Presidi antifurto a protezione della casa: possibile tenere armi in una credenza aperta e sotto il guanciale del letto (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 12 luglio 2022, n. 26787).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TARDIO Angela – Presidente –

Dott. CASA Filippo – Consigliere –

Dott. CALASELICE Barbara – Consigliere –

Dott. DI GIURO Gaetano – Rel. Consigliere –

Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) ANTONIO nato a NAPOLI il 27/05/19xx;

avverso la sentenza del 07/07/2020 del TRIBUNALE di MODENA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

letta la relazione svolta dal Consigliere Dott. GAETANO DI GIURO;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. PIERGIORGIO MOROSINI.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Modena in composizione monocratica, con la sentenza indicata in epigrafe, ha dichiarato Antonio (OMISSIS) colpevole del reato contravvenzionale di cui all’art. 20, commi 1 e 2, I. 13 aprile 1975, n. 110 e lo ha condannato alla pena di euro 516 di ammenda.

2. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, Antonio (OMISSIS).

2.1. Con il primo motivo di impugnazione deduce violazione di legge e vizio di motivazione, per avere il giudice di merito ritenuto configurabile la fattispecie di reato di cui al suddetto articolo.

Rileva la difesa che dall’istruttoria dibattimentale era emerso che:

– la casa era fornita di presidi metallici antifurto e antintrusione;

– (OMISSIS) vi viveva da solo;

– non vi era pericolo che soggetti conviventi o legittimamente frequentanti l’abitazione dell’imputato potessero venire a contatto con le armi da lui legittimamente detenute.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso viene denunciata violazione dell’art. 63 cod. proc. pen. per avere la sentenza fondato la penale responsabilità dell’imputato sulla base di dichiarazioni autoindizianti riferite de relato dal teste di polizia giudiziaria in sede di istruttoria dibattimentale in violazione dell’art. 195 cod. proc. pen.

Osserva il difensore che il fatto che le armi erano custodite in-luoghi inadeguati, e precisamente dentro una credenza aperta e non blindata nonché sotto il guanciale del letto dell’imputato, emerge dalla testimonianza dell’agente di Polizia giudiziaria che ha riportato quanto gli era stato riferito dall’imputato al momento dell’accertamento del fatto.

2.3 Col terzo motivo di impugnazione viene dedotto ‘vizio di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto di negare la concessione delle circostanze attenuanti generiche e ha applicato, in modo contraddittorio, la sanzione della sola ammenda’.

3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell’art. 23 del d. I. n. 137 del 2020, il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott. Piergiorgio. Morosini, conclude per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

L’obbligo di diligenza nella custodia delle armi previsto dall’art. 20 della legge 18 aprile 1975 n. 110, quando non si tratti di soggetti che esercitino professionalmente attività in materia di armi ed esplosivi, deve ritenersi adempiuto alla sola condizione che risultino adottate le cautele che, nelle specifiche, situazioni di fatto, possono esigersi da una ‘persona di normale prudenza, secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit (Sez. 1, n. 46265 del 06/10/2004, Aiello, Rv. 230153: nella specie, la Corte ha annullato senza rinvio la decisione di condanna di un soggetto il quale aveva tenuto due fucili da caccia sopra un armadio all’interno della propria abitazione, dotata di porte blindate e di inferriate alle finestre; in senso conforme Sez. 1, n. 6827 del 13/12/2012, Arconte, Rv. 254703, e Sez. 1, n. 35453 dell’11/05/202.1, Sciortino, Rv. 281897).

Orbene, nel caso in esame, come evidenziato col secondo motivo del ricorso, la responsabilità dell’imputato si fonda sulla testimonianza resa in data 25 febbraio 2020 dall’agente di polizia giudiziaria (OMISSIS) in ordine a quanto riferito dall’imputato all’atto della denuncia di furto delle armi e di successivo sopralluogo presso la sua abitazione circa le modalità di custodia delle stesse (in una credenza aperta e non blindata nonché sotto il guanciale del letto dell’imputato), legalmente detenute, al medesimo sottratte.

E’, pertanto, evidente che l’agente di polizia giudiziaria non poteva riferire sulle informazioni allo stesso rese da (OMISSIS), a maggior ragione per il contenuto indiziante a carico di quest’ultimo, che avrebbe, altresì, imposto, nel momento in cui (OMISSIS) le rendeva, gli adempimenti di cui all’art. 63, comma 1, cod. proc. pen. da parte dell’autorità procedente.

Se a ciò si aggiunge che le forze dell’ordine hanno riscontrato, attraverso il sopralluogo svolto successivamente alla denuncia, come la casa fosse fornita da presidi metallici antifurto (quali catene con lucchetti di sicurezza sul cancello carrabile e sul portone di ingresso, nonché grate in acciaio e vetro blindato), risulta chiaro che il Tribunale non avrebbe potuto affermare che l’imputato non aveva custodito con la dovuta diligenza le proprie armi, ai sensi dell’art. 20, commi 1 e 2, della summenzionata legge, non sussistendo prova alcuna circa l’assenza delle cautele necessarie alla custodia delle stesse.

Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Così deciso in Roma, il 30 marzo 2022.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.