in vista di una deflazione delle pene detentive brevi, ma soprattutto di un senso rieducativo effettivo dato alle pene sostitutive: “il giudice tenuto canto dei criteri indicati nell’art. 133 c.p., se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati.

La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato” (art. 58).

L’esigenza di rieducazione si compenetra con quella di tutela della collettività nel senso che questa si realizza essenzialmente anche tramite ii processo di rieducazione, puntellato dalle prescrizioni imposte dal giudice.

L’applicazione delle pene sostitutive non solo non e incompatibile con ii pericolo di recidiva, ma costituisce la specifica modalità prescelta dal legislatore per arginarlo al meglio, sia pure in un’ottica che si proietta necessariamente dopo il completamento del percorso rieducativo conseguente all’applicazione; essa e quindi, in definitiva, incompatibile solo con quel tasso di recidiva che ii giudice non reputa di poter azzerare o ridurre attraverso l’adozione di quelle particolari prescrizioni che accompagnano la pena sostitutiva nella fase di esecuzione della stessa, la quale in quanto di tipo non restrittivo, o del tutto restrittivo, necessita di adeguati controlli e prescrizioni.

Sicche, sebbene la decisione di applicare la pena sostitutiva si muova, in coerenza con la ratio sopra delineata, nell’ottica di individuare una pena che sia – la – più idonea alla rieducazione del condannato, nell’ambito di tale valutazione trova posto – e non potrebbe essere altrimenti trattandosi di contemperare interessi di pari rango – in una posizione di uguale grado, anche la necessita che essa – corredata dalle indispensabili prescrizioni che vanno a bilanciare i margini di liberta che tali misure in maniera più o meno intensa, a seconda del tipo, lasciano al condannato – scongiuri, media tempore, la commissione di altri reati.

Risulta evidente allora che il presupposto da cui deve muovere il giudice al fine di verificare l’an dell’applicazione della pena sostitutiva breve e quello della valutazione della sussistenza o meno di fondati motivi che inducano a ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute perché la prospettiva della rieducazione non può prevalere sull’esigenza di neutralizzazione del pericolo di recidiva che necessita di essere soddisfatta anche durante l’esecuzione della pena.

Quante alla motivazione, l’art. 58 si limita a prevedere che ii giudice deve indicare i motivi che giustificano l’applicazione della pena sostitutiva, diffondendosi, piuttosto, sulla struttura argomentativa che il provvedimento deve avere quanto alla scelta del tipo (essedo chiaramente da privilegiare la pena non detentiva nell’impostazione che risulta dalle disposizioni in argomento); e soprattutto in tale fase di selezione della pena che entra in gioco la specifica esigenza rieducativa dovendo il giudice – per espressa previsione contenuta nell’art. 58 – scegliere quella più idonea alla rieducazione e al reinserimento sociale del condannato con il minor sacrificio della liberta personale (e quando applica la semilibertà o la detenzione domiciliare, il giudice deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonei nel caso concrete ii lavoro di pubblica  utilità o la  pena pecuniaria).

Nel caso di specie, ii giudice – la Corte di appello chiamata a decidere su sollecitazione della difesa che ha inteso avvalersi delle nuove previsioni media tempore entrate in vigore – ha a monte reputato non sostituibile la pena detentiva inflitta indicando i fondati motivi – richiesti nella valutazione preliminare dall’art. 58 – per i quali ritenere che le prescrizioni non sarebbero state adempiute dall’imputato (evidente e ii mero errore materiale in cui e incorsa nell’anteporre un “non” alla frase “sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato”).

In particolare, la Corte di appello ha richiamato i numerosi precedenti penali risultanti a carico dell’imputato, molti dei quali per delitti contro ii patrimonio, e ha ritenuto che non si potesse formulare un giudizio positive in termini di affidabilità del condannato per ii future, tenuto anche conto che nel presente procedimento l’imputato era stato, tra l’altro, di recente sottoposto a misura cautelare – a seguito di convalida dell’arresto per ii furto in chiesa di vari oggetti sacri ed ex voto in argento, perpetrate nel 2022, dopa, appunto, una lunga serie di reati contra il patrimonio già commessi.

II ricorso, dal canto suo, non ha neppure evidenziato se l’attività lavorativa dell’imputato – elemento che genericamente, la difesa adduce ai fini della valutazione in argomento – abbia avuto inizio prima o dopo il furto oggetto del presente giudizio, specificazione, questa, non del tutto irrilevante al fine di valutare il ruolo del lavoro nelle dinamiche criminali dell’imputato.

Ebbene, tenuto canto che la valutazione circa l’an dell’applicazione della pena sostitutiva che compete al giudice e di tipo discrezionale, prevedendo l’art. 58 che << il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto canto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale, se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva, si deve ritenere sufficientemente congrua la motivazione resa dalla corte territoriale nel caso di specie, per avere essa espresso, sia pure in maniera sintetica, quelle ragioni ostative alla prognosi favorevole circa l’adempimento delle prescrizioni – e quindi la commissione di ulteriori reati – che l’art. 58 impone di formulare in via preliminare sulla base di elementi concreti (laddove la rieducazione, legata alla puntuale esecuzione della pena sostitutiva, non potrà che costituire la prospettiva in cui si muove l’applicazione della pena sostitutiva, applicazione che rimane in ogni caso subordinata al giudizio di idoneità della pena sostitutiva a scongiurare ii pericolo di recidiva anche medio tempore).

In altri termini, si ritiene che il controllo di questa Corte rispetto alla decisione del giudice di merito di non farsi luogo alla sostituzione della pena detentiva non possa che fermarsi – secondo i principi generali che regolano il giudizio di legittimità e quelli specificamente affermati in tema di trattamento sanzionatorio – alla verifica della sussistenza di una congrua motivazione che dia conto della esistenza di quei fondati motivi ostativi ad una prognosi favorevole in ordine al futuro comportamento del condannato che involge il rispetto delle prescrizioni (e non solo quelle imposte dal giudice ma anche quelle insite nelle stesse pene sostitutive che tendenzialmente impongono adempimenti comportamentali specifici).

2. Dalle ragioni sin qui esposte deriva il rigetto del ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 11/7/2023.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2023.

SENTENZA