REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente –
Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere –
Dott. CENCI Daniele – Consigliere –
Dott. MARI Attilio – Consigliere –
Dott. RICCI Anna Luisa Angela – Relatore –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS) nato a NAPOLI il x/xx/19xx;
avverso la sentenza del 14/09/2021 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa ANNA LUISA ANGELA RICCI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa GIUSEPPINA CASELLA, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza ex art. 442 cod. proc. pen. del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, appellata dall’imputato (omissis) (omissis), con il quale il predetto era stato condannato, previo riconoscimento della continuazione, per i reati di cui agli artt. 589 bis comma 2 cod. pen. (ritenuto in esso assorbito quello di cui all’art. 187 comma 1 e comma 1 bis D.lvo 30 aprile 1992 n. 285) e 337 cod. pen. commessi in Castelvolturno il 31.1.2019 alle ore 4.45, alla pena di anni 7 mesi 4 di reclusione.
I fatti nelle conformi sentenze di merito sono stati ricostruiti nel modo seguente.
Nella notte del 31 gennaio 2019 l’imputato, privo di patente di guida in quanto revocatagli a seguito dell’illecito amministrativo di cui all’art. 75 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, percorrendo ad alta velocità e con i fari abbaglianti accesi una via di Castelvolturno, alla vista dei Carabinieri che a bordo di auto si servizio gli avevano intimato l’alt, aveva proseguito ad alta velocità imboccando alcune vie limitrofe: nel tentativo di darsi alla fuga aveva sorpassato l’auto dei militari, quasi tamponandola, per poi continuare ad alta velocità la marcia, fino a perdere il controllo del mezzo che, infine, aveva impattato contro una rotatoria e si era ribaltato. Nel sinistro aveva perso la vita la passeggera dell’auto (omissis) (omissis).
Condotto in ospedale, (omissis), a seguito degli esami tossicologici sui campioni biologici, era risultato positivo alla cannabis e al metabolita beg della cocaina. Il consulente tecnico del Pubblico Ministero aveva stimato che a fronte di una limite di velocità presente in loco di 50 km/h, (omissis) aveva tenuto una velocità compresa nel range 103/114 km /h.
2. Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo di difensore, formulando tre motivi.
2.1 Con il primo, ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla affermazione della responsabilità penale in ordine al delitto di resistenza.
La Corte avrebbe ravvisto il delitto in esame nella condotta dell’imputato, che si era limitato a fuggire con una guida imprudente, ma non tale da porre in pericolo l’incolumità degli agenti inseguitori.
In particolare la difesa lamenta che nella motivazione della Corte di Appello non si farebbe cenno alle manovre concrete poste in essere dall'(omissis) e alla conseguente messa in pericolo del personale di polizia giudiziaria che si era posto all’inseguimento.
2.2. Con il secondo motivo ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla affermazione della responsabilità in ordine al delitto di cui all’art. 589 bis, comma 2, cod. pen.
Il difensore rileva a tal fine che la fattispecie incriminatrice richiede la sussistenza di un nesso eziologico fra l’essersi posti alla guida in stato di alterazione psico fisica in conseguenza dell’assunzione di sostanze stupefacenti e l’incidente mortale, nel senso che quest’ultimo deve essere causalmente ricollegabile proprio alla suddetta alterazione.
Nel caso in esame i giudici di merito avrebbero tratto la prova dell’alterazione psico fisica dell'(omissis) da elementi contraddittori, quali gli esami ematochimici (a cui il consulente tossicologico aveva dato rilievo non in termini di certezza) e il mancato avvistamento della rotatoria contro cui era andato ad impattare.
2.2 Con il terzo motivo, ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed alla determinazione del trattamento sanzionatorio.
La Corte non avrebbe motivato in maniera adeguata né il diniego delle circostanze di cui all’art. 62 bis cod. pen., né l’individuazione della pena base e dell’aumento di pena in ordine al reato satellite e avrebbe fatto ricorso a clausole di stile, omettendo di considerare elementi che invece avrebbero dovuto essere valorizzati, quali la natura dei motivi a delinquere, lo scarso grado di partecipazione alla condotta e la natura dello stimolo che aveva determinato il soggetto agente a commettere il reato.
3. Il Procuratore generale, nella persona del sostituto, dott.ssa Giuseppina Casella, ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Si deve premettere che nel caso in cui il giudice di appello confermi la sentenza di primo grado, le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, purché la sentenza di appello si richiami alla sentenza di primo grado e adotti gli stessi criteri di valutazione della prova (Sez. 2 n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218).
Quanto alla natura del ricorso in cassazione, si è affermato che il contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione deve essere il confronto puntuale, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso, con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (in motivazione, sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Leonardo e altri Rv. 254584).
Sono, perciò, estranei alla natura del sindacato di legittimità l’apprezzamento e la valutazione del significato degli elementi probatori attinenti al merito, che non possono essere apprezzati dalla Corte di Cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482).
Ciò premesso la censura del ricorrente, volta a contestare l’affermazione di responsabilità in ordine al delitto di resistenza, appare generica e non si confronta con il percorso argomentativo dei giudici di merito, i quali hanno analiticamente descritto la condotta intimidatoria posta in essere dall’imputato consistita nel procedere alla guida dell’auto a velocità elevatissima con manovre tali da mettere a repentaglio l’incolumità degli utenti della strada, della persona trasportata e delle forze dell’ordine.
I giudici hanno osservato che (omissis), cui la patente era stata revocata, alla guida della sua auto con gli abbaglianti accesi ed in stato di alterazione conseguente all’uso di sostanze stupefacenti, una volta avvedutosi della presenza delle forze dell’ordine che gli avevano intimato l’alt, al fine di opporsi al controllo, aveva sorpassato la parte anteriore sinistra dell’autoradio mancando il contatto per pochi centimetri e solo grazie alla manovra repentina dell’autista, ed aveva indi bruscamente accelerato, fino ad impattare contro la rotonda, cagionando il ribaltamento dell’auto ed il conseguente decesso della passeggera trasportata.
Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, la decisione dei giudici di merito è sorretta da motivazione congrua e coerente con i dati richiamati.
Nessun dubbio, infine, può sussistere in ordine al fatto che nel caso di specie sia integrato il delitto di resistenza, in quanto l’imputato non si è limitato ad una mera fuga, ma attraverso una condotta di guida pericolosa ha posto deliberatamente in pericolo l’incolumità personale degli altri utenti della strada e delle forze dell’ordine (ex plurimis Sez. 1 n. 41408 del 04/07/2019, Foriglio, Rv. 277137).
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Il ricorrente deduce in sostanza un motivo di fatto, attinente alla lettura ed alla interpretazione del dato probatorio, contestando che l’incidente mortale sia stato conseguenza dello stato di alterazione di Avolio dovuto all’uso di sostanze stupefacenti.
La Corte di Appello ha tratto la prova della alterazione psico-fisica di (omissis) al momento della guida dagli esami delle urine e del sangue, indicativi di assunzione di stupefacenti del tipo cannabis e di assunzione di cocaina tra le 2 e le 6 ore antecedenti al prelievo (si veda pag 8 della sentenza della Corte di appello in cui è richiamata la deposizione della dottoressa Canfora), oltre che dalla condotta di guida sconsiderata, con superamento significativo dei limiti di velocità presenti in loco, come chiarito dalla ricostruzione del consulente tecnico e dalle testimonianze assunte (ed in particolare dalla testimonianza di Shar Dildar).
I giudici, con un ragionamento fondato sulle evidenze, hanno ritenuto che tale stato di alterazione avesse avuto un ruolo causale rispetto all’incidente. Si tratta di un percorso argomentativo logico, non censurabile in sede di legittimità.
4. Il terzo motivo inerente al trattamento sanzionatorio è manifestamente infondato.
Si ricorda che il giudice del merito, nella valutazione in ordine al trattamento sanzionatorio e in ordine alla riconoscibilità delle circostanze di cui all’art. 62 bis cod. pen. esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi di cui all’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez, 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettine//i, Rv. 271269).
Nel caso in esame, la Corte di Appello ha rilevato che lo stato di afflizione dell’imputato conseguente al trauma per la perdita della sua compagna di vita, invocato nei motivi di appello ai fini della mitigazione del trattamento sanzionatorio, non poteva valere ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e che la determinazione della pena (pari ad anni 10 per il più grave reato di cui all’art. 589 bis cod. pen, aumentata ad anni 11 per la continuazione con il reato di cui all’art. 337 cod. pen, diminuita per il rito alla pena di anni 7 mesi 4 di reclusione) era giustificata in ragione dei precedenti penali, della sua sottoposizione alla misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nell’ambito di altro procedimento e della gravità complessiva dei reati posti in essere.
A fronte di tale argomentazione, la censura del ricorrente è generica e fa leva sulla mancata valorizzazione delle condizioni soggettive del soggetto agente, che, al contrario, in maniera non illogica, sono state ritenute dai giudici di merito determinanti nella causazione dei reati.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Deciso in Roma il 13 settembre 2022.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2022.