Le Sezioni Unite dovranno decidere se è speciale la procura cartacea allegata al deposito telematico del ricorso nativo digitale (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 13 luglio 2023, n. 20176).

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

composta dai signori magistrati:

dott. Franco DE STEFANO -Presidente

dott. Marco ROSSETTI -Consigliere

dott. Augusto TATANGELO -Consigliere relatore

dott.ssa Irene AMBROSI -Consigliera

dott. Paolo PORRECA -Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso iscritto al numero 19584 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto da:

(omissis) (omissis) rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall’avvocato (omissis)

-ricorrente-

nei confronti di

ROMA CAPITALE (C.F.: (omissis), in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dall’avvocato (omissis) (omissis);

-controricorrente-

nonché

PREFETTURA DI ROMA – UTG DI ROMA (C.F. (omissis), in persona del Prefetto pro tempore;

PREFETTURA DI RIETI – UTG DI RIETI (C.F. (omissis), in persona del Prefetto pro tempore;

COMUNE DI (omissis) C.F. (omissis), in persona del Sindaco pro tempore;

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (C.F. (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore;

 -intimati-

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Roma n. 3088/2021, pubblicata in data 22 febbraio 2021;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 18 maggio 2023 dal consigliere dott. Augusto Tatangelo;

letta la requisitoria scritta del pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Giovanni Battista Nardecchia, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatti di causa

(omissis) (omissis) a proposto opposizione all’esecuzione avverso una serie di cartelle di pagamento e ruoli esattoriali riferibili a crediti degli enti indicati in epigrafe (Roma Capitale; Prefettura di Roma e Rieti; Comune di (omissis) derivanti da sanzioni  amministrative, per un importo complessivo di € 85.216,53.

L’opposizione è stata accolta in parte dal Giudice di Pace di Roma, che ha dichiarato invece cessata la materia del contendere per alcune delle pretese oggetto di contestazione, liquidando le spese di lite in favore dell’opponente e a carico degli enti opposti, nella misura complessiva di € 1.990,00.

Ha proposto appello il solo opponente, con riguardo al capo delle spese relativo alla liquidazione delle spese processuali.

Il Tribunale di Roma ha confermato la decisione di primo grado, integrandone la motivazione.

Ricorre il (omissis) sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso Roma Capitale.

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli altri enti intimati.

È stata dapprima disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..

Successivamente, la Corte ha ritenuto opportuna e disposto la trattazione in pubblica udienza, che ha avuto luogo in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 23, comma 8 bis, del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni in legge 18 dicembre 2020 n. 176, come successivamente modificato e prorogato.

Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Ragioni della decisione

1. Occorre preliminarmente verificare la validità della procura del difensore della parte ricorrente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso.

Il ricorso risulta redatto in formato nativo digitale ed è stato notificato a mezzo PEC e depositato in modalità telematica, ma la procura al difensore è invece redatta su foglio autonomo cartaceo con sottoscrizione autografa del ricorrente, autenticata nello stesso modo dal difensore, ed il suo contenuto è del tutto generico («delego l’avv. (omissis) rappresentarmi e difendermi nel giudizio di Cassazione di cui al ricorso che precede, con ogni facoltà di legge e di pratica .»), oltre ad essere mancante di data e luogo di emissione.

Si pone, quindi, il problema di stabilire se in siffatta situazione possa ritenersi soddisfatto il requisito di “specialità” della procura difensiva richiesto dall’art. 83 c.p.c. e, specificamente per il ricorso per cassazione, dall’art. 365 c.p.c..

2. Si premette, in linea generale, che, in base all’art. 83 c.p.c., la procura alle liti può essere generale o speciale ma, solo in caso di procura speciale apposta in calce o a margine di uno degli atti introduttivi del giudizio, l’autografia della sottoscrizione della parte può essere autenticata dal difensore (come avvenuto nella specie).

Per quanto riguarda il ricorso per cassazione, peraltro, l’art. 365 c.p.c., impone espressamente che la procura al difensore (che deve essere iscritto nell’apposito albo) sia speciale, escludendo dunque la validità, a tal fine, sia di una eventuale procura generale, sia di una procura che non sia speciale, cioè che non sia riferita alla specifica impugnazione in sede di legittimità di un determinato provvedimento emesso in un determinato giudizio.

Sebbene di regola il requisito di specialità di una procura difensiva alle liti debba risultare dal suo stesso contenuto intrinseco, il quale deve cioè fare espressamente riferimento ad un determinato giudizio o provvedimento da impugnare, in base ad un risalente e consolidato indirizzo giurisprudenziale si ritiene possibile che tale requisito sia soddisfatto, anche a prescindere dal contenuto, sulla base della mera “collocazione topografica” dell’atto stesso di procura: si ritiene, cioè, che la procura redatta in calce o a margine di uno degli atti introduttivi del giudizio (o comunque di costituzione del difensore) indicati nell’art. 83 c.p.c. soddisfi di per sé tale requisito, a prescindere da un esplicito riferimento, nel suo testo, agli estremi necessari ad individuare il giudizio per il quale essa è rilasciata.

Pare superfluo sottolineare che la ratio logica alla base di tale principio è l’assunto che, nei casi di procura redatta in calce o a margine di un atto relativo ad un determinato giudizio, il conferimento al difensore dei poteri rappresentativi per quel determinato giudizio emerge di per sé, in ragione del fatto che la procura che la parte sottoscrive fa “materialmente corpo” con un atto inequivocabilmente relativo al predetto giudizio.

In altri termini, la volontà della parte di rilasciare la procura in relazione a quello specifico giudizio emerge dal fatto che essa sottoscrive un documento che si trova già “materialmente” inserito nel contesto di un atto processuale in cui è individuato il giudizio stesso, onde un riferimento esplicito risulterebbe superfluo.

È altrettanto noto che, a seguito di una serie di contrasti interpretativi sorti in ordine alla applicabilità di detto principio nei casi in cui la procura risultava redatta “in calce” all’atto introduttivo del giudizio ma su un foglio autonomo, è stata introdotta (già dal 1997) una modifica del testo dell’art. 83 c.p.c., in base alla quale la “congiunzione materiale” del foglio separato sul quale è redatta la procura all’atto cui la stessa è riferibile è “equiparata” per legge alla sua apposizione “in calce” all’atto stesso; successivamente, a seguito di ulteriore modifica dell’art. 83 c.p.c. (avvenuta nel 2009), la medesima equiparazione è stata estesa all’ipotesi della procura rilasciata «su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia».

Gli ulteriori contrasti interpretativi sorti con riguardo alla fattispecie della “congiunzione materiale” tra procura e ricorso per cassazione cartacei sono stati composti con una recente decisione delle Sezioni Unite di questa Corte, che ha affermato il seguente principio di diritto: «a seguito della riforma dell’art. 83 c.p.c. disposta dalla legge n. 141 del 1997, il requisito della specialità della procura, richiesto dall’art. 365 c.p.c. come condizione per la proposizione del ricorso per cassazione (del controricorso e degli atti equiparati), è integrato, a prescindere dal contenuto, dalla sua collocazione topografica; nel senso che la firma per autentica apposta dal difensore su foglio separato, ma materialmente congiunto all’atto, è in tutto equiparata alla procura redatta a margine o in calce allo stesso; tale collocazione topografica fa che la procura debba considerarsi conferita per il giudizio di cassazione anche se non contiene un espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, purché da essa non risulti, in modo assolutamente evidente, la non riferibilità al giudizio di cassazione; tenendo presente, in ossequio al principio di conservazione enunciato dall’art. 1367 c.c. e dall’art. 159 c.p.c., che nei casi dubbi la procura va interpretata attribuendo alla parte conferente la volontà che consenta all’atto di produrre i suoi effetti» (Cass., Sez U, Sentenza n. 36057 del 9 dicembre 2022).

Occorre quindi stabilire se l’ipotesi di cui al presente ricorso sia riconducibile ai medesimi principi di diritto o se, quanto meno, tali principi siano applicabili in via analogica, in virtù dell’identità di ratio.

3. Devono prendersi le mosse da una constatazione di fatto che appare incontrovertibile al Collegio.

Nell’ipotesi in cui il ricorso per cassazione sia redatto (e depositato) in formato nativo digitale e la procura difensiva sia invece redatta su supporto cartaceo e sia sottoscritta in modalità analogica dalla parte, non è – ovviamente – concepibile nessuna “congiunzione materiale” tra ricorso e procura, cioè non può verificarsi la fattispecie che, in base all’art. 83 c.p.c., è per legge equiparata alla redazione della procura in calce o a margine del ricorso.

È, in proposito, insuperabile il semplice rilievo che un atto redatto su supporto cartaceo, quindi “materiale“, non può essere congiunto “materialmente” ad un atto che non è cartaceo e, quindi, non è “materiale“.

D’altra parte, con riguardo alla procura di cui al presente giudizio, lo stesso riferimento al «ricorso che precede» contenuto nel testo della procura difensiva sottoscritta dalla parte costituisce una formula verbale che pare potersi riferirsi solo ad un ricorso cartaceo e non certo ad un ricorso in formato digitale, in quanto un atto digitale (cioè non materiale) non può ovviamente “precedere” un atto cartaceo, in senso fisico e materiale, cioè nell’unico senso che è possibile attribuire all’espressione in questione.

Sulla base della stessa formula testuale della procura sottoscritta dal ricorrente potrebbe, quindi, dubitarsi che essa sia da ritenersi riferibile al ricorso di cui al presente giudizio di legittimità, che risulta formato, notificato e depositato in forma esclusivamente digitale.

4. Va, poi, considerato che l’art. 83 p.c. (nella formulazione introdotta nel 2009) prevede, sempre con riguardo alla congiunzione tra procura difensiva e atto cui la stessa accede, l’equiparazione alla apposizione “in calce” non solo per l’ipotesi della “congiunzione materiale” tra atto processuale (cartaceo) e foglio separato su cui è redatta la procura, ma anche per quella della «congiunzione mediante strumenti informatici individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia», qualora la procura sia redatta su «documento informatico separato sottoscritto con firma digitale».

Anche quest’ultima ipotesi, peraltro, non integra la fattispecie di cui al presente ricorso, in cui la procura non è stata redatta su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale ma su supporto cartaceo.

5. Vi è in realtà, nell’art. 83 p.c. (sempre nella formulazione introdotta nel 2009), una ulteriore disposizione, riferibile all’ipotesi che si verifica nella presente fattispecie, cioè di un ricorso in formato nativo digitale e di una procura difensiva redatta su supporto cartaceo e sottoscritta dalla parte in via analogica.

La disposizione è la seguente: «Se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica».

Tale disposizione, peraltro, non ha ad oggetto il requisito di specialità della procura e non prevede alcuna equiparazione tra procura conferita su supporto cartaceo, nel caso in cui il difensore si costituisca attraverso strumenti telematici, e procura “apposta in calce” all’atto.

Per l’ipotesi di procura rilasciata su supporto cartaceo, l’art. 83 c.p.c., al comma 3, ultimo periodo, prevede solo la modalità della “trasmissione” della sua copia informatica, da parte del «difensore che si costituisce mediante strumenti telematici», cioè prevede semplicemente la modalità del possibile deposito, agli atti del processo civile telematico, della procura redatta su supporto cartaceo, consentendo, in sostanza, che ciò avvenga mediante la trasmissione di una copia informatica del documento originale, ma non prevede affatto una eventuale “congiunzione mediante strumenti informatici” tra (la copia digitale della procura cartacea e l’atto digitale con cui avviene la costituzione mediante strumenti telematici, ai fini del requisito di specialità (come avviene invece per la procura redatta su «documento informatico separato sottoscritto con firma digitale»).

Di conseguenza, neanche può ritenersi prevista alcuna equiparazione, sotto il profilo della “collocazione topografica”, tra una siffatta congiunzione (che potrebbe definirsi, in un certo senso, «ibrida») e la “congiunzione materiale” tra procura e atto (entrambi) cartacei ovvero la “congiunzione mediante strumenti informatici” tra procura e atto (entrambi) digitali.

Anzi, pare ancor più corretto affermare, atteso che la «congiunzione ibrida» tra atti aventi diverso formato è solo una astrazione concettuale, impossibile in natura e nel contesto ancora imperfettamente digitale del processo (se non altro, di quello di legittimità), che l’art. 83 c.p.c. non prevede alcuna equiparazione tra la redazione della procura in calce o a margine dell’atto cui accede e la congiunzione, a tale ultimo atto, ove redatto in formato nativo digitale, di una mera copia digitale di una procura redatta in via analogica-cartacea su foglio autonomo.

In definitiva, in caso di ricorso per cassazione in formato nativo digitale e depositato mediante strumenti telematici:

a) per la procura cartacea, necessariamente redatta su un foglio autonomo, non è possibile alcuna effettiva “congiunzione materiale” con il ricorso stesso;

b) neanche è possibile che si determini una situazione equivalente o almeno analoga a quella della procura cartacea materialmente congiunta al ricorso cartaceo, o a quella della procura in formato nativo digitale congiunta con strumenti informatici al ricorso nativo digitale.

6. Sono due le ragioni che impediscono di ritenere equivalenti o analoghe le differenti situazioni.

La prima (più evidente, sul piano naturalistico) è che la procura cartacea non è affatto materialmente (e neanche mediante mezzi informatici) congiunta al ricorso telematico, perché questa congiunzione tra due documenti in formato differente è impossibile “in natura”, come già chiarito.

Si può aggiungere che, almeno nel caso di specie, il ricorso e la copia digitale della procura cartacea risultano depositati agli atti del processo civile telematico separatamente, e non vi è alcuna «congiunzione mediante strumenti informatici» tra i rispettivi documenti digitali (anche se parrebbe rispettata la previsione dell’art. 18, comma 5, secondo periodo, del DM n. 44 del 2011 sulla notificazione del ricorso, disposizione su cui si tornerà, in quanto entrambi i file contenenti il ricorso e la copia digitale della procura sono allegati al messaggio di PEC con cui il ricorso stesso è stato notificato alle parti intimate).

La seconda ragione (meno immediata, ma anch’essa di rilievo sostanziale e, comunque, collegata alla prima) è che quella che può essere allegata mediante strumenti informatici al ricorso è solo una copia digitale della procura originale cartacea, non il documento (cartaceo o analogico o su supporto fisico originario che dir si voglia) su cui è redatta la procura stessa.

Della procura cartacea è, in definitiva, possibile depositare nel fascicolo processuale solo una copia e per di più in formato digitale, mentre l’originale resta nelle mani del difensore, a differenza di quanto avviene in caso di procura cartacea materialmente congiunta al ricorso cartaceo (laddove è l’originale che viene allegato al ricorso e deve essere depositato al momento della costituzione in giudizio) e anche in caso di procura digitale congiunta al ricorso mediante strumenti informatici (anche se in questo caso la distinzione tra originale è copia è un concetto meno certo ed evidente).

Dunque, in ipotesi di costituzione telematica con ricorso nativo digitale, se la procura difensiva sia redatta su distinto supporto cartaceo e non sia speciale “per contenuto” ovvero intrinsecamente (nel senso che abbia un riferimento specifico al giudizio o al provvedimento impugnato), essa non solo non può ritenersi speciale “per collocazione topografica”, non essendo materialmente congiunta al ricorso, ma il carattere della specialità non può neanche considerarsi quanto meno integrato, in concreto, mediante il suo successivo deposito nel fascicolo processuale (come avviene nel caso di ricorso anch’esso cartaceo), perché in questo caso la procura non viene mai depositata nell’unico suo originale nel fascicolo processuale e, quindi, nulla impedisce che possa essere usata per una serie indefinita di processi per cassazione.

Nell’ipotesi della procura cartacea redatta su foglio autonomo spillato al ricorso anch’esso cartaceo, l’equiparazione voluta dalla legge tra congiunzione materiale e “collocazione topografica in calce o a margine” può giustificarsi (sebbene con i dubbi che erano pur sorti nelle applicazioni pratiche, infine superati dalla recente decisione delle SSUU di questa Corte n. 36057 del 9 dicembre 2022), nell’ottica della ratio legis, sia perché si presume che la stessa venga sottoscritta dalla parte assistita dopo la congiunzione del relativo foglio a quelli sui quali è redatto il ricorso, di modo che effettivamente la situazione sia “equivalente” a quella della procura redatta in calce o a margine del ricorso, consentendo in primo luogo alla parte di rendersi conto “de visu” del giudizio per il quale conferisce il mandato al suo difensore, sia perché quella procura congiunta al ricorso viene depositata agli atti in originale e, dunque, essa si atteggia infine oggettivamente come procura “speciale” in quanto il supporto su cui viene redatta è, sin dal momento della sua sottoscrizione, effettivamente e definitivamente congiunto materialmente ad uno specifico ricorso, senza potere più essere da questo disgiunto, dovendo essere entrambi depositati “congiuntamente” nel fascicolo processuale.

Per una procura cartacea che venga utilizzata in relazione ad un ricorso nativo digitale, però, non solo la congiunzione materiale non è ontologicamente possibile nel mondo reale, non solo tale congiunzione non è prevista dalla legge come equiparata alla sua collocazione in calce o a margine dell’atto, non solo l’allegazione non è idonea a far presumere che la parte l’abbia sottoscritta avendo preso visione del ricorso cui accede, ma la “specialità” non si realizza neanche ex post, laddove il suo contenuto sia generico e non intrinsecamente speciale, perché non si “specializza” mai, neanche dopo il deposito nel fascicolo processuale, come invece avviene per i casi di congiunzione “omogenea” previsti dalla legge, in quanto non può essere depositata in originale nel fascicolo processuale e, quindi, non garantisce adeguatamente le esigenze che almeno le ampie equiparazioni previste dalla legge in qualche modo assicurano in caso di congiunzione tra atti originali omogenei (cioè entrambi cartacei o entrambi digitali).

7. Ciò che si intende sottolineare con le considerazioni che precedono è, in definitiva, che la situazione che viene in esame nel presente ricorso meriti particolare attenzione, non solo perché non è stata ancora presa in esame nei suoi esatti termini negli arresti nomofilattici delle Sezioni Unite di questa Corte, ma soprattutto perché si tratta di una questione non meramente formale, ma soprattutto sostanziale.

Infatti, quando la procura difensiva non può dirsi “speciale” per contenuto e neanche per oggettiva “collocazione topografica“, pur negli ampi termini nei quali l’art 83 c.p.c. riconosce debba essere intesa tale ultima nozione, qualora si ammettesse che il requisito di specialità possa essere surrogato anche dal mero deposito nel fascicolo telematico, da parte del difensore, di una copia digitale del relativo documento, di contenuto del tutto generico od ambiguo o privo di univoci riferimenti al giudizio cui si riferisce, unitamente all’atto cui lo stesso dovrebbe accedere, si finirebbe nella sostanza per rendere quasi impossibile, in concreto, se non in improbabili “casi di scuola” persino difficili da immaginare, l’ipotesi una procura difensiva non notarile che sia “generica”, cioè “non speciale”.

Appare evidente il paradosso cui darebbe luogo una tale conclusione, in un ordinamento che continua a prevedere espressamente, e finanche rigorosamente, il requisito di specialità per la procura difensiva necessaria ai fini del ricorso per cassazione, all’art. 365 c.p.c.: una siffatta interpretazione potrebbe cioè finire per risolversi in una sostanziale abrogazione “tacita” di tale ultima disposizione o, almeno, in una sua radicale elusione.

8. Va, peraltro, considerato che l’art. 18, comma 5, secondo periodo del DM 44 del 2011 (norma regolamentare in tema di notifiche degli avvocati) contiene una previsione che sembra in qualche modo intendere equiparare la fattispecie della copia digitale della procura cartacea allegata al messaggio di PEC con cui sono notificati atti giudiziali e quella della procura nativa digitale allegata allo stesso messaggio di PEC e, quindi, indirettamente, a quella della procura apposta in calce all’atto cui si riferisce.

Deve però osservarsi che, mentre la prima equiparazione (quella tra procura redatta a margine o in calce al ricorso e procura nativa digitale allegata all’atto nativo digitale mediante strumenti informatici) trova espresso fondamento nell’art. 83 c.p.c. (comma 3, penultimo periodo), certamente non la trova la seconda (quella relativa alla copia digitale della procura cartacea allegata al ricorso digitale), in quanto nell’art. 83 c.p.c. questa seconda equiparazione non è affatto prevista.

D’altra parte, si tratta di una norma regolamentare contenuta nel decreto destinato a disciplinare le “regole tecniche” per l’informatizzazione del processo, per di più in tema di notificazioni effettuate dai difensori a mezzo PEC.

Essa, cioè, disciplina esclusivamente le modalità tecniche con cui si effettuano le notificazioni degli atti giudiziari (in qualunque formato essi siano creati) e quelle con cui ad essi possono essere allegati i relativi necessari documenti (in qualunque formato essi siano stati creati), ma:

a) non disciplina affatto i requisiti di specialità della procura difensiva e, tanto meno, di quella necessaria ai fini del ricorso per cassazione;

b) neanche disciplina le modalità di produzione e deposito degli atti redatti su supporto cartaceo nel fascicolo telematico del PCT;

c) pertanto, non può derogare alla norma di rito primaria sul punto espressamente dettata.

L’art. 18 del D.M. n. 44 del 2011, ai fini della regolarità delle notificazioni effettuate a mezzo PEC dai difensori, equipara, alla procura redatta a margine o in calce all’atto cui accede, quella «allegata al messaggio PEC mediante il quale l’atto è notificato»; in altri termini, indica una “allegazione” specificamente relativa alla notificazione di un atto giudiziario alla controparte, non una allegazione relativa al deposito del medesimo atto nel fascicolo informatico.

D’altronde, secondo l’indirizzo di questa Corte (Cass., Sez. U, Sentenza n. 35466 del 19/11/2021, Rv. 662974 – 01), ai fini della valutazione della validità della procura difensiva necessaria ai fini del ricorso per cassazione, non rileva la «riproduzione o segnalazione» di essa nella copia notificata del ricorso ma esclusivamente la sua «presenza» nell’originale del ricorso stesso, cioè nel ricorso depositato agli atti del fascicolo processuale: ciò significa che la “congiunzione materiale” (o anche mediante strumenti informatici), che è equiparata alla “redazione in calce o a margine” del ricorso, deve esistere con riguardo agli atti (in particolare agli atti originali, quanto meno se cartacei) depositati nel fascicolo processuale, non con riguardo alle copie notificate alla controparte, in quanto nella copia del ricorso e, comunque, nel ricorso notificato alla controparte (e nel relativo messaggio PEC) la procura potrebbe anche mancare (o potrebbe essere presente in alcuni dei messaggi PEC inviati ad alcune delle controparti e assente in quelli inviati ad altre).

Dunque, il fatto che l’art. 18 del D.M. n. 44 del 2011 preveda una mera equiparazione tra l’allegazione al ricorso notificato alla controparte a mezzo PEC della procura nativa digitale e l’allegazione allo stesso della copia digitale della procura redatta in forma analogica su supporto cartaceo, equiparazione non prevista dall’art. 83 c.p.c., è in realtà spiegabile considerando l’oggetto della disposizione, anzi appare addirittura come una conferma del fatto che si tratta di una disposizione che ha ad oggetto esclusivamente la disciplina delle modalità tecniche in cui devono avvenire le notificazioni dell’atto introduttivo del giudizio e dei relativi allegati, non certo – come del resto è ovvio – una disposizione che disciplini i requisiti sostanziali della procura difensiva (tanto meno di quella per il ricorso per cassazione).

Una disposizione avente ad oggetto i requisiti di specialità della procura difensiva, in particolare di quella per il ricorso per cassazione, oltre a dovere essere necessariamente una norma primaria di legge, in quanto eventualmente incidente sulle norme di cui agli artt. 83 e 365 c.p.c., dovrebbe al limite prevedere la modalità di “congiunzione” tra la procura o eventualmente la sua copia e l’atto cui essa accede, da depositare nel fascicolo processuale; una siffatta norma è contenuta nell’art. 83 c.p.c. (comma 3, penultimo periodo) ma esclusivamente in relazione alla procura nativa digitale riferibile al ricorso nativo digitale.

L’art. 18 del D.M. n. 44 del 2011 non prevede, invece, la modalità di “congiunzione” tra la procura e l’atto cui essa accede, da depositare nel fascicolo processuale, perché si tratta di una norma meramente tecnica “sulle notificazioni” degli atti da parte dei difensori, non di una norma sul deposito degli atti nel PCT e, tanto meno, sui requisiti di specialità della procura, i quali restano disciplinati dagli artt. 83 e (per la cassazione) 365 c.p.c., i quali, non va dimenticato, non prevedono alcuna possibilità di “congiunzione” tra atto nativo digitale e procura cartacea, ma solo la modalità di deposito della procura cartacea.

Pare pertanto da escludere che la norma regolamentare tecnica di cui all’art. 18 del D.M. n. 44 del 2011 possa avere un valore tale da derogare alle norme di legge di cui all’art. 83 c.p.c. e, tanto meno, a quelle di cui all’art. 365 c.p.c..

9. In definitiva, l’analisi del dato normativo porta alle seguenti conclusioni:

a) in base alla previsione di cui all’art. 83, comma 3, p.c., ultimo periodo, che contiene un espresso riferimento alla procura redatta su supporto cartaceo in caso di costituzione telematica, può ritenersi che: sia tuttora legittimo il rilascio della procura difensiva su supporto cartaceo, anche in caso di ricorso nativo digitale e di costituzione telematica nell’ambito del PCT; sia sufficiente, ai fini del deposito nel fascicolo processuale telematico, la trasmissione all’ufficio della sua copia digitale in modalità telematica; la relativa sottoscrizione possa essere autenticata dallo stesso difensore, sebbene non si trovi a margine o in calce dell’atto cui accede;

b) gli ulteriori e specifici requisiti di specialità della procura difensiva, che restano dettati esclusivamente nel p.c. (dall’art. 83 e, per il ricorso per cassazione, dall’art. 365), non prevedono alcuna equiparazione, ai fini del requisito di specialità, tra la redazione della procura in calce o a margine di un atto processuale e la congiunzione mediante strumenti informatici tra tale atto, qualora esso sia nativo digitale, e la (mera) copia digitale della procura cartacea;

c) il D.M. n. 44 del 2011 sulle regole tecniche per la realizzazione del PCT, all’art. 18 disciplina semplicemente le modalità tecniche in cui deve avvenire la notificazione a mezzo PEC da parte dei difensori dei suddetti atti processuali, ma non modifica, né potrebbe modificare, le norme processuali sulla validità di detti atti (quindi anche sui requisiti di specialità della procura difensiva, che sono requisiti di validità della stessa: e, per il giudizio di legittimità, di ammissibilità del medesimo).

Ne consegue che, nel  giudizio di legittimità, in caso di costituzione telematica con ricorso nativo digitale, la procura difensiva che sia redatta su distinto supporto cartaceo, sia sottoscritta dalla parte in modalità analogica e nello stesso modo tale sottoscrizione sia autentica dal difensore, non potrebbe mancare di essere speciale almeno per contenuto ovvero intrinsecamente, non potendolo essere per “collocazione topografica”.

10. Nonostante le conclusioni emergenti dall’esame del dato normativo non depongano affatto, almeno ad un primo esame, nel senso della possibilità di estendere l’indirizzo interpretativo sulla possibilità di soddisfare il requisito di specialità della procura, in virtù della sua “collocazione topografica”, anche all’ipotesi in cui la costituzione avvenga in modalità telematica, il ricorso per cassazione sia in formato nativo digitale e la procura difensiva del tutto generica sia invece redatta, sottoscritta e autenticata su un distinto supporto cartaceo, il Collegio ritiene necessario tener conto che esiste, nella giurisprudenza di questa Corte, anche a Sezioni Unite, una tendenza interpretativa volta a valutare con sempre maggiore elasticità il requisito di specialità della procura, anche al fine dichiarato di evitare la definizione delle controversie in base a questioni meramente formali e favorire così la possibilità di pervenire alla loro soluzione sotto il profilo sostanziale.

In particolare, pare al Collegio necessario tenere presente che nell’ultimo arresto in materia delle Sezioni unite di questa Corte (Cass., Sez. U, Sentenza n. 36057 del 09/12/2022, Rv. 666374 – 01) vi è un passaggio (a pag. 24 e 25 della motivazione) che potrebbe in qualche modo, almeno apparentemente, avvalorare l’idea della possibile estensione dell’indirizzo interpretativo sulla possibilità di soddisfare il requisito di specialità della procura in virtù della “collocazione topografica” della stessa, anche nell’ambito del processo civile telematico.

E tuttavia pare potersi trattare di un mero obiter dictum, in quanto il contrasto interpretativo esaminato e composto dalle Sezioni Unite aveva ad oggetto esclusivamente la questione relativa ai requisiti di specialità della procura redatta su supporto cartaceo allegata al ricorso per cassazione a sua volta redatto su supporto cartaceo.

Si tratta, inoltre, di un obiter dictum enunciato nell’ambito di una serie di considerazioni di carattere generale, senza – ovviamente – alcuno specifico approfondimento delle questioni che pone la fattispecie in esame, certamente differente rispetto a quella già sottoposta alle Sezioni Unite, nonché delle relative implicazioni, di cui si è cercato di dare conto in precedenza.

Ciò nonostante, trattandosi di una questione di massima di particolare importanza e certamente di interesse generale, che potrebbe verificarsi in un elevato numero di procedimenti, pare al Collegio opportuno che siano le stesse Sezioni Unite della Corte a pronunciarsi definitivamente sulla stessa, stabilendo se effettivamente debba darsi ulteriore corso alla tendenza interpretativa diretta alla progressiva svalutazione del rigore nella valutazione del requisito di specialità della procura difensiva richiesta ai fini del ricorso per cassazione, attribuendo nella sostanza al difensore il potere (e la connessa responsabilità) di “attestare” la riferibilità di una qualsiasi procura difensiva di per sé priva di qualunque carattere o connotato di specialità ad un determinato giudizio o provvedimento, mediante la mera allegazione al ricorso di essa, in copia di un originale sostanzialmente riproducibile in un numero indefinito ed illimitato di volte, anche in mancanza di precise circostanze oggettive di fatto che determinino la ragionevole presunzione che sia stata sottoscritta dalla parte avendo preso visione del ricorso, ovvero se tale tendenza interpretativa debba arrestarsi di fronte alla mancanza di una norma primaria di legge che consenta di equiparare la situazione di congiunzione materiale tra atti cartacei ovvero di congiunzione mediante strumenti informatici tra atti digitali a quella della mera allegazione di una copia digitale della procura redatta su distinto supporto cartaceo, al messaggio PEC mediante il quale il ricorso nativo digitale viene notificato alla controparte.

11. Stima, pertanto, il Collegio che sia indispensabile rimettere gli atti al Primo Presidente, affinché valuti l’opportunità di una  eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c..

Per questi motivi

La Corte:

rimette gli atti al Primo Presidente, perché valuti l’opportunità di assegnare il ricorso alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 374,  comma 2, c.p.c..

Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 18 maggio 2023.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.