L’espulsione dell’immigrato non può poggiare solo sui precedenti penali senza esaminare la realtà attuale (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 27 ottobre 2023, n. 29834).

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

GIACINTO BISOGNI                  – Presidente –

LUIGI ABETE                              – Consigliere –

EDUARDO CAMPESE                – Consigliere –

GIUSEPPE DONGIACOMO       – Rel. Consigliere –

PAOLO CATALLOZZI                 – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13663-2021 proposto da:

(omissis) (omissis) rappresentato e difeso dall’Avvocato (omissis) (omissis) per procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

intimato

avverso la SENTENZA N. 66/2021 DELLA CORTE D’APPELLO DI TRENTO, depositata il 4/2/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/9/2023 dal dott. Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO.

FATTI DI CAUSA

1.1. La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha respinto l’appello di (omissis) (omissis) nato in  (omissis) il (omissis), avverso l’ordinanza del tribunale di Trento che, in data 16/9/2019, aveva, a sua volta, rigettato l’impugnazione proposta dallo stesso al decreto del questore, notificato il 23/7/2019, di revoca del permesso di soggiorno.

1.2. (omissis) (omissis) con ricorso notificato il 7/5/2021, ha chiesto, per cinque motivi, la cassazione della sentenza.

1.3. Il ministero dell’interno e rimasto intimato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione del combinato disposto degli 30, comma 6, del d.lgs. n. 286/1998 e 20 del d.lgs. n. 150/2011 e l’assenza, l’apparenza e la contraddittorietà della motivazione, in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, con motivazione inesistenza e/o meramente apparente, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso introduttivo, senza, tuttavia, considerare che la ritenuta mancanza di prova in ordine alla sussistenza dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno avrebbe dovuto condurre non alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso ma semmai al rigetto nel merito dello stesso.

2.2. Il motivo é inammissibile.

Il ricorrente, infatti, non si confronta con la sentenza che ha impugnato: la quale, in effetti, si e limitata ad affermare l’infondatezza dell’appello sul rilievo che, vertendosi in materia di diritto soggettivo, “la valutazione deve riguardare la sola sussistenza dei requisiti di legge per ottenere il permesso di soggiorno e non già l’impugnativa delle questioni formali procedimentali” e che, nel caso in esame, era evidente “l’assenza di tali presupposti“.

2.3. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 19, comma 2, c), del d.lgs. n. 286/1998, in relazione all’art. 13, comma 1, del medesimo T.U., nonché dell’art. 28, lett. d), del d.P.R. n. 394/1999, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha respinto l’impugnazione dello stesso avverso la revoca del permesso di soggiorno in ragione dei procedimenti penali in cui l’appellante era stato coinvolto, senza, tuttavia, considerare che, a fronte della convivenza more uxorio con una cittadina croata e della nascita nel 2017 e nel 2018 di due figli, il divieto di espulsione previsto dall’art. 19, comma 2, lett. b) del d.lgs. n. 286 cit. può essere derogato solo per le ragioni ostative previste dall’art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 286 cit. e che a tali fini non sono sufficienti i precedenti penali in cui il richiedente sia incorso, essendo per contro necessario un formale provvedimento di espulsione da parte del ministro, in mancanza del quale lo straniero, non espellibile a norma dell’art. 19, comma 2, lett. b) del d.lgs. n. 286 cit., ha il diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari a norma dell’art. 28, lett. d), del d.P.R. n. 394/1999.

2.4. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli 5, comma 5, e 13, comma 2 bis, del d.lgs. n. 286/1998, in relazione all’art. 13, comma 1, del medesimo T.U., nonché dell’art. 28, lett. d), del d.P.R. n. 394/1999, e l’assenza, l’apparenza, la contraddittorietà e/o la perplessità della motivazione, in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha respinto l’impugnazione dello stesso avverso la revoca del permesso di soggiorno in ragione dei procedimenti penali in cui l’appellante era stato coinvolto, senza, tuttavia, considerare, come imposto dalle norme invocate, la durata del suo soggiorno sul territorio nazionale e l’inserimento sociale, familiare e lavorativo dell’interessato, dovendosi, per contro, escludere ogni automatismo tra il provvedimento sfavorevole e le condanne penali. D’altra parte, ha aggiunto il ricorrente,  in  caso  di  richiesta di rilascio del permesso di soggiorno per motivi di coesione familiare, e necessario, ai fini del diniego, che lo straniero, all’esito di un giudizio di pericolosità sociale effettuato in concreto, rappresenti una minaccia concreta e attuale per l’ordine pubblico e la sicurezza.

2.5. Il secondo e il terzo motivo, da trattare congiuntamente, sono fondati, nei termini che seguono, con assorbimento del quarto e del quinto.

2.6. Questa Corte, in effetti, ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari e della revoca dello stesso, ha da tempo ritenuto che:

– per effetto delle modifiche introdotte, con il lgs. n. 5/2007, agli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5 (cui e stato anche aggiunto il comma 5 bis), del d.lgs. 286/1998, in caso di richiesta di rilascio del permesso di soggiorno per motivi di coesione familiare non e più prevista l’applicabilità del meccanismo di automatismo espulsivo, in precedenza vigente, che scattava in virtù della sola condanna del richiedente per i reati identificati dalla norma (nella specie, in materia di stupefacenti), sulla base di una valutazione di pericolosità sociale effettuata ex ante in via legislativa, occorrendo, invece, per il diniego, la formulazione di un giudizio di pericolosità sociale effettuato in concreto, il quale induca a concludere che lo straniero rappresenti una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico e la sicurezza, tale da rendere recessiva la valutazione degli ulteriori elementi di valutazione contenuti nel novellato art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998, e cioé la natura e la durata dei vincoli familiari, l’esistenza di legami familiari e sociali con il paese d’origine e, per lo straniero gia presente nel territorio nazionale, la durata del soggiorno pregresso (Cass. n. 8795 del 2011; conf., Cass. n. 17070 del 2018);

– é, di conseguenza, onere dell’autorità amministrativa e, successivamente, dell’autorità giurisdizionale, al fine di non incorrere nel vizio di motivazione, di esplicitare le ragioni della pericolosità sociale, alla luce dei parametri normativi sopra evidenziati (Cass. n. 8795 del 2011; conf., Cass. n. 17070 del 2018, la quale ha ritenuto solo apparente la motivazione del giudice di merito che, in punto di attualità e concretezza della pericolosità del ricorrente, era stata in sostanza fondata “sui soli precedenti di spaccio di stupefacenti risalenti a circa otto anni addietro”);

la pericolosità sociale dev’essere, peraltro, esaminata in base agli elementi di fatto aggiornati all’epoca della decisione, ovvero in base a presunzioni fondate su circostanze concrete ed attuali, potendosi, a tal fine, richiamare i precedenti penali del soggetto, se risalenti nel tempo, solo come elemento di sostegno indiretto della valutazione, in quanto indicatori della sua personalità (Cass. n. 7842 del 2021; Cass. n. 30342 del 2021);

– tale giudizio, peraltro, dev’essere esteso anche alla valutazione della personalità dello straniero, della sua condotta di vita, delle manifestazioni sociali nelle quali quest’ultima si articola, poiché solo in questo modo e possibile compiere quella complessiva ponderazione circa la sussistenza di una attuale pericolosità sociale del soggetto (Cass. n. 7842 del 2021, in motiv., la quale ha chiarito che “la commissione di reati analogamente a quanto già affermato da questa Corte in relazione a comportamenti comunque violenti non può essere automaticamente ricondotta ad ipotesi di pericolosità sociale conclamata, qualora non si enuclei un quadro di elementi eloquenti circa la predetta pericolosità, desumibili da valutazioni tratte dalla concretezza degli episodi della condotta di vita e dalla personalità complessiva dello straniero“);

– l’esattezza di tale interpretazione inerente, in particolare, al giudizio di pericolosità e al difetto di qualsivoglia automatismo reiettivo in caso di pregresse condanne per i reati elencati dalla norma, e confermata dal comma 5 bis dell’art. 5 del d.lgs. n. 286 cit., inserito dall’art. 2, comma 1, lett. b), n. 2), del d.lgs. n. 5/2007 ed in seguito cos, modificato dall’art. 1, comma 22, lett. d), della n. 94/2009, il quale dispone che, nel valutare la pericolosità dello straniero per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato (o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone) ai fini dell’adozione del provvedimento di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari, si tiene conto anche di eventuali condanne per i reati previsti dagli artt. 380, commi 1 e 2, e 407, comma 2, lettera a), c.p.p., ovvero per i reati di cui all’art. 12, commi 1 e 3: e “ciò riprova che il legislatore ha inteso attribuire rilievo a ragioni di carattere umanitario, volte alla tutela dell’unita familiare, che a loro volta devono essere confrontate con le esigenze di tutela sociale, per stabilire quali delle due debbano essere considerate recessive” (Cass. n. 30342 del 2021, in motiv.);

– il relativo giudizio di bilanciamento va operato in maniera “concreta ed attuale“, vale a dire avendo riguardo alle particolarità del caso singolo e alla situazione aggiornata al momento della decisione, restando escluso, pertanto, che fatti risalenti nel tempo possano avere una propria e decisiva rilevanza, che ecceda una funzione puramente confermativa o argomentativa del dato corrente altrimenti accertato (Cass. n. 30342 del 2021, in motiv.).

2.7. Questa Corte, del resto, affrontando la questione riguardante l’efficacia ostativa automatica delle condanne riportate dal richiedente per i reati previsti dall’art. 4, comma 3, del lgs. n. 286 cit., ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari, e l’ambito della discrezionalità spettante al questore nella relativa valutazione, nonché l’oggetto dell’apprezzamento rimesso al giudice in sede d’impugnazione del provvedimento di diniego, ha, di recente, condivisibilmente ritenuto (Cass. n. 23597 del 2023) che:

– le “Sezioni Unite di questa Corte, nell’affermare, in tema di riparto di giurisdizione, che la controversia avente ad oggetto una domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari e devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, hanno ribadito che la situazione giuridica soggettiva dello straniero ha natura di diritto soggettivo, che va annoverato tra i diritti umani fondamentali che godono della protezione apprestata dall’art. 2 Cost e dall’art. 3 CEDU (Cass. SU n. 1390/2022)“;

“la protezione umanitaria e una forma di attuazione del diritto d’asilo costituzionale“, con la conseguenza che “l’ingerenza statuale, in termini limitativi del suddetto diritto, deve ritenersi consentita solo nel rispetto di requisiti precisi, proporzionati e rigorosi, in linea con l’evoluzione del diritto vivente e, in particolare, con i principi espressi sul tema, oltre che da questa Corte, dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Strasburgo“;

la Corte Costituzionale, poi, ha ripetutamente affermato che “le presunzioni assolute, specie quando limitano un diritto fondamentale della persona, violano il principio di eguaglianza, se sono arbitrarie e irrazionali, cioè se non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti nella formula dell’id quod plerumque accidit” (tra le tante Corte Cost. n. 253/2019, n. 268/2016 n. 213/2013), “sussistendo l’irragionevolezza della presunzione assoluta tutte le volte in cui sia agevole formulare ipotesi di accadimenti reali contrari alla generalizzazione posta a base della presunzione stessa“;

– “in presenza di una questione concernente il bilanciamento tra due diritti, il giudizio di ragionevolezza sulle scelte legislative si avvale del test di proporzionalità, che richiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la misura e le modalità di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra più misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi (tra le tante Corte Cost. n. 260/2021)”;

di conseguenza, “ove si tratti di norme che comportino l’allontanamento dal territorio nazionale di uno straniero, come nella specie, e necessario «un conveniente bilanciamento» tra le ragioni che giustificano la misura di volta in volta prescelta dal legislatore, tra le quali, segnatamente, la commissione di reati da parte dello straniero, «e le confliggenti ragioni di tutela del diritto dell’interessato, fondato appunto sull’art. 8 CEDU, a non essere sradicato dal luogo in cui intrattenga la parte piu significativa dei propri rapporti sociali, lavorativi, familiari, affettivi» (Corte Cost. n. 217/2021, di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE)“;

la Corte Costituzionale ha, pertanto, ripetutamente precisato che, sebbene il legislatore abbia un’ampia discrezionalità nella regolamentazione dell’ingresso e del soggiorno di uno straniero nel territorio nazionale, si tratta di una discrezionalità che “non e assoluta, dovendo rispecchiare un ragionevole e proporzionato bilanciamento di tutti i diritti e gli interessi coinvolti, soprattutto quando la disciplina dell’immigrazione sia suscettibile di incidere sui diritti fondamentali, che la Costituzione protegge egualmente nei confronti del cittadino e del non cittadino (tra le tante Corte Cost. n. 202/2013; n. 172/2012; n. 245/2011; cosi, da ultimo anche Corte Cost. n. 88/2023)“;

“in linea con le suddette coordinate, anche ermeneutiche, si pone, altresì, la costante giurisprudenza di questa Corte in tema di espulsione, laddove la valutazione caso per caso costituisce principio fondante, anche in osservanza della disciplina  unionale ...“, per cui “l’automatismo del diniego di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno discendente dalle condanne previste dal citato art. 4, comma 3, del T.U. Immigrazione produrrebbe inevitabilmente anche l’effetto dell’automatismo espulsivo, secondo le previsioni dell’art.13, comma 2 lett. b), del medesimo T.U., per il venir meno del titolo abilitativo alla permanenza dello straniero sul territorio nazionale, e ciò solo in forza di una presunzione assoluta di pericolosità, svincolata da qualsivoglia accertamento in concreto e all’attualità“;

– “la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, ha ripetutamente affermato che nel giudizio di opposizione al decreto di espulsione emesso dal Prefetto, cosi come in sede di convalida dell’accompagnamento alla frontiera, ai sensi dell’art. 13, comma 5 bis, del d.lgs. n. 286 del 1998, e di convalida del decreto del questore di trattenimento dello straniero raggiunto da provvedimento di espulsione, il giudice e investito del potere di rilevare incidentalmente, ai fini della decisione di sua competenza, la “manifesta illegittimità” del provvedimento di espulsione, da individuare in base alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo (Cass. 12609/2014 e successive conformi)“;

– “altrettanto consolidato e l’orientamento di questa Corte secondo cui, in tema di valutazione della ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 286 del 1998, la valutazione della sussistenza del requisito della pericolosità sociale dello straniero va effettuata in concreto ed all’attualità, tenendo conto dell’esame complessivo della sua personalità, desunta dalla condotta di vita e dalle manifestazioni sociali nelle quali quest’ultima si articola, senza limitarsi ad una mera valutazione dei precedenti penali (Cass. n. 23423/2022; Cass. n. 24084/2015)”;

– “in tema di protezione umanitaria, la sentenza di condanna con patteggiamento non può ritenersi ostativa al riconoscimento di una condizione di vulnerabilità, in mancanza di altri fatti che siano espressivi di una personalità proclive a delinquere del richiedente, tenuto conto delle finalità di tale forma di protezione e della funzione rieducativa della pena sancita dall’art. 27, comma 3, Cost., restando cosi, in ogni caso, ribadito il principio fondante della necessita di una valutazione caso per caso e all’attualità“;

– “in definitiva, dunque, dalla normativa nazionale e unionale, ma anche dal diritto vivente, espresso con gli orientamenti giurisprudenziali di cui si e dato conto, in necessaria correlazione con la qualificazione giuridica dei diritti coinvolti più volte rimarcata, e dato trarre un principio di ordine generale e sistematico e che impone una tutela ‘rafforzata’ dello ‘statuto’ del soggetto extracomunitario, non compatibile con il meccanismo delle presunzioni assolute e generalizzate in tema di pericolosità sociale“; enunciando, quindi, il principio di diritto per cui “nel regime anteriore all’entrata in vigore del d.l. n. 113/2018, conv. in l. n. 132/2018, in ipotesi di condanna del cittadino straniero, privo di legami familiari, per i reati previsti dall’art. 4, comma 3, d. lgs. n. 286/1998 non opera alcun automatismo ostativo al rilascio del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari e non ricorre la presunzione assoluta di pericolosità sociale del richiedente, che deve essere, invece, accertata in concreto e all’attualità, in applicazione del principio di ordine generale e sistematico, anche di fonte unionale, secondo cui nella disciplina dell’immigrazione, a fronte dell’esercizio di diritti umani fondamentali e di rilievo costituzionale, si impone un ragionevole e proporzionato bilanciamento tra gli interessi coinvolti, da effettuarsi secondo i criteri individuati dal diritto vivente (tra le altre, da ultimo Corte EDU, sezione quarta, 27-9-2022; Corte Cost. n. 88/2023)“.

2.8. Nel caso in esame, la corte territoriale, lì, dove, ai fini della revoca del permesso di soggiorno in data 23/7/2019, ha ritenuto la decisività delle condanne riportate dall’appellante per fatti (violazione di domicilio, tentato furto, porto abusivo di armi, detenzione illecita di sostanze stupefacenti e lesioni personali aggravate) commessi nella seconda metà dell’anno (omissis) e dei procedimenti penali pendenti a suo carico per fatti (furto aggravato, associazione a delinquere finalizzata al furto e detenzione illecita di stupefacenti) asseritamente commessi tra (omissis) desumendo dagli stessi la pericolosità sociale del richiedente sul mero rilievo che “la continuità e l’abitualità delle condotte antigiuridiche e delittuose dell’appellante costituiscono indici sintomatici di una personalità che non intende adattarsi alle regole di convivenza e a osservare le leggi dello Stato” e che “la presenza di legami familiari non può prevalere sulla condotta del richiedente per il rilascio del permesso di soggiorno“, al pari della “buona condotta tenuta in carcere” e del “reperimento di un posto di lavoro“, e incorsa, evidentemente, nella violazione dei principi in precedenza esposti, non avendo, per contro, valutato, con riguardo alla situazione concreta ed aggiornata al momento della decisione, la personalità dello straniero, la sua condotta di vita e le manifestazioni sociali nelle quali la stessa si articola, onde stabilire che lo stesso rappresenti effettivamente una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico e la sicurezza, tale da rendere recessiva, a seguito di adeguato bilanciamento, la valutazione degli ulteriori elementi di valutazione contenuti nell’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286 cit., e cioè la natura e la durata dei vincoli familiari, l’esistenza di legami familiari e sociali con il paese d’origine e, per lo straniero già presente nel territorio nazionale, la durata del soggiorno pregresso.

3. Il ricorso dev’essere, quindi, accolto e la sentenza impugnata, per l’effetto, cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Trento che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte cosi, provvede: accoglie il secondo e il terzo motivo, assorbiti il quarto e il quinto, inammissibile il primo; cassa, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Trento che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Oscuramento dei dati personali.

Cos, deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 22 settembre 2023.

Il Presidente

Dott. Giacinto Bisogni

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.