Omessa Iva. Sì al sequestro nei confronti dell’amministratore della società anche se nominato dopo la commissione del reato (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 30 marzo 2023, n. 13319).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LIBERATI Giovanni – Presidente –

Dott. SOCCI Angelo – Consigliere –

Dott. SEMERARO Luca – Rel. Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere –

Dott. AMOROSO Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso l’ordinanza del 04/10/2022 del TRIB. LIBERTA’ di FOGGIA

udita la relazione svolta dal Consigliere dott. LUCA SEMERARO;

sentite le conclusioni del PG, dott. GIANLUIGI PRATOLA

Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso;

udito il difensore (OMISSIS)

Il difensore presente, chiede l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata al Tribunale di Foggia.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza del 4 ottobre 2022 il Tribunale del riesame di Foggia ha confermato il decreto del 7 giugno 2022 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto di €. 633,00 del reato ex art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, da rinvenire presso la società (OMISSIS) (OMISSIS), o in subordine per equivalente nei confronti del legale rappresentante (OMISSIS) (OMISSIS) indagato del reato ex art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, per avere, in qualità di legale rappresentante della società (OMISSIS) Soc. Coop., omesso di versare l’imposta dichiarata con Modello IVA 2019, relativo all’anno 2018, per un importo pari ad € 278.633,00.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’indagato deducendo tre motivi.

Il sequestro è stato eseguito, secondo quanto riportato nel ricorso, sulle somme giacenti su due (OMISSIS), (rispettivamente per € 13,27 e 2,07), su un deposito di risparmio nominativo del ricorrente (per €. 4.000 circa), sulle quote di due società e su di un’auto.

2.1. Con il primo motivo si deduce l’inosservanza o l’erronea applicazione degli art. 10-ter lgs. n. 74 del 2000 e 2383 cod. civ., nonché il vizio ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in quanto il Tribunale del riesame avrebbe errato nel considerare (OMISSIS) (OMISSIS) oggetto attivo del reato ed a ritenere sussistente l’elemento soggettivo del dolo eventuale.

L’art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000 si riferirebbe al versamento dell’acconto IVA previsto, nel caso in esame, per il 27 dicembre 2019. Alla suddetta data il ricorrente non avrebbe ricoperto la carica di amministratore della società (OMISSIS) come emergerebbe dalla visura camerale in atti, secondo cui la presentazione della carica di amministratore del ricorrente sarebbe avvenuta soltanto il 18 giugno 2020, con iscrizione nel Registro delle Imprese in data 23 giugno 2020, a norma dell’art. 2383 cod. civ.

Alla data di commissione del reato, il ricorrente sarebbe stato solo nominato alla carica di amministratore, con mero atto interno alla società. Senza l’iscrizione di tale nomina nel Registro delle Imprese lo stesso non avrebbe potuto provvedere al versamento  dell’IVA, di talché l’incombente  in questione ricadrebbe  sul precedente amministratore, (OMISSIS) (OMISSIS) firmatario della dichiarazione IVA.

Soltanto a seguito dell’iscrizione il ricorrente avrebbe potuto operare sul conto corrente della società, sul quale avrebbe dovuto addebitarsi il pagamento del modello F24 relativo all’imposta evasa. La sola nomina non consentirebbe detta operatività, in quanto gli istituti bancari richiederebbero l’iscrizione nel Registro delle Imprese, da dimostrarsi con visura camerale, e non sarebbe sufficiente la comunicazione alla banca del cambio di amministratore, in quanto l’apponibilità ai terzi discenderebbe dall’iscrizione ex art. 2383 cod. civ.

Trattandosi di reato proprio, la fattispecie ex art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000 dovrebbe imputarsi unicamente al legale rappresentante pro tempore alla data di commissione del reato: a (OMISSIS) (OMISSIS) e non anche al ricorrente.

2.2. Con il secondo motivo si deduce, ex 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza agli artt. 321 e 322 cod. proc. pen., 104 disp. att. cod. proc. pen. e 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, nonché il vizio di motivazione.

Sarebbero insussistenti i presupposti per l’applicazione della misura cautelare reale in quanto il soggetto  attivo del reato non sarebbe (OMISSIS) (OMISSIS). Dopo la parte in diritto, si afferma che la mancanza del requisito necessario per l’emissione della misura cautelare reale renderebbe la stessa particolarmente gravosa per il ricorrente che avrebbe avuto il blocco dei rapporti bancari personali e delle sue quote societarie di altre aziende.

2.3. Con il terzo motivo si deduce l’inosservanza o l’erronea applicazione degli artt. 321 e 322 proc. pen., 104 disp. att. cod. proc. pen. e 545 cod. proc. civ., nonché il vizio ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.

Sarebbe stata sequestrata la carta Postepay n. (OMISSIS) intestata al ricorrente, in cui sarebbero depositati i bonifici dell’INPS relativi all’indennità di disoccupazione percepita da (OMISSIS) (OMISSIS) in violazione di quanto  affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 26252 del 24 febbraio 2022.

Le rate di disoccupazione sarebbero state sequestrate per l’intero importo e non soltanto nel limite stabilito dall’art. 545 cod. proc. civ.

Non osterebbe al dissequestro dei ratei dell’indennità di disoccupazione, oltre limiti consentiti, l’accredito sul medesimo conto corrente di altre somme di denaro, essendo stata evidenziata la causale dei versamenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile nella parte in cui deduce il vizio della motivazione ex art. 606, lett. e), cod. proc. pen. in violazione dell’art. 325 cod. proc. pen. che limita la proposizione del ricorso per cassazione alla sola violazione di legge.

1.1. Il primo motivo, relativo alla sussistenza della qualità di soggetto attivo del reato, è infondato perché è corretta l’affermazione del Tribunale del riesame secondo cui la qualifica di amministratore, di legale rappresentante di società e il connesso potere di rappresentanza si acquistano direttamente con l’atto di conferimento della nomina e non conseguono alla pubblicità della stessa con l’iscrizione nel Registro delle Imprese ex art. 2383, comma 4, cod. civ., la quale ha efficacia dichiarativa e non costitutiva.

1.1.1. Ciò emerge dal disposto dell’art. 2193 cod. civ., che testualmente prevede l’efficacia dichiarativa dell’iscrizione, nonché dalla disciplina di cui all’art. 2384, comma 2, cod. civ., secondo cui l’iscrizione è funzionale non all’acquisto dei poteri di rappresentanza, ma a garantire la limitata opponibilità delle limitazioni ai poteri in questione, altrimenti inopponibili ai terzi.

1.1.2. Anche la giurisprudenza civile è concorde nel ritenere che il potere di rappresentanza degli amministratori derivi esclusivamente dall’atto di conferimento dei relativi poteri e non dalla pubblicità della nomina, avendo al riguardo l’iscrizione degli atti riguardanti la società, efficacia dichiarativa e non costitutiva (Sez. 3 civile, 4173 del 12/04/1995, Rv. 491749-01).

Cfr. sulla natura dichiarativa e non costitutiva dell’iscrizione della revoca dell’amministratore di una società a responsabilità limitata e contestuale nomina di un nuovo amministratore anche Sez. 1, Ordinanza n. 30542 del 26/11/2018, Rv. 651881 – 01.

Sez. 1 civile, n. 14592 del 09/05/2022, Rv. 664767-01, inoltre, ha affermato che il rapporto di amministrazione, di natura contrattuale, nasce con la sola accettazione della nomina, la quale «può essere anche tacita, né dipende in sé dall’adempimento degli oneri pubblicitari, previsti dall’art. 2383, comma 4, c.c.».

1.1.3. Nel caso in esame, il ricorrente non contesta che la propria nomina ad amministratore legale della (OMISSIS) sia avvenuta in data antecedente al 27 dicembre 2019, data di commissione del reato. Ne consegue l’irrilevanza, ai fini dell’acquisto della qualità di soggetto attivo del reato ex art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, dell’iscrizione della predetta nomina nel Registro delle Imprese.

Diversamente opinando, come correttamente ritenuto dal Tribunale, in assenza di elementi idonei a giustificare il ritardo nell’adempimento dell’obbligo di iscrizione ex art. 2383, comma 4, cod. civ., la sanzione penale sarebbe rimessa alla disponibilità dell’amministrator nominato, il quale, come nel caso in esame, potrebbe procedere all’iscrizione a più di un anno di distanza dalla nomina, andando esente da responsabilità penale.

1.1.4. è generico l’argomento sulla pretesa impossibilità di agire sul conto corrente intestato alla società in assenza di iscrizione della nomina, perché non supportato da alcuna evidenza probatoria, nonché contrario all’art. 2384, comma 1, cod. civ., il quale definisce «generale» il potere di rappresentanza conseguente alla mera nomina e all’instaurazione del rapporto organico.

1.1.5. Affermata la sussistenza in capo al ricorrente della qualità di soggetto attivo del reato, deve ribadirsi l’orientamento secondo cui risponde del reato in questione, quantomeno a titolo di dolo eventuale, il soggetto che, subentrando ad altri nella carica di amministratore di una società di capitali dopo la presentazione della dichiarazione di imposta e prima della scadenza del versamento, ometta di versare all’Erario le somme dovute sulla base della dichiarazione medesima, senza compiere il previo controllo di natura puramente contabile sugli ultimi adempimenti fiscali, in quanto, attraverso tale condotta, lo stesso si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare dalle pregresse inadempienze (Sez. 3, n. 20188 del 12/02/2021, Giannetti, Rv. 281340-01, in motivazione).

1.2. Il secondo motivo è inammissibile per genericità perché è la mera riproposizione del riesame; è composto dalla sola parte in diritto e non si confronta in alcun modo con la motivazione dell’ordinanza impugnata. È, dunque, anche inammissibile per il difetto del requisito della specificità estrinseca.

1.3. Il terzo motivo, relativo al preteso superamento dei limiti di sequestrabilità dell’indennità di disoccupazione INPS, in violazione dell’art. 545 proc. civ., è inammissibile in quanto la questione è stata sollevata per la prima volta in sede di legittimità. Cfr. Sez. 5, n. 7052 del 15/01/2020, Yu Ruting, Rv. 278309-01, secondo cui, in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto contro l’ordinanza del tribunale del riesame confermativa del decreto di sequestro qualora venga dedotta per la prima volta in sede di legittimità la violazione del principio di proporzionalità tra il credito garantito ed il patrimonio assoggettato a vincolo cautelare.

1.3.1. Con il primo dei motivi di riesame, infatti, non si chiese l’applicazione dell’art. 545 cod. proc. civ. ma, semplicemente, la revoca della misura e il dissequestro anche dei saldi attivi «di modico valore», sulla scorta della liceità delle somme in questione (pag. 6 dell’atto di riesame).

1.3.2. Va ribadito il principio di diritto affermato dalle Sez. U, n. 26252 del 24/02/2022, Cinaglia, 283245-01, secondo cui «I limiti di impignorabilità delle somme spettanti a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a titolo di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengano luogo di pensione o di assegno di quiescenza, previsti dall’art. 545 cod. proc. civ., si applicano anche alla confisca per equivalente ed al sequestro ad essa finalizzato».

1.3.3. Risulta, però, dallo stesso ricorso (pag. 2) che – con riferimento alla carta (OMISSIS) sui cui sarebbero  accreditate le somme a titolo di indennità di disoccupazione – è stato posto sotto sequestro solo il saldo attivo pari a €. 2,07.

In sostanza, al momento della proposizione del riesame non risultano sottoposte a sequestro la carta e l’intero ammontare delle rate di indennità corrisposta dall’INPS sicché, in concreto, non si era prodotta alcuna violazione del limite di impignorabilità posto dall’art. 545 cod. proc. civ.

L’eventuale sottoposizione successiva a sequestro preventivo di tali somme, astrattamente possibile tenuto conto del dispositivo del decreto genetico, non può essere fatta valere in questa sede, dovendo essere sottoposta la questione prima all’autorità giudiziaria procedente in sede di revoca e poi, eventualmente, in sede di appello cautelare reale.

2. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 07/03/2023.

Depositata in Cancelleria il 30 marzo 2023.

SENTENZA – originale -.