Parcometro senza pagamento con carta di credito, sosta irregolare anche se l’automobilista non ha denaro contante né monete (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 27 marzo 2024, n. 8313).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. AMATO Cristina – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 116/2022 R.G. proposto da:

(omissis) STUDIO LEGALE ASSOCIATO, elettivamente domiciliato in BOLOGNA, VIA (omissis), n. 6, presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis) che lo rappresenta e difende;

-ricorrente-

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, domiciliato, ex lege, in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI, n. 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende;

-resistente-

avverso SENTENZA di TRIBUNALE RAVENNA n. 358/2021 depositata il 11/05/2021;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/09/2023 dal Consigliere, dr.ssa CRISTINA AMATO.

FATTI DI CAUSA

1. (omissis) Studio Legale Associato proponeva ricorso innanzi al Giudice di Pace di Ravenna in opposizione all’ordinanza-ingiunzione emessa il 15.03.2019 dal Prefetto della Provincia di Ravenna, a séguito del verbale di contestazione redatto dalla Polizia Locale di Cervia per violazione dell’art. 157, commi 6 e 8 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada, ‘ CdS ’ ) per sosta dell’autovettura in area parcometro senza esposizione del ticket.

L’opposizione si fondava sul fatto che il parcometro non era abilitato al pagamento con carta di credito, come invece imposto dal comma 901 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 che, a far data dal 1 luglio 2016, estendeva l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 4 dell’art. 15 D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221) a tutti i soggetti che effettuano le attività di vendita di prodotti e di prestazioni di servizi, inclusa la pubblica amministrazione.

1.1. Il Giudice di Pace di Ravenna, rilevata la contumacia dell’amministrazione, con sentenza n. 631/2019 accoglieva l’opposizione e annullava l’ordinanza-ingiunzione compensando integralmente le spese.

Avverso detta pronuncia interponeva appello il Ministero dell’Interno.

2. Il Tribunale di Ravenna, in composizione monocratica, accoglieva il gravame osservando che dalla parte motiva del provvedimento opposto si evince che, all’epoca dei fatti in contestazione, i parcometri installati sul territorio comunale di Cervia erano tutti abilitati a ricevere pagamenti anche con carte di credito.

Del resto, l’opponente non contestava un cattivo funzionamento dell’apparecchiatura, e comunque l’onere della prova della presenza di un parcometro non abilitato o malfunzionante sarebbe stato a suo carico.

3. Avverso detta pronuncia ricorreva per la cassazione (omissis) Studio Legale Associato, affidando il ricorso a due motivi.

In data 27.01.2022 il Ministero dell’Interno faceva pervenire atto di costituzione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si deduce nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. sulla ripartizione dell’onere della prova, nonché degli artt. 3, 22 e 23 della legge n. 689 del 1981, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.

Osserva il ricorrente, poiché il giudizio di opposizione a sanzione amministrativa si configura come un giudizio che investe la legittimità formale e sostanziale del provvedimento, e poiché una volta formulata l’opposizione non si discute propriamente dell’atto ma della fattispecie produttiva dell’effetto, l’Amministrazione viene a rivestire – dal punto di vista sostanziale – la posizione di attrice: ad essa incombe, dunque, l’obbligo di fornire la prova adeguata della fondatezza della sua pretesa, dimostrandone i fatti costitutivi.

All’opponente spetta, invece, comprovare i fatti impeditivi, modificativi e/o estintivi dell’effetto giuridico del provvedimento sanzionatorio oggetto del giudizio.

Nel caso di specie, a fronte della corretta allegazione dell’opponente riguardo la non abilitazione del parcometro al pagamento mediante carta di credito, l’amministrazione – non costituitasi in primo grado – ha omesso di produrre gli atti relativi all’accertamento: ciò avrebbe dovuto comportare ex se la revoca dell’ordinanza-ingiunzione.

2. Con il secondo motivo si deduce nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2700 cod. civ. sulla fidefacienza di quanto attestato dal pubblico ufficiale nell’ordinanza ingiunzione e, quindi, per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. sulla ripartizione dell’onere della prova, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.

Il ricorrente censura la pronuncia impugnata laddove ha ritenuto che la prova dei fatti dovesse ricavarsi dalle deduzioni motivazionali contenute nell’ordinanza-ingiunzione.

A giudizio del ricorrente, invece, la mancata produzione del verbale di contestazione impedisce di ritenere provati i fatti di causa.

3. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto da un lato si censura la corretta distribuzione dell’onere della prova, dall’altro si lamenta il mancato assolvimento degli oneri probatori a carico dell’amministrazione.

Essi sono entrambi infondati.

Come affermato dallo stesso ricorrente nel primo motivo di gravame, assume rilevanza la riferita precisazione in base alla quale di fronte al giudice, una volta formulata l’opposizione, non si discute propriamente dell’atto ma della fattispecie produttiva dell’effetto, perché – nei limiti in cui la parte opponente abbia sollevato le relative contestazioni – spetta alla P.A. dimostrare i fatti costitutivi ed all’opponente comprovare i fatti impeditivi, modificativi e/o estintivi dell’effetto giuridico del provvedimento sanzionatorio oggetto del giudizio (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 1921 del 24/01/2019, Rv. 652384 – 02).

La corretta distribuzione degli oneri di prova trova, tuttavia, ulteriore specificazione nel consolidato principio per cui è sufficiente la prova della condotta commissiva od omissiva contemplata dalla norma, dovendosi – in tal caso – presumere la sussistenza dell’elemento soggettivo in capo al trasgressore (cfr. sul punto, ex multis, Cass. Sez. U, Sentenza n. 10508 del 06/10/1995,Rv. 494184; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 26306 del 07/11/2017, non massimata ).

L’onere della prova che la condotta vietata sia stata posta in essere senza colpa, e di aver fatto «tutto il possibile per osservare la legge», cosicché «nessun rimprovero possa essergli mosso», rimane a carico dell’agente (Cass. Sez. L, Sentenza n. 16320 del 12/07/2010, Rv. 614381; conf. da: Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 19759 del 02/10/2015, Rv. 636814; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 33441 del 17/12/2019, Rv. 656323; Cass. Sez. 2, n. 277 del 07.01.2022).

Nel caso di specie, riguardante la contestazione per sosta dell’autovettura in area parcometro senza esposizione del ticket, una volta installati i parcometri secondo le prescrizioni normative, inclusa l’abilitazione al pagamento con carta di credito, l’obbligo della P.A. di fornire la prova adeguata della fondatezza della sua pretesa si esaurisce nella dimostrata violazione da parte dell’intimato; spettava, dunque, al ricorrente di dare prova dei fatti impeditivi del pagamento, che non si sarebbe comunque esaurita nella dimostrazione del malfunzionamento o non funzionamento del pagamento mediante carta di credito, bensì avrebbe dovuto estendersi alla impossibilità di qualsiasi modalità di pagamento, incluso il versamento del danaro contante, posto che il non essere in possesso di altro mezzo di pagamento (p.e., moneta) non costituisce esimente rispetto alla sosta dell’autovettura in area destinata esclusivamente a parcometro senza esposizione del ticket.

4. Il Collegio rigetta il ricorso, con correzione in parte qua della motivazione resa dalla sentenza del Tribunale di Ravenna, ex art. 384 cod. proc. civ.

Non si procede alla determinazione delle spese del presente giudizio avendo il Ministero dell’Interno depositato solo atto di costituzione per poter prendere parte ad eventuale discussione pubblica, per cui nella sostanza non ha svolto attività difensiva.

Va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1-bis,del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.

Nulla per le spese.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13 comma 1-bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione, in data 27/09/2023.

Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.