Circolazione stradale – Responsabilità civile – Sinistro mortale – Minore di età (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 24 novembre 2023, n. 32761).

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Giacomo Travaglino      – Presidente –

Marco Dell’Utri               – Consigliere –

Irene Ambrosi                – Consigliere – Rel. –

Antonella Pellecchia      – Consigliere –

Paolo Spaziani                – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18728/2020 R.G. proposto da:

(omissis) (omissis) e COMUNE di (omissis) rappresentati e difesi dagli avvocati (omissis) (omissis) (omissis) (omissis);

ricorrenti

contro 

(omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) rappresentati e difesi dagli avvocati (omissis) come da procura speciale in calce al controricorso elettivamente domiciliati in (omissis);

– resistenti

avverso la sentenza n. 151/2020 del TRIBUNALE di SALERNO, pubblicata il 10/02/2020;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/09/2023 dalla Consigliera Dott.ssa Irene Ambrosi.

Fatti di causa

1. Con atto di citazione in riassunzione, notificato il 19-21 giugno 2017, (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) introducevano, ai sensi dell’art. 622 c.p.p. e degli artt. 392 e segg. c.p,c., il giudizio di rinvio in sede civile onde sentire accertare e dichiarare la responsabilità di (omissis) (omissis) in ordine ai fatti descritti nel capo di imputazione di cui al decreto di citazione a giudizio emanato nel procedimento penale n. 1978/07 R.G.N.R. presso il Tribunale Vallo della (omissis), per l’effetto, condannarlo, in via solidale con il Comune di (omissis) quale responsabile civile:

1) al risarcimento dei danni subiti dagli attori, iure proprio, per la perdita del rapporto parentale derivante dal decesso del congiunto, minore di età, (omissis) (omissis);

2) al risarcimento, in favore degli attori, quali eredi legittimi di (omissis) (omissis) dei danni da quest’ultimo patiti dal momento del sinistro, verificatosi il (omissis) (omissis) a quello della morte, avvenuta il (omissis);

3) alla refusione delle spese dei tre gradi del giudizio penale e di quello instaurato dinanzi alla Corte di appello civile.

Costituitisi nel giudizio di rinvio, il (omissis) e il Comune di (omissis) contestavano la fondatezza della domanda, assumendo che nessuna responsabilità poteva essere imputata ai convenuti per il decesso di (omissis) (omissis).

2. Il presente giudizio prende le mosse dal decreto emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Vallo della (omissis) del (omissis) ex art. 429 c.p.p., a seguito del quale (omissis) (omissis) veniva rinviato a giudizio per rispondere del reato di cui all’art. 589 cod. pen., per avere con colpa, consistita in negligenza ed inosservanza del codice della strada, cagionato la morte del minore (omissis) (omissis) nel sinistro stradale verificatosi nel Comune di (omissis) alle ore (omissis) circa, d (omissis) (omissis)

In particolare, quale vicecomandante della Polizia municipale di (omissis) l’odierno ricorrente dava disposizione, in assenza di ordinanza dell’Ente proprietario della strada, di installare, in corrispondenza del civico n. 4 di via Difesa in quel comune, dossi artificiali rallentatori di velocita, costituiti da otto moduli prefabbricati in gomma di larghezza inferiore a quella prevista dall’art. 179 del regolamento del codice della strada (centimetri 90 invece di 120). Ometteva, inoltre, di fare apporre la segnalazione del dosso, prescritta dalla già citata disposizione del codice della strada. Al passaggio del dosso, la bicicletta condotta dal minore (omissis) (omissis) subiva una notevole accelerazione verticale che provocava la fuoriuscita della ruota anteriore dalle asole della forcella e la conseguente caduta in avanti dello stesso conducente. A causa delle lesioni riportate (omissis) (omissis) decedeva presso l’Ospedale (omissis) (omissis) il successivo (omissis).

2.1. Con sentenza del 10 luglio 2012, n. 683, per come emendata con ordinanza del 18 dicembre 2012, ai sensi dell’art. 130 c.p.p., il Tribunale di Vallo della (omissis) dichiarava (omissis) (omissis) colpevole del delitto ascrittogli e, concesse le attenuanti generiche, dichiarate prevalenti sulla contestata aggravante, lo condannava alla pena di mesi nove di reclusione e al pagamento delle  spese  processuali, con sospensione della stessa;

2) condannava, inoltre, (omissis) (omissis) in via solidale con il Comune di (omissis) quale responsabile civile, al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) da liquidarsi in separato giudizio, ed al pagamento di una provvisionale di euro 30.000,00 nonché alla refusione delle spese di assistenza e difesa.

Con sentenza del 27 novembre 2015, n. 2122, la Corte d’Appello di Salerno, in riforma della pronuncia del Tribunale di Vallo della (omissis) impugnata dal (omissis) assolveva l’imputato dal reato ascrittogli per insussistenza del fatto, revocando le statuizioni civili.

2.2. Con sentenza n. 17171/2017, la Corte di Cassazione, su ricorso delle parti civili, annullava la sentenza di secondo grado con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, demandandogli la regolamentazione delle spese processuali.

3. La Corte d’Appello di Salerno quale giudice del rinvio ha accolto la domanda e, per l’effetto, accertata la corresponsabilità di (omissis) (omissis) della causazione della morte di (omissis) (omissis) ha condannato (omissis) (omissis) e il Comune di (omissis) in via solidale:

– al pagamento, in favore di(omissis) (omissis) a titolo di risarcimento dei danni subiti a causa della morte di (omissis) (omissis) della residua somma di euro 102.467,75, oltre interessi compensativi al tasso legale, da calcolarsi, dapprima, sull’intero capitale (di euro 132.467,75) devalutato al (omissis) (data dell’evento lesivo) ed annualmente rivalutato da tale momento fino al 29 aprile 20 14 (data di versamento del primo acconto), di seguito, sulla differenza tra il capitale e il primo acconto (devalutati al (omissis) da rivalutarsi a sua volta dal 29 aprile 2014 al 23 giugno 2014 (data del versamento del secondo acconto), e, infine, sulla differenza tra il capitale (già decurtato del primo acconto) e il secondo acconto, rivalutata annualmente fino al 31 gennaio 2020, data della presumibile pubblicazione della sentenza, oltre ulteriori interessi al tasso legale fino all’effettivo soddisfo;

– al pagamento, in favore di (omissis) (omissis) (omissis) a titolo di risarcimento dei danni subiti a causa della morte di (omissis) (omissis) della somma di euro 132.467,75, oltre interessi compensativi al tasso legale, da calcolarsi sull’intero capitale devalutato al 6 ottobre 2007 (data dell’evento lesivo) e rivalutato di anno in anno fino al 31 gennaio 2020, data della presumibile pubblicazione della decisione, oltre ulteriori interessi al tasso legale fino all’ effettivo soddisfo;

– al pagamento, in favore di (omissis) (omissis) titolo di risarcimento dei danni subiti a causa della morte di (omissis) (omissis) della somma di euro 26.012,75, oltre interessi compensativi al tasso legale, da calcolarsi sull’ intero capitale devalutato al (omissis) (data dell’evento lesivo) e rivalutato di anno in anno fino al 31 gennaio 2020, data della presumibile pubblicazione della decisione, oltre ulteriori interessi al tasso legale fino all’effettivo soddisfo;

– alla refusione, in favore di (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) delle spese processuali di ciascun grado di giudizio.

4. Avverso la decisione della Corte d’appello di Salerno, (omissis) (omissis) il Comune di (omissis) hanno proposto ricorso per cassazione articolato in dieci motivi.

Hanno resistito con controricorso (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis).

Ai fini della decisione del presente ricorso questa Corte ha proceduto in camera di consiglio ai sensi dell’art. 360 bis.1 c.p.c..

Non ha depositato conclusioni scritte il Pubblico Ministero.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso, la parte ricorrente lamenta la violazione degli 394 c.p.c., 622 c.p.p. e 111 Cost. alla stregua dell’art. 360 n. 4 c.p.c. in quanto nel giudizio di rinvio, conseguente all’annullamento di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, la controversa sussistenza del fatto-reato e della sua imputabilità resta preliminare oggetto del thema decidendum, ragion per cui devono continuare ad applicarsi i criteri di giudizio penalistici che hanno regolato il processo e determinato le concrete modalità dell’esercizio del diritto di difesa.

2. Con il secondo motivo, denuncia la inosservanza degli 112, 392, 394 c.p.c.; 75, 76, 78, 622, 651, 651-bis, 652, 654 c.p.p. in quanto nel giudizio di rinvio ex artt. 622 c.p.p. la Corte territoriale ha mutato d’ufficio la causa petendi fatta valere dalle parti civili contro l’imputato.

3. Con il terzo motivo denuncia l’inosservanza degli 101, 112, 392, 394, c.p.c.; 75, 76, 78, 622, 651, 651-bis, 652, 654 c.p.p. poiché, pur volendo ammettere che nel giudizio di rinvio ex art. 622 c.p.p. le parti civili possano fruire di una mutazione della causa petendi, dovrebbero quanto meno modificarla nell’atto di riassunzione.

4. Come premessa generale comune ai motivi dal quarto al decimo, la parte ricorrente osserva che, seppur nel giudizio di legittimità e esclusa la rivalutazione del giudizio di merito laddove immune da vizi logici e giuridici, ciò nonostante, tale vizio e deducibile in caso di omesso esame di fatti e circostanze decisivi, anche di natura tecnico-scientifica e tanto premesso, denuncia la violazione dei principi della causalità adeguata e della necessita di fondamento tecnico-scientifico e di riscontro oggettivo delle ipotesi di ricostruzione del sinistro.

4.1. Con il quarto motivo, denuncia la violazione degli 2697 c.c., art. 179 co. 6 e 8 d.P.R. 495/92, art. 40 e 41 c.p. e dei principi in materia di ricostruzione del fatto in infortunistica stradale in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.; in particolare, sostiene che la causa efficiente del sinistro e individuata sulla base di una congettura del perito, priva di riscontro oggettivo e indimostrata sotto il profilo tecnico scientifico, inverosimile secondo l’esperienza, e incompatibile in fatto con quanto accertato de visu dal consulente di parte del Pubblico Ministero, ing. 8omissis) fatto che non é stato esaminato dal giudice.

5. Con il quinto motivo, denuncia la violazione degli 179 d.P.R. 495/92, art. 40 e 41 c.p., l’errore di diritto causato da percezione travisata della prova in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. in quanto la Corte d’appello ha sostituito la mancata prova e dimostrazione della causa del sinistro, delle violazioni colpose e del nesso efficiente con l’evento, mediante il richiamo all’astratta pericolosità del dosso ricavata da quanto riferito circa presunti incidenti e caduta dai testimoni della parte civile, senza che questi ultimi avessero, in realtà, assistito a detti eventi; nonché sulla scorta di errori giuridici quali l’inesistente divieto di apposizione del dissuasore di velocita in funzione della pendenza e la presunta irregolarità delle dimensioni del dosso derivante dalla erronea lettura dell’art. 179 co. 6 lett. b) e c) del C.d.s.

6. Con il sesto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli 40, 41 c.p. in relazione ad art. 360 n. 3 c.p.c. e art. 360 n. 5 c.p.c.; nello specifico, la Corte ha adottato le conclusioni del perito (omissis) secondo cui il difetto di installazione e di manutenzione del dosso causarono la caduta della bicicletta, ma ha omesso inspiegabilmente l’esame circa le consequenziali conclusioni del perito che accerto che il (omissis) fosse il responsabile delle predette violazioni, addebitabili, invece, all’ufficio tecnico comunale, mai evocato in giudizio.

7. Con il settimo motivo, lamenta la violazione degli 40, 41 c.p., artt. 2043, 2051 c.c. in relazione ad art. 360 n. 3 c.p.c.; art. 360 n. 5; in particolare, la Corte di merito non ha applicato i principi in materia di responsabilità per custodia delle strade omettendo di considerare elementi che avrebbero dovuto far escludere la ritenuta responsabilità per mancata manutenzione ed ha omesso l’esame circa il fatto decisivo costituito dalla manomissione del dosso ad opera di ignoti avvenuta prima del sinistro, causa sopravvenuta, da sola efficiente.

8. Con l’ottavo motivo, denuncia l’inosservanza degli 40 e 41 c.p. e principi in materia di ricostruzione tecnica del sinistro in relazione ad art. 360 n. 3; art. 360 n. 5 c.p.c.; in particolare, la Corte d’appello, nell’assegnare al difetto del dosso la causa della avulsione forzata della ruota, in difetto di dimostrazione tecnico-scientifica di tale ipotesi, inverosimile anche alla stregua di massime di esperienza, ha tralasciato la spiegazione più semplice del fenomeno omettendo l’esame del fatto decisivo che il sistema di blocco e tenuta in sede della ruota della bicicletta era difettoso e aveva causato la fuoriuscita della ruota stessa, da sola causa efficiente alla verificazione del disastroso sinistro.

9. Con il nono motivo, denuncia la motivazione incongrua, perplessa e incomprensibile della sentenza impugnata in relazione all’art. 132, 2, n. 4, c.p.c. ex art. 360 n. 4 c.p.c.; art. 360 n. 5 c.p.c.; violazione artt. 40, 41 c.p. e dei principi in materia di ricostruzione del sinistro ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.; in particolare, nel tentativo di spiegare il dato medico legale che ha escluso che la vittima abbia strisciato al suolo, la sentenza afferma che la stessa rimase aggrappata alla bicicletta che strisciava al suolo per 17 metri senza spiegare come questa dinamica incomprensibile si sia realizzata e come abbia evitato il contatto al suolo.

La sentenza ha omesso di confrontarsi con il dato medico legale risultante dalle ferite accertate dal consulente del Pubblico Ministero, dr. (omissis) il quale aveva evidenziato una caduta ad arco, con punto di impatto unico al suolo e violentissimo trauma al capo compatibile con la caduta da una bicicletta lanciata a velocita sostenuta; ha omesso altresì di confrontarsi con le risultanze balistiche allegate dai ricorrenti che dimostrano che alla velocita stimata dalla Corte di 25 Km/h la caduta del (omissis) avrebbe dovuto terminare a meno di 4 metri dal dosso, non a 17 metri; viceversa, ha accolto l’ipotesi atecnica, inverosimile e indimostrata, che la pendenza abbia causato la maggiore proiezione del corpo a 17 metri e della bicicletta a 28 metri dal dosso.

10. Con il decimo motivo, la parte ricorrente lamenta la Violazione art. 132 co. 4 c.p.c. in relazione ad art. 360, n. 4. c.p.c. ed in particolare, la sistematica omissione dell’esame e del confronto con i singoli dati della realtà illustrati nei motivi precedenti, che ha inficiato radicalmente il percorso argomentativo del giudice del rinvio al punto da doverlo considerare solo apparente, incongruente e illogico.

11. Va premesso che superfluo risulta l’esame dei motivi di ricorso come proposti e come sopra meglio sintetizzati in relazione ad una delle parti ricorrenti, il Comune di (omissis) tenuto conto che e stata depositata in data 23 aprile 2021 la dichiarazione di rinuncia e l’atto di accettazione della medesima da parte di tutti i resistenti.

12. Tornando all’esame dei motivi di ricorso, così come tenuti fermi dal secondo ricorrente, (omissis) (omissis) il primo motivo è infondato sotto ciascuno dei profili di censura prospettati.

Il ricorrente lamenta la violazione di diverse norme sostanziali e processuali e la nullità della sentenza e del procedimento, e ritiene che nel giudizio di rinvio, conseguente all’annullamento di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, fattispecie verificatasi nel caso in esame, la controversa sussistenza del fatto-reato e della sua imputabilità resta preliminare oggetto del thema decidendum, ragion per cui avrebbero dovuto continuare ad applicarsi i criteri di giudizio penalistici che hanno regolato il processo e determinato le concrete modalità dell’esercizio del diritto di difesa; sostiene infine che l’orientamento di legittimità richiamato dalla Corte d’appello (Cass. Sez. 3, 15/10/2019 n. 22917/19; Cass. Sez. 3, 12/06/2019 n. 15859) non atterrebbe al caso in esame, ma alla diversa ipotesi della dichiarata estinzione del reato per prescrizione o amnistia.

12.1. In proposito, va dato atto che quanto affermato nei precedenti appena richiamati dalla giurisprudenza di questa Corte, nelle more del presente giudizio, é stato condiviso e ribadito da una sopravvenuta pronuncia delle stesse Sezioni Unite penali, mediante rilievi relativi alla giurisprudenza sovranazionale (Cass. U. pen. 28 gennaio-4 giugno 2021 n. 22065, Cremonini).

Pronuncia delle Sezioni Unite penali, intervenute, tra l’altro, proprio perché alcune pronunce delle sezioni semplici penali avevano, a seguito della sopravvenuta giurisprudenza di questa Terza Sezione Civile, inteso mantenere il giudizio di rinvio entro una sorta (di un non convincente) perimetro panpenalistico – escludendo l’applicabilità dell’articolo 622 c.p.p. – per un’asserita permanenza di rilievo penale (un denominato “interesse penalistico della vicenda”) in casi di giudizio solo ad effetti civili (tra i massimati: Cass. pen. sez. 3, 9 gennaio-11 maggio 2020 n. 14229, H.; Cass. pen. sez. 4, 13 febbraio-10 aprile 2020 n. 11958, Vianello, Cass. pen. sez. 6, 25  settembre-9 ottobre 2020 n. 28215, V.).

Le Sezioni Unite hanno ritenuto tale orientamento minoritario non condivisibile e hanno affermato a chiare lettere (ed in conformità con due pronunce della Corte costituzionale, la n. 233 del 2003 e la 18 del 2021) il seguente principio di diritto: “In caso di annullamento agli effetti civili della sentenza che, in accoglimento dell’appello della parte civile avverso la sentenza di assoluzione di primo grado, abbia condannato l’imputato al risarcimento dei danni senza procedere alla rinnovazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, il rinvio per il nuovo giudizio va disposto dinanzi al giudice civile competente per valore in grado di appello” .

Le richiamate Sezioni Unite penali ben chiariscono la tematica:

«… A seguito di un mutamento della giurisprudenza della Terza Sezione civile di questa Corte, secondo il quale il giudizio di rinvio ex art. 642 cod. proc. pen. deve assecondare le regole processuali, sostanziali e probatorie, proprie del giudizio civile … (v. sentenze n. 9358 del 12/04/2017, Rv. 644002; n. 15859 del 12/06/2019, Rv.  654290; n. 16916 del 2/06/2019, Rv. 654433, nn. 22516, 22518, 22519, 22520 del 10/09/2019, non mass.), si è fatto strada nella giurisprudenza penale un diverso, minoritario e più recente orientamento, secondo il quale il rinvio dovrebbe essere fatto, invece, al giudice penale.

A tale conclusione si giunge attraverso una interpretazione restrittiva dell’art. 622, in forza della quale tale disposizione sarebbe inapplicabile nei casi in cui non vi sia stato un definitivo accertamento della responsabilità penale (v. Sez. 6, n. 28215 del 25/09/2020, Vangi, Rv. 279574; Sez. 4, n. 12174 del 26/02/2020, Piali, non mass.; Sez. 4, n. 11958 del 13/02/2020, Vianello, Rv. 278746; Sez. 3, n. 14229 del 09/01/2020, H., Rv. 278762).

Altre sentenze ascrivibili a tale orientamento hanno riguardato casi di accoglimento del ricorso per cassazione proposto dall’imputato tanto agli effetti penali quanto agli effetti civili, avverso la sentenza di appello di condanna, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado (v. Sez. 6, n. 31921 del 06/06/2019, De Angelis, Rv. 277285), o di illegittima dichiarazione di inammissibilità dell’appello proposto dall’imputato avverso la sentenza di condanna di primo grado per un reato nel frattempo prescrittosi» (Sez. 2, n. 8935 del 21/01/2020, Pulcrano, Rv. 278588).

Le Sezioni Unite penali hanno ritenuto di confermare l’orientamento civilistico sulla base di una serie di considerazioni che e opportuno qui richiamare e sintetizzare.

In primo luogo, hanno premesso che l’assetto generale del nuovo processo penale, ispirato all’idea della tendenziale separazione dei giudizi, penale e civile, e costruito nel ritenere prevalente, nel disegno del codice, l’esigenza di speditezza e di sollecita definizione del processo penale, rispetto all’interesse del soggetto danneggiato di esperire la propria azione in tale sede; da tale separatezza discendono, quindi, alcune importanti conseguenze: da un lato, l’accessorietà dell’azione civile al processo penale; dall’altro la tassatività delle eccezioni a questa regola generale contenuta negli artt. 576 e 578 cod. proc. pen., che prevedono specifiche ipotesi in cui e conservato lo spazio decisorio del giudice penale, nonché nell’articolo 3 cod. proc. pen., con specifico riferimento alle questioni pregiudiziali.

L’art. 622 cod. proc. pen. si pone, come ritenuto anche dalla Corte Costituzionale, come eccezione al sistema allorquando prescrive che la Corte di cassazione, se “annulla solamente le disposizioni o i capi che riguardano l’azione civile ovvero se accoglie il ricorso della parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell’imputato, rinvia, quando occorre, al giudice civile competente per valore in grado di appello, anche se l’annullamento ha per oggetto una sentenza inappellabile “.

Le Sezioni Unite penali hanno sottolineato ancora che la ratio dell’art. 622 va ravvisata, in linea con la richiamata autonomia e separatezza dell’azione civile, nella volontà di escludere la perdurante attrazione delle pretese civili nel processo penale una volta che siano definitive le statuizioni di carattere penale, pur dando atto che la preclusione della decisione in sede penale sulle questioni civili comporta il procrastinare la pronuncia definitiva sulla domanda risarcitoria del danneggiato, costringendolo ad instaurare un autonomo giudizio civile, e hanno rimarcato che tale impostazione trova il suo fondamento proprio nel carattere accessorio e subordinato dell’azione civile proposta nell’ambito del processo penale rispetto alle finalità di quest’ultimo, che sono date dal preminente interesse pubblico alla sollecita definizione del processo penale, riportando nella sede naturale le istanze di natura civile fatte valere nei confronti dell’imputato e che questa lettura interpretativa dell’art. 622 cod. proc. pen. e quella più in linea con le garanzie dell’equo processo stabilite dall’art. 6 CEDU e dall’art. 16 della Direttiva 25 ottobre 2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio in materia di protezione delle vittime del reato, giacche l’applicazione delle regole del processo penale non si giustifica quando residuino solo interessi civili, venendo tale interpretazione a pregiudicare il diritto al risarcimento del danno e la funzione della responsabilità civile alla cui base stanno istanze di solidarietà sociale, che rinviano alla costruzione di un illecito civile, valutabile sulla base di diversi canoni probatori e giudicabile nell’ambito di un sistema giudiziario efficace ed indipendente (richiamano in tale senso: v. Corte EDU, Sez. 1, 28 marzo 2020, Barletta e Farnetano c. Italia).

Pertanto, le Sezioni unite penali hanno ritenuto che la definitività e l’intangibilità della decisione adottata in ordine alla responsabilità penale dell’imputato, determinate dalla pronuncia con cui la Corte di cassazione annulla le sole disposizioni o i soli capi che riguardano l’azione civile (promossa in seno al processo penale), ovvero accoglie il ricorso della parte civile avverso il proscioglimento dell’imputato, provocano il definitivo dissolvimento delle ragioni che avevano originariamente giustificato, a seguito della costituzione della parte civile nel procedimento penale, le deroghe alle modalità di istruzione e di giudizio dell’azione civile, imponendone i condizionamenti del processo penale, funzionali alle esigenze di speditezza del procedimento.

Pertanto, con l’esaurimento della fase penale, essendo ormai intervenuto un giudicato agli effetti penali ed essendo venuta meno la ragione stessa dell’attrazione dell’illecito civile nell’ambito della competenza del giudice penale, risulta coerente con l’assetto normativo interdisciplinare … che la domanda risarcitoria venga esaminata secondo le regole dell’illecito aquiliano, dirette alla individuazione del soggetto responsabile ai fini civili su cui far gravare le conseguenze risarcitorie del danno verificatosi nella sfera della vittima.

L’annullamento e il conseguente rinvio al giudice civile competente comporta, in caso di riassunzione, l’assunzione della veste di attore-danneggiato della parte civile e di convenuto- danneggiante da parte di colui che nel processo penale rivestiva il ruolo di imputato.

In secondo luogo, in ordine alla natura del giudizio di rinvio, le Sezioni Unite hanno dato atto del nuovo indirizzo sorto all’interno della Terza Sezione civile di questa Corte sul tema delle regole di giudizio applicabili in sede di rinvio del processo penale innanzi al giudice civile competente per valore in grado di appello che, a partire dal 2019 (oltre alle già citate n. 15859/2019; n. 16196/2019; nn. 22516, 22518, 22519, 22520, tutte del 10/09/2019; tra le più recenti, n. 517 del 15/01/2020, Rv. 655811) si sono discostate dal precedente orientamento della stessa Sezione ed hanno affermato che il giudizio di rinvio ex art. 622 cod. proc. pen. deve assecondare le regole processuali, sostanziali e probatorie proprie – non già del giudizio penale, come sino allora prevalentemente ritenuto – ma del giudizio civile.

A fondamento di tale mutamento di indirizzo giurisprudenziale, é stata posta l’affermazione che il giudizio in questione non sia assimilabile al giudizio di rinvio in senso tecnico e quindi non rappresenti, nella fase rescissoria, la prosecuzione del procedimento di impugnazione svoltosi innanzi alla Cassazione penale sia pure limitato nell’oggetto alla sola statuizione sugli interessi civili; si tratterebbe di una fase processuale del tutto svincolata ed autonoma dalla precedente (ormai definita agli effetti penali in forza di una decisione irrevocabile), in cui la translatio judicii e la diversa regiudicanda comporterebbero un accertamento dei fatti rilevanti (ai soli fini risarcitori) regolato dai canoni sostanziali e processuali propri del giudizio civile e, quindi, affrancato dai principi di diritto eventualmente posti dalla sentenza di annullamento, destinati a rimanere inefficaci.

In tal senso depone, secondo la giurisprudenza civile citata, la necessita della tempestiva riassunzione del giudizio ex art. 393 cod. proc. civ., in mancanza della quale l’intero processo si estingue; riassunto il processo nella sede civile, il giudice civile non e vincolato nella ricostruzione del fatto a quanto accertato dal giudice penale, non essendo in alcun modo ipotizzabile un vincolo come quello che consegue all’enunciazione di un principio di diritto ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., con conseguente libertà del giudice nella ricostruzione dei fatti e nella loro valutazione e applicabilità del criterio civilistico del «più probabile che non» nella valutazione del nesso causale, in luogo di quello tipico del processo penale dell’alta probabilità logica.

É stata, pertanto, esclusa la natura «chiusa» del giudizio di rinvio di cui all’art. 622 cod. proc. pen., sostenendosi l’ammissibilità dell’allegazione, in detta sede, di fatti costitutivi dell’illecito civile diversi da quelli integranti la fattispecie di reato dedotta nel processo penale e posti a base della costituzione di parte civile in ragione del «maggior raggio di azione» dell’illecito ex art. 2043 cod. civ. e della sua «struttura atipica», che consente la valorizzazione dell’elemento soggettivo della colpa anche a fronte della imputazione, nella pregressa fase penale, di una condotta unicamente configurabile quale dolosa (v. Sez. 3, n. 16916 del 25/06/2019, Rv. 654433; Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 30496 del 18/10/2022 ).

Hanno osservato le Sezioni unite penali che il nuovo orientamento giurisprudenziale inaugurato dalla Terza Sezione civile di questa Corte trae dall’autonomia del giudizio civile le seguenti ulteriori conseguenze:

– la libera valutazione delle prove acquisite nella fase penale;

– l’adozione del canone probatorio del «più probabile che non» e non quello dell’alto grado di probabilità logica e di credibilità razionale, in tema di nesso causale;

– la non applicazione dello statuto della prova penale, con conseguente impossibilita di fondare la ricostruzione del fatto dannoso sulla sola testimonianza della parte civile;

– l’impraticabilità in sede di rinvio della rinnovazione della prova dichiarativa ai sensi dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., connessa alla regola di giudizio – prerogativa qualificante del processo penale – della prova necessariamente certa, dimostrativa «al di la di ogni ragionevole dubbio» della colpevolezza dell’imputato.

Alla luce di quanto sopra esposto, le Sezioni Unite penali hanno affermato che il giudizio davanti al giudice civile designato ex art. 622 cod. proc. pen., e da considerarsi come un giudizio civile disciplinato dagli artt. 392 e ss. cod. proc. civ., a seguito di riassunzione dopo l’annullamento della Corte di Cassazione ai soli effetti civili.

In tal senso depongono la rubrica e il testo del citato art. 622 che utilizzano il verbo «rinvia» con riferimento all’effetto della statuizione penale, cos1 evocando l’istituto del «rinvio» in sede civile quale disciplinato dagli articoli 392 e ss. cod. proc. civ..

La conferma della ritenuta autonomia del giudizio civile di «rinvio», sia in senso strutturale sia in senso funzionale, si rinviene nella terminologia adottata in alcune decisioni di questa Corte, ove si parla di translatio (v. Cass. Sez. 3, n. 15182 del 20/06/2017, Rv. 644747-01) ovvero di «separazione del rapporto penale da quello civile» (Cass. Sez. 3, n. 11936 del 22/05/2006, Rv. 591088-01).

La configurazione del giudizio conseguente all’annullamento in sede penale ai soli effetti civili (art. 622) come giudizio autonomo rispetto a quello svoltosi in sede penale consente alle parti di introdurlo nelle forme civilistiche previste dall’art. 392 cod. proc. civ. nonché di allegare fatti costitutivi del diritto al risarcimento del danno diversi da quelli che integravano la fattispecie di reato in ordine alla quale si e svolto il processo penale. Cio giustifica anche l’emendatio della domanda ai fini della prospettazione degli elementi costitutivi dell’illecito civile, sempre che la domanda così integrata risulti connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio.

L’emendatio, ma non la mutatio della domanda, garantisce al danneggiato di «espandere» la domanda risarcitoria allegando elementi rientranti nella fattispecie di responsabilità prevista dall’art. 2043 cod. civ. Al contempo, l’emendatio consente al danneggiante di evitare di subire la perdita di un grado di giudizio in conseguenza della scelta della controparte (cfr. in proposito, da ultimo, Cass. Sez. 3, 21/08/2023 n. 24954).

La natura autonoma del giudizio civile comporta conseguenze anche con riferimento all’individuazione delle regole processuali applicabili in tema di nesso causale e di prove, in ragione della diversa funzione della responsabilità civile e della responsabilità penale e dei diversi valori in gioco dei due sistemi di responsabilità.

Il giudizio penale, difatti, mette al centro dell’osservazione la figura dell’imputato e il suo status libertatis, quello civile quella (non del danneggiante-imputato ma) del danneggiato e le sue posizioni soggettive giuridicamente protette.

Ne consegue che la valutazione del nesso causale si differenzia quanto al regime probatorio applicabile in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi, vigendo, nell’accertamento del nesso causale in materia civile, la regola della preponderanza dell’evidenza, nella sua duplice accezione «del più probabile che non» e della probabilità prevalente (Cass. 25886/2022), mentre nel processo penale vige la regola della prova «oltre il ragionevole dubbio».

Le questioni attinenti al diritto di difesa delle parti possono essere risolte alla luce dei principi che governano l’istruzione probatoria nel processo civile e, cioè, il principio di disponibilità delle prove (art. 115 cod. proc. civ.) e quello del libero convincimento (art. 116 cod. proc. civ.) che giustificano il potere del giudice civile di apprezzare le prove, anche cd. atipiche, ovvero tutti quegli strumenti probatori che, seppure non tipizzati nell’elencazione codicistica, siano astrattamente idonea a concorrere all’accertamento dei fatti di causa.

Il mutamento delle regole probatorie a seguito dell’annullamento ex art. 622 cod.proc. pen. non pone problemi sotto il profilo delle esigenze difensive delle parti, danneggiato e danneggiante, che fino a quel momento hanno scelto e commisurato la loro attività difensiva da regole probatorie diverse; difatti, la giurisprudenza civile di legittimità riconosce al giudice civile, adito per il risarcimento del danno, la facoltà dell’autonomo riesame dei fatti emersi nel procedimento penale, pur conclusosi con sentenza assolutoria.

In conclusione, l’art. 622 cod. proc. pen. permette la restituzione della cognizione dell’azione civile alla sede sua propria, al giudice naturale, confermando che il fatto integra illecito civile, così preservando le peculiarità che distinguono la responsabilità civile rispetto a quella penale.

La stessa Corte Costituzionale nelle sue più recenti pronunce ha espressamente riconosciuto la validità di tale impostazione, precisamente con la sentenza n. 182/2021, contemporanea alla citata pronuncia delle Sezioni unite penali “Cremonini”, e con la sentenza n. 173/2022, richiamando e avallando proprio il diritto vivente affermato dalla Sezioni unite penali (cfr. per la sintetizzata ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali citati: amplius: Cass. Sez. 3, 7/03/2023 n. 7623).

Va dedicato un cenno, infine, alla soluzione introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (attuativo della c.d. riforma Cartabia l. delega n. 134 del 2021) ove è prevista la traslazione della domanda civile direttamente al giudice civile, con la conseguente applicazione della relativa disciplina, quando in sede penale sia dichiarata l’improcedibilità dell’azione penale (artt. 573 comma 1-bis e 578 comma 1-bis c.p.p.), applicando lo stesso schema normativo già tracciato dall’art. 622 c.p.p..

Alla luce di tali evidenze, le criticità che il ricorrente ha evidenziato con il motivo in esame non sussistono, tenuto conto che l’annullamento da parte della Corte di cassazione della sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, caso verificatasi nel caso in esame, ha dissolto e fatto venire meno la ragione stessa dell’attrazione dell’illecito civile nell’ambito della competenza del giudice penale – come spiegato dalle Sezioni Unite penali nel precedente sopra richiamato – non essendovi più alcuna necessita della indagine in merito alla controversa sussistenza del fatto-reato e della sua imputabilità.

Coerentemente con i richiamati principi affermati da questo giudice di legittimità, pertanto, la Corte territoriale ha ritenuto, che «in sostanza, nel giudizio di rinvio non vi e più spazio per ulteriori interventi del giudice penale, essendo venuto meno qualunque accertamento agli effetti penali. Il processo sul versante penalistico risulta del tutto esaurito e la prosecuzione appartiene al giudice civile, alla sua competenza ed alle regole proprie del processo civile» (pag. 5 della sentenza impugnata), ed ha adeguato l’intera motivazione ai principi sopra ricordati, concludendo (pagg. 5-8 della sentenza impugnata) che dal compendio probatorio emergeva che il (omissis) nell’ordinare, quale vicecomandante della polizia urbana del Comune di (omissis) in violazione delle disposizioni contenute nell’art. l79 d. P.R n. 495/l992, Regolamento di attuazione del codice della strada (d. lgs. n. 285/l992), l’installazione di dossi artificiali rallentatori della velocita in corrispondenza del civico n. 4 di (omissis) nel Comune di (omissis) poneva in essere una condotta avente diretta efficienza causale nella determinazione dell’evento lesivo occorso a  (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) in tal modo rendendosi responsabile dei danni non patrimoniali patiti (.)» (pag. 8 della sentenza impugnata).

13. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati stanti le evidenti ragioni di connessione, sono infondati in relazione a ciascuno dei profili di censura prospettati.

14. Invero la domanda degli attuali resistenti formulata con l’atto di costituzione di parte civile si fondava sulla condotta antigiuridica ascritta all’odierno ricorrente e le sue doglianze sono del tutto prive di pregio giuridico, tenuto conto che alcuna mutatio della causa petendi e stata operata d’ufficio dal giudice del rinvio ne dalle parti; la Corte d’appello in sede di rinvio ha dato espressamente conto della circostanza secondo cui i congiunti del defunto (omissis) (omissis) avevano rassegnato le loro conclusioni all’udienza del l0 luglio 2012 dinanzi al Tribunale di Vallo della (omissis) d avevano chiesto la condanna del (omissis) allora imputato, al risarcimento dei danni in misura non inferiore ad Euro 1.000.000,00 o ad ogni altra quantificazione che il giudice avesse ritenuto congrua; conclusioni reiterate dinanzi la Corte d’appello penale di Salerno (pag. 8 della sentenza impugnata).

15. Per ragioni di ordine logico, va esaminato, prima dei restanti motivi, il quinto motivo, che é inammissibile.

Non sussiste né la pretesa “esatta mancata individuazione” nonché “la mancata prova delle violazioni colpose e del nesso materiale e giuridico di verificazione dell’evento concreto”, e neppure il preteso “errore di diritto causato dalla travisata percezione della prova” della sentenza impugnata.

Va rammentato in proposito e in via generale, che la questione del travisamento del contenuto oggettivo delle prove, con riguardo alla sua deducibilità come motivo di ricorso per cassazione, e stata recentemente rimessa alle Sezioni unite di questa Corte, Sezione Terza civile, con ordinanza n. 11111 del 2023, e, in particolare, va osservato che parte ricorrente, sotto le formali spoglie del vizio di violazione di legge in relazione a numerose norme (nello specifico: art. 179 d.P.R 495/92 e artt. 40 e 41 c.p.), in realtà, rivolge al giudice di legittimità l’inammissibile richiesta di una nuova e diversa valutazione dei fatti cos1 come ricostruiti in sede di merito, nonostante che, nella vicenda in esame, la Corte d’appello abbia spiegato in modo piano e coerente le ragioni per le quali ha ritenuto provato il fatto storico mediante il riscontro processuale circa le concrete modalità e circostanze della dinamica del sinistro e della relativa eziologia.

Ebbene, la Corte territoriale ha espressamente e testualmente esaminato le conclusioni del perito del pubblico ministero (il quale aveva ricondotto il verificarsi dell’evento all’elevata andatura della bicicletta condotta dalla vittima) come prive di qualsiasi fondamento tecnico scientifico e riscontro estrinseco di natura oggettiva (pag. 16 della sentenza impugnata); ha inoltre rilevato che (omissis) non aveva formulato alcuna osservazione sull’anomala istallazione del dosso e sulla sua carente manutenzione, limitandosi ad assumere una posizione di semplice “netto contrasto” in relazione ai difetti accertati dal consulente d’ufficio nominato dalla Corte d’appello costituiti dalle discontinuità e conseguenti canalizzazioni intercorrenti tra i moduli componenti il rallentatore di velocita, vale a dire su quei fattori individuati come cause primarie del verificarsi dell’evento lesivo ed in particolare, «solcature nel corso del moto e, di conseguenza, un grave pregiudizio alla circolazione della bicicletta utilizzata dal minore»; difatti, tali canalizzazioni esistenti tra gli «elementi costitutivi del dosso contro cui impatto la bicicletta determino l’avulsione della sua ruota anteriore» e «della successiva caduta letale del minore sul tracciato stradale» (pagg. 16 – 17 della sentenza impugnata).

16. Parimenti inammissibili sono il quarto motivo di ricorso, nonché quelli dal sesto sino al decimo, in relazione al triplice profilo di censura formulato.

In primo luogo, sono inammissibili le lamentate violazioni di diverse norme di legge, sostanziale e processuale, con cui, nella sostanza, parte ricorrente, lamentando la violazione dei principii dell’onere della prova, di ricostruzione del fatto e del nesso eziologico, non propone altro che una propria e diversa valutazione dei fatti di causa ed una alternativa soluzione in fatto rispetto a quella correttamente adottata, e altrettanto correttamente motivata dalla Corte territoriale nella sentenza impugnata.

In secondo luogo, vanno disattese anche le censure di omesso esame di fatti decisivi per le seguenti considerazioni:

quanto alla censura formulata per aver la Corte territoriale “inspiegabilmente” omesso di rilevare che responsabile delle violazioni addebitate al (omissis) fosse invece, “l’ufficio tecnico comunale, mai evocato in giudizio” (sesto motivo), parte ricorrente, come sarebbe stato suo onere, non spiega come la sentenza impugnata abbia “nascosto” tale accertamento, ma si limita a citare quanto dalla stessa affermato sulla base di quanto accertato dal perito della Corte d’appello penale, ovvero che «fermo restando che l’incidente è stato causato, sotto il profilo eziologico, dal distacco della ruota anteriore della bicicletta, dovuta non al dissuasore in quanto tale, ancorché irregolare, ma ad un difetto di installazione e manutenzione, che ha determinato manifeste ed inconsentibili soluzioni di continuità tra le sue parti costitutive, difetto imputabile a chi aveva il dovere in tal senso e palesemente violativo dell’art. 179 comma 8 del Regolamento del Codice della Strada” (pag. 23 della sentenza impugnata), non pone questo Collegio in condizione di apprezzare l’omesso esame lamentato, anche tenuto conto che la Corte territoriale espressamente ha affermato che «l’inadeguatezza della installazione e manutenzione del dosso quali cause efficienti dell’evento lesivo non sono state contestate dal (omissis) (pag. 16 della sentenza impugnata);

per la stessa ragione da ultimo indicata, é inammissibile anche la censura per avere la Corte territoriale omesso l’esame del fatto decisivo “costituito dalla manomissione del dosso ad opera di ignoti avvenuta prima del sinistro, causa sopravvenuta, da sola efficiente” (settimo motivo);

quanto al lamentato omesso esame del fatto decisivo che “il sistema di blocco e tenuta in sede della ruota era difettoso e aveva causato la fuoriuscita della ruota, da sola causa efficiente alla verificazione del disastroso sinistro” (ottavo motivo), la Corte d’appello, lungi dall’averne omesso l’esame, lo ha considerato sotto il profilo della graduazione della responsabilità risarcitoria ai sensi degli artt. 1227 comma 1 e 2056 comma c.c., rilevando il concorso colposo della vittima nella determinazione del danno per aver utilizzato nella circolazione stradale un velocipede in non perfette condizioni di efficienza (pag. 15 della sentenza impugnata);

parimenti inammissibili le censure dedotte per aver omesso di confrontarsi con il dato medico legale risultante dalle ferite accertate dal consulente del Pubblico Ministero, con punto di impatto unico al suolo e violentissimo trauma al capo compatibile con caduta da bicicletta lanciata a velocita sostenuta e, altresì, di confrontarsi con le risultanze balistiche allegate dai ricorrenti che dimostrano che, alla velocita stimata dalla Corte di 25 Km/h, la caduta del (omissis) avrebbe dovuto terminare a meno di 4 metri dal dosso, e non a 17 metri (nono motivo); in proposito, contrariamente a quanto lamentato dal ricorrente, la Corte d’appello ha esaminato ciascuna delle circostanze il cui esame sarebbe stato asseritamente omesso: in disparte la pur decisiva considerazione per la quale nessun “fatto storico” viene reso oggetto di censura – criticandosi piuttosto una mera attività processuale del giudice – con esse, in realtà, il ricorrente tende a pretendere da questa Corte un’inammissibile rivalutazione del complesso delle risultanze istruttorie, già valutate dalla Corte di merito, il cui omesso esame non integra di per se il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice di merito, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (tra le molte conformi, cfr. Cass. Sez. 2, 29/10/2018 n. 27415).

Per le stesse ragioni, neppure coglie nel segno la censura con cui si pretende la nullità ai sensi dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., e si contesta il vizio di motivazione perplessa, incongrua e incomprensibile in ordine alle modalità di ricostruzione della dinamica del sinistro ed in particolare, della caduta della bicicletta e della vittima, stante che, viceversa, la Corte territoriale ha ampiamente motivato sia in ordine alla velocita di marcia della bicicletta sia alla dinamica della caduta sia del mezzo che del danneggiato (pagg. 14 e 15 della sentenza impugnata).

17. In conclusione, va dichiarata l’estinzione parziale del giudizio limitatamente al Comune di (omissis) le parti resistenti, (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) ‘esito della lite giustifica la compensazione delle spese tra di esse.

Trattandosi di inammissibilità non originaria non ricorrono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002 (cfr. Cass. 13636 del 2015);

18. Va rigettato il ricorso tenuto fermo dall’altro ricorrente (omissis) (omissis) che, in ossequio al principio di soccombenza, va condannato a rivalere le controparti delle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi dell’art. l3 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.

Per questi motivi

La Corte, dichiara la parziale estinzione del giudizio tra il Comune di (omissis) e le parti resistenti e dichiara integralmente compensate le spese tra le parti;

rigetta il ricorso di (omissis) (omissis) e lo condanna al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore delle parti resistenti, che liquida in complessivi Euro 7.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. l3 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 20 settembre 2023.

Il Presidente

Giacomo Travaglino

Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.