Nel decreto di perquisizione domiciliare e personale non serve scrivere la motivazione ma é sufficiente menzionare l’articolo di legge violato dall’imputato (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 8 novembre 2023, n. 45086).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE PENALE

Composta da

Dott. Anna Petruzzellis -Presidente-

Dott. Giovanna Verga -Consigliere-

Dott. Anna Maria De Santis -Consigliere-

Dott. Alessandro Leopizzi -Relatore-

Dott. Francesco Florit -Consigliere-

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di

(omissis) (omissis) nato a (omissis) (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso l’ordinanza del 15/05/2023 del TRIBUNALE DEL RIESAME di ROMA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO LEOPIZZI;

lette le richieste del PG, Dott. ALDO CENICCOLA, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Roma, in funzione di Tribunale del riesame, ha confermato il decreto di sequestro probatorio emesso dal Pubblico ministero il 29 marzo 2023 nei confronti di (omissis) (omissis) in relazione al reato di cui all’art. 629 cod. pen., rigettando il gravame ex art. 324 cod. proc. pen. proposto dall’indagato suddetto.

2. Quest’ultimo ricorre per cassazione, a mezzo del proprio difensore, articolando un unico motivo, con cui deduce la violazione di legge, in relazione agli artt. 125, 253, 324, comma 7, 309, comma 9, cod. proc. pen.

In particolare, il provvedimento del magistrato inquirente difetterebbe completamente di motivazione, essendo indicata soltanto la disposizione di legge ipoteticamente violata, così da rendere impossibile al destinatario di ricavare quale sia la specifica condotta ascrittagli. D’altronde, risulterebbe altresì irrituale l’integrazione successivamente offerta dal giudice dell’impugnazione cautelare.

3. Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall’art. 17, decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75).

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

1. Il Pubblico ministero ha disposto perquisizione personale e domiciliare nei confronti dell’odierno ricorrente, indagato per il delitto di cui all’art. 629 cod. pen. ai danni di (omissis) (omissis) (omissis), con preliminare autorizzazione al sequestro di quanto poi eventualmente rinvenuto, allo specifico fine di ricercare i preziosi estorti alla persona offesa, nonché cellulari in uso a (omissis) e i dati ivi contenuti (fotografie, filmati, contatti telefonici), in quanto tali dispositivi avrebbero potuto verosimilmente contenere «messaggi, foto, video o contatti indicativi della partecipazione dell’indagato all’evento delittuoso in eventuale concorso con altre persone».

La polizia giudiziaria delegata ha quindi sottoposto a sequestro i tre cellulari risultati nella effettiva disponibilità dell’indagato.

Il decreto di sequestro probatorio di cosa pertinente al reato deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv. 273548).

Nel caso di specie, tale onere motivazionale risulta inequivocamente ottemperato: la rilevanza del vincolo ai fini dell’accertamento dei fatti, e quindi l’imprescindibile nesso di pertinenzialità, sono stati chiaramente esplicitati, indicando le specifiche finalità probatorie dell’atto di indagine.

2. Per quanto attiene poi all’embrionale imputazione provvisoria, la lettura complessiva dell’atto di indagine evidenzia non solo l’indicazione della fattispecie incriminatrice, della data e del luogo di commissione e le generalità della persona offesa riportati in rubrica, ma richiama anche le dichiarazioni di quest’ultima, la specificazione della sua età avanzata e l’informativa di polizia giudiziaria che compendiava la precedente attività investigativa (atti che, ove pure eventualmente non comunicati al destinatario unitamente al decreto, sono comunque divenuti ostensibili per effetto della proposizione dell’istanza di riesame e del conseguente deposito degli atti relativi da parte della Procura procedente; d’altronde, nessuna censura è stata mossa in tal senso).

Ricorrono, dunque, nel provvedimento del Pubblico ministero tutti gli elementi richiesti dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, per ritenere legittima la motivazione per relationem: riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; conoscenza o quanto meno ostensibilità dell’atto in questione, quando non allegato o trascritto, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed eventualmente di gravame (Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216664; Sez. 2, n. 27859 del 30/04/2019, Chianese, Rv. 276727).

3. Il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 17 ottobre 2023.

Depositato in Cancelleria, oggi 8 novembre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.