Rubano l’auto ad un autolavaggio? Il titolare dell’impresa è tenuto a pagare i danni (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 15 maggio 2020, n. 8978).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 30512/2018 R.G. proposto da

La Basilese Assicurazioni SA, società di diritto svizzero, rappresentata e difesa dall’avv. Guido Giacomo Fabrizio Vignoli e dall’avv. Stefania Contaldi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, via Giovanni Da Palestrina, n. 63;

– ricorrente –

contro

Porzio Catello, rappresentato e difeso dall’avv. Alessandra Gallo, con domicilio eletto in Roma, via Pasubio, n. 15, presso lo studio dell’avv. Stefano Mungo;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, n. 3492/2018, depositata il 18 luglio 2018;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 dicembre 2019 dal Consigliere Emilio Iannello.

Rilevato che:

1. La Basilese Assicurazioni SA, società di diritto svizzero, convenne in giudizio avanti il Tribunale di Milano Catello Porzio, gestore di un distributore «Esso», chiedendone la condanna al pagamento, in via surrogatoria ex art. 1916 cod. civ., della somma di euro 120.195,43, pari all’indennizzo da essa liquidato alla propria assicurata, E. Stili s.a. da Lugano, per la sottrazione della vettura Porsche Panamera 5 Hibrid targata TI 181189 a seguito della rapina perpetrata il 14 febbraio 2013, durante operazioni di lavaggio e rifornimento del mezzo affidate al convenuto.

2. La domanda venne rigettata dal Tribunale, con decisione confermata, con la sentenza in epigrafe, dalla Corte d’appello, sul rilievo che l’azione illecita che aveva condotto alla sottrazione del mezzo integrava una esimente in favore del custode, tale da esonerarlo da ogni responsabilità per caso fortuito, secondo quanto previsto dall’art. 1218 cod. civ., in quanto caratterizzata da imprevedibilità ed inevitabilità, con impossibilità per il custode di resistere all’azione.

3. Avverso tale sentenza La Basilese Assicurazioni SA propone ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo, cui resiste l’intimato, depositando controricorso.

4. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis, comma secondo, cod. proc. civ..

Considerato che:

1. Con l’unico motivo di ricorso La Basilese Assicurazioni SA denuncia «violazione dell’art. 360 c.p.c. comma 3 (violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro)» (così testualmente la rubrica).

Lamenta che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto che nel caso in esame la rapina costituisca esimente di responsabilità, «in quanto — osserva — l’esimente opera solo se il custode dimostra di avere fatto il possibile per evitare l’evento che era prevedibile, dato il valore dell’auto». Occorreva, dunque, valutare se il custode avesse osservato la dovuta diligenza, ponendo in essere tutte le necessarie cautele per impedire l’evento, tenuto conto del valore commerciale del mezzo.

Tali cautele, sostiene, non risulta siano state nella specie osservate, atteso che, sebbene l’autovettura si trovasse in fase di asciugatura, e avesse quindi terminato il lavaggio, aveva ancora le chiavi inserite e considerato inoltre che le telecamere, peraltro non funzionanti, non erano strumenti idonei ad impedire la rapina, ma semmai per tentare di individuare il colpevole.

Secondo la ricorrente tale aspetto della questione non è stato preso in considerazione dalla Corte d’appello, ciò integrando il denunciato errore di diritto.

2. La censura è fondata e merita accoglimento.

Secondo principio di diritto costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte, «l’art. 1780 cod. civ. [in tema di liberazione del depositario da responsabilità in caso di perdita non imputabile della detenzione della cosa] trova integrale applicazione anche quando l’obbligazione della custodia e della riconsegna sia necessariamente compresa nel contenuto del contratto diverso dal deposito [come, nella specie, il contratto d’opera] o formi parte di un contratto misto nel quale confluiscano le cause del deposito e di altro contratto. In caso di sottrazione della cosa depositata, pertanto, il depositario, per ottenere la liberazione dalla propria obbligazione, è tenuto a fornire la prova che l’inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile».

La questione di diritto (non di fatto) che pone il ricorso è se il giudice d’appello abbia o meno correttamente vagliato la fattispecie concreta al suo esame, quale accertata in sentenza, alla luce di tale principio; si tratta segnatamente di valutare se gli elementi raccolti coprissero oppure no (come sostiene la ricorrente) ogni aspetto del tema di scrutinio imposto dalla fattispecie astratta, del quale necessariamente fa parte anche la valutazione dell’esistenza e dell’adeguatezza (secondo il parametro della diligenza qualificata di cui all’art. 1176, secondo comma, cod. civ.) delle cautele da osservare, da parte di chi detenga in custodia un bene, specie se di valore, per prevenirne l’illecita sottrazione da parte di terzi, ai fini della configurabilità del fatto non imputabile, idoneo a liberare il depositario dalla responsabilità per mancata restituzione della cosa.

In proposito, la più recente giurisprudenza di questa Corte — sia pure riferita al contratto di trasporto ed alla responsabilità del vettore per la perdita della cosa consegnatagli, ma con argomenti certamente trasponibili anche alla fattispecie in esame — ha evidenziato che la responsabilità ex recepto (che, come detto, incombe anche sul prestatore d’opera che comporti la presa in consegna di un bene) «può essere vinta solo dalla prova specifica della derivazione del danno da un evento positivamente identificato e del tutto estraneo al vettore stesso, ricollegabile alle ipotesi del caso fortuito e della forza maggiore, le quali non ricorrono nel caso di rapina, che costituisce attività che impone di per sé particolari forme di cautela, dovendosi ritenere prevedibile il prodursi di un simile evento» (Cass.20/12/2013, n. 28612).

In termini analoghi è stato affermato che «la forza maggiore ed il fatto del terzo, … escludono la suddetta responsabilità solo quando, secondo il criterio dell’ordinaria diligenza, rapportato alle modalità dell’accaduto ed alle condizioni di tempo e di luogo, si versi nell’ipotesi di un evento imprevedibile o al quale il vettore sia nell’impossibilità di opporsi.

Ne consegue che l’impossessamento della cosa trasportata a seguito di rapina non può configurarsi come causa liberatoria della responsabilità del vettore quando, appunto, le circostanze di tempo e di luogo in cui la sottrazione con violenza o minaccia si sia verificata siano state tali da renderla prevedibile ed evitabile» (Cass. 21/04/2010, n. 9439, che ha ravvisato l’adeguatezza e logicità della motivazione della sentenza impugnata, con la quale era stato escluso il caso fortuito in relazione all’avvenuta rapina, nottetempo, del carico di un autocarro durante una sosta effettuata dal vettore in una piazzola incustodita dell’autostrada del Sole, così determinando una notoria situazione di grave pericolo, senza l’adozione di alcuna misura idonea ad elidere o attenuare il rischio della perdita della merce trasportata).

In termini analoghi si è espressa Cass. 13/05/2009, n. 11024, secondo cui «per integrare l’esimente del caso fortuito prevista dall’art. 1693 cod. civ. non è sufficiente che un evento come la rapina appaia solo improbabile, ma occorre anche che esso sia imprevedibile, in base ad una prudente valutazione da effettuarsi, in caso di vettore professionale, con la diligenza qualificata di cui all’art. 1176, secondo comma, cod. civ., ed assolutamente inevitabile, tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto e delle possibili misure idonee ad elidere od attenuare il rischio della perdita del carico; la prevedibilità od inevitabilità della rapina costituendo comunque oggetto di un giudizio di fatto, non censurabile in Cassazione ove adeguatamente motivato» (v. anche in termini Cass. 27/03/2009, n. 7533).

Nello stesso senso è da ricordare ancora Cass. 09/08/2007, n. 17478, secondo cui «la rapina in sé stessa non integra il caso fortuito di cui all’art. 1693 cod. civ. ai fini dell’esclusione della responsabilità del vettore per la perdita delle cose consegnategli, occorrendo invece, allorché il rischio di rapina non sia imprevedibile, che questi provi di avere adottato, tra le varie possibili modalità ordinarie del trasporto, quelle più idonee a garantire la puntuale esecuzione del contratto e che l’evento era, in definitiva, inevitabile in relazione ad un parametro valutativo della diligenza da apprezzarsi, in caso di vettore professionale, alla stregua dell’art. 1176, comma secondo cod. civ.».

Nel caso di specie la Corte di merito ha adottato uno schema qualificatorio non conforme all’esposta ricostruzione dei criteri di attribuzione (ed esclusione) della responsabilità da perdita della cosa consegnata per l’esecuzione del contratto, concentrandosi esclusivamente sulle modalità del fatto del terzo che ha condotto alla sottrazione dell’autovettura di valore, ma omettendo di valutare se e quali cautele fossero state predisposte per prevenire ed evitare quell’azione che, seppur violenta, non può considerarsi imprevedibile né a priori e in assoluto irresistibile (non trattandosi di rapina a mano armata).

I giudici a quibus, invero, sulla scorta del solo rilievo che «la sottrazione del veicolo è avvenuta ad opera di soggetto rimasto sconosciuto, riuscito (esercitando un’improvvisa e violenta spinta ai danni dell’addetta all’asciugatura, di cui aveva anche provocato la caduta a terra) ad entrarvi attraverso la portiera anteriore, a porsene alla guida, ad avviarne il motore stante la presenza delle chiavi, e ad allontanarsi a tutta velocità a bordo dello stesso» (v. sentenza, pag. 12), ed ancora sul rilievo che l’azione perpetrata integrasse una rapina, di per sé caratterizzata da «imprevedibilità ed inevitabilità» (pag. 13), hanno ritenuto di poter pervenire alla conclusione che «l’esercizio della violenza fisica, improvvisa ed invincibile, costituisca esimente della responsabilità per l’omessa restituzione del bene ricevuto in custodia …».

Appare evidente però che tale valutazione, in assenza di alcuna attenzione rivolta alle cautele esigibili ed effettivamente osservate, si rivela espressione di una valutazione giuridica, sindacabile nei termini detti, e non di un insindacabile giudizio di fatto.

Nel caso di specie, tali accorgimenti difensivi, specie di fonte al valore del veicolo, potevano consistere in una maggiore sorveglianza del veicolo, tanto più considerando che il fatto è avvenuto in un luogo di libero accesso e con possibilità di allontanarsi rapidamente.

Inoltre, proprio la circostanza che nella manovra in uscita dal tunnel l’operaia non poteva esercitare il controllo diretto sul veicolo in modo immediato avrebbe imposto l’adozione di maggiori cautele.

La motivazione sorvola, come detto, su tali aspetti rilevanti con affermazione del tutto astratta (quale quella che nella specie si fosse trattato di rapina, dato di per sé ancora neutro e insufficiente come evidenziato dagli arresti sopra richiamati) e si presta a sindacato in termini di vizio di sussunzione per carenza di motivazione in iure.

3. In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio al giudice a quo, al quale va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso;

cassa la sentenza;

rinvia alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese di giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.