La responsabilità nel scivolare su una matita a terra mentre corre alla lavagna, lesionandosi un polso, é dell’alunna e non dell’insegnante (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 5 settembre 2023, n. 25841).

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

GIACOMO TRAVAGLINO    -Presidente

CRISTIANO VALLE               -Consigliere

ANTONELLA PELLECCHIA  -Consigliere-Rel.

MARCO ROSSETTI               -Consigliere

PAOLO SPAZIANI                -Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19596/2020 R.G. proposto da:

(omissis) (omissis), (omissis) (omissis) quali legali rappresentanti della minore (omissis) (omissis) rappresentati e difesi unitamente dagli avvocati (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis);

-ricorrenti-

contro

(omissis) (omissis) in persona del legale rappresentante e Presidente della Giunta Provinciale pro tempore, (omissis) (omissis) rappresentati e difesi dall’avvocato (omissis) (omissis);

-controricorrenti-

avverso la SENTENZA del TRIBUNALE TRENTO n. 142/2020 depositata il 20/02/2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/06/2023 dal Consigliere, dott.ssa ANTONELLA PELLECCHIA.

Rilevato che:

1. Nel 2016, (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) in qualità di genitori e legali rappresentanti della minore (omissis) (omissis) convennero in giudizio, innanzi al Giudice di Pace di Trento, l’insegnante elementare (omissis) il responsabile didattico (omissis) (omissis) e la (omissis) deducendo:

che la minore, alunna di quarta elementare nella scuola dove operavano i convenuti, nell’ambito di una lezione di lingua tedesca  denominata “(omissis) consistente nel correre velocemente alla lavagna per scrivere per primo il vocabolo richiesto dalla docente, era stata spinta da un compagno e aveva sbattuto violentemente la mano contro la lavagna, riportando una frattura al polso destro che, trasportata al pronto soccorso, le era stata diagnosticata una frattura lievemente scomposta in sede diafiso – metafisaria di radio e ulna, oltre a danni minori;

che la bambina, rimasta assente tre giorni da scuola, aveva portato il gesso per tutto il mese di aprile;

che l’aula dove si era svolto il gioco didattico non era un ambiente collaudato a tali attività;

che la consulenza medico-legale prodotta stimava un danno permanente del 3%.

Chiesero quindi che, accertata e dichiarata la responsabilità dell’evento in capo al personale didattico dipendente, i convenuti venissero condannati, in solido fra loro, al pagamento del risarcimento dei danni, contenuto nel valore massimo di competenza del Giudice di Pace al fine di ottenere un giudizio più spedito.

Si costituirono i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda attorea stante l’assenza di responsabilità in capo all’insegnante e al dirigente scolastico.

In particolare, i convenuti contestarono la dinamica dell’incidente, in quanto la minore era stata spinta da un compagno in maniera del tutto fortuita, imprevedibile ed improvvisa, ed affermarono che il personale della scuola aveva adottato preventivamente tutte le misure disciplinari ed organizzative idonee ad evitare una situazione di pericolo.

La (omissis) il (omissis) eccepirono inoltre, in via preliminare, il difetto di legittimazione passiva ex art. 61 comma 2 L. 312/1980.

Il Giudice di Pace di Trento, con la sentenza n. 228/2018, accolse la domanda attorea, condannando i convenuti in solido al risarcimento dei danni.

Il primo giudice ritenne che l’attività posta in essere fosse pericolosa, che l’evento fosse facilmente prevedibile e che i convenuti non avessero fornito la prova di aver adottato tutte le misure idonee, sia sotto il profilo organizzativo che disciplinare, ad evitare il sorgere di situazioni di pericolo tali da determinare la serie causale che aveva prodotto il danno, ravvisando quindi i presupposti della responsabilità di cui all’art. 2048, comma 2, c.c., in base al quale gli insegnanti rispondono del danno causato dal fatto illecito degli allievi per il tempo in cui si trovano sotto la loro vigilanza e sorveglianza.

Quanto alla misura del danno, il Giudice di Pace osservò che la somma richiesta sulla base della consulenza di parte prodotta in atti fosse ragionevole, rendendo superfluo un accertamento di ufficio, anche per ragioni di economia e speditezza processuale.

2. Il Tribunale di Trento, con la sentenza 142/2020, depositata il 20 febbraio 2020, ha riformato la sentenza, dichiarando in via preliminare il difetto di legittimazione passiva dell’insegnante e del responsabile didattico e, nel merito, rigettando la domanda risarcitoria.

In particolare, con riferimento alla legittimazione della (omissis) e del (omissis) il giudice dell’appello ha osservato che, nei giudizi risarcitori aventi ad oggetto i danni causati agli alunni imputabili al personale docente dipendente dell’amministrazione statale o provinciale, legittimata passiva è la stessa amministrazione, in virtù del rapporto organico che lega il docente con quest’ultima.

Il Tribunale ha poi ritenuto che il giudice di prime cure avesse omesso di valutare le testimonianze rese, dalle quali sarebbe emersa l’adozione, da parte dei convenuti, di misure organizzative e disciplinari idonee a prevenire il fatto, in quanto, prima dell’espletamento dell’attività didattica denominata (omissis) venivano specificamente imposte agli alunni regole comportamentali ed organizzative, anche mediante la formazione di file ordinate di scolari; l’attività veniva presentata durante i corsi di aggiornamento e riportata sui manuali didattici al fine di evitare pregiudizi per gli alunni, venivano rimossi i banchi ed eventuali ostacoli  dal percorso la (omissis) aveva partecipato a corsi di formazione in ordine alla prevenzione di infortuni scolastici.

Quanto alla dinamica del sinistro, il Tribunale ha affermato che la testimonianza resa in giudizio dal compagno di classe della (omissis) consentiva di escludere che le lesioni patite dalla minore fossero causalmente connesse all’espletamento dell’attività didattica ritenuta pericolosa. Infatti il bambino aveva affermato che l’urto con la compagna sarebbe stata causata dal fatto che egli aveva perso l’equilibrio per la presenza di una matita per terra.

Tale evento, secondo il Tribunale, avrebbe potuto verificarsi in occasione di qualsiasi altra attività didattica, anche senza la corsa prevista per il (omissis) pertanto, la lesione non poteva essere imputabile ai convenuti, trattandosi di un evento determinato da causa imprevedibile ed inevitabile, tale da non consentire un efficace intervento, stante la sua repentinità.

Infine, il giudice di secondo grado ha ritenuto che il Giudice di pace fosse incorso in errore nel non disporre la CTU medico-legale volta alla valutazione dei danni patiti dalla minore per aver considerato non contestata quanto alla liquidazione del danno la perizia di parte prodotta degli attori in primo grado, stante l’espressa contestazione, da parte dei convenuti, del contenuto della stessa, ivi compresa la quantificazione del danno, in quanto formata in assenza di contraddittorio.

Pertanto, secondo il Tribunale, non essendo stata raggiunta la prova in ordine alla quantificazione dei danni, la domanda attorea sul punto avrebbe dovuto essere necessariamente rigettata.

3. Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, i signori (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis)

Resistono, con unico controricorso, la (omissis) (omissis) (omissis)  (omissis) e il dott. (omissis) (omissis).

Considerato che:

4.1. Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano la “violazione ed errata applicazione della normativa di cui all’art. 61 della legge 312/1980, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.”.

Il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato il difetto di legittimazione passiva dei dipendenti scolastici sulla base della mera esistenza di un rapporto organico tra questi ultimi e la (omissis) (omissis).

A differenza di quanto avviene per i dipendenti statali, per i quali l’art. 61 della legge 312/1980 prevede la surroga dello Stato per la responsabilità civile, salvo rivalsa in caso di dolo e colpa grave, per i dipendenti della (omissis) l’esistenza di un rapporto organico non precluderebbe al danneggiato di avviare l’azione risarcitoria anche nei confronti del personale ritenuto civilmente responsabile, in base al principio stabilito dall’art. 28 della Costituzione.

La Legge provinciale sulla scuola (L.P. 7 agosto 2006, n. 45), infatti, non avrebbe recepito il principio della surroga, facendo espressamente salva la responsabilità civile stabilita dalle norme vigenti.

4.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano l'”infondato richiamo alle norme sul caso fortuito ex 2048 c.c. ed insufficiente/contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.”.

Il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che l’attività didattica praticata fosse da considerarsi un’attività ordinaria, scevra da rischi e nell’escludere che le lesioni patite dalla minore fossero causalmente connesse all’espletamento dell’attività didattica, ritenendo l’evento determinato da caso fortuito.

L’attività didattica del (omissis) al contrario, sarebbe stata pericolosa, richiedendo perciò la massima diligenza da parte dell’insegnante, al fine di evitare cadute. Trattandosi di attività svolta in un’aula di lezione e non in una palestra senza ostacoli, la corsa avrebbe dovuto essere impedita o diversamente regolamentata, con la conseguenza che l’averla ammessa avrebbe senz’altro integrato gli estremi della condotta di per sé gravemente imprudente e negligente.

La negligenza sarebbe consistita in ogni caso nel fatto che l’insegnante non aveva (omissis) la libertà da ostacoli del corridoio di accesso alla lavagna, quale ad esempio la presenza di una matita abbandonata a terra, che avrebbe dovuto essere individuata e raccolta.

Inoltre, non sarebbe condivisibile l’assunto del Tribunale secondo cui la perdita di equilibrio da parte del compagno di classe della (omissis) determinata dalla presenza terra di una matita, avrebbe potuto verificarsi in occasione di qualsiasi altra e diversa attività didattica. Infatti, per esperienza comune, se non vi fosse stata la circostanza della corsa veloce alla lavagna insieme ad altri alunni, la minore non sarebbe scivolata sulla matita.

Il Tribunale aveva, pertanto, omesso di considerare che la valutazione  dello stato di sicurezza dei luoghi da parte dell’insegnante avrebbe consentito di eliminare la matita per terra, causa ultima della caduta e dell’infortunio.

5.1. Occorre rilevare preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse.

I ricorrenti omettono di censurare il capo della sentenza impugnata secondo il quale la domanda risarcitoria avrebbe dovuto essere rigettata (anche) perché non era stata raggiunta la prova in merito alla quantificazione dei danni.

Pertanto, laddove dovessero essere ritenute fondate le censure svolte nei motivi di ricorso, relative alla legittimazione passiva dell’insegnante e del direttore didattico, nonché alla sussistenza della colpa e del nesso di causalità con l’evento dannoso, non potrebbe comunque essere riconosciuto il risarcimento richiesto.

5.2. Tanto esime il collegio dalla valutazione del primo motivo di ricorso, che risulterebbe, peraltro, manifestamente infondato e pertanto destinato al rigetto (cfr. Cass. civ. 07/11/2000, n. 14484 e C. Cost., 5 febbraio 1992 n. 64), al pari del secondo motivo, con il quale i ricorrenti lamentano, del tutto inammissibilmente, un vizio di “insufficiente/contraddittoria motivazione”, non più censurabile in sede di legittimità.

6. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate in considerazione dell’esito alterno dei giudizi di merito.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso. Spese compensate.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione in data 5 giugno 2023.

Il Presidente

Dott. GIACOMO TRAVAGLINO

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.